Nessun compenso per il CTU che presenta la richiesta di liquidazione dopo 100 giorni dal deposito della relazione

Il termine di 100 giorni fissato dall’articolo 71, comma 2, d.p.r. numero 115/2002 per il deposito della domanda di liquidazione degli onorari e delle spese per l’espletamento dell’incarico degli ausiliari del magistrato è un termine previsto a pena di decadenza, con la conseguenza che il consulente che presenta la domanda oltre il suddetto termine perde il diritto al compenso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia numero 4373 del 4 marzo 2015. Il caso. Il giudizio nasce dall’opposizione ex articolo 170 d.p.r. 115/2002 proposta da un ingegnere avverso il decreto di rigetto della domanda di liquidazione degli onorari e delle spese sostenute per l’espletamento di un incarico di consulente tecnico del P.M. nell’ambito di un procedimento penale. Nella specie, la domanda era stata respinta per intervenuta decadenza ai sensi dell’articolo 71, comma 2, d.p.r. citato, dal momento che la stessa era stata presentata dal consulente oltre il termine di cento giorni dal deposito della relazione peritale. Respinta l’opposizione, il consulente decide di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Termine di decadenza per la presentazione della domanda di liquidazione. Il ricorrente si duole, in primo luogo, del fatto che il Tribunale abbia rigettato l’opposizione ritenendo intervenuta la decadenza senza considerare che l’articolo 71 cit., pur stabilendo una decadenza, non prevede la prescrizione del diritto di riscuotere quanto dovuto per l’attività peritale prestata. Nel respingere la censura, la Suprema Corte evidenzia che la tesi propugnata dal ricorrente contrasta con l’articolo 2968 c.c., secondo il quale in caso di impedimento della decadenza il diritto resta soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione, in combinato con l’articolo 2966 c.c., per il quale solo il compimento dell’atto previsto impedisce la decadenza. Invero, nel caso di specie, non si era verificata alcuna delle cause, tassativamente previste, che impediscono la decadenza. In altri termini, solo nell’ipotesi in cui l’ausiliario avesse formulato tempestivamente la propria richiesta di pagamento nei termini di cui all’articolo 71 il relativo diritto sarebbe rimasto soggetto agli ordinari termini prescrizionali. Di contro, verificatasi la decadenza, non si potrebbe certo invocare l’ordinario termine di prescrizione per aggirare l’applicazione delle norme di legge in tema di decadenza. In definitiva, quindi, il termine di cento giorni è previsto a pena di decadenza e ciò significa che non è un termine ordinatorio, ma un termine fissato per l’esercizio del diritto alle spettanze dovute, che decorre per il solo fatto materiale del trascorrere del tempo, indipendentemente da situazioni soggettive o oggettive verificatesi medio tempore e dalle quali sia dipeso l’inutile decorso del termine, salve le eccezioni tassativamente previste dalla legge. La decadenza riguarda il diritto al compenso. Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sulla insussistenza della prescrizione e sulla domanda formulata ex articolo 2041 c.c., dichiarando che le suddette domande avrebbero dovuto essere proposte davanti al Tribunale civile competente per territorio e non con la procedura speciale di cui al d.p.r. numero 115/2002. Nell’esaminare la questione, la Suprema Corte evidenzia innanzitutto che la stessa non pone un problema di riparto di giurisdizione, bensì di suddivisione delle competenze tra diversi giudici ugualmente esercitanti la giurisdizione ordinaria. Ciò premesso, gli Ermellini dichiarano l’inammissibilità delle censure per difetto assoluto di interesse, dal momento che l’intervenuta decadenza esclude a priori la possibilità di esercitare il diritto al compenso, con conseguente irrilevanza delle questioni concernenti la prescrizione o l’ingiustificato arricchimento. Alla luce di quanto detto, la Cassazione afferma il principio che la decadenza prevista dall’articolo 71 cit. riguarda il diritto al compenso e non il rito per il suo esercizio in giudizio. Con specifico riferimento all’azione di ingiustificato arricchimento, la Suprema Corte poi osserva che la stessa non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione e la valutazione dell’esistenza dell’altra azione va effettuata in astratto, prescindendo dalla previsione dell’esito dell’azione tipica ancorché prescritta o in relazione alla quale si sia verificata decadenza. Soggetti a decadenza anche i rimborsi per l’attività di soggetti terzi. Con un altro motivo di ricorso, il ricorrente censura la decisione del Giudice di primo grado di ritenere intervenuta la decadenza non solo per la domanda di liquidazione degli onorari e delle spese personali proprie del consulente, ma anche in relazione alle spese sostenute dal medesimo per avvalersi di soggetti terzi autorizzati dal magistrato ad assistere il consulente. Nel giudicare infondato il motivo, la Suprema Corte ritiene soggette al termine di decadenza della norma citata tutte le spettanze, ivi compresi i rimborsi delle spese autorizzate per remunerare l’attività di soggetti terzi di cui si avvalga l’ausiliario del magistrato. Ed invero, l’articolo 71 fa espresso riferimento, oltre che agli onorari del consulente, anche alle “spese per l’espletamento dell’incarico”, le quali sono definite dall’articolo 56, che comprende al terzo comma appunto le spese per avvalersi di prestatori d’opera per attività strumentali rispetto ai quesiti posti con l’incarico, nel caso in cui il magistrato abbia autorizzato l’ausiliario ad avvalersene. Ciò stante, non può trovare accoglimento la tesi prospettata dal ricorrente, secondo cui per il rimborso delle suddette spese opererebbe il più lungo termine di duecento giorni previsto dal medesimo articolo 71, comma 2, per richiedere il rimborso delle spese di trasferta relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo e delle spese e indennità di viaggio e soggiorno degli ausiliari del magistrato. Come chiarito dalla norma, detto termine è applicabile solo alle spese di cui all’articolo 55 indennità e spese di viaggio, collegate alle trasferte , e non alle spese di cui all’articolo 56 che sono le spese per l’adempimento dell’incarico , tra cui rientrano quelle sostenute dal consulente per avvalersi di soggetti terzi autorizzati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 dicembre 2014 – 4 marzo 2015, numero 4373 Presidente Oddo – Relatore Proto