L’epilogo processuale del sequestro del piccolo Di Matteo, le dichiarazioni del pentito Spatuzza ancora decisive per condannare

Inoltre la recente dichiarazione di incostituzionalità parziale dell’articolo 41 bis – c.d. “carcere duro” - non pregiudica i processi già esauriti, salva la lesione “in concreto” del diritto alla difesa.

Un efferato omicidio. Come noto, la vicenda trae fonte dalla decisione del sodalizio mafioso facente capo a Giovanni Brusca, Matteo Messina Denaro e Leoluca Bagarella di sequestrare il tredicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia già coinvolto nella strage di Capaci. Quello in oggetto costituisce l’ultimo troncone di vicende processuali culminate con ben 6 sentenze irrevocabili e decine di condanne. La Corte d’assise, ritenute attendibili le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, confortate da un allineato apparato istruttorio, condanna due ulteriori esecutori materiali del sequestro e del seguente omicidio, avvenuto anni dopo. Ricorrono al giudice di legittimità, denunciando il deficit valutativo del giudice della prova testimoniale nonché un’articolazione istruttoria lacunosa ed insolitamente ostativa delle richieste dei difensori degli imputati. La Cassazione, seconda sezione penale, numero 15825/2014, depositata il 9 aprile, rigetta le lagnanze difensive, definite generiche e disomogenee con lo stato giurisprudenziale prevalente in punto di prova. L’incostituzionalità parziale dell’articolo 41 bis della l. numero 354/1975 non tocca i processi già esauriti, salva la lesione “in concreto” del diritto alla difesa. La Corte Costituzionale, con sentenza numero 143/2013, aveva dichiarato l’illegittimità dell’articolo 41 bis della legge cit. – c.d. regime di “carcere duro” – nella parte in cui limitava il contatto dell’internato con il difensore eletto, fissando il numero massimo di colloqui settimanali. La Cassazione chiarisce che la pronuncia di censura costituzionale non travolge i processi pendenti o quelli già esauriti, nei casi in cui l’articolo 41 bis cit. non ha consentito al difensore di poter svolgere un numero maggiore di colloqui con il suo assistito. La lesione al diritto della difesa – accertata dalla Corte costituzionale - non può invocarsi in assenza di una specifica lagnanza o di reclamo a suo tempo avanzati ex articolo 35 l. n 354 cit. Quel diritto alla difesa, leso da una norma incostituzionalmente restrittiva, doveva essere immediatamente e nelle forme rituali invocato. A fronte di un diniego espresso – dunque, della lesione “in concreto” del diritto della difesa -, il successivo decisum della Corte costituzionale avrebbe consentito al difensore di travolgere l’intero processo penale. La piena valutabilità delle dichiarazioni c.d. frazionate separare il buono dal cattivo. Le inesattezze o le incongruenze testimoniali di parte del narrato dichiarato in dibattimento, non inficiano la credibilità e la sostenibilità probatoria della restante parte del contenuto dichiarativo, purché quest’ultima regga al riscontro oggettivo esterno. La Cassazione si rifà ai toni giurisprudenziali prevalenti, la parte frazionata non credibile travolge quella credibile e riscontrata in soli due casi, quando sussista fra le parti un nesso logico di consequenzialità necessaria, tale da inficiare la totalità del costrutto dichiarativo. Inoltre, quando il contenuto non credibile presenti macroscopici elementi di fantasia e di inattendibilità, in grado di pregiudicare per l’intero l’affidabilità del dichiarante.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 febbraio – 9 aprile 2014, numero 15825 Presidente Esposito – Relatore Rago