L’articolo 292, comma 2, lett. c , c.p.p., impone di tener conto del tempo trascorso dalla realizzazione dei fatti. In ordine all’applicazione di misure cautelari coercitive, la distanza temporale tra i fatti contestati e il momento dell’emissione della misura stessa fa apparire più deboli i requisiti di attualità ed intensità dell’esigenza e, di conseguenza, pone a carico del giudice un più rigoroso obbligo motivazionale.
Con la sentenza numero 20112, depositata il 9 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del PM. Il caso. Venivano attinti, rispettivamente, dalla misura cautelare degli arresti domiciliari e dell’obbligo della presentazione alla P.G. il titolare di uno studio di progettazione e il Provveditore alle opere pubbliche di l’Aquila. Le imputazioni enucleate a carico dei due prevenuti concernono condotte di turbativa di una pubblica gara per affidamento di lavori di ricostruzione post-sismici in alcune scuole e di abuso d’ufficio. A cagione di tali comportamenti, infatti, nell’assegnazione degli incarichi sarebbe stato favorito lo studio tecnico di uno dei due indagati, a seguito dell’intervento dell’altro, che avrebbe abusato della propria autorità per attribuire la commessa. Misure cautelari revocate. Dopo la proposta impugnazione, il Tribunale del riesame revocava le misure applicate dal G.I.P. avverso tale ordinanza ricorreva per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, deducendo carenza e contraddittorietà motivazionale. Il ricorso del PM. Quanto alla posizione del titolare dello studio di progettazione, la Procura lamentava come l’ordinanza del T.L. avesse erroneamente ritenuto l’eccessività della custodia domestica sulla sola considerazione del tempo ormai trascorso dai fatti, ritenendo, altresì, sufficiente a fronteggiare il pericolo di reiterazione dei reati l’applicazione di una misura interdittiva, però in concreto non emessa, perché reputata superflua a seguito della sospensione dell’indagato dall’Ordine degli ingegneri. Però, annullando l’ordinanza del G.I.P., il Giudice del Riesame ha comportato l’immediata revoca della misura sospensiva, giacché, ex articolo 46 del R.D. numero 2537/1925, la sospensione ha valore solo fino a che non venga revocata la misura cautelare penale. Quanto alla posizione del Provveditore alle opere pubbliche, l’ordinanza sarebbe affetta da una contraddizione motivazionale, giacché questa afferma che l’indagato –ricoprendo sì lo stesso ruolo, ma in altra regione non possa più commettere reati della stessa specie di quelli contestati. Il ricorso è infondato. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, perché infondato, in ordine a entrambe le posizioni processuali. Per giurisprudenza consolidata, in materia di misure coercitive, uno iato temporale tra i fatti e il momento della decisione siccome ontologicamente dissonante con l’attualita’ e l’intensita’ dell’esigenza cautelare sottesa , importa a carico del giudice un più rigoroso obbligo motivazionale, sia relativamente al requisito dell’attualità, sia relativamente alla scelta della misura stessa. Elevato scarto tempistico. Nel caso deciso, i fatti oggetto della contestazione risalgono a ben tre anni prima rispetto alla data di emissione delle misure. Quanto al Provveditore, inoltre, occorre precisare come -in tema di reati contro la P.A. un giudizio prognostico sfavorevole circa la pericolosità dell’indagato non è pregiudicato dalla circostanza che il soggetto abbia dismesso la carica nel cui esercizio aveva perpetrato le condotte criminose, purché, però, il giudice fornisca una adeguata e logicamente sostenibile motivazione sulle circostanze fattuali che rendono probabile che l’agente pur versando in una differente posizione soggettiva possa continuare a realizzare condotte antigiuridiche offensive della medesima categoria di beni e aventi lo stesso rilievo del reato già commesso. La Suprema Corte pone l’accento sulla notevole lontananza nel tempo dei fatti contestati e sulla mancata illustrazione nell’ordinanza applicativa di positive e specifiche emergenze investigative idonee a suffragare l’ipotetico periculum in libertate nella concreta situazione. L’importanza della lettera dell’articolo 292 c.p.p Invero, non si può obliterare il testo dell’articolo 292, comma 2, lett. c , c.p.p., che, novellato nel 1995, ha inserito tra i requisiti che devono comporre -obbligatoriamente e a pena di nullità la motivazione dell’ordinanza cautelare anche l’espresso riferimento alla valutazione «del tempo trascorso dalla commissione del reato». Ciò, inequivocabilmente, significa che il periculum va attualizzato in proporzione al tempus commissi delicti, perché, generalmente, una grande distanza temporale dai fatti affievolisce le esigenze di cautela. Nello specifico, il G.I.P. non aveva prospettato elementi positivi che specificamente denotassero la concretezza ed attualità di evitare la reiterazione dei reati ciò aveva correttamente indotto il T.L. a negare la sussistenza dei presupposti posti a fondamento della misura. Sulla scorta di tutte queste considerazioni, il ricorso è stato rigettato.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 febbraio – 9 maggio 2013, numero 20112 Presidente Serpico – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 19 novembre 2012 il Tribunale del riesame di l'Aquila ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata a S.C. con provvedimento adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di L'Aquila in data 15 ottobre 2012. Le imputazioni provvisorie enucleate a carico dell'indagato hanno ad oggetto condotte di turbativa di una pubblica gara per l'affidamento di incarichi inerenti ad indagini strutturali post-sisma nelle scuole di L'Aquila e provincia - nella cui assegnazione egli sarebbe stato favorito da G.G., Provveditore alle opere pubbliche di L'Aquila - e di abuso d'ufficio, per avere ricevuto dal su citato Provveditorato l'incarico di lavori di progettazione e messa in sicurezza inerenti alla viabilità e alla ricostruzione di opere pubbliche a seguito del terremoto. 2. Con altra ordinanza emessa in pari data, il Tribunale del riesame di L'Aquila ha revocato la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla P.G. applicata al coindagato G.G. con provvedimento adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di L'Aquila in data 15 ottobre 2012. Le imputazioni provvisorie enucleate a carico dell'indagato hanno ad oggetto condotte di turbativa di una pubblica gara per l'affidamento di incarichi inerenti ad indagini strutturali post-sisma nelle scuole di L'Aquila e provincia - attraverso cui sarebbe stato favorito uno studio di progettazione gestito dal coindagato S.C. - e di abuso d'ufficio per aver assegnato, allo studio di progettazione di cui è titolare lo stesso S., lavori di progettazione e messa in sicurezza inerenti alla ricostruzione di opere pubbliche a seguito del terremoto di L'Aquila. 3. Avverso le predette ordinanze del Tribunale del riesame di L'Aquila ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di L'Aquila, deducendone la carenza e la contraddittorietà della motivazione in relazione ai profili qui di seguito evidenziati a per quel che attiene alla posizione dello S., pur ritenendo sussistenti le esigenze cautelari, il Tribunale del riesame ha considerato eccessiva la misura degli arresti domiciliari in ragione del tempo trascorso ed ha ritenuto, dunque, fronteggiabile il pericolo di reiterazione dei reati con l'applicazione di una misura interdittiva, che tuttavia non ha emesso, erroneamente considerandola del tutto inefficace a seguito della sospensione dell'indagato dall'ordine degli ingegneri della Provincia di Roma al riguardo, infatti, l'impugnata ordinanza non avrebbe valutato il dato oggettivo della norma di cui all'articolo 46 del R.D. numero 2537/1925, secondo cui la misura sospensiva ha valore sino alla revoca della misura cautelare, con la conseguenza che il provvedimento di annullamento adottato dal Tribunale del riesame ne ha comportato l'immediata revoca b per quel che attiene alla posizione del G., inoltre, la motivazione risulterebbe contraddittoria, poiché vi si afferma che l'indagato, pur essendo Provveditore alle opere pubbliche in Campania, non può commettere reati della stessa specie di quello per il quale si procede, avuto riguardo alla carenza di motivazione del provvedimento in precedenza adottato dal G.i.p. circa le esigenze di cui all'articolo 274, lett. c , c.p.p., ed all'insufficienza delle risultanze offerte dalle attività investigative, laddove il provvedimento adottato dal G.i.p. non solo avrebbe valutato l'attualità delle esigenze, ma avrebbe ben distinto le posizioni dei due indagati, graduando conseguentemente l'intensità del vincolo cautelare. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato e va conseguentemente rigettato in ordine ad entrambe le posizioni processuali sopra indicate. 5. Occorre preliminarmente rilevare, alla luce di un pacifico insegnamento giurisprudenziale, che, in tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l'attualità e l'intensità dell'esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione al requisito dell'attualità, sia in relazione alla scelta della misura Sez. 6, numero 27865 del 10/06/2009, dep. 07/07/2009, Rv. 244417 Sez. 2, numero 21564 del 08/05/2008, dep. 28/05/2008, Rv. 240112 v., inoltre, Sez. 2, numero 47416 del 30/11/2011, dep. 21/12/2011, Rv. 252050 . Nel caso di specie, i fatti oggetto della contestazione in sede cautelare risalgono ad un'epoca ricompresa fra il mese di giugno e quello di settembre del 2009, ossia a circa tre anni di distanza dalla data di adozione del provvedimento applicativo delle misure cautelari poi revocate dal Tribunale. V'è inoltre da considerare, con riferimento alla sola posizione del G. , che, nell'ambito dei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell'incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l'indagato abbia dismesso la carica o esaurito l'ufficio nell'esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l'agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso v., ex multis, Sez. 6, numero 9117 del 16/12/2011, dep. 07/03/2012, Rv. 252389 . 6. Ciò premesso, le impugnate ordinanze, pur nell'incerto susseguirsi di talune sequenze argomentative che ne connotano il percorso motivazionale, devono ritenersi corrette nella parte in cui hanno delibato l'inesistenza di esigenze cautelari atte a giustificare l'applicazione delle misure coercitive revocate in sede di riesame. Al di là della pretesa contraddittorietà dell'iter motivazionale, nella parte in cui si esclude l'esistenza del pericolo di reiterazione delle condotte criminose - che il ricorrente deduce più su profili lessicali che non su concrete premesse fattuali - restano i dati ineludibili della notevole lontananza nel tempo dei fatti contestati e della mancata illustrazione di positive e specifiche emergenze investigative atte a suffragare l'ipotizzato periculum in libertate con riferimento alla particolare natura della vicenda in contestazione. La circostanza, infatti, che il legislatore abbia avvertito la necessità di inserire, nell'articolo 292, comma secondo, lett. c , c.p.p. - come novellato ad opera della L. 8 agosto 1995, numero 332 - tra i requisiti che obbligatoriamente devono comporre la motivazione dell'ordinanza cautelare anche lo specifico riferimento, quanto alle esigenze che giustificano la misura, alla vantazione del tempo trascorso dalla commissione del reato , sta a significare che la pregnanza del periculum di volta in volta preso in considerazione, deve necessariamente attualizzarsi in proporzione diretta con il tempus commissi delicti, sull'ovvia presupposizione che, alla maggior distanza temporale dei fatti, ineluttabilmente finisca di regola per corrispondere un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. Ne discende, conclusivamente, che la mancata prospettazione di elementi positivi e specifici che denotino la concretezza e l'attualità dell'ipotizzato pericolo di recidiva, avuto riguardo proprio alla natura ed alla lontananza nel tempo dei fatti, ha coerentemente indotto il Tribunale del riesame a negare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione del vincolo cautelare. P.Q.M. rigetta il ricorso del P.M