Cambio di residenza improvviso, induce sempre a pensar male?

Perché un accordo tra persone con interessi divergenti sia il collante di un’associazione criminosa è necessario che sia programmatico, non limitato ad un numero di casi e sia portato ad attuazione attraverso una comune divisione del lavoro” e reciproca consapevolezza.

Questo quanto ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 8442 del 21 febbraio 2014. La vicenda. Il Tribunale del riesame di Messina dispone per due individui gli arresti domiciliari, in quanto indagati per aver determinato direttamente o indirettamente gli ufficiali comunali incaricati degli accertamenti, a redigere atti pubblici ideologicamente falsi, nei quali si affermava che un certo numero di persone aveva cambiato la propria residenza in vista dell’elezioni municipali del comune di Patti. Nella competizione elettorale erano candidati sia uno degli indagati che la figlia dell’altro. Qual è l’accordo che fa da collante di una associazione criminosa? I due ricorrono per cassazione contestando la sussistenza del reato di falso ideologico in associazione a delinquere, in quanto dalle intercettazioni emergeva che nessuno dei colloquianti aveva mai affermato apertamente o allusivamente di aver commesso falsi per conto dei due soggetti. Inoltre i ricorrenti rilevano l’insussistenza del reato in associazione perché ciascuno perseguiva i propri interessi e di conseguenza non poteva esservi accordo tra potenziali concorrenti alle elezioni politiche. La Corte, analizzando la fattispecie, ritiene inconsistente l’ipotesi associativa, e quindi esclude la sussistenza del reato di cui all’art. 416 c p Infatti, pur essendo possibile che più persone aventi interessi concorrenti e non convergenti possano trovare un accordo o un punto d’incontro, è necessario che lo stesso sia programmatico, e sia portato ad attuazione attraverso una comune divisione del lavoro e con reciproca consapevolezza. In conclusione la Corte accoglie il ricorso e annulla i provvedimenti impugnati.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 dicembre – 2013 21 febbraio 2014, n. 8442 Presidente Marasca– Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. G.F. e T.F. , tramite i comuni difensori, ricorrono avverso le separate ordinanza in epigrafe riportate, con le quali il tribunale del riesame di Messina ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell'interesse dei predetti in riferimento al provvedimento che ne ha disposto gli arresti domiciliari, in quanto indagati per i delitti di cui agli artt. 416, 81 - 479 cp, 87 DPR 570/1960. 1.1. In ipotesi di accusa, G. e T. avrebbero fatto parte, insieme con altri, di una associazione criminale che, attraverso falsi trasferimenti di residenza, avrebbe alterato la composizione del corpo elettorale nel comune di Patti, in vista delle elezioni municipali del 2011 relative al predetto comune. Nella competizione elettorale in questione erano candidati il T. , la figlia del G. e altre persone variamente legate agli appartenenti alla ipotizzata associazione per delinquere. 1.2. Il G. , in particolare, in quanto vicesindaco uscente e uomo politico di rilievo in quella circoscrizione elettorale, avrebbe, secondo quanto si legge nel ricordato provvedimento, gestito le fila della operazione e determinato, direttamente o indirettamente, gli ufficiali comunali incaricati degli accertamenti a redigere atti pubblici ideologicamente falsi i modelli APR/4 , nei quali si affermava che un certo numero di persone si erano trasferite in dai comuni viciniori. 1.3. Era stato, in realtà, accertato, sia che queste persone non avevano mai lasciato la residenza originaria, sia che quella che figurava come la nuova residenza, non li aveva mai ospitati si trattava infatti o di complessi turistici, destinati a rimanere inabitati durante l'inverno, ovvero di immobili già destinati ad uso diverso da quello abitativo, ovvero ancora di immobili in condizioni di non abitabilità . 2. Con unico atto di ricorso in favore del G. e del T. , si deducono tre censure a violazione di legge e carenze della motivazione in relazione agli artt. 268 comma primo e 271 cpp, b violazione di legge e carenze dell'apparato motivazionale in relazione ai gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati, e violazione di legge e motivazione mancante e illogica in relazione all'art. 274 cpp. 3. Con la prima censura, si rileva la inesistenza dei verbali relativi alle operazioni di intercettazione. Detti verbali furono regolarmente richiesti dai difensori all'ufficio del Pubblico ministero, il quale pose a disposizione il materiale relativo alle operazioni di intercettazione. È stato così possibile accertare che non esistono verbali cartacei che diano atto dell'inizio, dello svolgimento e della chiusura delle predette operazioni, ma che tali annotazioni sono contenute su di un file redatto con il sistema word. Si tratta dunque di uno scritto informatico che non risponde ai requisiti di cui agli artt. 136 e 268 cpp, 89 disp. att. cpp, in quanto vi è incertezza assoluta in ordine alle persone intervenute, ai compilatori del verbale stesso e in quanto manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che l'ha redatto. Va inoltre notato che i predetti documenti sono modificabili in qualsiasi momento, perché, come premesso, redatti in il sistema word e non in pdf. È evidente che, ai sensi degli articoli del codice di procedura sopra ricordati, il verbale in questione deve necessariamente avere consistenza cartacea. Ne consegue che, essendo il documento in questione presente unicamente nella memoria di un computer esso non è stato mai stampato e sottoscritto ed essendo peraltro privo di firma, esso è modificabile in qualsiasi momento lo scritto informatico, dunque, non può considerarsi un verbale a tutti gli effetti. Ne consegue ulteriormente la inesistenza del predetto verbale e – dunque - l'assoluta inutilizzabilità delle eseguite intercettazioni. 4. Con la seconda censura, si fa presente che, pur ammesso che i falsi ideologici siano stati commessi, non vi è alcun elemento in base al quale il G. possa essere ritenuto responsabile degli stessi. Secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, G. sarebbe stato il determinatore o il sollecitatore di tali operazioni, ma donde siano stati tratti gli elementi per una tale affermazione in realtà non viene chiarito. Le conversazioni intercettate non riguardano, in genere, questo ricorrente quando poi lo riguardano, non ne è dimostrano il coinvolgimento nelle illecite condotte, che si ipotizzano a carico di altri. Le procedure di trasferimento, per quanto è dato comprendere, facevano capo al vicecomandante dei vigili urbani L.C. . 4.1. Nessuno dei colloquianti ha mai affermato - direttamente o indirettamente, apertamente o allusivamente - di aver commesso falsi per conto del G. , ne è emerso che il predetto abbia chiesto ad alcuno di spostare la propria residenza in . Si è invero accertato che il nucleo familiare della figlia del ricorrente si trasferì nel predetto comune, ma, da un lato, va notato che G.M.T. partecipò alla competizione elettorale e dunque aveva un interesse diretto ad acquisire voti , dall'altro, che il trasferimento fu reale, perché la figlia del ricorrente, il marito e i loro figli minorenni quindi non votanti si trasferirono effettivamente in XXXXX, in un immobile di proprietà di G.F. . 4.2. Quanto agli elettori Li.Vi. e P.F. , effettivamente risulta che gli stessi trasferirono la loro residenza in , in altro immobile di proprietà del G. , ma non è stata fornita la prova che il ricorrente fosse a conoscenza della falsa natura di tale trasferimento, né tale conoscenza si può ritenere in re ipsa , in conseguenza del fatto che lo stesso fosse il dominus dell'immobile. 4.3. Quanto al T. , nei cui confronti sono stati individuati due soli episodi di partecipazione, quale istigatore, alla compilazione di atti ideologicamente falsi, si osserva che i trasferimenti da altri comuni al Comune di Patti riguardano la sorella, T.P. , e il padre T.N. . Ebbene la prima si trasferì da omissis a un anno prima delle elezioni per ragioni di lavoro. Ritornò quindi ad abitare temporaneamente a omissis , essendo rimasta incinta e avendo necessità dell'appoggio della madre i genitori di T.F. e T.P. sono separati . T.N. , proveniente da omissis , dove conviveva con una donna, aveva trasferito la sua residenza a , anche egli un anno prima delle elezioni ottobre 2010 , a seguito della interruzione del predetto rapporto di convivenza. A tutt’oggi, T.N. abita in . 4.4. A carico di T.F. vi è dunque solo il contenuto di alcune conversazioni intercettate nelle quali si afferma che egli si sarebbe portato tutti i parenti a XXXXX. La realtà oggettiva però è quella appena illustrata e, dunque, non si può interpretare il contenuto delle predette conversazioni se non con la chiave della maldicenza e dell'invidia degli altri concorrenti elettorali del T. . 4.5. Va poi notato, con specifico riferimento ai reati elettorali, che ciascun candidato o parente di candidato perseguiva interessi suoi personali e che quindi, evidentemente, non poteva esservi accordo tra quelli che erano potenziali concorrenti. 4.6. Quanto al reato associativo, infine, è appena il caso di ricordare che esso presuppone, oltre ad una comune finalità cosa che, per quanto sopra illustrato, non sussisteva , una predisposizione comune dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma criminoso, la indeterminatezza di detto programma e il fatto che le azioni antigiuridiche non siano programmaticamente circoscritte, ovvero meramente occasionali. Nel caso in esame, a tutto voler concedere, l'accordo avrebbe avuto vigore unicamente in vista della competizione elettorale e – dunque - non vi è alcun patto stabile e permanente. 5. Con la terza censura, si assume che non sussiste alcuna esigenza cautelare, atteso che la formulazione dell'ipotesi associativa è chiusa e risalente a oltre due anni addietro, che i reati di falso e di voto di scambio sarebbero stati realizzati nel periodo della competizione elettorale che è ormai esaurita appunto, da due anni . Non vi è dunque alcun pericolo di recidiva. Si osserva inoltre che la richiesta di misura cautelare è del giugno 2012 e che il GIP ha provveduto a ben nove mesi di distanza. Considerato in diritto 1. La prima censura non è fondata. 1.1. Nella nostra legislazione penale sostanziale il concetto di documento informatico si è affermato progressivamente. Infatti, con la legge 23 dicembre 1993 n. 547 Modificazioni e integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica , sono state apportate significative modifiche ad alcune fattispecie incriminatrici e ne sono state introdotte di nuove, tendenti ad estendere la tutela penale, non solo ai sistemi e alle apparecchiature informatiche e telematiche, ma anche ai loro prodotti , vale dire ai documenti elaborati con tali sistemi, presenti in essi e trasmessi attraverso di essi. Basta fare riferimento agli artt. 392 e 420 cp. prima della modifica del 2008 , con l'estensione del concetto di cosa e di impianto di pubblica utilità , rispettivamente al programma informatico e ai sistemi informatici o telematici. Si deve ovviamente fare riferimento, anche e principalmente, all'art. 491 bis, introdotto, appunto dalla legge 547/1993. Con esso, dopo aver affermato che le falsità previste nel presente capo riguardano anche i documenti informatici, il Legislatore chiarisce, nel comma secondo, che come tale si deve intendere qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria ecc. 1.2. Dunque il documento aveva - all'epoca - ancora una consistenza corporale, si identificava comunque con una res extensa , in quanto il Legislatore, evidentemente, riteneva di non poter tutelare il contenuto, senza tutelare il contenitore, vale a dire, appunto, il supporto materiale floppy, pendrive, hard disk , nastro magnetico ecc. che incorpora il documento. Successivamente, però, la legge 18 marzo 2008 n. 48, esecutiva della convenzione di Budapest Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, sottoscritta a Budapest il 23 novembre 2001 , ha amputato detto articolo del secondo comma, con la conseguenza che, coerentemente, il documento informatico non si identifica più - come una volta - con il suo supporto, ma col dato in esso contenuto. Si tratta dunque di un documento immateriale, che non si incorpora in un oggetto fisico così come il pensiero non si incorpora nell'apparato cerebrale che lo produce e lo immagazzina . Il novum , per vero, era già stato introdotto non limitatamente al settore penale dal DPR 10 novembre 1997 n. 513 Regolamento contenete i criteri e le modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell'art. 15, comma secondo, della legge 15 marzo 1997 n. 59 e poi dal decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, il c.d. codice dell'amministrazione digitale. Si parlava, per la precisione, all'epoca, di rappresentazioni informatiche di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. 1.3. Il successivo passo compiuto appunto con la legge 48/2008 è consistito - come anticipato - nel ritenere il documento informatico, non una copia, una riproduzione, una trasposizione virtuale di un documento materiale, ma un documento in sé. Lo scopo della equiparazione è evidente assicurare la certezza e la affidabilità dei dati informatici relativi ai rapporti giuridici proprio quella certezza ed affidabilità che i cybercriminali intendono insidiare. 1.4. Con tale impostazione, poi, è stato coerente il coevo sviluppo della legislazione penalistica in tema di reati informatici. Così è stata introdotta l'ipotesi ex art. 495 bis cod.pen. Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull'identità o su qualità personali proprie o di altri , che mira a tutelare la genuinità scil . la rispondenza al vero delle dichiarazioni destinate ad essere inserite in un documento elettronico. Per converso, nell'art. 640 quinquies, il problema è, per così dire, affrontato, sia pure parzialmente, dall'opposto versante. Viene infatti presa in considerazione la frode informatica, perpetrata proprio dal soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica. E ancora può essere ricordato l'art. 615 quater cp, che proibisce e punisce la detenzione e diffusione di codici di accesso ovviamente immateriali, trattandosi di semplici sequenze alfanumeriche a sistemi informatici e telematici, ma anche l'art. 617 sexies cp, che reprime la falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche e così via. 1.5. Si vuoi significare che, tanto nei rapporti interpersonali, quanto nella sfera giuridica, il processo di smaterializzazione del documento è in atto e progredisce rapidamente. La stessa giurisprudenza penale di legittimità se ne è ben resa conto, atteso che, ad es., ha ritenuto sussistenti le ipotesi di falsità in certificazioni con riferimento ai dati contenuti in archivi informatici ASN 199702616-RV 2071010 ASN 200132812-RV 219945 ASN 200331720-RV 226252 ASN 200411915-RV 228741 ASN 200510181-RV 231846 ASN 200511930-RV 231706 ASN 200545313-RV 232735 ASN 200935886-RV 244921 , ed ha addirittura ravvisato, facendo logica applicazione del nuovo concetto di documento, il delitto di bancarotta semplice documentale nel caso di perdita, per comportamento negligente o imprudente, della memoria informatica del computer, contenente le annotazioni delle indicazioni contabili ASN 200935886-RV 244921 . 1.6. Ora è indubbio che, se il Legislatore ha inteso tutelare addirittura con la sanzione penale che, come è noto, rappresenta la extrema ratio repressiva il documento informatico , ne ha certamente presupposto, non solo l'esistenza esplicitata, d'altra parte - come si è detto - dallo stesso testo dell'art. 491 bis cp , ma la sua cittadinanza nell'intero universo giuridico. La sanzione penale, infatti, è meramente funzionale alla tutela di un bene/interesse dato per preesistente, un bene/interesse che certamente essa non crea, ma si limita a proteggere. 1.7. Ebbene, applicando i medesimi principi in campo processuale campo nel quale, oltretutto, come è noto, l'analogia non è vietata , consegue inevitabilmente che deve essere accettato il concetto di verbale informatico e dunque anche del verbale di cui all'art. 268 cpp. Esso ben può contenere, a norma dell'art. 89 disp. att. cpp., l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e cessazione della intercettazione, i nominativi degli operatori. Si tratta di contenuto sostanzialmente conforme al dictum dell'art. 136 del codice di rito, venendo a mancare solo la sottoscrizione di cui al seguente art. 137. Al proposito, tuttavia, si deve osservare, da un lato, che la mancanza di sottoscrizione del verbale non è causa di nullità assoluta, ma relativa, e – certamente - non di inutilizzabilità cfr. ASN 200111241-RV 218451 ASN 200815535-RV 239485 , dall'altro e risolutivamente , che la norma codicistica è precedente di circa un lustro rispetto alla innovativa disciplina della legge 547/93, dall'altro ancora, che esistono certamente sistemi meccanici che possono rendere ragionevolmente certa la paternità di un documento informatico. 1.8. Quanto alla manipolabilità/alterabilità di detto documento, non è dubbio che la redazione con la modalità pdf offra maggiori garanzie rispetto a quella con la modalità word, e tuttavia non va ignorato che anche un documento cartaceo è, entro certi limiti, alterabile e falsificabile e che, comunque, nel caso in esame, i ricorrenti non hanno sostenuto che il verbale sia stato - in concreto - immutato, ma solo che - in astratto - avrebbe potuto esserlo. Esistono, d'altra parte, accorgimenti tecnici che consentono di verificare se su di un documento elettronico, redatto in una certa data, siano poi intervenute modifiche o sostituzioni. Certo anche tale tipo di controllo può essere vanificato dalla mano di un esperto hacker , ma ciò, si è appena detto, vale per ogni tipo di documento. 1.9. Conclusivamente, si deve affermare che, tra le modalità di documentazione di cui agli artt. 134 ss cpp, deve essere incluso anche il verbale redatto con modalità elettroniche e, se appare certamente più funzionale e più sicuro procedere alla stampa e alla sottoscrizione grafica del predetto verbale, non di meno esso deve ritenersi esistente e valido anche se sia rimasto nella sola versione elettronica. 2. La seconda censura è fondata. 2.1. I provvedimenti impugnati, che certo non si distinguono per chiarezza espositiva e per efficacia persuasiva, partono dal presupposto che T. , in quanto direttamente candidato e G. in quanto padre di una candidata e uomo politico di spicco nel comune di Patti, siano persone che abbiano concorso moralmente alla redazione dei falsi atti di accertamento di trasferimento di residenza modelli APR/4 . In realtà è emerso, sulla base di quanto è possibile dedurre dalla lettura dei provvedimenti impugnati, che il coordinatore di tale attività sarebbe stato il vicecomandante dei vigili urbani L.C. . 2.2. Per quel che riguarda il G. , il suo coinvolgimento deriverebbe dallo stretto legame con il L. e dal fatto che, come evidenziato in talune conversazioni intercettate, una volta divenuto chiaro che il risultato elettorale non era stato quello che L. e anche G. auspicavano, i rapporti tra i due si ruppero. Il fatto che G. avesse interesse a che venisse ampliata la base elettorale potenzialmente favorevole alla figlia e ai candidati del suo schieramento tra i quali il T. e il fatto che era, fino ad un certo momento, persona vicina al L. e che, dopo il disastroso risultato elettorale, i rapporti tra i due non furono più quelli di prima, sono, tuttavia, elementi in base ai quali non è possibile affermare, nemmeno induttivamente, il coinvolgimento del G. nella operazione di falsi trasferimenti di residenza. Il fatto che Li. e P. abbiano fittiziamente trasferito la loro residenza in un immobile di proprietà del G. , come correttamente si osserva nell'atto di ricorso, è circostanza, di per sé, neutra, se non si prova quantomeno la consapevolezza del grullo e la sua acquiescenza in proposito. 2.3. Per quel che riguarda il T. , sembra evidente - per quel che si desume dal provvedimento - che vi sia discrasia tra le malevole voci sul suo conto evidenziate dalle conversazioni intercettate e la obiettiva realtà dei fatti, se è vero che i fittizi trasferimenti si sarebbero limitati a quelli della sorella e del padre del ricorrente. Si sostiene nell'atto di ricorso che i trasferimenti, peraltro, non furono per nulla fittizi. In merito vale a dire circa la reale natura simulatoria di tali trasferimenti il provvedimento impugnato non fornisce chiare ed univoche indicazioni. 2.4. Tanto premesso, è evidente che se, allo stato, appare insufficiente, lacunosa e contraddittoria la motivazione relativa al concorso di G. e T. in tali condotte falsificatorie, non può certo avere maggior consistenza l'ipotesi associativa. Ciò a prescindere dalle non peregrine considerazione formulate nel ricorso circa l'esigenza, per la sussistenza del delitto di cui all'articolo 416 cp, di una organizzazione stabile, con divisione di ruoli e compiti, con un centro decisionale unico, con organi esecutivi , con un comune interesse da perseguire. È nota la differenza tra l'ipotesi associativa e il concorso di persone nel reato, pur quando le predette persone siano già legate da vincoli interpersonali di altra natura cfr. ad es., ASN 200921606-RV 244449 . Non si vuole - con ciò - significare che più persone aventi interessi concorrenti e non convergenti non possano trovare un accordo e un punto di incontro potrebbero certamente, nel caso in esame, aver coltivato il programma di compiere o far compiere un certo numero di falsi, ognuno nel suo interesse e con tacito accordo di non interferire con gli interessi degli altri , ma si intende affermare che, perché tale accordo possa considerarsi il collante di un'associazione criminosa, è necessario che esso sia programmatico, non limitato a un numero sia pure esteso di casi, e sia portato ad attuazione attraverso una comune divisione del lavoro , con reciproca consapevolezza. 3. Conclusivamente, in accoglimento del secondo motivo di ricorso rimanendo assorbito il terzo , i provvedimenti impugnati vanno annullati con rinvio al tribunale di Messina per nuovo esame, all'esito del quale, il giudicante, se dovesse nuovamente convincersi delle sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non potrebbe non interrogarsi - dato il tempo trascorso e la particolare contingenza nella quale, secondo la ipotesi di accusa, i reati furono commessi - sulla permanenza delle esigenze cautelari a carico dei due indagati. P.Q.M. annulla le ordinanze del tribunale del riesame di Messina emesse in data 25 marzo 2013 nei confronti di G.F. e T.F. e rinvia per nuovo esame al medesimo tribunale.