Tratto di penna sulla “Fini-Giovanardi”: arrivano i primi ritorni al passato

In seguito alla decisione della Consulta, che, nella sentenza numero 32/2014, ha reintrodotto i diversi trattamenti sanzionatori per droghe leggere e pesanti, i giudici devono applicare la disciplina, prevista dall’originario d.P.R. numero 309/1990, il Testo Unico in materia di stupefacenti, per i fatti accaduti prima dell’entrata in vigore del d.l. numero 146/2013, che ha introdotto delle nuove disposizioni per limitare il sovraffollamento carcerario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12178, depositata il 13 marzo 2014. Il caso. Il gup del Tribunale di Milano, in applicazione della pena su richiesta delle parti, condannava un uomo a 2 anni e 9 mesi di reclusione la pena base era di 4 anni e 6 mesi , più una pena pecuniaria, per detenzione di hashish a fini di cessione. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., relativo all’obbligo dell’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità. La cancellazione della Consulta. La Corte di Cassazione riteneva generico il motivo di ricorso e lo rigettava. Tuttavia, ricordava che la Corte Costituzionale, nella sentenza numero 32/2014, aveva dichiarato l’illegittimità degli articolo 4-bis e 4-vicies ter del d.lgs. numero 272/2005, di modifica alla disciplina dei commi 1 e 4 dell’articolo 73, d.P.R. numero 309/1990, cioè il Testo Unico in materia di stupefacenti. Queste modifiche legislative introdotte dalla legge denominata “Fini-Giovanardi” avevano abbandonato i diversi regimi sanzionatori per le droghe c.d. leggere e per quelle c.d. pesanti, con la conseguenza che era previsto un unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti. Ritorna la differenza tra droghe leggere e pesanti. Dopo l’intervento della Consulta, tornavano in vigore i vecchi commi 1 e 4 dell’articolo 73, con le relative differenze di trattamento. Per le droghe leggere, la pena è fissata tra 2 e 6 anni di reclusione, anziché tra 6 e 20, e, in più, in caso di minore gravità, la pena rientra nell’intervallo tra 6 mesi e 4 anni di reclusione, non più tra 1 e 6 anni oppure, in seguito all’introduzione del d.l. numero 146/2013, che ha introdotto delle innovazioni per ridurre il sovraffollamento carcerario, tra 1 e 5 anni Un calcolo sbagliato. Nel caso di specie, i fatti contestati riguardavano hashish, considerata droga leggera e, essendo risultata la condotta dell’imputato un fatto di lieve entità, ricompresi tra quelli punibili con massimo 4 anni di reclusione. Il gup aveva, invece, determinato la pena base in 4 anni e 6 mesi, dunque in misura superiore al massimo edittale oggi applicabile. Considerando che i fatti erano accaduti nel 2011, non poteva trovare applicazione la disciplina prevista dal d.l. numero 146/2013, bensì quella più favorevole, da considerarsi in vigore al momento del fatto secondo la sentenza della Corte Costituzionale. Per questo motivo, la Corte di Cassazione annullava, senza rinvio, la sentenza impugnata e trasmetteva gli atti al Tribunale, affinché le parti ed il giudicante potessero accordarsi, alla luce della disciplina oggi applicabile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 – 13 marzo 2014, numero 12178 Presidente Squassoni – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza ex articolo 444 cod. proc. penumero emessa il 18/6/2013 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano ha applicato al sig. F. la pena di due anni e nove mesi di reclusione e 1.800,00 euro di multa pena base quattro anni e sei mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa in relazione al reato ex articolo 110 e 81 cod. penumero e 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, accertato dal 30 luglio al 19 novembre 2011 con riferimento alla detenzione di hashish a fini di cessione. 2. Avverso tale provvedimento il sig. F. propone ricorso, in sintesi lamentando errata applicazione di legge ai sensi dell'articolo 606, lett. b cod. proc. penumero in relazione all'omessa applicazione del disposto dell'articolo 129 cod. proc. penumero Considerato in diritto 1. Premesso che il motivo di ricorso risulta caratterizzato da genericità e non può trovare accoglimento cfr. Sez. Unumero Penali, numero 10732 del 27 settembre 1995, Serafino, rv 202270 numero 3 del 1999, del 25 Novembre 1998, Messina, rv 212437, in tema di interpretazione degli articolo 129 e 444 cod. proc. penumero e di obbligo di motivazione del giudice , va rilevato che con sentenza numero 32 del 12 febbraio 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli articolo 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, numero 272, convertito in legge 21 febbraio 2006, numero 49, che modificavano la disciplina dei commi 1 e 4 dell'articolo 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 e abbandonavano i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti elencate, da un lato, nelle tabelle I e III le c.d. droghe pesanti e quelle elencate nelle tabelle II e IV le c.d. droghe leggere . La nuova disciplina fissava dunque agli articolo 1 e 1-bis dell'articolo 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, un unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti. 2. A seguito dell'intervento del giudice delle leggi tornano in vigore i commi 1 e 4 del citato articolo 73. A ciò consegue che per le sostanze contenute nelle tabelle II e IV la pena per le condotte illegali viene fissata nell'intervallo fra due e sei anni di reclusione, anziché fra sei e venti anni di reclusione la pena scende, poi, all'intervallo fra sei mesi e quattro anni di reclusione per le ipotesi di minore gravità, anziché fra 1 e sei anni di reclusione oppure fra 1 e 5 anni ove applicabile la nuova ipotesi di reato introdotta dall'articolo 2, comma 1, lett. a, del d.l. 23 dicembre 2013, numero 146, convertito in legge 21 febbraio 2014, numero 10 - G.U. Serie generale numero 43 del 21 febbraio 2014 . 3. Quanto ora ricordato impone di rilevare che i fatti di reato per cui si è proceduto nei confronti del sig. F. riguardano la sostanza denominata hashish , ricompresa fra quelle cui la riviviscenza dei commi 2 e 4 dell'articolo 73 e la decisione del Giudice dell'udienza preliminare di applicare il comma 5 dei medesimo articolo concorrono a fissare la pena edittale massima in quattro anni di reclusione. Ora, la lettura della sentenza impugnata mostra che il Giudice dell'udienza preliminare nell'applicazione della pena a carico del sig. F. ha determinato la pena base in quattro anni e sei mesi di reclusione, e dunque in misura superiore al massimo edittale oggi applicabile per l'ipotesi di reato ritenuta in sentenza. E' pacifico, infatti, che per i fatti accertato nell'anno 2011 non può trovare applicazione la disciplina introdotta col decreto legge numero 146 del 2013, bensì la più favorevole disciplina che deve considerarsi in vigore al momento del fatto secondo la citata sentenza della Corte costituzionale. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano affinché le parti e il giudicante possano assumere le proprie determinazioni alla luce della disciplina oggi applicabile ai fatti per cui è processo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano.