Reiterazione del reato e inquinamento probatorio: questa volta tocca a loro finire nel mirino degli Ermellini

Le esigenze cautelari connesse al pericolo di inquinamento probatorio ed a quello di reiterazione del reato devono essere, oltre che concrete, anche attuali, così come previsto dal recente intervento riformatore del 2015. Con particolare riferimento al pericolo di ricaduta nel reato, inoltre, va osservato che la sussistenza dell'esigenza cautelare non può desumersi dalla gravità dell'addebito contestato.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza n. 5533, depositata il 10 febbraio 2016. La fase cautelare una continua necessità di interventi nomofilattici. Una presunta serie di illeciti nella gestione di fondi PRIN porta all'applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dell'esercizio del pubblico ufficio per uno degli indagati la vicenda, per tramite della solita catena impugnativa, giunge a Piazza Cavour con un corredo di motivi di ricorso di tutto rispetto. Alcuni di questi aggrediscono il provvedimento cautelare e l'ordinanza reiettiva della prima impugnazione sollevando il problema, affatto sopito, della qualità” delle esigenze cautelari ritenute, nel caso di specie, sussistenti. La Cassazione accoglie il ricorso e offre il destro ai Supremi Giudici per riprendere il tema delle misure cautelari, recentemente interessate dalla ben nota novella del 2015. Repetita iuvant . Pericolo di inquinamento probatorio l'attualità permane anche ad indagini chiuse. Tralasciando l'esame di questo specifico punto nell'ambito della vicenda concreta, la Cassazione torna a ribadire che non occorre, per dichiarare sussistente un'esigenza cautelare, soltanto la concretezza del pericolo che si mira a scongiurare. Occorre anche la sua attualità. Deve, il pericolo, essere sussistente mentre si fa applicazione della misura. Da ciò comprendiamo che non può trattarsi di un pericolo ormai esaurito, né di un pericolo così futuro da diventare del tutto ipotetico. Non importa, invece, che le indagini preliminari siano concluse o meno. E ciò, tiene a precisare la Suprema Corte, perchè la prova si forma nel corso dell'intero processo e non si cristallizza certamente nella fase meramente procedimentale delle indagini. Il rilievo, in termini puramente di principio, ci sembra condivisibile ed in effetti, se l'obiettivo della cautela fosse stato quello di proteggere le indagini, immaginiamo che il legislatore ce lo avrebbe fatto capire chiaramente si sarebbe parlato di tutela della genuinità degli indizi, non della prova. Certo, in termini operativi, ci permettiamo comunque di dissentire dall'opinione della giurisprudenza la misura cautelare solitamente interviene in fase di indagine e, se l'esigenza cautelare deve essere concreta” ed anche attuale”, non può che darsi per scontato che le indagini non siano più in corso. Diversamente, dovremmo ipotizzare che la tutela della genuinità della prova debba accompagnare necessariamente tutto il processo, quantomeno fino al completamento del primo grado di giudizio. Reiterazione del reato chi è costei? E', a nostro avviso, forse l'esigenza cautelare più difficile da inquadrare, perchè, in effetti, la valutazione della sua sussistenza viene ad essere piuttosto umorale”. Non nel senso che il giudice la riconosce o meno in maniera del tutto illogica, ma nel senso che il giudizio della sua esistenza immancabilmente si collega ad una valutazione personologica dell'indagato che prende in esame il suo passato criminale quando ce ne sia uno degno di nota , ovvero la gravità dei fatti contestati. La Suprema Corte, nel caso che ci interessa, coglie ancora una volta l'occasione per ribadire la necessità di ancorare la valutazione ad elementi concreti ed obiettivi, e tra questi non figura certamente la gravità del titolo di reato per il quale si procede. Il fattore tempo, da questo punto di vista, è importantissimo tanto più i fatti per i quali si procede sono lontanti nel tempo, rispetto all'applicazione della misura, tanto maggiore sarà l'impegno motivazionale che incombe sul giudice della cautela. Anche le Sezioni Unite, viene ricordato nella sentenza in commento, hanno insegnato e continuano ad insegnare vi sono precedenti” datati 2015 che il decorso del tempo comporta un naturale affievolimento delle esigenze cautelari. Ecco perchè l'ancoraggio con gli elementi concreti deve essere ben solido. La compressione della libertà come extrema ratio. Lo abbiamo già osservato in occasione di altre pronunce, anche molto recenti, in tema di misure cautelari il nuovo corso” sembra ormai destinato a non subire più inversioni di rotta. Il sacrificio della libertà come ultima scelta va salutato con favore. E non soltanto dai garantisti ideologici”, ma da tutti i consociati di ogni opinione la Cassazione ne è consapevole, e l'annullamento senza rinvio viene motivato, appunto, con il rilievo secondo cui l'eventuale rinvio al giudice della cautela avrebbe comportato un ingiustificato sacrificio della libertà individuale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 dicembre 2015 – 10 febbraio 2016, n. 5533 Presidente Conti – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 31 luglio 2015, il Tribunale del riesame di Bari ha rigettato l'appello cautelare ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen. ed ha, quindi, confermato l'ordinanza emessa il 6 luglio 2015, con la quale il Giudice delle indagini preliminari del medesimo Tribunale ha applicato nei confronti di C.S.M. - docente in servizio presso l'Università degli Studi di nonché responsabile del progetto denominato Magistrature, giurisdizioni ed equilibrio istituzionale - la misura interdittiva della sospensione dell'esercizio del pubblico ufficio di docente universitario per la durata di mesi dodici in relazione alle imputazioni provvisorie di peculato e falso, per avere posto in essere una pluralità di distrazioni di fondi PRIN 2007 stanziati dal MIUR per finanziare - tra gli altri - il progetto sopra indicato e correlate false attestazioni propedeutiche all'emissione dei mandati di pagamento da parte dell'ente. Il Collegio della cautela ha rilevato come sulla scorta degli elementi raccolti nelle indagini risultino sussistenti tanto i gravi indizi di colpevolezza, quanto le esigenze cautelari connesse al pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione criminosa, stimando adeguata a farvi fronte la misura interdittiva disposta. 2. Avverso l'ordinanza hanno presentato ricorso congiuntamente l'indagata C.S.M. e l'Avv. Niccolò Alessandro Dello Russo, suo difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l'annullamento per i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge processuale in relazione agli artt. 405 e 64, lett. c cod. proc. pen., per essere stati posti a base della ordinanza coercitiva atti inutilizzabili in quanto assunti dopo l'informativa finale del 28 dicembre 2012, là dove la notizia di reato veniva acquisita in prossimità del deposito della informativa del 20 dicembre 2012 in quanto avente ad oggetto il procedimento penale n. 18578 del 2008 R.G. N.R. comunicazione di notizia di reato nei confronti di C.S.M. più altri , stante l'obbligo gravante sul pubblico ministero di iscrivere immediatamente ogni notizia di reato. Ad ogni buon conto, risultano inutilizzabili gli atti compiuti oltre i sei mesi dall'iscrizione della notizia di reato in data 13 maggio 2014, in particolare le dichiarazioni del Rag. A. e della coindagata Ca. . 2.2. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al rimborso di 698,29 Euro per la missione a , per avere il Tribunale omesso di confrontarsi con gli elementi di prova puntualmente indicati dalla difesa nell'atto d'appello. 2.3. Violazione di legge in relazione all'art. 314 cod. pen. in merito alla presunta appropriazione della somma di 1159,99 Euro per la missione di omissis . 2.4. Difetto di motivazione e travisamento della prova in merito alla possibilità di usufruire dei fondi PRIN da parte dei ricercatori e dottorandi, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto non provato l'assunto difensivo sul punto. 2.5. Violazione di legge penale e difetto di motivazione in relazione all'art. 314 cod. pen. quanto alla presunta appropriazione di 3.000 Euro utilizzati per la pubblicazione degli atti del PRIN sul sito del Devolution Club, trattandosi di contro di attività previste nel modello B di richiesta del finanziamento. 2.6. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 314 cod. pen. per la presunta appropriazione di 3.000 Euro utilizzati per la pubblicazione di articoli scientifici su rivista specializzata, trattandosi di attività direttamente connessa al PRIN. 2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 cod. proc. pen. e nullità dell'ordinanza ai sensi dell'art. 292, comma 2, lett. c e c-bis ,cod. proc. pen Il ricorrente evidenzia, per un verso, che non sussiste il pericolo di inquinamento probatorio, stante a la mancanza di elementi concreti a dimostrazione della capacità dell'imputata di condizionare le acquisizioni probatorie b la formale conclusione delle indagini c l'inidoneità della misura applicata ad inibire i contatti tra gli indagati, che prescindono dall'esercizio delle funzioni accademiche. Per altro verso, che non sussiste il pericolo di reiterazione criminosa, in quanto a le condotte sono contestate come commesse nell'anno 2010, sicché manca il requisito dell'attualità b l'indagata ha rassegnato le dimissioni da tutti i progetti di ricerca di cui era responsabile e non gestisce più fondi di ricerca, occupandosi soltanto di funzioni ordinarie di docente universitario c il pericolo di reiterazione criminosa va riferito alla condotta di falso connessa a quella di peculato e non a qualunque falso ideologico che potrebbe essere commesso nella attività accademica. Infine, il ricorrente censura l'omessa pronuncia sulla legittimità della imposizione della misura interdittiva per la durata di dodici mesi, in quanto tale limite massimo non era previsto all'epoca di commissione del reato, sicché, avendo effetti afflittivi e valenza sostanziale, non può trovare applicazione retroattiva, a norma dell'art. 2 cod. pen 3. Successivamente, con atto depositato presso la Cancelleria di questa Corte in data 20 novembre 2015, l'indagata e il suo difensore hanno dichiarato di rinunciare a tutti i motivi di ricorso ad esclusione di quelli concernenti l'inutilizzabilità delle prove e le esigenze cautelari punti 2.1 e 2.7 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato con limitato riguardo al motivo concernente le esigenze cautelari. 2. Non coglie nel segno la censura in rito con la quale la ricorrente ha eccepito la nullità dell'ordinanza applicativa della misura interdittiva in quanto fondata su atti inutilizzabili per essere stati assunti quando era ormai decorso il termine di sei mesi per il compimento delle indagini. 2.1. Costituisce principio di diritto oramai acquisito quello alla stregua del quale il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al G.i.p. sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art. 407, comma 3, cod. proc. pen., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l'iscrizione Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009 - dep. 20/10/2009, Lattanzi, Rv. 244376 . Nessuna rilevanza ai fini della dedotta inutilizzabilità può, pertanto, assumere l'assunto difensivo secondo il quale la notitia criminis a carico dell'indagata sarebbe emersa a ridosso del deposito della informativa del 20 dicembre 2012 in quanto avente ad oggetto il procedimento penale n. 18578 del 2008 R.G. N.R. comunicazione di notizia di reato nei confronti di C.S.M. più altri . 2.2. Manifestamente infondata è anche l'eccezione difensiva - dedotta in via subordinata - con riguardo alla inutilizzabilità ex art. 407, comma 3, cod. proc. pen., delle dichiarazioni assunte oltre la scadenza del termine di sei mesi stabilito dall'art. 405, comma 2, cod. proc. pen. decorrente, nella specie, dalla data del 13 maggio 2014 , cui va aggiunto un mese e mezzo di sospensione feriale dei termini. Quanto alle dichiarazioni rese dal Rag. A. , il ricorrente non si confronta con lo specifico passaggio argomentativo dell'ordinanza in rassegna, nella quale il Tribunale ha dichiarato l'inutilizzabilità delle dichiarazioni di tale teste, in quanto sentito il 18 maggio 2015, dunque oltre il termine di scadenza delle indagini v. pagina 4 dell'ordinanza . Quanto alle dichiarazioni della coindagata Ca. , assunte nel gennaio 2015, l'eccezione si appalesa del tutto generica, dal momento che - a prescindere dalla fondatezza o meno della censura - la ricorrente non ha precisato in quale parte e perché il giudizio di gravità indiziaria risulterebbe insanabilmente minato dalla dedotta inutilizzabilità quale elemento a carico delle predette dichiarazioni, là dove l'impianto accusatorio - per quanto si evince dai provvedimenti del primo giudice e dell'organo della impugnazione cautelare - si regge su di una pluralità di elementi indiziari, sicché il quadro indiziario potrebbe, in ipotesi, resistere alla c.d. prova di resistenza anche in caso di eventuale espunzione dal compendio d'indagine di tali propalazioni. Genericità che – giusta il consolidato insegnamento di questo Supremo Collegio - non può che riverberare nella inammissibilità del motivo, in considerazione del fatto che i motivi di ricorso in cassazione devono essere specifici e quindi, pur nella libertà della loro formulazione, devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione l'oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie Cass. Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 254204 . 3. Colgono, di contro, nel segno gli eccepiti violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari. 3.1. Va notato come, con il recente intervento riformatore operato con L. 16 aprile 2015 n. 47, il legislatore abbia prescritto che, ai fini della sussistenza delle esigenze di natura probatoria e special preventiva, il pericolo non debba essere più soltanto concreto , ma anche attuale al momento in cui si procede all'adozione della misura cautelare. Mette conto rilevare come, con tale prescrizione, il legislatore abbia recepito nell'articolato normativo il diritto vivente , rendendo cogenti regole che già una parte della giurisprudenza, quella più sensibile alle istanze connesse alla libertà personale, aveva ritenuto inderogabili. Infatti, anche prima della recente modifica normativa, risultava obbiettivamente difficile ritenere ed argomentare la sussistenza di esigenze cautelari concrete e tali da giustificare l'adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale allorquando i pericula libertatis non fossero attuali al momento in cui la misura veniva ad essere applicata ex plurimis, Cass. Sez. 6, 26/11/2014, Alessi, Rv. 261670 Sez. 4, 11/06/2015, Flora, Rv. 263871 . 3.2. Tanto premesso quanto alla necessità che i pericula libertatis siano non solo concreti ma anche attuali, va rilevato che, sebbene l'esigenza connessa al pericolo di inquinamento delle prove sia destinata ad avere un impatto naturale nella fase delle indagini preliminari - espressamente deputata alla raccolta delle prove -, essa possa può certamente ravvisarsi anche dopo la chiusura delle indagini preliminari e durante la fase dibattimentale, in considerazione del fatto che nel nostro sistema processuale tendenzialmente accusatorio, salvo l'accesso a riti alternativi, la prova è destinata a formarsi nel dibattimento, così come enfatizzato nella riforma dell'art. Ili Cost. La valutazione del pericolo di inquinamento probatorio deve pertanto essere effettuata con riferimento alle prove sia da acquisire, sia già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione v., da ultimo, Cass., Sez. 5, 7 gennaio 2015, M., Rv. 262687 . 3.3. Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, va censurata la valutazione espressa dai Giudici della cautela allorché hanno ritenuto sussistente il pericolo di inquinamento probatorio sul presupposto che l'indagata, in virtù del ruolo di docente ricoperto, potrebbe condizionare le scelte dei ricercatori e/o dottorandi le cui prospettive di carriera sono notoriamente legate al professore ordinario di riferimento. Il ragionamento si appalesa meramente ipotetico ed astratto e, pertanto, contravviene ai requisiti di concretezza e di attualità del periculum , come sopra delineati. A conclusione in parte diversa si deve pervenire con riguardo allo snodo della motivazione nel quale il Tribunale ha indicato, a supporto dell'esigenza ex art. 274, comma 1, lett. a , cod. proc. pen., specifici atti con i quali la Prof.ssa C. tentava di condizionare le dichiarazioni della coindagata Ca. v. pagina 10 dell'ordinanza . Se non che, ferma l'inappuntabilità di tale argomentare in merito alla ricorrenza dell'esigenza cautelare in parola, radicalmente viziato risulta l'apparato motivazionale con riguardo alla valutazione in punto di adeguatezza della misura, non potendo non condividersi l'assunto difensivo là dove ha denunciato la sostanziale inutilità della misura cautelare di natura interdittiva applicata con riguardo a tale specifico rischio di condizionamento delle dichiarazioni della coindagata. La misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio di docenza universitaria risulta difatti insuscettibile di inibire i contatti interpersonali e, pertanto, si appalesa inidonea - e, di conseguenza, inutilmente afflittiva - a scongiurare la reiterazione di interventi tesi a influire sulle dichiarazioni della coindagata, come - in effetti - di altre persone informate dei fatti, da sentire nel contraddittorio dibattimentale. 3.3. Al pari fondate sono le deduzioni concernenti il pericolo di reiterazione criminosa. Giusta la novella del 2015, anche tale esigenza deve essere concreta ed attuale e non può desumersi dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede , in linea con i principi già peraltro reiteratamente espressi dalla giurisprudenza più rigorosa ed attenta alla salvaguardia del bene costituzionalmente garantito della libertà personale ante iudicium . Ne discende che la valutazione sul rischio di reiterazione criminosa non può atteggiarsi in termini di mera potenzialità del pericolo, in ipotesi desumibile da circostanze distanti nel tempo o dalla gravità del reato posto a base del titolo restrittivo, ma deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi, attinenti al caso di specie, che rendano il pericolo attuale, cioè effettivo nel momento in cui si procede all'applicazione della misura cautelare. La pericolosità deve pertanto basarsi su elementi concreti cioè non meramente congetturali , sulla base dei quali sia possibile affermare che l'indagato/imputato, verificandosi l'occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede Cass., Sez. 5, 11/05/2014, Lorenzini, CED 260143 . La necessaria concretezza del giudizio prognostico discende, del resto, dagli stessi parametri valutativi enucleati dalla lett. e dell'art. 274, e cioè le specifiche modalità e circostanze del fatto e la personalità dell'imputato o indagato come desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali , che muovono nel senso di ancorare tale valutazione alla specifica situazione dell'indagato, scongiurando automatismi nell'applicazione delle misure dipendenti dalla mera gravità in astratto del titolo di reato contestato. 3.4. Sotto diverso aspetto, va posto in evidenza come l'art. 292, comma 1 lett. c , c.p.p. - che disciplina l'ordinanza applicativa della misura cautelare -, assegni esplicitamente rilievo al tempo trascorso dalla commissione del reato , previsione con la quale il legislatore ha inteso espressamente raccomandare al giudice una particolare cura nel valutare la concretezza e soprattutto l'attualità delle esigenze cautelari, allorché proceda all'applicazione della misura cautelare a notevole distanza di tempo dalla commissione dei reati, per essere stati questi accertati solo tardivamente o perché le indagini si sono protratte nel tempo. Si è dunque codificata la massima d'esperienza, più volte riconosciuta dalla giurisprudenza di questo Supremo Collegio anche nel suo più ampio consesso, secondo la quale ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari Cass., Sez. Un., 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377 Sez. 4, 12/03/2015, Palermo, Rv. 263722 . Sebbene il mero decorso del tempo dalla commissione del reato non possa escludere automaticamente l'attualità e la concretezza del pericolo di recidivanza, nondimeno, in tale caso, il giudice della cautela è tenuto a dare un'adeguata motivazione delle ragioni per le quali, stante la distanza temporale, i pericula libertatis , in particolare quelli connessi al rischio di reiterazione di analoghe condotte criminosa, possano ritenersi sussistenti nell'attualità, valorizzando all'uopo le modalità e la gravità dei fatti, le circostanze afferenti alla personalità dell'interessato o altri elementi sintomatici Sez. 6, 15/01/2003, Khiar Mohamed, Rv. 223967 Sez. IV, 12/03/2015, Palermo, Rv. 263722 . 3.5. A tali coordinate ermeneutiche non si conforma il provvedimento in verifica - né peraltro quello genetico -, là dove non reca menzione delle specifiche ragioni in forza delle quali i Giudici della cautela abbiano ritenuto concreto ed attuale il pericolo di recidivanza alla luce del dato storico rappresentato dalla significativa distanza temporale dei fatti rispetto all'applicazione della misura, risalendo il tempus commissi delicti agli anni 2009 - 2010. 3.6. Il corredo argomentativo dell'ordinanza in verifica risulta carente anche con riguardo all'altro profilo concernente l'avvenuta dismissione, da parte dell'indagata, degli incarichi quale responsabile di progetti di ricerca, nell'ambito dei quali ella era stata chiamata a gestire i fondi - in ipotesi d'accusa - oggetto d'appropriazione, e l'attuale svolgimento da parte della medesima di sole funzioni di docenza universitaria. Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, in caso di dimissioni dall'incarico pubblico - sebbene non operi nessun automatismo ed il giudice possa ritenere persistenti le esigenze cautelari quando l'agente mantenga una posizione soggettiva che gli consenta, pur nell'ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, di continuare a commettere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso Sez. 6, 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223 -, il giudice è comunque tenuto ad una valutazione attenta del caso concreto ed all'adempimento di un adeguato onere motivazionale che dia conto dell'influenza personale del prevenuto indipendentemente dall'ufficio ricoperto e dunque della concretezza e dell'attualità del rischio di recidivanza ex plurimis, Sez. 6, 27/03/2013, Pastore, Rv. 256261 Sez. 6, 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223 . Valutazione - questa - che difetta nella specie tanto nel provvedimento impugnato, quanto - a ben vedere - anche nel provvedimento genetico. 3.7. Quanto poi l'assunto difensivo secondo il quale il pericolo di reiterazione dei reati di falso ideologico non può desumersi dalla quantità di atti pubblici di un docente universitario è chiamato a formare , va rilevato che, sebbene non sia ravvisabile il denunciato contrasto con il disposto dell'art. 274, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. - in forza del quale il pericolo di reiterazione generico deve riguardare reati della stessa specie di quello per cui si procede e potrebbe pertanto riguardare anche eventuali falsi commessi nell'ambito dell'attività accademica -, l'osservazione del Tribunale risulta tuttavia apodittica e contraria ai necessari requisiti di concretezza ed attualità del periculum , non essendo esplicitati gli elementi obbiettivi e le ragioni in forza dei quali il Tribunale abbia potuto esprimere una prognosi negativa in tale senso. 4. Conclusivamente, ritiene il Collegio che, per i motivi sopra esposti, debbano essere annullate senza rinvio tanto l'ordinanza impugnata, quanto l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari applicativa della misura cautelare. Al riguardo va infatti richiamato l'insegnamento già espresso da questo Giudice di legittimità, secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame confermativa della misura cautelare, qualora la motivazione del provvedimento de libertate si appalesi totalmente carente e non utilmente integrabile, l'annullamento va disposto senza rinvio - in conformità al principio della ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111 Cost., in quanto, l'ulteriore sacrificio della libertà individuale, implicito in un annullamento con rinvio del provvedimento cautelare, sarebbe ingiustificato alla luce dei principi sanciti dall'ari, 13 Cost. Sez. 4, n. 46976 del 22/09/2011 – dep. 20/12/2011, Mane, Rv. 251430 . 5. Risulta assorbito il motivo col quale la ricorrente ha eccepito l'inapplicabilità nel caso di specie dei più ampi termini di durata della misura interdittiva introdotti con la L. 16 aprile 2015, n. 47, stante l’irrevocabilità della legge più sfavorevole a fatti-reato risalenti ad un'epoca anteriore all'entrata in vigore di detta legge. Ad ogni modo, non si può fare a meno di rilevare come la materia dei termini di durata delle misure cautelari, collocata in seno al codice di rito segnatamente agli artt. 303 e 308 cod. proc. pen. , abbia natura squisitamente processuale, di tal che in relazione ad essa trova applicazione il principio tempus regit actum , in virtù del quale gli atti ed i rapporti giuridici devono essere disciplinati secondo la regola vigente all'epoca del loro compimento o della loro verifica. In questo senso è del resto attestata la giurisprudenza di questa Corte regolatrice, secondo la quale, in caso di successione di leggi concernenti i termini di durata della custodia cautelare, data la loro natura processuale, si applica in forza del principio tempus regit actum , quella in vigore al momento in cui la custodia è tuttora legittimamente in corso Sez. 6, n. 30417 del 16/06/2010 - dep. 30/07/2010, A.O., Rv. 248023 Sez. 6, n. 1013 del 26/03/1992 - dep U/07/1992, Zollino, Rv. 191253 . P.Q.M. annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata sul punto relativo alle esigenze cautelari.