All’ex coniuge malata spetta l’assegno divorzile

All’ex coniuge spetta l’assegno divorzile, pur in presenza di evidente sproporzione dei redditi delle parti, se lo stato di salute sia tale da compromettere una qualsiasi attività lavorativa.

Questo è quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 3365 del 13 febbraio del 2014, in cui ammette la corresponsione dell’assegno divorzile alla donna malata che non poteva procurarsi con la propria attività lavorativa un tenore di vita assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio. Il fatto. In seguito a sentenza di scioglimento del matrimonio il giudice di primo grado aveva negato al corresponsione dell’assegno divorzile alla moglie, in considerazione della breve durata del matrimonio e della disponibilità da parte della richiedente di un immobile destinato a propria abitazione e di altri due immobili di cui uno era stato venduto. La donna in appello richiede il riconoscimento del diritto a percepire un assegno mensile dal marito, lamentando la mancata identificazione di un cattivo stato di salute che le impediva la ripresa di una qualsiasi attività lavorativa e l’assenza di un qualsiasi capitale ricavato dalla vendita dell’immobile, dato che aveva dovuto sanare alcuni debiti. In appello viene riconosciuta la corresponsione dell’assegno mensile alla donna, rilevando come la sproporzione fra i redditi fosse prevalente rispetto al dato delle disponibilità immobiliari della donna le cui potenzialità lavorative erano gravemente compromesse dalle condizioni di salute. L’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente. Conseguentemente il marito ricorre in Cassazione lamentando una non corretta identificazione circa l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, ma la Corte rigetta il ricorso, confermando le enunciazioni del giudice d’appello. In conclusione la Cassazione ammette che l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge debba essere considerata anche in ragione del cattivo stato di salute della donna, che non le permetteva di conservare un tenore di vita tendenzialmente assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 22 ottobre 2013 - 13 febbraio 2014, n. 3365 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto 1. Il Tribunale di Palermo con sentenza dell'11.9.2008 ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio tra A.M. e C.L.P. negando a quest'ultima il diritto a un assegno divorzile, pur dando atto della evidente sproporzione esistente fra i redditi dei due ex coniugi, in considerazione della breve durata del matrimonio, della disponibilità, da parte della L.P., di un immobile destinato a propria abitazione e di altri due immobili, di cui uno era stato venduto consentendo alla L.P. di percepire la somma di 70.000 euro. 2. Ha proposto appello C.L.P. rilevando che non erano state considerate le sue cattive condizioni di salute che non le consentivano la ripresa della attività lavorativa mentre nessuna somma capitale era a suo disposizione dato che aveva dovuto restituire al padre il prestito a suo tempo concessole per l'acquisto dell'immobile venduto. Ha chiesto pertanto il riconoscimento del diritto a percepire un assegno mensile dal M. nella misura minima di 1.000 euro. 3. L'appello è stato accolto parzialmente dalla Corte palermitana che ha disposto la corresponsione, in favore della L.P. e a carico del M., di un assegno mensile di 200 euro rilevando come la sproporzione fra i redditi fosse prevalente rispetto al dato delle disponibilità immobiliari della L.P. le cui potenzialità lavorative erano gravemente compromesse dalle condizioni di salute accertate mediante la c.t.u. medico-legale svolta in istruttoria. 4. Propone ricorso per cassazione A.M. lamentando l'erronea interpretazione dell'art. 5 della legge n. 899/1970. 5. Si difende con controricorso C.L.P. Ritenuto che 6. Il motivo di ricorso è infondato perché la Corte di appello palermitana si è attenuta ai criteri giurisprudenziali di legittimità afferenti alla interpretazione e applicazione dell'art. 5 della legge n. 898/1970 e ha correttamente identificato nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente il presupposto per il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile salvo tenere conto della breve durata del matrimonio al fine di determinare la entità dell'assegno. La Corte ha altresì verificato le possibilità del coniuge richiedente l'assegno di procurarsi con la propria attività lavorativa i mezzi necessari al fine di conservare un tenore di vita tendenzialmente assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio ma è pervenuta a una valutazione negativa in considerazione delle condizioni di salute accertate attraverso la C.T.U. sicché le deduzioni del ricorrente si presentano come una richiesta di riesame del merito della controversia inammissibile in questa sede. 7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso. La Corte condivide pienamente tale relazione e ritiene pertanto che il ricorso vada respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 1.100 euro di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.