Il mancato riconoscimento di questa allocazione discrimina il cittadino tunisino che lavora in Italia e viola i suoi diritti all’equo processo ed alla serenità familiare sono dovuti in forza di detto accordo internazionale. La condanna discende soprattutto dagli errori della Cassazione nell’interpretare la giurisprudenza della CGUE che, invece, estende l’esegesi del principio di sicurezza sociale anche alle prestazioni assistenziali.
È quanto stabilito dalla CEDU, sez. II, nel caso Dhahbi comma Italia ricomma 17120/09 dell’8 aprile 2014. Il caso. Il ricorrente, ora italiano e residente a Marsala, è un cittadino tunisino venuto nel nostro paese con un regolare permesso di soggiorno per fini lavorativi, avendo trovato impiego presso una ditta che l’aveva iscritto all’INPS, pagando i dovuti contributi. Non percependo, come gli altri colleghi italiani, gli assegni familiari per la sua numerosa famiglia moglie e quattro figli ricorreva al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, eccependo che gli erano dovuti in forza dell’articolo 65 L. numero 448/98 che, rinviando alla tabella allegata al d.l. numero 109/98 nuclei familiari di cinque persone con 3 figli minorenni ed un reddito annuo di circa € 18.592 lui ne percepiva € 15.832. La legge, però, li attribuiva ai soli italiani, ma, anche se all’epoca non era ancora cittadino italiano, gli spettavano per l’Accordo Euro-Mediterraneo AEM tra l’Italia e la Tunisia, ratificato con la L. numero 37/97 in base al principio della «sicurezza sociale» articolo 65 si riconoscevano varie prestazioni previdenziali tutela contro gli infortuni, maternità, pensioni d’anzianità etc. ai tunisini a condizioni di parità con gli italiani.L’articolo 64, però, sanciva che i tunisini usufruissero delle stesse condizioni, lavorative e retributive, di quelli del paese firmatario. Ergo non poteva essere valida la tesi dell’inapplicabilità dell’accordo, perché relativo ad aspetti previdenziali e non sociali, come ribadito nei tre gradi di giudizio in cui sono state respinte le sue pretese. Questa esegesi eccepita dalla S.C. si basava su un’interpretazione della giurisprudenza costante della CGUE in materia, ma affermante il dovere di prendere in considerazione ogni singolo elemento costitutivo della prestazione nella fattispecie, quindi, il reddito annuo ed il numero di familiari. Visti anche i molti errori esegetici la CEDU ha condannato l’Italia per i suddetti motivi. Rimedi interni esauriti? Questa eccezione d’irricevibilità sollevata dal governo è tardiva, perché presentata solo «nelle osservazioni complementari» del 17/1/14, senza spiegare i motivi di questo ritardo. Infatti, a suo dire, il ricorrente, anziché adire la CEDU, avrebbe dovuto esercitare un’azione civile di responsabilità contrattuale contro lo Stato per il rifiuto della S.C. di sospendere il processo e sollevare una pregiudiziale innanzi alla CGUE CGUE Kobler C-224/01 del 30/9/03 e Traghetti del Mediterraneo C-173/03 del 13/6/06 e CEDU NC comma Italia del 2002 . Errata interpretazione della giurisprudenza della CGUE ed evoluzione normativa interna. In primis rileva l’errata citazione delle tesi della CGUE richiama espressamente, in analoghe ipotesi, la violazione dell’articolo 14 Cedu. In breve afferma che i principi della sua giurisprudenza possono esser trasposti negli accordi di cooperazione tra l’UE ed altri paesi nel caso affrontato dalle sentenze Kziber C-18/90 del31/1/91 ed El Yassini C-416/96 del 2/3/99 , all’origine della richiamata esegesi, si faceva riferimento all’Accordo con il Marocco del 1976, ai sensi del quale «ogni Stato membro concede ai lavoratori di cittadinanza marocchina, occupati nel proprio territorio, un regime che, per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di retribuzione, è caratterizzato dall’assenza di qualsiasi discriminazione, basata sulla nazionalità, rispetto ai propri cittadini». È perfettamente sovrapponibile all’articolo 64 AEM e, infatti, già nella sentenza Gattoussi C-97/05 del 14/12//06 ha notato come esso «osti a che uno Stato membro, in conseguenza della riduzione della durata di validità del permesso di soggiorno, privi di efficacia il permesso di lavoro a tempo indeterminato concesso ad un cittadino tunisino, senza giustificare ciò con esigenze di tutela di un legittimo interesse dello Stato, quale l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica». Sono stati ignorati i doveri di recepire e di osservare le disposizioni comunitarie l’accordo di associazione è stato istituito dalla Decisione 98/238/CE , la S.C. «ha ignorato gli aspetti materiali e personali, concetti ben distinti, del regime di non discriminazione». Da un’attenta disamina della giurisprudenza CGUE, sancita anche dai casi Yousfi C-58/93 del 20/4/94 e Huges C-78/91 del 16/7/92, relativi al riconoscimento degli assegni familiari, si desume che il concetto di «sicurezza sociale» riguarda non solo le prestazioni previdenziali, ma anche quelle di assistenza sociale, sotto cui sussumere la fattispecie, come sancito anche dal Regolamento 1408/71. Infine la L.97/13 estende questo beneficio a tutti gli stranieri in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata e la Corte Costituzionale ha evidenziato come fosse irrazionale e contrario all’articolo 3 subordinare questo diritto ad un periodo di residenza di almeno 5 anni 133 e 222/13 . Violazione del diritto all’equo processo. Discende, oltre che da questi errori, dalla carenza di motivazione del rifiuto di sollevare la richiesta pregiudiziale viola anche l’articolo 267 TFUE CEDU Vergauwen comma Belgio del 12/4/12 . Violazione del combinato disposto degli articolo 8 e 14 Cedu. Il principio di non discriminazione vieta che soggetti appartenenti allo stesso gruppo od in condizioni simili siano penalizzati in assenza di un’obiettiva e razionale giustificazione, di un fine legittimo da perseguire o per l’eccessiva sproporzione tra detto scopo ed i mezzi impiegati. Spetta, però, al giudice nazionale, analizzandone «le circostanze, i campi ed il contesto», vagliare se il differente trattamento è lecito e se ciò rispetti le norme, anche internazionali, in materia. Nel nostro caso la finalità dell’articolo 65 L. numero 448/98 è quella di fornire un valido contributo alle spese per il mantenimento della famiglia, specie se particolarmente numerosa. Nel nostro caso il ricorrente aveva i requisiti richiesti reddito e nucleo familiare di 6 persone , il datore aveva regolarmente versato i contributi all’Inps, perciò ne aveva diritto, negatogli solo per la sua diversa nazionalità. Questa distinzione è discriminatoria ed irrazionale tanto più che l’AEM parifica i diritti dei lavoratori tunisini a quelli italiani e che la Direttiva 109/2003/CE mira a garantire l’integrazione dei cittadini extracomunitari residenti stabilmente in uno Stato membro. La stessa giurisprudenza costante della CEDU esclude che possano essere negati diritti solo per la differente nazionalità ex plurimis Şerife Yiğit comma Turchia del 20/11/10, X ed altri comma Austria del 2013 . La crisi giustifica le discriminazioni? Si possono eccepire le «ragioni di bilancio», come fine legittimo, solo se tutelano gli interessi fiscali dello stato. Infatti si deve impedire di dissipare risorse in programmi sociali esosi per favorire categorie di persone che non contribuiscono a finanziare i servizi pubblici come nel caso Gaygusuz v. Austria del 16/9/96 un immigrato con permesso di soggiorno breve pochi mesi ed/od irregolare e, quindi, era lecito negargli «contributi pubblici, sanitari e le assicurazioni sociali». Questa circostanza, però, non ricorre nella fattispecie. Risarcimento danni. La refusione dei contributi non percepiti dal 1999 al 2004 e del danno morale è pari a complessivi €.19416,05 oltre interessi legali secondo il tasso delle BCE aumentato del 3%.
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