Per impedire l’indebita fruizione di un posto auto da parte dei conduttori di un immobile, i proprietari devono necessariamente rivolgersi al Giudice competente, in quanto la condotta consistente nella apposizione di un impianto finalizzato ad ostacolare l’accesso ai luoghi integra il reato di cui all’articolo 392 c.p
Il caso. La Corte di Appello di Milano, in totale riforma della sentenza di primo grado, assolveva P.P. e R.P. dal delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per insussistenza del fatto. Più specificamente, a giudizio della Corte territoriale, i due imputati – proprietari di un immobile locato alle parti civili costituite M.C. ed M.B. – nel porre in essere una attività pacificamente finalizzata ad impedire, tramite l’apposizione di due paletti in cemento con catena a comando elettronico, ai conduttori l’accesso al cortile retrostante l’immobile e l’utilizzo del medesimo quale parcheggio, avrebbero semplicemente esercitato un proprio diritto e, come tali, sarebbero stati estranei a qualunque forma di responsabilità penale. Avverso tale decisione ricorreva per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente anzitutto chiarisce come le parti civili già da diversi anni utilizzassero il cortile dell’edificio per il parcheggio della propria autovettura, nonché precisa che l’originario proprietario, rispetto al quale gli odierni imputati sono eredi, aveva da sempre tollerato tale situazione di fatto. Conseguentemente, lamenta il ricorrente, premesso che l’ordinamento giuridico consente un’azione in autotutela solo per recuperare il possesso della cosa nell’immediatezza di un atto di spoglio o molestia, e considerato che tale situazione di urgenza non sussisteva nel caso de quo per le ragioni suesposte, si ricava che l’attività finalizzata ad ostacolare il potere di fatto che le parti civili, ormai da diversi anni, avevano sul cortile, integra la fattispecie delittuosa illo tempore contestata. Per impedire l’indebita fruizione di un posto auto è necessario rivolgersi al Giudice competente. La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, assegnataria del ricorso, nel disporre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, preliminarmente precisa quella che è la condicio sine qua non normativa sottesa all’articolo 392 c.p., ovvero la sussistenza di una contesa, giudiziale o di fatto, sulla titolarità del preteso diritto che l’agente intenda esercitare sulla cosa, oppure sulle modalità di esercizio dello stesso. Ovviamente, nel caso de quo era chiaramente sussistente il predetto contrasto, sia in termini fattuali – considerata la situazione consolidatasi negli anni precedenti la morte dell’originario proprietario – che giudiziali – alla luce della azione possessoria esercitata dalla parti civili. Pertanto, una volta appurata la presenza della condizione necessariamente prodromica alla integrazione dei presupposti per la sussistenza della fattispecie delittuosa in argomento, la Corte Regolatrice ha ritenuto di valutare la condotta degli imputati alla stregua di una violenta azione di spoglio della detenzione di un posto per il parcheggio, effettuata tramite l’apposizione di un impianto che impediva il libero accesso ai luoghi da parte di chi aveva la detenzione di un posto auto in cortile. In effetti, chiariscono i Supremi Giudici, a nulla rileva che tale detenzione fosse legittima o meno, in quanto il problema giuridico che la fattispecie delittuosa de qua pone è, semmai, se i soggetti agenti abbiano esercitato arbitrariamente le proprie ragioni, senza rivolgersi agli organi ex lege competenti alla risoluzione del contrasto sorto. Conseguentemente, l’azione violenta ed arbitraria posta in essere dai proprietari avrebbe potuto essere giustificata solo nell’immediatezza di una pretesa vantata dai conduttori, e non certamente a distanza di molti anni ed in presenza di una situazione di fatto già consolidatasi con il placet del precedente proprietario.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 ottobre - 8 novembre 2012, numero 43470 Presidente Di Virginio – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore delle Repubblica presso il Tribunale di Milano impugna la sentenza in epigrafe indicata con la quale la Corte d'appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, ha assolto P. e P.R. dal delitto esercizio arbitrario delle proprie ragioni per insussistenza del fatto, poiché gli imputati hanno, a differenza della ricostruzione operata dal giudice di primo, esercitato un proprio diritto, impedendo l'accesso al cortile retrostante immobile e l'utilizzo dello stesso come parcheggio con l'apposizione di due paletti in cemento con catena a comando elettronico. Per la Corte d'appello, la condotta dei due imputati costituiva l'esercizio del diritto di proprietà dell'area per la cui realizzazione non era necessario l'accertamento giudiziario negativo del diritto di fatto dei coniugi C.M. e B.M. di accedere all'area con la loro auto. Mentre, rileva il giudice d'appello, avrebbero dovuto essere i coniugi B. - C. a rivolgersi al giudice e rappresentare la lesione del loro diritto di accesso in ragione di una detenzione qualificata di un'area destinata a parcheggio. In realtà, i due coniugi B. - C. , odierne persone offese, così avrebbero fatto si sono rivolti al giudice e hanno proposto un azione possessoria all'esito della quale, in considerazione dello stato dei luoghi e delle condizioni di saluti di C.M. , fu riconosciuta la possibilità ai ricorrenti l'accesso all'area per una sosta temporanea o fermata, con esclusione di parcheggio e obbligo per i proprietari di consegnare la chiave per il dispositivo di accesso al cortile. Non è stato contestato che dopo tale decisione sia stato ostacolato agli imputati e dai comproprietari l'accesso al cortile. Ad avviso della Corte d'appello, non integra il delitto di esercizio arbitrario di un preteso diritto avere realizzato sull'area di loro proprietà l'attività consentita di impedire a terzi l'accesso indiscriminato al cortile con l'apposizione di un dispositivo in cemento e con catena a comando elettronico. 2. Il Procuratore ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione. I coniugi B. - C. , come acquisito agli atti, conduttori di appartamento di proprietà P. da tempo utilizzavano di fatto il cortile dell'edificio per il parcheggio della loro auto, situazione tollerata dal defunto P. , originario proprietario dell'immobile, e negata dagli eredi i quali, per impedire ai coniugi di C. - B. di esercitare un diritto che gli spettava, non essendo previsto alcun contratto di locazione dei posto auto. Ad avviso del ricorrente, l'ordinamento consente l'autotutela per mantenere o recuperare il possesso della cosa solo nell'immediatezza di un atto di spoglio o molestia, situazione non realizzatasi nel caso concreto, poiché da anni i due coniugi B. - C. utilizzavano il cortile per il parcheggio dell'auto. Per il ricorrente, la condotta di interrompere la situazione di fatto, con l'apposizione di un impianto che escludesse l'uso indiscriminato di terzi, realizza un'arbitraria risoluzione della controversia con il terzo che da anni esercitava un potere di fatto senza ricorrere all'autorità giudiziaria, ma facendosi giustizia da sé mediante la modifica dello stato dei luoghi, Modifica che ha ostacolato con la forza il dominio di fatto delle parti civili sul cortile in questione. Una soluzione difforme al chiaro dettato normativo. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 392 c.p., si richiede che il preteso diritto che l'agente intende esercitare sia oggetto di contrasto con un'altra persona, nel senso che, al momento della condotta violenta posta in essere dall'agente, sia già in atto tra gli interessati una contesa, giudiziale o di fatto, intorno alla titolarità o alle modalità d'esercizio di quel diritto. Non è da revocare in dubbio che, nella concreta fattispecie, la questione della legittima o meno pretesa dei coniugi B. - C. e il diritto dei proprietari - eredi di impedire il parcheggio dell'auto, da tempo esercitato, nel cortile era controversa tra le parti dopo il decesso del de cuius che da tempo ha tollerato e non ha impedito la detenzione del posto auto dai conduttori di uno degli appartamenti dell'edificio del quale il cortile costituiva una pertinenza. Tale situazione di fatto, accertata da entrambi i giudici di merito, non avrebbe potuto ritenersi risolta, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d'appello, dall'azione possessoria proposta - e dal suo esito - dai titolari della situazione di fatto di parcheggiare all'interno del cortile per essere così avvenuto da anni e fino a che non subentrassero gli eredi nella proprietà del bene e perché la detenzione è proseguita. Per procedere al suo spoglio , dunque, sarebbe stato necessario rivolgersi al giudice da chi vantava il proprio diritto a impedire la prosecuzione di tale situazione di fatto . Ciò che, dunque, ha realizzato in concreto la violenta azione di spoglio della detenzione di un posto per il parcheggio è stata l'apposizione di un impianto che ne impediva il libero accesso ai luoghi da chi, legittimamente o meno, era nella detenzione del posto auto nel cortile. I proprietari, ben consapevoli di impedire il libero accesso dei due coniugi B. - C. con la loro auto e continuare a detenere il posto auto sono stati coloro che, all'esito di una delibera condominiale, hanno autonomamente deciso, pur avendo tempo e ragione di rivolgersi al giudice, di apporre l'impianto prima inesistente. Tale azione avrebbe potuto essere giustificata solo nell'immediatezza di una pretesa dei coniugi C. - B. mai vantata in precedenza. 4. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano cui, nel rispetto dei principi enunciati, spettano le ulteriori scelte di merito. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per nuovo giudizio.