Prima direttore della struttura, poi addetto al reparto anestesia: legittimo il risarcimento ma senza strafare

In caso di demansionamento, l’azienda ospedaliera deve risarcire il danno ma nei limiti della durata dell’incarico conferito.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 4979 del 4 marzo 2014. Il fatto. Un medico dipendente dell’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia assumeva di essere stato demansionato in quanto spostato dall’incarico di direttore della struttura a quello, professionalmente inferiore, di addetto al reparto anestesia dei servizi. Pertanto, conveniva in giudizio detto ente e chiedeva di essere assegnato al precedente incarico, oltre al risarcimento del danno. La domanda veniva accolta in appello con la condanna dell’Azienda a corrispondere all’attore una somma mensile per la illegittima riduzione del trattamento economico. In particolare, si rilevava che i due incarichi non erano equivalenti e che il dirigente aveva diritto a mantenere quello precedente o altro di carattere equivalente. Tra l’altro, lo spostamento era stato effettuato senza che ne ricorresse il presupposto, e cioè la valutazione negativa dell’attività dirigenziale o dovuto a una riorganizzazione aziendale attuata dal datore di lavoro. In altre parole, ci si trovava davanti a un inadempimento contrattuale, essendo stato l’incarico revocato prima della scadenza del periodo negozialmente fissato. L’Azienda propone ricorso in Cassazione. Legittimo il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo dell’incarico. La ricorrente sostiene che non esiste per il dirigente un diritto alla conservazione dell’incarico e che il passaggio dall’uno all’altro costituisce legittima attuazione del principio di rotazione tra i vari soggetti con funzioni dirigenziali. Inoltre, nessun dirigente ha il diritto di mantenere l’incarico ricevuto in caso di ristrutturazione aziendale avrà diritto ad un nuovo incarico dirigenziale di pari valore economico. Le doglianze in questione sono prive di pregio la Corte di Cassazione afferma che non è configurabile un diritto soggettivo a conservare un determinato incarico dirigenziale tuttavia, è legittimo il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo o la revoca , ove si traduca in un’indagine sul rispetto delle garanzie procedimentali previste, nonché sull’osservanza delle regole di correttezza e buona fede. L’Azienda ricorrente si limita a riproporre la tesi dell’equivalenza degli incarichi in chiave del tutto teorica. Il giudice non ha agito in contrasto con i poteri organizzativi dell’Azienda. La Suprema Corte concorda, poi, con i Giudici di Appello, secondo i quali il nuovo incarico era stato attribuito pur non valutando l’attività svolta dall’attore e pur in assenza di una riorganizzazione del servizio. Il giudice, contrariamente a quanto lamentato dalla ricorrente, non si è intromesso nelle prerogative dell’imprenditore circa la predetta organizzazione e gli accertamenti che ha compiuto sono assolutamente corretti. Errata la quantificazione del risarcimento. In riferimento all’entità del risarcimento, secondo l’Azienda, questo si sarebbe dovuto contenere nei limiti di durata dell’incarico conferito. La Corte territoriale, pur dando per scontata la delimitazione temporale del contratto individuale entro il quale avrebbe dovuto essere garantita la permanenza dell’incarico originariamente conferito, non ha considerato il raggiungimento di tale limite quale momento finale della realizzazione del danno. Inoltre, dato che gli incarichi di dirigenza sono conferiti a tempo determinato e per un periodo compreso da tre a cinque anni, sarebbe stato compito della Corte d’appello verificare quale fosse la durata indicata nel contratto individuale e pattuita dalla parti. In caso contrario, come affermato dalla ricorrente, l’incarico scade alla data fissata dal contratto collettivo e l’azienda ospedaliera deve risarcire il danno ma nei limiti della durata dell’incarico conferito. In questa parte la sentenza deve essere cassata, limitando il risarcimento alla scadenza del quinquennio del conferimento dell’incarico.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 dicembre 2013 – 4 marzo 2014, numero 4979 Presidente Roselli – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- F.A., medico dipendente dell'Azienda Ospedaliera Spedali civili di Brescia, assumendo di essere stato demansionato in quanto spostato dall'incarico di direttore di struttura a quello professionalmente inferiore di addetto al reparto di anestesia dei servizi, conveniva in giudizio detto ente e chiedeva di essere assegnato al precedente incarico, oltre il risarcimento del danno. 2.- Rigettata la domanda e proposto appello dal F., la Corte d'appello di Brescia con sentenza 3.07.10 accoglieva l'impugnazione e condannava l'Azienda ad assegnare al dipendente un incarico dello stesso livello di quello originario e a corrispondergli la somma di € 329,12 mensili a titolo di risarcimento per la illegittima riduzione del trattamento economico. 3.- La Corte d'appello rilevava che, nell'ambito della disciplina degli incarichi di cui all'articolo 27 del contratto collettivo della dirigenza sanitaria in data 8.06.00, nella specie applicabile, il F. era stato spostato dalla tipologia di incarico b direzione di struttura semplice alla tipologia c incarico di natura professionale di consulenza, studio, ricerca, ecc. . Considerata la non equivalenza per contenuto professionale e trattamento economico dei due incarichi ed il diritto del dirigente a mantenere l'incarico affidato o altro di carattere equivalente, la Corte rilevava che il F. era stato spostato dall'incarico di contenuto superiore tipologia b a quello inferiore tipologia c senza che ne ricorresse il presupposto, e cioè la valutazione negativa dell'attività dirigenziale. Non essendo neppure provato che il declassamento fosse collegabile alla riorganizzazione aziendale attuata dal datore di lavoro, era da ritenere che quest'ultimo si fosse reso inadempiente al contratto individuale, avendo revocato l'incarico assegnato prima della scadenza del periodo negozialmente fissato. 4.- Propone ricorso per cassazione l'Azienda. Risponde con controricorso e memoria F. Motivi della decisione 5.- L'Azienda propone quattro mezzi di impugnazione. 5.1.- Con il primo motivo deduce violazione degli articolo 27 e 28 del contratto collettivo della dirigenza sanitaria 8.06.00, nonché degli articolo 19 e 52 del d.lgs. 30.03.01 numero 165 e sell'articolo 2103 c.comma Sostiene la ricorrente che il concetto di equivalenza delle mansioni nel lavoro pubblico privatizzato va individuato sulla base della contrattazione collettiva. Nella specie il ccnl di categoria precisa che i quattro tipi di incarico dirigenziale previsti dall'articolo 27, nel quale rientrano il precedente e l'attuale incarico del dott. F., costituiscono una mera elencazione sulla base della quale non può essere basata una gerarchia tra gli specifici incarichi. Pertanto, considerato che non esiste per il dirigente un diritto alla conservazione dell'incarico, il passaggio dall'uno all'altro incarico costituisce legittima attuazione del principio di rotazione tra i vari soggetti con funzioni dirigenziali. 5.2.- Con il secondo motivo è dedotta violazione degli stessi articolo 27 e 28 in relazione all'articolo 1362 c.c., ribadendosi che detto articolo 27 non crea una gerarchia tra gli incarichi ivi previsti, ma solo una graduazione di carattere economico e che nessuna norma prevede che il dirigente sanitario abbia il diritto di mantenere l'incarico ricevuto, salvo il caso di ristrutturazione aziendale, nel qual caso egli avrà diritto ad un nuovo incarico dirigenziale di pari valore economico. 5.3.- Con il terzo motivo è dedotta violazione degli articolo 97 e 41 della Costituzione, dato che il giudice, pur ritenendo sussistente la ristrutturazione aziendale, ha escluso il nesso causale tra ristrutturazione e mutamento dell'incarico, entrando così nel merito della insindacabile scelta organizzativa del datore di lavoro ed amministrativa dell'Ente sanitario di modificare la pianta organica. 5.4.- Con il quarto motivo è dedotta violazione dell'articolo 1223 c.c., contestandosi la quantificazione del danno per parte in cui viene il risarcimento del danno viene fatto decorrere dalla data del 1 ° gennaio 2003, senza tener conto che il risarcimento avrebbe dovuto comunque essere contenuto alla data del 12 marzo 2003, atteso che in questa data sarebbe scaduto l'originario incarico del sanitario. 6.- Deve premettersi che il dott. F., in servizio presso l'Azienda ospedaliera dal 1980 in qualità di dirigente medico, fino al 1° gennaio 2003 fu titolare di un incarico di struttura semplice, mentre da tale data fu reinquadrato quale titolare di un semplice incarico professionale. La disciplina del conferimento degli incarichi è contenuta, per quanto qui rileva, nel ccnl 1998-2001 parte normativa dell'area della Dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale, stipulato in data 8.06.00. L'articolo 27, sotto la rubrica tipologie di incarico prevede che gli incarichi conferibili ai dirigenti medici e veterinari sono a direzione di struttura complessa b direzione di struttura semplice c incarico di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivo, di verifica e di controllo d incarico di natura professionale conferibile ai dirigenti con meno di cinque anni di attività comma 1 . Lo stesso articolo prosegue affermando che la definizione della tipologia degli incarichi di cui alle lettere b e c è una mera elencazione che non configura rapporti di sovra o sotto ordinazione degli incarichi, la quale discende esclusivamente dall'assetto organizzativo aziendale e dalla graduazione delle funzioni comma 2 . Il successivo articolo 28, sotto la rubrica Affidamento e revoca degli incarichi degli incarichi dirigenziali. Criteri e procedure, per quanto qui rileva, prevede che 3. Ai dirigenti, dopo cinque anni di attività, sono conferibili gli incarichi di direzione di struttura semplice ovvero di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo indicati nell'articolo 27, comma 1 lett. b e c comma 3 e che 4. Gli incarichi di cui al comma 3 sono conferiti dall'azienda, a seguito di valutazione positiva ai sensi dell'articolo 32, su proposta del responsabile della struttura di appartenenza, con atto scritto e motivato. Per quanto riguarda gli incarichi di direzione di struttura semplice essi sono conferiti nei limiti del numero stabilito nell'atto aziendale comma 4 . E' previsto, inoltre, che 9. Gli incarichi dei comma 1 e 3 sono conferiti a tempo determinato ed hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni - comunicata all'atto del conferimento - con facoltà di rinnovo comma 9 . Gli articoli 32, 33, 34 del contratto collettivo prevedono le modalità di valutazione dell'attività dei detti dirigenti e le conseguenze che derivano dal giudizio formulato al riguardo, prevedendosi anche che per i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa o semplice, l'accertamento delle responsabilità dirigenziali rilevato a seguito delle procedure di valutazione, e dovuto alla inosservanza delle direttive ed ai risultati negativi della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa può determinare a perdita della retribuzione di risultato in tutto o in parte b la revoca dell'incarico e l'affidamento di altro tra quelli ricompresi nell'articolo 27 comma 1, lett. a , b o c , di valore economico inferiore a quello in atto. articolo 34, comma 3 . 7.- Tanto premesso, e prendendo in esame i motivi primo e secondo in unico contesto, deve rilevarsi che il giudice di merito ha preso atto che per l'articolo 27 del contratto collettivo la qualificazione degli incarichi di cui alla lett. b direzione di struttura semplice e alla lett. c incarico di natura professionale anche di alta specializzazione ecc. rappresenta solo una definizione tipologica e che dalla definizione in questione non deriva alcun rapporto di sovra o sotto ordinazione degli incarichi. Lo stesso giudice, tuttavia, ha ritenuto illegittima la revoca dopo aver accertato che nella fattispecie l'incarico revocato era stato sostituito con incarico di minore valore economico perché peggio retribuito e di contenuto professionale inferiore, senza che l'Azienda avesse dato luogo al procedimento di valutazione dell'attività del dirigente previsto dall'articolo 34 del contratto collettivo. Questa affermazione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha rilevato che se per il dirigente medico non è configurabile un diritto soggettivo a conservare un determinato incarico dirigenziale, d'altro canto è legittimo il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo o la revoca dell'incarico, ove si traduca in un'indagine sul rispetto delle garanzie procedimentali previste, nonché sull'osservanza delle regole di correttezza e buona fede Cass. 2.03.09 numero 5025 . Non essendo le considerazioni di merito circa la differente consistenza dei due incarichi contestate dall'Azienda ricorrente - la quale si limita a riproporre in sede di legittimità la tesi dell'equivalenza degli incarichi in chiave del tutto teorica, senza prendere in considerazione l'accertamento di fatto compiuto nel processo - i due motivi primo e secondo debbono essere ritenuti infondati. 8.- Parimenti infondato è il terzo motivo. Il giudice di merito ha ritenuto ingiustificata l'assegnazione del nuovo incarico sulla base delle due concomitanti considerazioni che la revoca del nuovo incarico era avvenuta al di fuori del procedimento di valutazione dell'attività del dirigente e che la giustificazione offerta dall'Azienda - e cioè essere la revoca derivata da una riorganizzazione del servizio - si era rivelata priva di supporto probatorio, atteso che non era stato provato il nesso causale tra la riorganizzazione e la modifica dell'incarico. Su quest'ultimo punto, è infondata la censura mossa dalla ricorrente a proposito del preteso sindacato del giudice circa i contenuti della riorganizzazione. Quella che la ricorrente ritiene un'intromissione del giudice nelle prerogative dell'imprenditore nell'organizzazione del servizio, infatti, non è altro che un approfondimento probatorio circa la sorte dell'incarico già ricoperto dal F., che risulta non soppresso, ma trasferito ad altro reparto ed assegnato ad altro dirigente. Avendo il giudice evitato ogni invasione delle prerogative organizzative proprie dell'azienda e non avendo l'Azienda contestato la correttezza degli accertamenti dallo stesso compiuti, anche il terzo motivo deve essere considerato infondato. 9.- Con il quarto motivo, in via logicamente subordinata, l'Azienda ospedaliera contesta la sentenza di merito in punto di risarcimento, ritenendo che il danno risarcibile debba essere contenuto nei limiti della durata dell'incarico conferito. La Corte d'appello ha ritenuto l'Azienda responsabile per aver disposto la revoca prima della scadenza del contratto individuale ed ha fissato il risarcimento in misura pari alla differenza di retribuzione pari ad € 329,12 mensili corrente tra l'incarico di responsabile struttura semplice revocato e l'incarico di natura professionale assegnato illegittimamente . La decorrenza del risarcimento è fissata dal 1 ° gennaio 2003 fino alla n'assegnazione di incarico del medesimo valore economico, considerandosi il danno conseguenza dell'effetto permanente dell'inadempimento . Tale pronunzia, ad avviso del Collegio è contraddittoria, in quanto la Corte d'appello, pur dando per scontata la delimitazione temporale del contratto individuale entro il quale avrebbe dovuto essere garantita la permanenza dell'incarico originariamente conferito, non ha considerato il raggiungimento di tale limite quale momento finale della realizzazione del danno. Anzi, senza ulteriore spiegazione ha ritenuto che l'inadempienza contrattuale abbia dato luogo ad un non meglio precisato effetto permanente, tale da giustificare la menzionata modalità di risarcimento, nella sostanza dilatando immotivatamente ed a dismisura la perdita patrimoniale del dipendente. Altrettanto immotivata è l'affermazione del giudice di merito che il contratto individuale del F. avesse durata triennale. Dalla delibera amministrativa allegata al ricorso introduttivo v. docomma 2 , richiamata da entrambe le parti e depositata assieme al ricorso con le modalità e le indicazioni previste dalla sentenza S.u. 3.11.11 numero 22726, emerge che l'incarico poi revocato fu conferito in data 12.03.98. Dato che l'articolo 28 del già richiamato ccnl 8.06.00 prevede che gli incarichi di dirigenza sono conferiti a tempo determinato e per un periodo compreso da tre a cinque anni, sarebbe stato compito della Corte d'appello verificare quale fosse la durata indicata nel contratto individuale pattuita tra le parti. In mancanza di tale verifica, deve darsi credito alla tesi di parte ricorrente, per la quale un termine non era stato pattuito e la scadenza dell'incarico doveva ritenersi fissata per il periodo massimo consentito dal contratto collettivo. Il motivo deve essere conseguentemente accolto. 10.- In conclusione, debbono essere rigettati i primi tre motivi di ricorso e deve essere accolto il quarto, con cassazione della sentenza nei limiti dell'accoglimento. Sul punto del risarcimento, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'articolo 384, comma 2, c.p.comma può limitarsi l'obbligo di corrispondere le differenze retributive alla data del 12.03.03, corrispondente alla scadenza del quinquennio dal conferimento dell'incarico. 11.- Le spese del giudizio di legittimità debbono essere poste a carico della parte ricorrente, in ragione della prevalenza della sua soccombenza. I compensi professionali vanno liquidati in € 3.000 in base al d.m. 20.07.12 numero 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi studio, introduzione e decisione del giudizio di cassazione ed al parametro del valore indeterminato. P.Q.M. La Corte così provvede - rigetta i motivi primo, secondo, terzo ed accoglie il quarto - cassa la sentenza impugnata nei limiti dell'accoglimento e, provvedendo nel merito, limita il risarcimento alla data del 12.03.03 - condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità nella misura di € 100 cento per esborsi e di € 3.000 tremila per compensi professionali, oltre Iva e Cpa.