Imprenditore agricolo part time, anche con l'aiuto dello Stato

Perchè è ben noto che il settore agricolo non è altamente remunerativo e che l’avvio di un’azienda richiede un notevole sforzo economico. Per tale fatto, quindi, è possibile un sistema di incentivazioni che, senza sfociare nel temuto assistenzialismo” funzioni da leva per spostare la preferenza occupazionale dei giovani in un ambito da sempre negletto.

Il fatto posto all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda l'erogazione del contributo da parte della Regione Veneto pari a 25.000 euro relativo alla misura M 2 del P.S.R. Piano Sviluppo Rurale , di cui alla D.G.R. 3623/2000, finalizzato a favorire l’insediamento dei giovani in agricoltura, condizionato al conseguimento, nei tre anni successivi, della qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale. Successivamente, la Regione erogava altro contributo dell’ammontare di euro 95.414,90 per la ristrutturazione edilizia di una cantina aziendale, con annesso ufficio e spazio-vendita misura M 1 del P.S.R. di cui alla D.G.R. 3528/2002 . Con decreto n. 15/2005, veniva disposta la revoca del primo contributo per mancato raggiungimento della qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale nel termine richiesto. Anche il secondo contributo veniva, poi, revocato con decreto 283/2005, sia per mancato raggiungimento della predetta qualifica, sia per mancato e tempestivo completamento dei lavori, che neppure parzialmente potevano essere ammessi al beneficio per mancanza di funzionalità . Due anni in più per diventare imprenditore. Nelle more del giudizio, nonostante il mutato quadro normativo l.r. n. 16/2005 per cui il tempo per conseguire la qualifica di imprenditore agricolo veniva elevato a 5 anni, AVEPA, l'Agenzia della regione Veneto dell'ISMEA, riesaminata la posizione del soggetto che lavorava alle Poste e avrebbe voluto cambiare lavoro, confermava la precedente revoca del primo contributo. Infine, a seguito di sollecitazione proveniente da ordinanza del TAR, l’Amministrazione verificava lo stato di esecuzione dei lavori e constatava l’impossibilità di riconoscere anche la parziale esecuzione degli interventi, con conseguente revoca totale anche del secondo contributo. Il TAR Veneto con la sentenza che è stata impugnata da AVEPA aveva accolto in parte il ricorso, annullando il decreto di revoca della Misura M2 e solo parzialmente quello di revoca della Misura M1, dichiarando il difetto di giurisdizione per l’accertamento della misura dei lavori eseguiti. Perchè questa sarebbe stata di competenza del giudice ordinario. Ma secondo AVEPA, invece, il TAR aveva errato nella parte in cui era stato calcolato il tempo da dedicare al lavoro in agricoltura per poter conseguire la qualifica di Imprenditore agricolo in via principale . Il tempo in agricoltura. Secondo la sede veneta di ISMEA la ratio della misura di incentivazione dell’insediamento dei giovani in agricoltura, come prevista dal PSR 2000-2006 della Regione, non era di una semplice forma di assistenzialismo , nel senso che il contributo è stato previsto solo in favore di chi si impegni a dedicare ad attività extra agricole meno della metà del tempo-lavoro totale dell’imprenditore agricolo, nel triennio dalla domanda, come richiesto dall’allegato B alla DGR n. 3623/2000, laddove si prescrive al richiedente di possedere la qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale . In sostanza, l’interpretazione seguita dal TAR nel conteggiare il tempo dedicato all’attività agricola sarebbe stata erronea l’attività a titolo principale indica una prevalenza rispetto ad altre attività, prevalenza che non può essere rimessa all’arbitrio del richiedente. Pertanto, sia dal punto di vista letterale, che logico-sistematico, secondo l’appellante, andava posta a base del calcolo l’ULU Unità Lavoro Uomo parametro convenzionale che misura il fabbisogno di lavoro all’interno di un’azienda , la quale individua un valore minimo di lavoro, pari a 1.800 ore per soggetto di riferimento, parametro certo e obiettivo. Le scelte del Veneto. Relativamente a queste osservazioni, il Collegio ha però osservato che il bando regionale prevede che il tempo di lavoro destinato alle attività esterne non superi la metà del tempo di lavoro totale dell’imprenditore Scheda Misura 1 A punto 2 allegato B della D.G.R. 3623/2000 .In sostanza, il Bando non contiene alcuna prescrizione che lasci intendere che la locuzione tempo di lavoro totale dell’imprenditore sia pari ad una ULU 1800 ore , come ritiene l’AVEPA. Né, ha sottolineato, contiene alcuna indicazione in senso contrario all’interpretazione seguita dal TAR, secondo cui il tempo totale considerato dal bando dovrebbe ottenersi, invece, dalla somma delle ore di lavoro dedicate all’azienda agricola e delle ore di lavoro dedicate ad ogni altra attività lavorativa esterna. E questa interpretazione è quella che secondo il giudice di primo grado scaturisce sia dal senso letterale del bando, sia dal senso logico, essendo l’espressione collocata in un contesto nel quale si fa chiaramente riferimento alla compatibilità dell’aiuto concesso con l’espletamento in atto di attività lavorativa di altro tipo, anche non agricolo. In sostanza, applicando tale modalità di calcolo, l'aspirante imprenditore agricolo raggiungeva il requisito richiesto, perché in qualità di dipendente dell’Ente Poste dedicava al lavoro al di fuori dell’azienda agricola un numero di ore 1656 inferiore alla metà della totalità del tempo di lavoro complessivo 1656+1800=3456 totali . L’obiezione più consistente che ha mosso AVEPA concerne la ratio del finanziamento, che sarebbe, a suo avviso, quella di incentivare l’avviamento di imprese gestite da giovani che intendano fare dell’attività agricola la propria professione abituale e non quella di erogare provvidenze pubbliche a chiunque, né tantomeno quella di favorire doppie occupazioni . Ma il Collegio ha osservato che dal bando non si coglie in modo chiaro l’incompatibilità tra la finalità di incentivare l’imprenditoria agricola tra i giovani e lo svolgimento di altra attività lavorativa. Ciò in quanto il bando, innanzitutto, ha ritenuto compatibile lo svolgimento della doppia occupazione, richiedendo soltanto che l’impegno al di fuori dell’azienda agricola non sia prevalente. Le norme UE. Peraltro, ha osservato ancora la sezione, dall’esame complessivo del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia FEAOG , che regolamenta, tra l’altro, i Piani di Sviluppo rurale art. 43 , emerge che l’obiettivo fondamentale degli aiuti comunitari è quello più generale di promuovere lo sviluppo rurale, accelerando l'adattamento delle strutture agrarie nel quadro della riforma della politica agricola comune. Nel preambolo del Regolamento si legge che una politica dello sviluppo rurale dovrebbe essere finalizzata a ricostituire e a rafforzare la competitività delle zone rurali, contribuendo in tal modo a mantenere e a creare posti di lavoro in queste zone e ancora che tale evoluzione dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta mediante una riorganizzazione ed una semplificazione degli attuali strumenti dello sviluppo rurale . L’art. 2 del regolamento enuncia espressamente l’obiettivo del miglioramento delle strutture nelle aziende agricole e delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli e, per quanto riguarda i giovani, si legge che la concessione di vantaggi particolari ai giovani agricoltori può agevolare non soltanto il loro insediamento, ma anche l'adattamento della struttura della loro azienda dopo il loro primo insediamento . L’art. 8 enuncia anche le condizioni per gli aiuti diretti a facilitare il primo insediamento dei giovani agricoltori e che sono il non aver ancora compiuto 40 anni, possedere conoscenze e competenze professionali adeguate, l'agricoltore si insedia in un'azienda agricola per la prima volta e, per quanto riguarda l'azienda, la stessa deve dimostra redditività e rispettare i requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali oltre al fatto che l'agricoltore si insedia in qualità di capo dell'azienda. Infine, l’art. 37, comma 4, del medesimo regolamento prevede che gli Stati membri possono stabilire condizioni ulteriori o più restrittive per la concessione del sostegno comunitario allo sviluppo rurale, purché tali condizioni siano coerenti con gli obiettivi e con i requisiti previsti dal presente regolamento . In sostanza, per quanto riguarda gli obiettivi che la Comunità si prefigge di realizzare attraverso i piani di sviluppo rurale, di cui all’art. 43, si dice che essi comprendono strategie, obiettivi e progetti di sviluppo rurale, selezionati per zone geografiche omissis con la valutazione degli effetti previsti dal punto di vista economico, ambientale e sociale, compreso l'impatto sull'occupazione . E’ evidente, in sostanza, che le finalità degli aiuti comunitari sono, nel senso più ampio, dirette al sostegno allo sviluppo agricolo, senza limitazioni e restrizioni sicché sembra incompatibile con la ratio del regolamento l’interpretazione restrittiva del bando attuativo del PSR in questione, propugnata dall’AVEPA. Tra l'altro, ha rilevato anche il Consiglio di Stato nella medesima decisione, altre regioni ad es. la Regione Molise nel bando diretto a dare applicazione al programma di aiuti nel settore rurale, di cui al citato regolamento CE 1257/1999, hanno previsto che l’aiuto per l’insediamento dei giovani fosse concesso anche all’imprenditore agricolo, impegnato per almeno il 25% del proprio tempo nella conduzione di un'azienda agricola , adottando per il requisito tempo un sistema di computo conforme a quello ritenuto legittimo dal TAR Veneto, ovvero stabilendo espressamente che il tempo globale di lavoro si evince dalla sommatoria del tempo dedicato alla conduzione aziendale e di quello riservato invece alle eventuali attività extra-aziendali P.O.R. della Regione Molise 2000 – 2006, approvato con decisione della Commissione Europea C 2000 n. 2731 dell'8 agosto 2000, punto 3 dell'allegato 7, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Molise, Supplemento n. 13 del 16 giugno 2001 – cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2009, n. 3260 .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 8 febbraio 30 maggio 2013, n. 2940 Presidente Cirillo – Estensore Puliatti Fatto 1. A seguito di specifica istanza, la Regione Veneto concedeva al sig. De Martin un contributo pari a 25.000 euro relativo alla misura M 2 del P.S.R. Piano Sviluppo Rurale , di cui alla D.G.R. 3623 del 17.11.2000, finalizzato a favorire l’insediamento dei giovani in agricoltura, condizionato al conseguimento, nei tre anni successivi, della qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale. Successivamente, la Regione erogava altro contributo dell’ammontare di euro 95.414,90 per la ristrutturazione edilizia di una cantina aziendale, con annesso ufficio e spazio-vendita misura M 1 del P.S.R. di cui alla D.G.R.3528 del 10.12.2002 . Con decreto n. 15 del 2005, veniva disposta la revoca del primo contributo per mancato raggiungimento della qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale nel termine richiesto. Anche il secondo contributo veniva, poi, revocato con decreto 283/2005, sia per mancato raggiungimento della predetta qualifica, sia per mancato e tempestivo completamento dei lavori, che neppure parzialmente potevano essere ammessi al beneficio per mancanza di funzionalità”. 2. Gli atti venivano impugnati davanti al TAR Veneto. Nelle more del giudizio, nonostante il mutato quadro normativo l.r.16/2005 per cui il tempo per conseguire la qualifica di imprenditore agricolo veniva elevato a 5 anni, AVEPA, riesaminata la posizione del ricorrente, confermava la precedente revoca del primo contributo. Infine, a seguito di sollecitazione proveniente da ordinanza del TAR, l’Amministrazione verificava lo stato di esecuzione dei lavori e constatava l’impossibilità di riconoscere anche la parziale esecuzione degli interventi, con conseguente revoca totale anche del secondo contributo. Gli atti venivano impugnati con motivi aggiunti. 3. Il TAR Veneto con la sentenza appellata ha accolto in parte il ricorso, annullando il decreto di revoca della Misura M2 e solo parzialmente quello di revoca della Misura M1, dichiarando il difetto di giurisdizione per l’accertamento della misura dei lavori eseguiti. 4. Propone appello AVEPA criticando la soluzione interpretativa seguita dal primo giudice per quanto riguarda il requisito del raggiungimento da parte del ricorrente del tempo”da dedicare al lavoro in agricoltura per poter conseguire la qualifica di Imprenditore agricolo in via principale”. 5. Si è costituito in giudizio il Sig. De Martin, proponendo ricorso incidentale avverso il capo di sentenza che dichiara l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione. Insiste per l’accoglimento nel merito del motivo riguardante il riconoscimento del contributo per quanto realizzato. 6. All’udienza dell’8 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. L’appello principale va rigettato. 1.1 L’appellante muove le sue critiche alla sentenza partendo dall’analisi della ratio della misura di incentivazione dell’insediamento dei giovani in agricoltura, come prevista dal PSR 2000-2006 della Regione, sostenendo che non si tratta di una semplice forma di assistenzialismo” e che il contributo è stato previsto solo in favore di chi si impegni a dedicare ad attività extra agricole meno della metà del tempo-lavoro totale dell’imprenditore agricolo, nel triennio dalla domanda, come richiesto dall’allegato B alla DGR 17.11.2000 n. 3623, laddove si prescrive al richiedente di possedere la qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale”. L’interpretazione seguita dal TAR nel conteggiare il tempo” dedicato all’attività agricola sarebbe erronea l’ attività a titolo principale” indica una prevalenza rispetto ad altre attività, prevalenza che non può essere rimessa all’arbitrio del richiedente. Pertanto, sia dal punto di vista letterale, che logico-sistematico, secondo l’appellante, andrebbe posta a base del calcolo l’ULU Unità Lavoro Uomo parametro convenzionale che misura il fabbisogno di lavoro all’interno di un’azienda , la quale individua un valore minimo di lavoro, pari a 1.800 ore per soggetto di riferimento, parametro certo e obiettivo. L’appellante ribadisce, inoltre, l’impraticabilità di definizioni e criteri tratti da normative più recenti l.r.12.12.2003, D.Lgs. 29.3.2004, n. 99 e più favorevoli, come proposto dal ricorrente. 1.2. Ritiene il Collegio che l’interpretazione del bando seguita dal primo giudice sia esente dalle critiche mosse dall’appellante. Il bando regionale prevede che il tempo di lavoro destinato alle attività esterne non superi la metà del tempo di lavoro totale dell’imprenditore” Scheda Misura 1 A punto 2 allegato B della D.G.R. 3623/2000 . Il Bando non contiene alcuna prescrizione che lasci intendere che la locuzione tempo di lavoro totale dell’imprenditore” sia pari ad una ULU 1800 ore , come ritiene l’AVEPA. Né contiene alcuna indicazione in senso contrario all’interpretazione seguita dal TAR, secondo cui il tempo totale” considerato dal bando dovrebbe ottenersi, invece, dalla somma delle ore di lavoro dedicate all’azienda agricola e delle ore di lavoro dedicate ad ogni altra attività lavorativa esterna. Questa interpretazione è quella che secondo il giudice di primo grado scaturisce sia dal senso letterale del bando, sia dal senso logico, essendo l’espressione collocata in un contesto nel quale si fa chiaramente riferimento alla compatibilità dell’aiuto concesso con l’espletamento in atto di attività lavorativa di altro tipo, anche non agricolo. Applicando tale modalità di calcolo, il sig. De Martin raggiunge il requisito richiesto, perché in qualità di dipendente dell’Ente Poste dedica al lavoro al di fuori dell’azienda agricola un numero di ore 1656 inferiore alla metà della totalità del tempo di lavoro complessivo 1656+1800=3456 totali . L’obiezione più consistente che muove AVEPA concerne la ratio del finanziamento, che sarebbe, a suo avviso, quella di incentivare l’avviamento di imprese gestite da giovani che intendano fare dell’attività agricola la propria professione abituale e non quella di erogare provvidenze pubbliche a chiunque, né tantomeno quella di favorire doppie occupazioni”. Tuttavia, non sembra al Collegio che dal bando si colga in modo chiaro l’incompatibilità tra la finalità di incentivare l’imprenditoria agricola tra i giovani e lo svolgimento di altra attività lavorativa. Il bando, innanzitutto, ha ritenuto compatibile lo svolgimento della doppia occupazione, richiedendo soltanto che l’impegno al di fuori dell’azienda agricola non sia prevalente. D’altra parte è notorio che il settore agricolo non sia altamente remunerativo e che l’avvio di un’azienda richieda un notevole sforzo economico tali ragioni spingono verso un sistema di incentivazioni che, senza sfociare nel temuto assistenzialismo” rappresentato dall’AVEPA, funzioni da leva per spostare la preferenza occupazionale dei giovani in un ambito da sempre negletto. 1.3 Ma vi è di più. Dall’esame complessivo del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia FEAOG , che regolamenta, tra l’altro, i Piani di Sviluppo rurale art. 43 , emerge che l’obiettivo fondamentale degli aiuti comunitari è quello più generale di promuovere lo sviluppo rurale, accelerando l'adattamento delle strutture agrarie nel quadro della riforma della politica agricola comune. Nel preambolo del Regolamento si legge che una politica dello sviluppo rurale dovrebbe essere finalizzata a ricostituire e a rafforzare la competitività delle zone rurali, contribuendo in tal modo a mantenere e a creare posti di lavoro in queste zone” e ancora che tale evoluzione dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta mediante una riorganizzazione ed una semplificazione degli attuali strumenti dello sviluppo rurale”. L’art. 2 del regolamento enuncia espressamente l’obiettivo del miglioramento delle strutture nelle aziende agricole e delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli” e, per quanto riguarda i giovani, si legge che la concessione di vantaggi particolari ai giovani agricoltori può agevolare non soltanto il loro insediamento, ma anche l'adattamento della struttura della loro azienda dopo il loro primo insediamento”. L’art. 8 così enuncia le condizioni per gli aiuti diretti a facilitare il primo insediamento dei giovani agricoltori l'agricoltore non ha ancora compiuto 40 anni, l'agricoltore possiede conoscenze e competenze professionali adeguate, l'agricoltore si insedia in un'azienda agricola per la prima volta, per quanto riguarda l'azienda i dimostra redditività e ii rispetta requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, l'agricoltore si insedia in qualità di capo dell'azienda. Infine, l’art. 37, comma 4, prevede che gli Stati membri possono stabilire condizioni ulteriori o più restrittive per la concessione del sostegno comunitario allo sviluppo rurale, purché tali condizioni siano coerenti con gli obiettivi e con i requisiti previsti dal presente regolamento.” Per quanto riguarda gli obiettivi che la Comunità si prefigge di realizzare attraverso i piani di sviluppo rurale, di cui all’art. 43, si dice che essi comprendono strategie, obiettivi e progetti di sviluppo rurale, selezionati per zone geografiche omissis con la valutazione degli effetti previsti dal punto di vista economico, ambientale e sociale, compreso l'impatto sull'occupazione”. E’ evidente che le finalità degli aiuti comunitari sono, nel senso più ampio, dirette al sostegno allo sviluppo agricolo, senza limitazioni e restrizioni sicché sembra incompatibile con la ratio del regolamento l’interpretazione restrittiva del bando attuativo del PSR in questione, propugnata dall’AVEPA. 1.4 Si aggiunga, ulteriormente, che consta che altre regioni ad es. la Regione Molise nel bando diretto a dare applicazione al programma di aiuti nel settore rurale, di cui al citato regolamento CE 1257/1999, hanno previsto che l’aiuto per l’insediamento dei giovani fosse concesso anche all’imprenditore agricolo, impegnato per almeno il 25% del proprio tempo nella conduzione di un'azienda agricola”, adottando per il requisito tempo” un sistema di computo conforme a quello ritenuto legittimo dal TAR Veneto, ovvero stabilendo espressamente che il tempo globale di lavoro si evince dalla sommatoria del tempo dedicato alla conduzione aziendale e di quello riservato invece alle eventuali attività extraaziendali P.O.R. della Regione Molise 2000 – 2006, approvato con decisione della Commissione Europea C 2000 n. 2731 dell'8 agosto 2000, punto 3 dell'allegato 7, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Molise, Supplemento n. 13 del 16 giugno 2001 – cfr. C.d.S. Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2009, n. 3260 . Conclusivamente, alla luce delle superiori considerazioni, l’appello principale deve essere respinto. 2. Va accolto, invece, l’appello incidentale sul capo di sentenza che declina la giurisdizione relativamente alla revoca” del contributo per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione edilizia misura M 1 di cui al bando allegato alla DGR 3528/2002. La sentenza ha qualificato l’atto come decadenza”, ritenuto che, a prescindere dalla carenza del requisito soggettivo con riferimento al fattore temporale, l’Amministrazione ha contestato la mancata ultimazione dei lavori entro i termini assegnati pertanto, trattandosi di mancato assolvimento degli obblighi connessi all’assegnazione del contributo, la posizione fatta valere in giudizio dal ricorrente non sarebbe di interesse legittimo ma di diritto soggettivo, relativamente al mantenimento del vantaggio già conseguito, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario. Ritiene il Collegio, invece, che il provvedimento impugnato non abbia natura di decadenza”, in quanto l’erogazione del contributo è avvenuta sulla base di una valutazione di finanziabilità” del progetto, soggetta a successiva verifica dell’esecuzione dei lavori e di produzione documentale nel termine assegnato la fase di verifica dell’esecuzione effettiva dei lavori si poneva, dunque, quale fase conclusiva del procedimento e presupposto per il definitivo conseguimento del finanziamento. Poiché l’esecuzione dei lavori rappresenta un requisito che attiene all’ an” del provvedimento concessorio, la situazione giuridica soggettiva dell’interessato si configura come di interesse legittimo, rientrante nell’ambito della giurisdizione amministrativa. 2.1 Tuttavia, nel merito, il Collegio ritiene legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione al riconoscimento del beneficio. Il diniego riguarda sia l’intervento nel suo complesso, sia la parziale esecuzione del progetto di ristrutturazione, limitatamente alla cantina, e poggia su una doppia motivazione 1 il mancato raggiungimento entro tre anni dall’insediamento della qualifica di Imprenditore agricolo a titolo principale 2 la mancata presentazione entro i termini stabiliti dal bando dei documenti attestanti la conclusione dei lavori, che avrebbero dovuto essere conclusi entro 18 mesi dalla pubblicazione sul BUR del decreto di finanziabilità, ivi incluso il certificato di agibilità. Inoltre tre delle fatture prodotte non sarebbero incluse tra quelle ammesse a contributo perché emesse successivamente al termine previsto per la conclusione dei lavori. Il primo motivo del diniego è superato dalle argomentazioni già svolte al punto 1.2. Quanto al secondo motivo, non è controverso che i lavori non siano stati ultimati nel termine mentre è in discussione la parziale esecuzione e l’ammissibilità parziale al contributo, sulla base del capitolo 6 gestione dei casi particolari paragrafo 5 dell’All. A alla delibera di Giunta n. 3528/2002. Sostiene l’appellante incidentale che l’Amministrazione avrebbe dovuto verificare la parziale esecuzione dell’intervento e valutare il grado di realizzazione dello stesso ma ai fini di tale giudizio, a suo avviso, non potrebbe trovare applicazione la norma prevista per la diversa ipotesi di verifica del completamento delle opere, di cui all’allegato B alla DGR 3528/2002, punto 3 cap.3.2, per cui l’Amministrazione non avrebbe potuto richiedere anche il certificato di agibilità. Sullo stato dell’opera, come ammette lo stesso interessato, al momento del sopralluogo, effettuato a seguito di ordinanza del TAR, la parte del fabbricato oggetto di contributo risultava allo stato grezzo”, mancando impianti, intonaci e serramenti, mentre i locali destinati a cantina sarebbero muniti sia di serramenti che pavimenti e perciò devono ritenersi funzionali” e ammissibili a contributo. Ad avviso del Collegio, tuttavia, il capitolo 6 paragrafo 5, all. A chiaramente richiede che le opere parzialmente realizzate per essere ammesse a finanziamento debbano risultare funzionali” il concetto di funzionalità non può che coincidere con quanto voluto dall’allegato B punto 3 cap.3.2 pertanto, la sola cantina per potersi considerare opera finanziabile deve risultare non solo ultimata, ma anche funzionale”, ossia pronta all’uso, e perciò dotata di tutte le autorizzazioni necessarie, come ritenuto dall’Amministrazione. Si aggiunga che già con la nota del 12.8.2003 prot. 13379, con cui AVEPA comunicava la concessione del finanziamento della Misura I M, l’interessato veniva edotto che, entro 30 giorni dalla conclusione degli interventi ammessi a finanziamento, doveva presentare una serie di documenti tra cui la copia del certificato di abitabilità-agibilità, con avvertenza espressa che la mancata presentazione della documentazione nei termini prescritti, in assenza di gravi e comprovati motivi, avrebbe comportato l’avvio delle procedure di verifica e l’eventuale revoca totale o parziale del contributo”. In conclusione, anche l’appello incidentale è infondato. 3. Le spese di giudizio si compensano tra le parti, considerata la natura delle questioni controverse. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando, rigetta l’appello principale accoglie l’appello incidentale sul capo della sentenza impugnata che declina la giurisdizione e lo rigetta nel merito. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.