La sottrazione agli obblighi di assistenza familiare va adeguatamente motivata, non bastando la sola testimonianza del coniuge affetto da gravi disturbi mentali.
Questo è quanto emerge dalla sentenza numero 15390 del 3 aprile 2014. Ex in guerra. La Corte d’appello di Lecce assolveva un uomo dei reati di danneggiamento e lesioni personali nei confronti del coniuge separato, ritenendo inattendibile la persona offesa. Ciò in considerazione dei rapporti conflittuali esistenti tra gli ex coniugi e dell’accertata falsità dell’accusa, rivolta all’ex marito, di essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare. Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, ritenendo che non vi era prova del disturbo bipolare con cui la Corte aveva negato la credibilità della persona offesa, e che le lesioni riscontrate sono state indebitamente svalutate. Le storielle della donna. Per il Collegio il ricorso è inammissibile, difatti le prospettazioni dei giudici del gravame coerentemente hanno assolto l’uomo in base ad una puntuale valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e del contesto in cui sono maturati i fatti, che hanno messo in evidenza la totale inaffidabilità della donna. Questo in considerazione del disturbo bipolare da cui la donna sarebbe affetta e dell’atteggiamento delittuoso da questa tenuto nei confronti dell’uomo e dei figli, fino al punto di indurre una grave alienazione dei 3 figli verso il padre. Inoltre la Corte sottolinea, la labilità delle prove circa i maltrattamenti subiti dalla donna, non c’era dichiarazioni o certificazioni che potessero provare tale circostanza con certezza. Concludendo, la Corte ritiene non violati gli obblighi familiari, e poiché il Pm ha fondato l’intero ricorso sulle dichiarazioni rese dalla donna, ritenute inattendibili causa i suoi problemi mentali -, e su fatti quali le presunte lesioni -, non dimostrati con certezza, il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 marzo – 3 aprile 2014, numero 15390 Presidente Lombardi – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 25/6/2012, in riforma di quella emessa dal Tribunale di Taranto, ha assolto Q.F. dai reati di danneggiamento e lesioni personali nei confronti del coniuge separato D.N.N. , ritenendo inattendibile la persona offesa. Ciò in considerazione dei rapporti conflittuali esistenti tra gli ex coniugi e dell'accertata falsità dell'accusa, rivolta all'ex-marito, di essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Lecce per vizio di motivazione. A suo giudizio, la circostanza - ritenuta rilevante dalla Corte di merito - che la separazione tra i coniugi fosse da ascrivere al comportamento della donna è assertiva e irrilevante non vi è prova del disturbo bipolare con cui la Corte ha negato la credibilità della persona offesa le lesioni riscontrate sulla donna sono state indebitamente svalutate il danneggiamento del cappello è stato escluso sulla base di una semplice presunzione. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato. La Corte d'appello è pervenuta alla soluzione assolutoria contestata in base ad una puntuale e penetrante valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e del contesto in cui sono maturati i fatti di questo processo, che hanno messo in evidenza - secondo il motivato giudizio della Corte di merito - la totale inaffidabilità dell'unico teste esaminato, siccome smentito in ordine all'accusa di sottrazione agli obblighi di assistenza familiare, pure formulata nei confronti dell'ex-marito l'uomo ha dimostrato di aver correttamente adempiuto agli obblighi impostigli in sede di separazione in considerazione del disturbo bipolare da cui la donna sarebbe affetta e dell'atteggiamento delittuoso da questa tenuto nei confronti dell'uomo e dei figli, fino al punto da indurre una grave alienazione genitoriale dei tre figli verso il padre. Né ha mancato di tener conto della labilità della prova riferita alle lesioni trauma discorsivo al braccio e sindrome ansiosa reattiva , priva di accertamenti strumentali e caratterizzata da una indubbia componente soggettiva, priva di prognosi e, per la distorsione, anche di terapia. Quanto al danneggiamento del cappello, la Corte ha altresì tenuto conto della stravaganza del comportamento riferito all'imputato, che si sarebbe dato a calpestare il cappello della donna dinanzi alla scuola. Trattasi di argomenti dotati di indubbia persuasività e logicità, che il Pubblico Ministero ricorrente contesta in maniera apodittica, fondando il proprio ricorso sulla dichiarazioni di un teste smentito in ordine a circostanze essenziali la sottrazione agli obblighi di mantenimento e su certificazione priva, effettivamente, di sicuro valore dimostrativo. Inoltre, di un teste che è animato da tanto astio verso l'ex-marito da tenere comportamenti gravemente lesivi dell'integrità psicologica dei figli. E ciò sulla base di considerazioni soggettive o presuntive, che svalutano indebitamente gli elementi di giudizio utilizzati dalla Corte d'appello e sulla base di una diversa lettura delle consulenze relative alla persona della dichiarante, acquisite al processo. Il motivo ricorso in esame appare quindi funzionale ad un nuovo giudizio di fatto, cui questa Corte viene invitata con una richiesta di sovrapposizione argomentativa, rispetto alla motivazione adottata dal giudice del merito, di certo inammissibile in questa sede di legittimità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.