Perdita e avaria della merce: limiti al risarcimento del vettore

In tema di trasposto di merci su strada soggetto all’obbligo di tariffe a forcella, l’ammontare del risarcimento danni da perdita o avaria delle cose trasportate ai sensi dell’art. 2, comma 1, legge n. 450/1985 modificato dall’art. 7, d.l. 82/1993, convertito nella legge n. 162/1993 è contenuto entro i limiti di valore stabiliti da detta norma, salvo patto contrario stabilito dalle parti per iscritto e a meno che la perdita o l’avaria delle cose trasportate sia dovuta a colpa grave o dolo del vettore.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 20896 del 12 settembre 2013. Il caso. Il mittente aveva incaricato il vettore di consegnare della merce in Galles. Durante il trasporto però uno dei colli era andato perso e un altro danneggiato. Il mittente citava dunque in giudizio il vettore per l’accertamento della responsabilità in ordine agli inadempimenti indicati. Il Tribunale e la Corte d’Appello condannavano il vettore al risarcimento imponendogli di rimborsare il ridotto valore previsto dall’art. 1, comma 2, legge 450/85 cioè £ 12.000 per kg lordo e non il valore integrale della merce andata persa. Contro tale decisione il mittente proponeva ricorso in Cassazione insistendo per il risarcimento del pieno valore della merce, oltre i limiti previsti dalla legge citata. Trasporto di cose e risarcimento danni i precedenti di legittimità. Il tema oggetto della sentenza in esame non riguarda l’accertamento della responsabilità del vettore invero dalle pagine della motivazione pare scontata , quanto l’entità della condanna comminata. In particolare, come spiega la Suprema Corte, per il trasporto di merci su strada il risarcimento danni per perdita o avaria delle cose trasportate è regolato dall’art. 2, legge 22.8.450 modificato dall’art. 7, D.L. 82/1993 . L’articolo limita l’entità del risarcimento a £ 12.000 per kg lordo nel caso in cui si tratti di trasporti soggetti all’obbligo delle tariffe a forcella” e ciò indipendentemente dalla prova dell’effettiva qualità e del valore della merce perduta. La tipologia di tariffe indicata si applica nei contratti di trasporto per conto terzi e consiste in un sistema un sistema di calcolo approvato dalle autorità competenti. In particolare le tariffe a forcella oscillano tra un limite massimo e un limite minimo lo scarto fra detti limiti costituisce appunto l' apertura” della forcella. I prezzi per un trasporto vengono quindi liberamente fissati tra il limite massimo e il limite minimo della tariffa a forcella corrispondente. In un sistema di questo tipo il risarcimento è soggetto all’art. 2 della citata legge 450/85, a meno che le parti abbiano deciso di calcolarne diversamente l’entità con accordo scritto, oppure nel caso in cui la responsabilità del vettore per perdita o avaria sia dovuta a dolo o colpa grave. In simili ipotesi è onere del mittente - in conformità con gli ordinari criteri in tema di onere della prova stabiliti dall’art. 2697 c.c. - dimostrare la sussistenza delle circostanze indicate accordo scritto e/o dolo o colpa grave del vettore per ottenere il pieno risarcimento oltre i limiti di cui all’art. 2 indicato. Così non ha fatto l’attore-mittente e per tale motivo il risarcimento non ha potuto essere pari al valore della merce perduta. L’impostazione sostenuta dal ricorrente viene infatti confutata dagli Ermellini. Questi invocava l’art. 1693 c.c. ritenendolo principio di ordine generale applicabile a tutti i tipi di trasporto. Secondo tale norma il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria delle cose consegnategli se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. In pratica, sfruttando tale articolo, il mittente intendeva sostenere che in generale, in tema di contratti di trasporto, vi fosse un’inversione dell’onere della prova. Tale principio doveva per forza valere anche per l’art. 2, legge 450/1985 e quindi il vettore avrebbe dovuto dimostrare che la perdita e l’avaria non erano dovute a dolo o colpa grave. La Cassazione in realtà rifiuta tale visione precisando che nel caso di specie non si tratta di accertare la responsabilità dell’inadempimento aspetto cui farebbe riferimento in ipotesi l’art. 1693 c.c. , ma solo l’entità del risarcimento. Su tale punto, non esistendo nessuna inversione dell’onere della prova, il mittente-ricorrente avrebbe dovuto dimostrare i fatti sopra citati per superare i limiti risarcitori della legge 450. Così non è avvenuto ed egli non può dolersene nel ricorso in Cassazione. Per tali motivi l’impugnazione è stata respinta e gli Ermellini hanno confermato integralmente la decisione della Corte territoriale. La chiosa sulla formulazione del motivo di ricorso. Sotto altro profilo il ricorrente impugnava la sentenza di secondo grado anche per un presunto vizio di omessa od insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, cioè la ritenuta non sussistente colpa grave. In realtà, a giudizio degli Ermellini, tale motivo non è stato sollevato correttamente perché il ricorrente non aveva specificato chiaramente i punti della sentenza che affetti da evidente contraddittorietà e illogicità. La Corte quindi, anche da questo punto di vista, ha respinto il ricorso confermando la decisione dei giudici di Napoli.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 giugno - 12 settembre 2013, numero 20896 Presidente Petti – Relatore Armano Svolgimento del processo A.A.F. , premesso di avere stipulato contratto di trasporto con la Executive Group International per la spedizione di due colli del peso di Kg. 38 e 42 da consegnare in Galles, ha citato in giudizio il vettore lamentando che durante il trasporto uno dei colli era stato perso e l'altro era stato danneggiato e chiedendo di accertare la responsabilità della società convenuta per la perdita e il danneggiamento delle merci spedite con condanna della stessa al risarcimento dei danni per L. 11.172.780, pari a sterline 3.724,26, corrispondente al valore della merce perduta e agli elementi danneggiati. Si costituiva in giudizio la società Dago s.r.l., quale concessionaria della Executive Group International, che chiedeva il rigetto della domanda deducendo che l'attore non aveva provveduto a chiedere la copertura assicurativa come previsto dall'art. 13 delle condizioni generali di trasporto accettate dal committente,sicché ai sensi dell'art. 2 L. 450/85 e dell'art. 7 L. 162/93 sarebbe spettata al committente per il risarcimento solo la somma di £ 12.000 a kg. Il giudice di primo grado ha condannato la Dago srl, nella qualità indicata, al pagamento in favore dell'attore dell'importo di Euro 495,80, secondo il criterio di risarcimento quantitativo. A seguito di impugnazione dell'A. , la Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 7-9-2006,ha confermato la decisione di primo grado. Propone ricorso A.A.F. con due motivi. Non presenta difese l'intimata. Motivi della decisione 1. Preliminare è l'esame del secondo motivo di ricorso con cui si denunzia violazione o falsa applicazione della norma prevista dal numero 3 dell'art. 1 della legge 22/8/1985 numero 450, come modificata dal d.l. numero 82/93, convertito in legge numero 162/1993 ex art. 360 numero 3 c.p.c Sostiene il ricorrente che l'art. 1693 c.c. pone un principio di ordine generale applicabile in materia di trasporto, vale a dire che il vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il trasporto, se non prova che la perdita o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. C'è quindi un'inversione dell'onere della prova normalmente posto a carico dell'attore dall'art. 2697 c.c Di conseguenza la legge 450/85 pone dei limiti di risarcibilità del danno perla perdita o l’avaria del bene trasportato L. 12.000 per kg lordo , ma per quei casi previsti dal comma 3 dell'art. 1 della stessa legge 450/85,in cui la limitazione dell'ammontare del risarcimento non vale quando la perdita o l'avaria della mercé è dipesa da dolo o colpa grave del vettore, non può non valere il principio dell'inversione dell'onere della prova in tema di responsabilità del vettore, posto dal richiamato art. 1693 c.c 2. Il motivo è infondato. Si osserva che la presente controversia ha ad oggetto non l'accertamento della responsabilità del vettore per la perdita ed avaria della merce trasportata, responsabilità accertata perché il vettore è stato condannato a risarcire il danno,ma il criterio applicabile per la liquidazione del danno, se quello cosiddetto quantitativo, vale a dire L. 12.000 per kg lordo applicato dai giudici di merito, o quello del valore della mercé come preteso dal ricorrente. 3. Per i trasporti di merci su strada, la responsabilità del vettore per il risarcimento dei danni derivanti da perdita o avaria delle cose trasportate, ai sensi dell'art. 1, legge 22 agosto 1985, numero 450, modificato dall'art. 7, D.L. numero 82 del 1993, convertito nella legge numero 162 del 1993, è contenuta entro i limiti di valore stabiliti da detta norma in misura diversa a seconda che si tratti o meno di trasporti soggetti all'obbligo delle tariffe a forcella, indipendentemente dalla prova della qualità e del valore della merce perduta o avariata. Pertanto, fatta salva una diversa pattuizione per iscritto tra le parti, e ferma restando, in riferimento ai trasporti soggetti al sistema di tariffe a forcella, l'inoperatività di detto limite per i danni derivanti da perdita o avaria delle cose trasportate cagionati con dolo o colpa grave Corte cost., numero 420 del 1991 , il risarcimento deve essere contenuto entro i limiti previsti dall'art. 1, cit., Cass. Sentenza numero 9703 del 18/06/2003. 4. La Corte di appello ha ritenuto che l'onere della prova che la perdita e l'avaria delle mercé era dovuta a colpa grave del vettore,ai fini del superamento dei limiti del risarcimento quantitativo e per ottenere il risarcimento pari al valore della mercé,gravava sul mittente, secondo l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c 5. La decisione è conforme alla legge in quanto il tema della prova del dolo o della colpa grave non trova posto nell'economia dell'art. 1693 c.c. che si occupa della responsabilità per la perdita od avaria delle cose trasportate, con una presunzione di responsabilità a carico del vettore che può essere vinta dal vettore solo con la prova che l'evento sia dipeso da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Nella specie,come si è detto, la responsabilità del vettore è accertata e la prova che la perdita della merce sia dipesa da dolo o colpa grave del vettore è necessaria solo per superare i limiti del risarcimento previsti dell'art. 1, numero 2 legge 22 agosto 1985, numero 450, ed accedere al risarcimento pari al valore della mercé, di cui al numero 3 dello stesso articolo. 6. Di conseguenza deve essere applicato l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova, come affermato dai giudici di merito, prova che incombe su chi invoca, nell'ambito di una responsabilità già accertata,che la perdita o avaria della mercé sia dipesa da dolo o colpa grave per ottenere un risarcimento in misura più elevata. 7. Con il primo motivo si denunzia vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia individuato ritenuta non sussistente colpa grave del vettore. 8. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha ritenuto che il mittente non aveva fornito la prova della colpa grave del vettore, sul rilievo che non si può desumere dalla semplice fatto della perdita della cosa trasportata senz'altro anche la prova della colpa grave di colui che della perdita è certamente responsabile. Avrebbe dovuto l'attore dare prova, ma non vi è traccia in atti che l'abbia fatto della colpa grave, ossia di un comportamento consapevole della DADO che, pur senza la volontà di danneggiare altri, abbia operato con straordinaria ed inescusabile imprudenza e negligenza, omettendo non solo la diligenza media del buon padre di famiglia, rapportata alla professionalità del servizio da svolgere, ma anche quel grado minimo di diligenza osservato da tutti. 9. La motivazione è logica e non contraddittoria e sorregge adeguatamente la decisione adottata, non senza rilevare che il ricorrente non censura adeguatamente tale motivazione, omettendo di indicare quali punti siano affetti da evidente contraddittorietà ed illogicità. Nulla per le spese stante l'assenza di difese dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.