Il delitto di falsità ideologica, commessa dal privato in atto pubblico, ex articolo 483 c.p., sussiste solo quando l’atto pubblico, in cui è stata trasferita la dichiarazione del privato, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero, ricollegando specifici effetti all’atto-documento, in cui la sua dichiarazione sia stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 18279, depositata il 30 aprile 2014. Il caso. La Corte d’appello di Cagliari condannava un uomo, imputato per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ex articolo 483 c.p., per aver falsamente attestato che le scritture contabili della società fallita erano andate distrutte in seguito ad un’alluvione. L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver ritenuto sufficiente, in riferimento alla bancarotta documentale, il dolo generico, mentre, a suo giudizio, sarebbe necessario quello specifico, per cui l’agente dovrebbe porre in essere la condotta allo scopo di recare danno ai creditori, oppure per cagionare a sé o ad altri un profitto ingiusto. Inoltre, lamentava la violazione dell’articolo 483 c.p., in quanto il delitto di falsità ideologica è relativa a dichiarazioni che confluiscano in atti pubblici destinati a provare i fatti in essi attestati. Questo non era il suo caso, perché una falsa dichiarazione di distruzione dei documenti contabili, anche se resa a pubblico ufficiale, non ha funzione certificatoria. Obbligo di dire la verità. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il delitto di falsità ideologica, commessa dal privato in atto pubblico, ex articolo 483 c.p., sussiste solo quando l’atto pubblico, in cui è stata trasferita la dichiarazione del privato, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero, ricollegando specifici effetti all’atto-documento, in cui la sua dichiarazione sia stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente. Nel caso di specie, la dichiarazione di distruzione della documentazione, resa dal privato alla polizia, non era destinata a provare la verità dei fatti attestati, in quanto a tale dichiarazione l’ordinamento non ricollegava alcun effetto giuridico specifico. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annullava, senza rinvio, la sentenza impugnata in riferimento al delitto, di cui all’articolo 483 c.p., perché il fatto non sussisteva. Dolo specifico. Riguardo alla bancarotta documentale, invece, i giudici di legittimità ricordavano che, per le ipotesi di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili, è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Su questo, la motivazione della sentenza era carente, per cui la Cassazione annullava, con rinvio, la sentenza, limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 – 30 aprile 2014, numero 18279 Presidente Lombardi – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Cagliari ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale S.S. fu condannato a pena di giustizia perché dichiarato colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, nonché di più ipotesi di bancarotta semplice, con riferimento al fallimento della L.S. Sardegna di S. & amp C., dichiarato con sentenza 1.12.2006, nonché del delitto di cui agli articoli 81 cpv., 483, 61 numero 2 cp, per avere, con più azioni esecutive di medesimo disegno criminoso, attestato falsamente presso la stazione carabinieri di Pirri e presso gli uffici del curatore fallimentare, che le scritture contabili della società fallita erano andate distrutte a seguito di alluvione. S. fu condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile. 2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce due censure. 3. Con la prima, lamenta violazione dell'articolo 216 comma primo numero 2 LF e 43 cp nonché mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità di motivazione. Con riferimento alla bancarotta documentale contestata, la corte d'appello ha erroneamente affermato che è sufficiente il dolo generico. Viceversa, essendo stata contestata la predetta bancarotta nella forma della distruzione, ovvero della sottrazione od occultamento dei documenti contabili, per dottrina prevalente e per giurisprudenza costante, si deve ritenere necessario il dolo specifico. In altre parole, è necessario che l'agente ponga in essere la predetta condotta allo scopo di recare danno ai creditori, ovvero per cagionare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Invero la condotta di occultamento, distruzione o sottrazione ben potrebbe rispondere ad altre finalità es. evasione fiscale . Di tale specifica intenzione, non è traccia, né nel capo d'imputazione nel quale si fa riferimento all'intenzione di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento di affari , né nella sentenza impugnata. 4. Con la seconda censura, si deduce erronea applicazione dell'articolo 483 cp, nonché carenze dell'apparato motivazionale, in quanto la predetta fattispecie criminosa è relativa a dichiarazioni che confluiscano in atti pubblici destinati a provare i fatti in essi attestati. Tale non è il caso di specie in quanto una falsa dichiarazione di distruzione dei documenti contabili, seppur resa a pubblico ufficiale, non ha funzione certificatoria, come la casistica giurisprudenziale di casi analoghi ampiamente dimostra. Considerato in diritto 1. Va innanzitutto chiarito che il ricorrente limita le sue censure alle imputazioni di bancarotta fraudolenta documentale e di falso di cui all'articolo 483 cp. Ne consegue che le imputazioni di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta semplice non sono attinte dal ricorso oggi in scrutinio. I relativi capi di imputazione, dunque, devono ritenersi passati in giudicato. 2. Tanto premesso, il ricorso è fondato. 3. Invero, come hanno chiarito le SS.UU. con sentenza numero 6 del 1999, ric. Lucarotti, RV 212782, il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico articolo 483 cp sussiste solo qualora l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente. Tale non è il caso in esame in quanto certamente la dichiarazione di distruzione di documentazione contabile e societaria, benché rilasciata a organo di polizia giudiziaria e ai curatore fallimentare, non è destinata a provare la verità dei fatti che attesta. A tale dichiarazione, infatti, l'ordinamento non ricollega alcun effetto giuridico specifico. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio con riferimento al delitto ex articolo 483 cp capo B , perché il fatto non sussiste. 4. Quanto alla bancarotta documentale, è noto che, secondo la lettera della legge, per le ipotesi di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili, è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. ASN 199311329-RV 195896 e seguenti . In tal senso la motivazione della sentenza impugnata appare del tutto carente. Sul punto, dunque, si impone annullamento con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della medesima corte di appello. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata, senza rinvio, limitatamente al delitto di cui al capo B , perché il fatto non sussiste, nonché, limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Cagliari per nuovo esame.