Trasporto di stupefacenti in acque internazionali: decide lo Stato di bandiera della nave

A fronte delle esigenze di tutelare il diritto alla libertà di navigazione in alto mare e di contrastare il traffico di sostanze stupefacenti veicolato in acque internazionali, i poteri di intervento, controllo e coercizione risultano esclusivamente ascritti alla Stato di bandiera della nave, fatta salva la presenza di trattati bilaterali specifici.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12322 del 14 marzo 2014. Il fatto. Uomo ricorre in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania con la quale era stata disposta la custodia cautelare per il reato di cui all’articolo 73, d.P.R. numero 309/1990 Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope . Difetto di giurisdizione. L’imputato lamenta difetto di giurisdizione, essendo stato il reato commesso da soggetti stranieri fuori dal territorio italiano, trattandosi di trasporto di stupefacenti reso con nave battente bandiera turca fermata in acque internazionali. Per questo motivo, non potrebbe trovare applicazione l’articolo 10, comma 2, c.p., in quanto non si tratta di delitto la cui persona offesa è uno stato straniero e, inoltre, l’intervento della Polizia Giudiziaria e poi dell’autorità giudiziaria sarebbe stato effettuato fuori dai termini oggettivi dell’autorizzazione concessa dalla Turchia, Stato di bandiera della nave, la quale si limitava al fermo e al controllo della nave in questione , senza la possibilità di procedere ad alcun atto privativo dell’altrui libertà personale. Esclusa la giurisdizione italiana. Il ricorso è fondato può certamente escludersi la giurisdizione italiana in quanto nessun segmento della condotta in contestazione trova punto di interferenza con il territorio italiano. D’altra parte, il soggetto passivo del crimine non è uno Stato, italiano o straniero, né un cittadino italiano o straniero, né le Comunità europee e, inoltre, il reato oggetto d’esame non può neppure essere ricondotto ai crimina iuris gentium in forza dell’attuale prassi consuetudinaria internazionale. Tutto nelle mani dello Stato di bandiera. Nella contrapposizione tra la tutela del diritto alla libertà di navigazione in alto mare e l’esigenza di contrastare il traffico di sostanze stupefacenti veicolato in acque internazionali, i poteri di intervento, controllo e coercizione risultano esclusivamente ascritti alla Stato di bandiera della nave, fatta salva la presenza di trattati bilaterali specifici. Ciò si desume dall’articolo 99, comma 2, d.P.R. numero 309/1990 che, nel disciplinare i poteri di perquisizione e cattura di navi sospettate di attendere al traffico illecito di stupefacenti, richiama importanti norme dell’ordinamento internazionale come l’articolo 108 della convenzione di Montego Bay e la Convenzione di Vienna del 1988. Nel caso di specie, non v’è traccia di autorizzazioni che giustifichino l’esercizio di poteri coercitivi, privativi della libertà personale, ai danni dei soggetti interessati dall’attività illecita. Posto, quindi, il difetto di giurisdizione, l’ordinanza deve essere annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza10 dicembre 2013 – 14 marzo 2014, numero 12322 Presidente Milo – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto e diritto 1. L.M.F.M. propone ricorso avverso l'ordinanza del Tribunale di Catania con la quale ai sensi dell'articolo 309 cpp è stata data conferma alla OCC emessa ai danni del ricorrente, gravemente indiziato del reato di cui all'articolo 73 Dpr 309/90. 2. Con l'unico motivo di ricorso si adduce nuovamente il difetto di giurisdizione già segnalato al Giudice del riesame. Si segnala al fine che il reato in questione sarebbe stato commesso da soggetti stranieri fuori dal territorio italiano, trattandosi di trasporto di sostanze reso con nave battente bandiera turca fermata in acque internazionali. In ragione di ciò non potrebbe trovare applicazione il disposto di cui all'articolo 10 comma II cp giacché non si verte in ipotesi di delitto che vede quale persona offesa uno stato straniero, come indefettibilmente richiesto dalla norma in esame e, ancora, si evidenzia la inconferenza del richiamo operato dal Tribunale alla Convenzione di Vienna giacché la stessa non prevede alcuna deroga al principio di sovranità e perché, peraltro, l'intervento della Polizia Giudiziaria e poi della autorità giudiziaria sarebbe stato comunque effettuato fuori dai termini oggettivi della autorizzazione concessa dallo stato di bandiera della nave, la , essendo stata detta autorizzazione limitata ai sensi dell'articolo 17 della citata convenzione solo al fermo ed al controllo della nave in questione, senza la possibilità di procedere al alcun atto privativo dell'altrui libertà personale. 3. Il ricorso è fondato in ordine al lamentato difetto di giurisdizione. 4. In punto di fatto è incontroverso che la nave a bordo della quale si trovava il ricorrente trasportava sostanza stupefacente del tipo hashish ancora, che la nave batteva bandiera turca e che, sul presupposto legato al sospetto, poi verificato, del possibile traffico illecito di sostanze stupefacenti la stessa è stata intercettata e sottoposta a visita ed ispezione da parte di unità della Guardia di Finanza allorquando si trovava in acque internazionali. Il tutto in forza della autorizzazione all'uopo concessa dallo Stato della Turchia ai sensi dell'articolo 17 della convenzione di Vienna. 5. In ragione di tanto, può certamente escludersi che la giurisdizione italiana possa nel caso essere ancorata al disposto di cui all'articolo 10 cp per come ritenuto dai giudici della cautela in prima battuta volta che si ritenga pacifico il dato in forza al quale, nel caso, nessun segmento della condotta trovi punti di interferenza con il territorio italiano, va poi rimarcato che il crimine di riferimento non vede, quale soggetto passivo precipuo del reato in contestazione, lo Stato, italiano o straniero che sia, un cittadino italiano o straniero, la Comunità Europea. 6. Il reato contestato, ancor più dettagliatamente, non può neppure essere ricondotto ai crimina iuris gentium in forza della attuale prassi consuetudinaria internazionale tant'è che, nella contrapposizione di principio tra il diritto alla libertà di navigazione in alto mare e l'esigenza di contrastare il traffico di sostanze stupefacenti veicolato in acque internazionali, i poteri di intervento, controllo e coercizione risultano esclusivamente ascritti allo Stato di bandiera della nave fatta salva la presenza di trattati bilaterali specifici, controlli e poteri coercitivi destinati ad interferire con la navigazione in alto mare di navi private vengono infatti rimessi alla necessaria autorizzazione in tal senso preventivamente resa sempre dallo Stato di bandiera in favore dello Stato interveniente. 7. Depone in tal senso, sul piano interno, il comma II dell'articolo 99 del DPR 309/90 che, nel disciplinare,nella materia, i poteri di perquisizione e cattura di navi sospettate di attendere al traffico illecito di sostanze stupefacenti, fa un pedissequo richiamo alle norme dell'ordinamento internazionale. Le quali ultime vanno identificate - nella convenzione di Montego Bay che all'articolo 108 detta una norma di natura meramente programmatica finalizzata alla collaborazione degli Stati nella repressione dell traffico via mare di sostanze stupefacenti disciplina dunque priva di valenza precettiva a differenza dei poteri previsti nel successivo articolo 110 che regolamenta il diritto di visita con riferimento a tutta una serie di ipotesi astrattamente compatibili con il traffico illecito che interessa - nave priva di nazionalità, con bandiera di convenienza o con bandiera solo fittiziamente diversa da quello dello Stato che intende procedere al controllo - nel caso non riscontrate - in assenza di apposito accordo bilaterale con la Turchia, dalla convenzione di Vienna del 1988, cui mostra di fare riferimento anche il Tribunale nel provvedimento impugnato e che nel caso ha giustificato espressamente la visita ispettiva a bordo della nave in interesse da parte della Guardia di Finanza cui sono poi conseguiti il sequestro del carico e l'adozione della misura coercitiva adottata nei confronti del ricorrente. Vi è, tuttavia, che anche a voler ricavare la giurisdizione dal combinato disposto di cui agli articolo 3 e 17 della citata convenzione, nel caso, ai sensi del comma IV del citato articolo 17, i poteri conferiti dallo Stato di riferimento della nave sono stati, per quanto documentato, limitati esclusivamente al fermo ed al controllo della nave non v'è traccia per contro di autorizzazioni destinate a giustificare, nello spirito di collaborazione sotteso all'atto, l'esercizio di poteri coercitivi ai danni dei soggetti interessati dall'attività illecita eventualmente riscontrata. 8. Da qui, in conclusione, la fuorvianza del richiamo operato alla citata convenzione nel provvedimento impugnato richiamo che, seppur corretto in via di principio, mal si attaglia alla specie risultando legittimato esclusivamente il potere di visita ed ispezione alla prima correlato e non ulteriori atti privativi della libertà personale in assenza di una specifica richiesta in tal senso veicolata dallo Stato di bandiera della nave. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata per difetto di giurisdizione. Ordina la rimessione in libertà del ricorrente L.M.F.M. se non detenuto per altro. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ex articolo 626 cpp.