RSPP: parole d’ordine professionalità e competenza

In materia di sicurezza sul lavoro, sono nulle le nomine dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione RSPP privi di requisiti.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 20682 del 21 maggio 2014. Il caso. Il legale rappresentante di una s.r.l. veniva condannato per aver nominato quale RSPP una persona priva dei requisiti previsti dagli articolo 2 e 32, d.lgs. numero 81/2008, per non aver formato i designati al primo soccorso e per aver permesso l’utilizzo di un macchinario privo di griglia di protezione. L’uomo ricorre per cassazione, affermando che l’articolo 55, d.lgs. numero 81/2008 punisce la mancata individuazione del responsabile e non l’individuazione di persona priva dei requisiti, anche secondo quanto stabilito dall’articolo 4, lett. b , d.lgs. numero 626/1994. Una normativa superata. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso il ricorrente ha citato come normativa di riferimento il d. lgs. numero 626/1994 ma proprio quella normativa è ormai superata l’Italia, infatti, ha perso un a causa in sede comunitaria, avendo la Corte di Giustizia UE dichiarato inadempiente il Belpaese per non aver adempiuto quanto previsto dall’articolo 7, direttiva numero 89/391/CEE che incitava gli Stati membri a precisare capacità e attitudini della persona incaricata della sicurezza. Tale orientamento è stato, poi, confermato dal d.lgs. numero 195/2003.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 – 21 maggio 2014, numero 20682 Presidente Squassoni – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Il Sig. G. , quale legale rappresentante della Legatoria Lombarda S.r.l. , è stato tratto a giudizio in ordine alle seguenti violazioni, accertate in data 8/6/2009 a articolo 17, comma 1, lett.b , per avere designato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione una persona priva dei requisiti richiesti dall'articolo 32 della medesima legge b articolo 45, comma 1, per avere omesso di classificare l'azienda e di avviare alla specifica formazione i lavoratori designati a compiti di primo soccorso c articolo 71, comma 1, per avere messo a disposizione un macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza perché privo di griglia di protezione. 2. Con sentenza del 24/6/2013 il Tribunale di Milano ha mandato assolto il sig. G. dall'ipotesi contestata al capo c e lo ha condanno per le restanti violazioni alla pena di 5.000,00 Euro di ammenda. 3. Avverso tale decisione il sig. G. propone ricorso in sintesi lamentando a. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero con riferimento all'articolo 55 del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81, fattispecie che punisce la mancata individuazione del responsabile del servizio e non la individuazione di persona priva dei requisiti previsti dall'articolo 32 della medesima legge. L'articolo 4, lett. b , del d.lgs. numero 626 del 1994, che indicava fra gli obblighi del datore di lavoro la individuazione di un responsabile secondo le regole di cui all'articolo 8 , e fissava così una regola soggetta a sanzione ex articolo 89 in caso d'inosservanza. Tale impostazione, che veniva rafforzata dalla previsione dell'articolo 8 - bis, introdotto dal d.lgs. numero 195 del 2003, è stata invece abbandonata dal d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81, espressamente rinunciando a introdurre nell'articolo 55 il richiamo all'articolo 32, che fissa i requisiti del responsabile, e limitando il rinvio al solo articolo 17 b. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero con riferimento al capo b della rubrica per avere il Tribunale immotivatamente ritenuto non adeguati i corsi di formazione frequentati dai due lavoratori individuati come responsabili del primo soccorso. Considerato in diritto 1. La Corte ritiene necessario muovere dall'esame del primo motivo di ricorso, che pone una questione interpretativa delle norme che fondano la contestazione e risulta potenzialmente decisiva. 2. La censura avanzata dal ricorrente con argomentazioni articolate e meritevoli di attenzione risulta infondata. È ben vero che la disciplina introdotta con il decreto legislativo numero 81 del 2008 agli articolo 55 e 17 presenta una formulazione diversa rispetto a quella contenuta nel decreto legislativo numero 686 del 1994 e tale differenza viene invocata dal ricorrente per escludere che la condotta di cui al capo a conservi natura di illecito penale tuttavia, l'esame sistematico della disciplina in vigore impone di giungere a un risultato diverso. 3. L'esame della fattispecie di reato che ha ad oggetto la mancata o, come si dirà, del tutto inefficace nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi può prendere le mosse dalla circostanza che il testo contenuto nell'articolo 8, comma 3, del d.lgs. 626/1994, prevedendo condizioni soggettive assolutamente generali, si poneva in contrasto con gli obblighi di specificità dei requisiti della persona incaricata contenuti nel paragrafo 8 dell'articolo 7 della Direttiva 12/6/1989 numero 89/391/CEE tale norma, infatti, invitava gli Stati membri a precisare le capacità e le attitudini della persona incaricata della sicurezza e fu seguita dalla decisione con cui la Corte di Giustizia CE sentenza 15/11/2001, causa C-49/00 condannò lo Stato italiano per essere inadempiente. Con il d.lgs. 23 giugno 2003, numero 195, venne introdotto nel d.lgs. numero 626 del 1994 l'articolo 8-bis, richiamato dal ricorrente, che poneva rimedio al deficit normativo sanzionato dalla Corte di Giustizia. 4. In continuità con tale sviluppo legislativo, l'articolo 32 del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81 la cui rubrica reca Capacità e requisiti professionali degli addetti e responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni fissa al comma 2 quali sono gli specifici requisiti necessari per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1 . Risulta così inequivoco quali siano le condizioni soggettive richieste alla persona nominata come responsabile, condizioni che la legge ritiene necessarie per lo svolgimento delle funzioni oggetto dell'incarico. Con il che si può affermare che l'assenza dei requisiti soggettivi necessari rende la designazione inefficace perché incapace di offrire la necessaria e richiesta tutela agli interessi protetti, interessi che coinvolgono il diritto del lavoratore alla salubrità e sicurezza del lavoro e, in ultima istanza, il suo diritto alla salute. 5. Venendo alla disciplina sanzionatoria, gli articolo 55 e seguenti del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81 sostituiscono gli articolo 89-94 del 626/1994 secondo una struttura di fattispecie che la dottrina non ha esitato a definire disarticolata e carente di un ordine preciso . Nonostante tali limiti, può osservarsi che il mancato richiamo all'articolo 32 nella previsione dell'articolo 55, comma 1, lett.b , non lascia dubbi circa il significato complessivo della fattispecie. L'articolo 55, comma 1, lett. b , infatti, sanziona l'ipotesi che il datore di lavoro non provveda ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lett. b . Tale ultima disposizione prevede la non delegabilità dell'atto di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. 6. Si tratta di obbligo il cui rispetto deve essere valutato in relazione alle definizioni contenute nell'articolo 2, comma 1, lett. g e letti della medesima legge. Se la letti definisce il servizio di prevenzione e protezione dai rischi come l'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interno all'azienda finalizzati alla tutela dei lavoratori dai rischi, la lett. e chiarisce che l'addetto a tale servizio è persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 . 7. Dall'insieme di queste disposizioni emerge in modo inequivoco che l'unico modo per il datore di lavoro di rispettare l'obbligo ex articolo 17, comma 1, lett. b , è quello di incaricare una persona in possesso dei requisiti previsti dagli articolo 2 e 32 della medesima legge, con la conseguenza che la nomina di persona inidonea comporta in radice la violazione dell'obbligo e deve essere considerata inefficace. In tali termini la violazione assume rilevanza ai fini dell'applicazione dell'articolo 55 sopra ricordato. 8. Del resto, solo l'interpretazione qui adottata si presenta rispettosa della disciplina contenuta nella Direttiva citata e dell'interpretazione che del regime comunitario ha dato, con efficacia vincolante, la Corte di Giustizia nella sentenza citata. Il che impone di considerare l'articolo 55 del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81 in continuità con la previsione degli articolo 4 e 8-bis e dell'articolo 89 del 626/1994. 9. Così fissato il principio interpretativo che forma oggetto del primo, e infondato, motivo di ricorso, la Corte rileva che la valutazione in ordine alla inadeguatezza dei requisiti della persona incaricata della sicurezza deve essere particolarmente attenta e non spingersi, in una materia complessa come quella della formazione e della professionalità dell'incaricato, fino ad adottare criteri valutativi opinabili che rendano incerta l'applicazione della legge da parte dei suoi destinatari. 10. La Corte ritiene che nel caso in esame il giudicante non sia incorso in violazione dell'obbligo di prudente apprezzamento ora delineato. L'articolata motivazione sul punto non si palesa né incoerente né palesemente illogica. Il Tribunale, infatti, ha preso in esame i titoli e i requisiti della persona incaricata e ne ha valutata con specifici argomenti la inadeguatezza rispetto alla previsione di legge, così formulando un giudizio di merito che non può essere oggetto di censura da parte del giudice di legittimità. 11. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.