E’ necessaria un’effettiva coercizione del debitore al trasferimento del bene in caso di inadempimento

Il divieto del patto commissorio sancito dall’articolo 2744 c.c., con la conseguente sanzione di nullità radicale, si estende a qualsiasi negozio, ancorchè di per sé astrattamente lecito, qualora venga impiegato per conseguire il fine concreto, riprovato dall’ordinamento, della illecita coercizione del debitore, costringendolo al trasferimento di un bene a scopo di garanzia nella ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta.

Peraltro, il patto commissorio può essere ravvisto anche di fronte a più negozi tra loro collegati, quando da essi scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il procedimento negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del debitore sia collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto. Con la sentenza numero 12462 del 21 maggio 2013, la Corte di Cassazione affronta la questione relativa alla esatta configurazione del patto commissorio, fornendo contestualmente alcune interessanti considerazioni in tema di negozio simulato e sui limiti previsti dal codice civile per la prova della simulazione, a seconda che si tratti di rapporti verso terzi o dei rapporti interni tra le parti. Il caso. La pronuncia in commento ha origine dall’azione avviata in ordine al mancato adempimento, con contestuale richiesta di risarcimento del danno, da parte del promittente acquirente, di un preliminare avente ad oggetto due immobili facenti parti di un complesso residenziale. Il promittente venditore, costituendosi in giudizio, eccepiva la circostanza che tale preliminare, da un lato, era un negozio simulato, e che, dall’altro, lo stesso faceva parte di un complesso accordo tra le parti, nel quale era compreso anche il trasferimento di alcune quote societarie, che non era stato attuato sotto il profilo del pagamento del prezzo. La domanda veniva accolta in primo grado e confermata in appello, sul rilievo che i contratti di cui sopra, pur potendosi ritenere collegati, non presentavano, nel disegno unitario che essi esprimevano, quella necessaria coercizione che deve essere presente in un patto commissorio, tale da consentire automaticamente il trasferimento della proprietà del bene – gli immobili, in questo caso – in caso di inadempimento di un’ulteriore obbligazione in particolare, il pagamento delle quote sociali . La ratio del patto commissorio. Ai sensi dell’articolo 2744 c.c., è affetto da nullità il patto con il quale si conviene che, in caso di inadempimento, la proprietà del bene ipotecato o costituito in pegno passi al creditore. Secondo l’opinione prevalente, in tale divieto si esprimerebbe il disvalore dell’ordinamento verso una modalità di garanzia del credito che possa pregiudicare fortemente il debitore, soprattutto qualora il valore del bene dato in garanzia risulti superiore al credito garantito. Ma significativa rimane invece l’opinione di chi ravvisa il divieto in questione nell’ostilità dell’ordinamento nei confronti di una forma di soddisfacimento coatto che si realizzi al di fuori del processo esecutivo, con l’esclusione, quindi, degli altri creditori. Patto commissorio anche in ipotesi di preliminare. Il divieto del patto commissorio, secondo l’interpretazione che offre la giurisprudenza, si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, come visto vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore anche, quindi, un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene promesso in vendita, qualora la promessa di vendita garantisca la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, sempre che risulti provato il nesso di strumentalità fra i due negozi. Patto commissorio trasferimento della proprietà a seguito dell’inadempimento Gli articolo 1963 – per l’anticresi - e 2744 c.c., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento della proprietà della cosa sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti per soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e per liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività, del divieto da esse previsto. In un caso, la Cassazione, per fare un esempio, ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la sussistenza del patto commissorio perché parte del corrispettivo della vendita era stato utilizzato immediatamente per estinguere un mutuo stipulato tra le parti, sicché la vendita non aveva lo scopo di garantire la restituzione del mutuo stesso, ma, eventualmente, di fornire la provvista per estinguere il debito scaduto. ed anche in caso di contratti collegati. Il divieto del patto commissorio può anche ravvisarsi in presenza di negozi collegati. Come noto, la fattispecie del collegamento negoziale è configurabile quando i singoli negozi, pur se formalmente autonomi, risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti. In un caso, in particolare, sempre in tema di patto commissorio, il S.C. ha ritenuto che, con riferimento ad un contratto preliminare e ad un successivo contratto definitivo di compravendita di un bene di proprietà di un soggetto diverso dal debitore - nella specie, la moglie - fosse legittimamente predicabile, in astratto, un collegamento negoziale tra atti che, pur restando apparentemente, autonomi e leciti, purtuttavia erano potenzialmente idonei ad atteggiarsi come forma di garanzia reale atipica per il pagamento della somma dovuta dal debitore, marito della promettente venditrice, il bene della quale veniva trasferito al creditore sotto condizione e in conseguenza del mancato adempimento e ciò in violazione del disposto dell’articolo 2744 c.c E il contratto di sale and lease back? È valido, ma non sempre. Diversamente dal patto commissorio, il sale and lease back configura un contratto d’impresa socialmente tipico, con il quale un’impresa vende un bene strumentale ad una società finanziaria, la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria alla stessa impresa venditrice, dietro il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto. Tale tipologia di contratto è, in linea di massima, astrattamente valido è però certamente possibile nascondere l’intento fraudolento delle parti di realizzare un patto commissorio, ma a tal fine è necessario che ricorrano le seguenti circostanze a l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice b le difficoltà economiche di quest’ultima c la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente. La prova della simulazione quando è possibile con i testimoni. La pronuncia in esame affronta anche la problematica relativa ai limiti della simulazione, avendo il ricorrente per cassazione lamentato che il contratto preliminare alla base della domanda promossa dall’attore in primo grado doveva ritenersi simulato sulla base di una contro scrittura siglata tra le parti. Sul punto, si osserva che, ai sensi dell’articolo 1417 c.c., la prova per testi della simulazione è ammissibile senza limiti se la domanda è proposta dai creditori o da terzi, mentre, se proposta da una delle parti, come nel caso di specie, non è ammissibile qualora sia diretta a dimostrare un contenuto diverso da quello risultante dal contratto simulato, redatto per iscritto. In tale ipotesi, secondo la previsione normativa, l’unica possibilità per provare la simulazione è la controscrittura o controdichiarazione che, relativamente all’accordo asseritamente raggiunto tra le parti in ordine al rapporto tra cessione di quote e preliminare di compravendita degli immobili per cui è causa, non è stato fornito con conseguente rigetto della domanda in tal senso proposta.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 marzo - 21 maggio 2013, numero 12462 Presidente Oddo – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione del 5-10-1994 M.L. conveniva dinanzi al Tribunale di Lecce L.G. , per sentirlo condannare all'adempimento dell'obbligo di trasferimento della proprietà di due immobili facenti parte di un complesso residenziale in , assunto con scrittura privata del 9-11-1992, nonché al risarcimento dei danni per ritardata consegna, che quantificava in L. 500.000.000. Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della domanda, sostenendo che il contratto del 9-11-1992 era simulato, in quanto con esso si voleva costituire in favore dell'attore e del fratello C. una forma di garanzia per il pagamento del prezzo di cessione delle quote pari al 50% della Arcoland s.r.l., detenute dai M. e cedute al L. con altra scrittura privata redatta in pari data. Faceva presente che contestualmente era stata redatta una terza scrittura privata, collegata anch'essa alla cessione delle quote sociali, con la quale egli aveva accettato la situazione patrimoniale della società e si era impegnato a liberare i M. dalle obbligazioni derivanti dalle fideiussioni dagli stessi in precedenza prestate in favore di diversi istituti di credito. Il convenuto, inoltre, nel rilevare che la situazione patrimoniale predisposta dai M. non corrispondeva alla reale situazione della società alcuni debiti erano stati taciuti e di altri era stato indicato un importo di gran lunga inferiore a quello effettivo , chiedeva in via riconvenzionale che venisse dichiarata la risoluzione del contratto di trasferimento di quote per inadempimento dei M. e la condanna di questi ultimi al risarcimento dei danni subiti, quantificati in L. 400.000.000 o nella diversa somma che venisse accertata in corso di causa. Il L. , infine, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa M.C. . Quest'ultimo si costituiva chiedendo il rigetto delle domande proposte dal L. . Con sentenza del 26-10-2005 il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice, quantificando il danno da risarcire in L. 80.000.000 rigettava la domanda riconvenzionale condannava il convenuto al pagamento delle spese di lite. In motivazione, il giudice rilevava che la prova della simulazione poteva essere offerta unicamente mediante una controdichiarazione, non essendo a tal fine possibile né la prova testimoniale né la prova per presunzioni, e che la scrittura privata del 9-11-1991 di trasferimento delle quote sociali della Arvoland s.r.l. non conteneva alcun elemento di collegamento con l'atto con il quale il L. si obbligava al trasferimento dei due immobili, così da potersi ritenere che la prima scrittura celasse un contratto dissimulato rispetto al contratto simulato contenuto nella seconda scrittura. Quanto alla domanda riconvenzionale, il Tribunale osservava che sulla base degli elementi emersi dalla prova testimoniale doveva escludersi che il L. non fosse stato adeguatamente messo a conoscenza della reale situazione finanziaria della società. Avverso la predetta decisione proponeva appello il L. . Con sentenza depositata il 30-11-2009 la Corte di Appello di Lecce rigettava il gravame. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il L. , sulla base di sette motivi. I C. hanno resistito con separati controricorsi. Il ricorrente ha depositato una memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 2744, 1343, 1344, 1417, 1418, 1419, 1421, 2722, 2723, 2729 comma 2 c.c Rileva che sia in primo che in secondo grado il convenuto aveva eccepito che il contratto preliminare stipulato il 9-11-1992 era simulato, essendo avvenuto senza il versamento di alcuna somma ed avendo l'unico scopo di garantire l'adempimento delle obbligazioni assunte dal L. nei confronti dei M. con gli altri due contratti stipulati contestualmente con un congegno, quindi, tale da attuare il trasferimento dei due immobili ai M. nella eventualità o del mancato pagamento da parte del convenuto del prezzo delle quote sociali ovvero della mancata liberazione degli stessi M. dalle fideiussioni da essi rilasciate alle banche. Sostiene che il meccanismo dedotto dal convenuto non era da assumere nello schema della simulazione, ma nella fattispecie legale prevista dall'articolo 2744 c.c., integrando una violazione del divieto del patto commissorio, e che quindi l'eccezione di inefficacia proposta valeva come eccezione di nullità. Deduce, di conseguenza, che, non essendo applicabili alla nullità derivante dall'articolo 2744 c.c. le limitazioni previste dall'articolo 1417 c.c., la Corte di Appello, una volta qualificata correttamente l'eccezione, avrebbe dovuto utilizzare sia la prova testimoniale raccolta in primo grado, che aveva confermato la funzione di garanzia e non di scambio del contratto preliminare e il mancato pagamento della somma di L. 220.000.000, sia la prova per presunzioni invocata dal convenuto nell'atto di appello, fondata sulla contestualità delle tre scritture e sul mancato versamento di qualsiasi prezzo. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 2744, 1421 c.c. e 112 c.p.c Sostiene che, poiché dalle allegazioni in fatto del L. si desumeva la riconducibilità del contratto preliminare di vendita immobiliare al divieto del patto commissorio, trattandosi di un elemento di un meccanismo diretto a trasferire la proprietà degli immobili in caso di inadempimento, i giudici di merito avrebbero dovuto rilevare la nullità dell'atto d'ufficio, anche a prescindere da ogni eccezione e domanda proposta dal convenuto. 2 I due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati. Deve premettersi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il divieto del patto commissorio sancito dall'articolo 2744 c.c., con la conseguente sanzione di nullità radicale, si estende a qualsiasi negozio, ancorché di per sé astrattamente lecito, allorché esso venga impiegato per conseguire il fine concreto, riprovato dall'ordinamento, della illecita coercizione del debitore, costringendolo al trasferimento di un bene a scopo di garanzia nella ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta. In particolare, si ritiene pacificamente che il patto commissorio possa essere ravvisato anche di fronte a più negozi tra loro collegati, quando da essi scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il procedimento negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del debitore sia collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto v. Cass. 23-10-1999 numero 11924 Cass. 23-10-1994 numero 11924 Cass. 15-8-1990 numero 8325 , ovvero dal momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati Cass. 19-5-2004 numero 9466 , sempre che questi siano stati concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde risultare idonei al raggiungimento dello scopo finale di garanzia che le parti si erano prefissate Cass. 28-6-2006 numero 14903 Cass. 16-9-2004 numero 18655 . Ne consegue che, in linea di principio, anche un contratto preliminare di compravendita può incorrere nella sanzione dell'articolo 2744 c.c., ove risulti l'intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell'adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio collegato, sì da stabilire un collegamento negoziale e strumentale tra i due negozi. È evidente, peraltro, che, allorché lo strumento negoziale adoperato dalle parti in funzione di garanzia sia rappresentato da un contratto preliminare, in tanto può configurarsi un illecito patto commissorio, in quanto i contraenti abbiano predisposto un meccanismo quale la previsione di una condizione diretto a far sì che l'effetto definitivo e irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell'inadempimento del debitore-promittente venditore, rimanendo, in caso contrario, il bene nella titolarità di quest'ultimo. In tal caso, infatti, il contratto preliminare viene impiegato per conseguire l'illecita coartazione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, per cui non sussiste la causa di scambio, tipica di ogni contratto di compravendita, ma il preliminare costituisce il mezzo per raggiungere il risultato vietato dalla legge v. Cass. 10-2-1997 numero 1233 Cass. 4-3-1996 numero 1657 . Nella specie, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata v. pag. 3 e dello stesso ricorso v. pag. 3 e 4 , nella comparsa di costituzione di primo grado il convenuto si è limitato ad eccepire l'inefficacia del contratto preliminare di compravendita del 9-11-1992 per simulazione, assumendo in termini del tutto generici che il medesimo nascondeva un meccanismo di garanzia per il pagamento del prezzo di cessione delle quote pari al 50% di Arcoland s.r.l. detenute dai M. e a lui cedute con altra scrittura redatta in pari data, nonché per l'adempimento dell'obbligazione, assunta dal convenuto con una terza coeva scrittura, di liberare i M. dalle fideiussioni dagli stessi in precedenza prestate nei confronti di alcuni istituti di credito. Analoga posizione è stata mantenuta in appello, allorché il L. v. pag. 3 della sentenza e 8-9 del ricorso ha chiesto, in riforma della sentenza di primo grado, la dichiarazione di inefficacia del preliminare di vendita , invocando la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti , che dimostravano la simulazione dell'atto. Ciò posto, si osserva che il generico riferimento alla funzione di garanzia svolta dal contratto preliminare asseritamene simulato, non appare di per sé sufficiente ai fini della configurazione di un illecito patto commissorio. Nel giudizio di merito, infatti, il L. non ha nemmeno allegato l'esistenza, in concreto, di un qualche meccanismo, predisposto dai contraenti, diretto ad imporre il trasferimento dei beni indicati nel contratto preliminare nel caso in cui il credito del promittente acquirente restasse insoddisfatto, e ad escluderlo, invece, nell'ipotesi di adempimento dell'obbligazione contratta dal promittente venditore. Le stesse deduzioni svolte nel ricorso non forniscono sufficienti lumi al riguardo, non spiegando attraverso quale strumento o congegno, realmente impiegato dalle parti, gli effetti normalmente connessi al contratto preliminare fossero destinati ad operare in via definitiva solo in caso di inadempimento del debitore-promittente venditore, in modo che la fattispecie negoziale posta in essere potesse rivelarsi idonea ad esercitare su quest'ultimo un'indebita coercizione all'adempimento, in violazione del divieto del patto commissorio Correttamente, pertanto, la Corte territoriale, alla luce della prospettazione in fatto della vicenda operata dal convenuto, ha ricondotto l'eccezione d'inefficacia dal medesimo formulata nell'ambito della simulazione, facendone ridiscendere l'applicabilità dei limiti sanciti in tema di prova per testi e per presunzioni tra le parti dagli articolo 1417 e 2729 c.c Per le stesse ragioni, poiché dai fatti esposti dall'appellante non poteva desumersi in modo inequivocabile che il contratto preliminare stipulato dalle parti costituisse un espediente volto ad eludere il divieto del patto commissorio, al giudice di appello non può rimproverarsi di non aver rilevato d'ufficio la nullità di tale contratto. 3 Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 1417, 2722, 2723 e 2729 comma 2 c.c Deduce che, anche a voler rimanere nell'ambito della simulazione, la Corte di Appello avrebbe dovuto valutare le prove per testi e per presunzioni indicate dal L. , in quanto le stesse tendevano a dimostrare l'illiceità del negozio dissimulato e, quindi, ai sensi dell'ultima parte dell'articolo 1417 c.c., non erano precluse dal limite di cui alla prima parte dello stesso articolo. Anche tale motivo è privo di fondamento. Come è noto, la prova della simulazione si atteggia in modo diverso a seconda che si tratti di rapporti verso terzi o dei rapporti interni tra le parti invero, se la domanda di simulazione è proposta da creditori o da terzi che, estranei al rapporto, non sono in grado di procurarsi la prova scritta, la prova per testi e per presunzioni della simulazione non può subire alcun limite per contro, se la domanda è proposta da una delle parti o dagli eredi, la dimostrazione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale, per cui se il contratto simulato è stato redatto per iscritto, la prova per testi e per presunzioni non può esser ammessa contro il contenuto del documento, perché le parti hanno la possibilità e l'onere di munirsi delle controdichiarazioni, salve le eccezioni a tale regola espressamente previste dalla legge, e salvo che la prova sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato Cass. 4-5-2007 numero 10240 Cass. 23-1-1997 numero 697 Cass. 12-2-1986 numero 850 . Nella specie, pertanto, non venendo in discussione, per le ragioni in precedenza esposte, l'eventuale illiceità del contratto dissimulato, correttamente la Corte di Appello ha ritenuto che l'appellante, nei confronti del promittente acquirente, potesse provare la simulazione del contratto preliminare di compravendita solo attraverso la produzione di una controdichiarazione, escludendo la possibilità per il medesimo di avvalersi della prova per testi e per presunzioni. 4 Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l'illogicità e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui, dopo aver affermato che il raffronto tra le tre scritture private non valeva a sorreggere le deduzioni svolte dall'appellante, ha proceduto alla comparazione del valore degli immobili oggetto del preliminare L. 300.000.000 esclusivamente con il credito della cessione di quote L. 48.000.000 e non anche con le altre obbligazioni assunte dal L. con la terza scrittura liberazione dei venditori dalle fideiussioni bancarie da questi prestate in favore della società verso vari istituti di credito , che il preliminare di vendita doveva garantire. Il motivo è inammissibile. La Corte di Appello ha escluso, ai sensi del combinato disposto degli articolo 1417 e 2729 c.c., la possibilità per il convenuto di provare per presunzioni, nei confronti del promittente acquirente, la simulazione del contratto preliminare ed ha conseguentemente concluso che nessun rilievo può essere attribuito al ragionamento deduttivo svolto dall'appellante con riferimento al collegamento tra le tre scritture private redatte il 30-9-1992. A fronte di tale affermazione, di per sé idonea a sorreggere la decisione, l'ulteriore argomentazione contenuta in sentenza, secondo cui la valutazione unitaria delle tre scritture non porta affatto alle conclusioni sostenute dall'appellante, risulta chiaramente svolta ad abundantiam, come inequivocamente dimostrato dall'espressione usata per introdurla Peraltro deve sottolinearsi . Ciò posto, si osserva che è inammissibile in sede di legittimità il motivo di ricorso che censuri un'argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e, pertanto, non costituente una ratio decidendi della medesima. Infatti, un'affermazione siffatta contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse tra le tante v. Cass. 22-11-2010 numero 23635 Cass. 5-6-2007 numero 13068 Cass. 23-11-2005 numero 24591 . 5 Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 2932 comma 2 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c Sostiene che, anche a voler ritenere la validità del contratto preliminare, la domanda attrice non avrebbe potuto trovare accoglimento per mancanza della condizione dell'azione prevista dall'articolo 2932 c.c., non avendo il promissario acquirente eseguito la sua prestazione né fatto offerta della stessa nei modi di legge. Il motivo è inammissibile, prospettando una questione nuova, che non risulta trattata nella sentenza impugnata e che il ricorrente non ha dedotto di aver prospettato con i motivi di appello. 6 Con il sesto motivo il ricorrente lamenta l'omessa pronuncia sul motivo di appello proposto avverso la statuizione di rigetto della domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento del contratto di cessione di quote. Sostiene che il giudice di appello si è limitato ad esaminare la prima articolazione del motivo relativa all'ammontare del mutuo passivo verso il Banco di Napoli , senza prendere in considerazione la seconda e la terza concernenti l'indicazione, nella situazione patrimoniale, di beni mobili che non erano nella disponibilità della società Arcoland, e la mancata prospettazione di un consistente debito . Il motivo è infondato. La Corte di Appello ha esaminato e disatteso, ritenendolo sguarnito di prova, il motivo di gravame con cui veniva denunciata la non corrispondenza della situazione patrimoniale redatta dal D. con quella reale della società al momento della cessione delle quote. Ciò vale ad escludere la configurabilità, nella specie, del dedotto vizio di omessa pronuncia, il quale sussiste solo nell'ipotesi in cui sia mancata da parte del giudice di appello ogni decisione su un motivo di impugnazione, e non anche nel caso in cui il giudice di merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare adeguatamente la decisione cfr. Cass. 17-7-2007 numero 15882 Cass. 19-5-2006 numero 11844 Cass. 14-3-2006 numero 5444 Cass. 14-2-2006, numero 3190 Cass. 12-12-2005 numero 27387 . 7 Con il settimo motivo, infine, il ricorrente si duole dell'insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dalla divergenza della situazione reale con quella patrimoniale prospettata al L. , nella quale erano stati meriti beni mobili di cui la società non aveva la disponibilità e non era stato riportato un debito di L. 77.385.700 della Marullo Costruzioni verso l'impresa. Anche tale motivo deve essere disatteso. La Corte di Appello, nel ritenere sfornite di prova le deduzioni svolte dall'appellante riguardo alla mancata corrispondenza della situazione patrimoniale rappresentata all'acquirente al momento della cessione di quote sociali con quella reale, pur essendosi soffermata in particolare sulla questione dell'ammontare del mutuo passivo verso il Banco di Napoli, ha implicitamente disatteso i rilievi inerenti ai beni mobili e al debito verso l'impresa rilievi che, come si evince dalla lettura del ricorso nel quale, a pag. 35, è stato trascritto in modo virgolettato il motivo di appello in questione , erano stati formulati in termini del tutto generici. Si rammenta, al riguardo, che l'onere di adeguatezza della motivazione non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, né che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. È, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito tra le tante v. Cass. 20-11-2009 numero 24542 Cass. 12-1-2006 numero 407 Cass. 2 agosto 2001, numero 10569 . 8 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida per ciascun resistente in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.