Carta d’identità e buste paga false: un coinvolgimento materiale non tangibile non prova il reato

In merito alla contraffazione o alterazione di documenti, va esclusa nell’escludere l’ipotesi di concorso in reato del soggetto terzo alla contraffazione dei documenti stessi, quando non c’è prova tangibile di un coinvolgimento materiale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6337 del 10 febbraio 2014. Il caso. La questione trae origine da una condotta penalmente rilevante ai danni di un centro commerciale compiuta da due soggetti in presunto concorso nella falsificazione di documenti quali carta d’identità e buste paga, di cui si sono serviti per effettuare acquisti. Il giudice di merito aveva condannato i due soggetti in relazione ai delitti ex artt. 110 477, 482 c.p., configurando un’ipotesi di concorso. In secondo grado, uno degli imputati viene condannato per violazione ex art. 489 c.p. ovvero uso del documento di cui si conosce la falsità, ma estraneo alla falsificazione. Chi non altera direttamente non è direttamente responsabile. Il soggetto non coinvolto nella realizzazione materiale dei documenti falsi ricorre in Cassazione, ritenendosi non concorrente nella falsificazione della carta d’identità esibita dal suo compagno, in quanto non vi è prova alcuna della sua partecipazione materiale al reato. La Cassazione accoglie il ricorso annullando senza rinvio la sentenza perché il fatto non è stato commesso. Difatti la Corte, pur ribadendo che la sostituzione della fotografia della carta d’identità, lasciando inalterati i dati anagrafici e gli altri elementi identificativi, integra gli estremi di falsità materiale in certificato amministrativo, ai sensi degli artt. 477 e 482 c.p., il reato previsto dall’art. 477 c.p. delitti contro la fede pubblica si consuma al momento della contraffazione o alterazione, senza che sia necessario l’uso del documento per creare nocumento ad altri. Se invece ad usare il documento falsificato sia un terzo non autore materiale della contraffazione ma a conoscenza della stessa quest’ultimo dovrà rispondere del diverso reato previsto dall’art. 489 c.p. uso di atto falso . Nel caso in questione la condotta del ricorrente, che aveva fatto acquisti grazie al finanziamento illegale del compagno che si serviva di documenti falsi, non integrava la fattispecie di reato ex art. 477 c.p. In sostanza, il contributo del ricorrente al reato non è stato causalmente rilevante in termini di concorso materiale o morale all’attività di falsificazione senza dubbio posta in essere dall’altro soggetto. Infine, la Corte esclude anche la configurabilità del reato ex art. 489 c.p., che avrebbe presupposto una utilizzazione da parte di quest’ultimo del documento falsificato, con la consapevolezza dell’avvenuta contraffazione. L’ipotesi è esclusa per la diretta utilizzazione della carta d’identità da parte del complice del ricorrente. Pertanto, la sentenza viene annullato in quanto il fatto che costituisce reato non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 dicembre 2013 - 10 febbraio 2014, n. 6337 Presidente Bruno – Relatore Guardiano Fatto e Diritto 1. Con sentenza pronunciata l'11.6.2012 la corte di appello di Palermo in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Agrigento, in data 18.2.2010, aveva condannato V.S. e C.S. alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 477, 482, c.p. capo A , così diversamente qualificata l'originaria imputazione 110, 482, 480, 485, c.p. , dichiarando non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati in relazione al concorrente reato di cui agli artt. 110 e 640, c.p. capo B , per difetto di querela, dichiarava non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati in ordine al delitto di cui al capo A , limitatamente alla sola condotta relativa alla formazione ed all'uso di false buste-paga, qualificata come reato ai sensi degli artt. 110, 485, c.p., per difetto di querela, con conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio con riferimento alla falsificazione della carta di identità, pure contestata nell'anzidetto capo A , confermando nel resto l'impugnata sentenza. 2. Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando 1 violazione di legge in relazione agli artt. 110, 477 e 482, c.p., in quanto il V. non può ritenersi concorrente nella falsificazione della carta di identità falsa esibita dal coimputato C., non essendovi la prova che egli abbia partecipato alla condotta materiale della falsificazione 2 violazione di legge con riferimento agli artt. 110, 489, c.p., in quanto, una volta escluso il concorso materiale del V. nella falsificazione della carta di identità, la sua condotta rientra, sempre a titolo di concorso, nella sfera di operatività dell'art. 489, c.p., reato, tuttavia, non perseguibile nel caso di specie per difetto di querela. 3. Il ricorso va accolto, essendo fondato il primo dei motivi che ne sono posti a sostegno. 4. Ed invero, è indiscusso e condivisibile insegnamento di questa Corte regolatrice che la sostituzione della fotografia della carta di identità, lasciando inalterati i dati anagrafici e gli altri elementi identificativi, integra gli estremi della falsità materiale in certificato amministrativo, punibile, se commessa da privato, ai sensi del combinato disposto degli arti. 477 e 482 c.p., in quanto la falsificazione stessa, anche se materialmente effettuata da altri, deve essere stata necessariamente operata su richiesta dell'interessato cfr. Cass., sez. V, 03/11/2011, n. 9604, S., rv. 252157 Cass., sez. V, 20/1/1982, n. 4715, rv. 153579 Cass., sez. V, 14/3/1978, n. 9427 rv. 139700 . Correttamente, dunque, la corte territoriale ha ritenuto che la condotta del coimputato del ricorrente, C.S., il quale ha esibito al personale di un centro commerciale, addetto ai finanziamenti per gli acquisti, una falsa carta di identità, recante, in fotografie, l'effigie del suddetto C., ma i dati anagrafici di una diversa persona tal M.S. , sia riconducibile al paradigma normativo di cui ai richiamati artt. 477 e 482, c.p. Rispetto a tale condotta, tuttavia, le emergenze processuali, come indicate dalla corte di appello, risultano del tutto inidonee a configurare un concorso penalmente rilevante del V., anche solo in termini di rafforzamento dell'altrui proposito criminoso. Come affermato infatti dalla Suprema Corte, con arresto condiviso dal C., in caso di sostituzione della fotografia del titolare di una carta di identità, il reato previsto dall'art. 477 c.p. si consuma al momento della contraffazione o alterazione, senza che sia necessario l'uso del documento, il conseguimento del fine e la possibilità di nocumento ad altri. Di conseguenza, se l'autore del reato fa altresì uso dell'atto risponderà sempre della fattispecie prevista dall'art. 477 c.p., mentre se ad usare il documento è un terzo, a conoscenza della falsificazione, ma estraneo alla stessa, dovrà rispondere del diverso reato previsto dall'art. 489 c.p. cfr. Cass., sez. V, 20/01/1982, Prezzama . Nel caso in esame, essendosi limitato il V. ad accompagnare in almeno tre occasioni, il C., che si era recato presso il suddetto centro commerciale per fare acquisti facendoseli finanziare con l'esibizione delle false buste paga e della carta d'identità intestata a M.S. , assistendo ai suoi colloqui con il personale a ciò preposto, la sua condotta, successiva al perfezionarsi del reato di cui all'art. 477, c.p., non consente di affermare che egli abbia fornito un contributo causalmente rilevante, in termini di concorso materiale o morale, all'attività di falsificazione senza alcun dubbio posta in essere dal C., necessariamente consumatasi prima dell'accesso al centro commerciale. Né a carico del V. appare configurabile il delitto di cui all'art. 489, c.p., che avrebbe presupposto una utilizzazione da parte di quest'ultimo del documento falsificato, con la consapevolezza della avvenuta contraffazione, ipotesi esclusa dalla diretta utilizzazione della carta di identità falsa da parte del C., che rende applicabile il solo art. 477, c.p., rispetto al quale, come si è detto, non sussistono elementi idonei ad affermare una responsabilità a titolo di concorso del ricorrente. 5. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio per non avere il V. commesso il fatto. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.