Va annullata la sentenza che si appiattisce sulle prospettazioni di accusa senza motivarle compiutamente

«Quando il giudice del merito sposa una tesi sostenuta dall’accusa è, comunque, sempre tenuto a motivarne l’accoglimento, dovendo, altresì, dar conto delle ragioni che lo hanno portato a ritenere non credibili le alternative ricostruzioni prospettate dalla difesa, pena il vizio di motivazione rilevabile dalla Suprema Corte».

È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 1240/2013, depositata il 10 gennaio. Il caso. La Corte di Appello confermava la condanna di primo grado nei confronti di un italiano, ritenuto colpevole del reato di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p., ai danni di una ragazza svedese. Secondo la tesi d’accusa, sposata anche dai giudici di merito, dopo una serata in discoteca, l’uomo si sarebbe offerto di accompagnare a casa alcuni amici, offrendo, altresì, un passaggio alla donna dapprima sarebbero stati riaccompagnati i passeggeri a Legnano e, poi, l’imputato si sarebbe fermato in un posto isolato ed avrebbe costretto la vittima a subire due rapporti sessuali – peraltro con un tampax inserito nella vagina. Incomprensioni linguistiche? La Corte d’appello non ha dato rilievo alla prospettazione difensiva, secondo cui la vicenda sarebbe originata da un equivoco, e cioè dalla mancata reciproca comprensione linguistica dei due protagonisti, a causa della quale la donna aveva affermato di abitare ad Abbiategrasso, intendendo non tanto il Comune limitrofo al capoluogo lombardo, bensì la zona nella prossimità della fermata della metropolitana, per l’appunto denominata ‘Abbiategrasso’. Non vi è stata alcuna verifica di attendibilità sulle dichiarazioni della parte civile. Ricorre per cassazione la difesa dell’imputato, deducendo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in particolare per non aver considerato degli elementi dai quali sarebbe stato agile dimostrare l’impossibilità di porre in essere un abuso sessuale in quelle circostanze spazio - temporali, per aver attribuito valenza probatoria alle sole dichiarazioni della parte civile - senza effettuare una verifica di attendibilità intrinseca ed estrinseca– e per non aver neppure vagliato l’alternativa ipotesi ricostruttiva formulata dalla difesa stessa. La Suprema Corte accoglie il ricorso. Con un’articolata e dettagliata pronuncia, la Terza Sezione della Cassazione dichiara come le doglianze difensive siano fondate. L’impianto motivazionale della sentenza impugnata, invero, si è basata sulla presupposizione di verità della ricostruzione effettuata dall’accusa, tanto per gli aspetti oggettivi della vicenda, tanto per quelli soggettivi, anziché esaminare e valutare tutti gli elementi probatori acquisiti al fine di ricostruire esattamente la dinamica degli accadimenti. Di conseguenza, poi, la Corte di appello si è limitata a vagliare le risultanze istruttorie solamente nell’ottica dell’assunto accusatorio, omettendo sia di motivare circa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, sia di farlo circa la prospettazione difensiva secondo cui tutta la storia sarebbe consistita in un equivoco, sia di esaminare e valutare degli elementi di fatto che avrebbero potuto rivelarsi fondamentali ai fini decisori. Comune di Abbiategrasso o fermata della metropolitana “Abbiategrasso”? Quanto all’equivoco circa il luogo di abitazione della ragazza, la Corte di appello si è appiattita sulla tesi prospettata dall’accusa, secondo cui l’imputato, dolosamente e con premeditazione, avrebbe prima accompagnato a casa gli altri passeggeri e, da ultimo, si sarebbe recato sino ad Abbiategrasso, per poi fermare l’autovettura ed abusare della ragazza straniera. Ad avviso della Suprema Corte, sul punto il Giudice di appello avrebbe travisato la prova e dimenticato di considerare anche gli elementi prospettati dalla difesa dal dibattimento, infatti, era emerso come la donna avesse – in un misto di italiano stentato e di inglese – indicato come luogo di abitazione ‘Abbiategrasso’, precisando il nome di una via, per l’esattezza Boifava. È sin troppo evidente che chiunque avrebbe compreso che la stessa abitasse ad Abbiategrasso in via Boifava e non in via Boifava vicino alla fermata della metropolitana milanese sita in piazza Abbiategrasso. Inoltre, la Corte di merito ha, altresì, omesso di valutare la corrispondenza della ricostruzione difensiva con le celle telefoniche agganciate dal cellulare della ragazza, mentre l’imputato guidava, sperso per le vie di Abbiategrasso, alla ricerca di via Boifava, fino all’arrivo dinnanzi alla stazione ferroviaria, dove si era finalmente compreso che, in realtà, ella abitava vicino sì ad una stazione, ma della metropolitana milanese! Non è provata la sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Altra macroscopica omissione è quella inerente l’elemento psicologico del reato la Corte di appello, in buona sostanza, lo ritiene apoditticamente sussistente, senza darne una razionale spiegazione e, comunque, non tenendo in minima considerazione elementi evidenziati dalla difesa, che ben avrebbero potuto essere rilevanti. Infatti non si è per nulla dato conto del fatto che l’imputato, dopo essersi recato ad Abbiategrasso e dopo la presunta violenza, abbia riaccompagnato la ragazza presso la sua corretta abitazione, le abbia dato il proprio numero di telefono, le abbia chiesto il suo e, il giorno seguente, le abbia inviato degli sms, con uno dei quali chiedendole addirittura di uscire assieme il tutto pur sapendo che ciò avrebbe consentito la propria identificazione. Infine la Corte territoriale afferma che la mancata fuga della ragazza sarebbe dipesa dal suo stato di soggezione, dovuto alla violenza del presunto aggressore, tanto che, per l’appunto, vi sarebbe stata penetrazione in presenza di un tampax. Queste circostanze, però, non sono riscontrate da alcuna perizia medica, ma solo da una successiva visita avente attestato l’arrossamento delle piccole labbra della vagina, senza che vi sia stato accertamento circa la presenza dell’assorbente interno al momento del rapporto, che, presumibilmente, è stato inserito dalla ragazza al rientro a casa e si sarebbe sporcato con il liquido seminale solo in seguito, dato che è emerso dalla testimonianza della donna che la stessa non si era lavata né ripulita. Per tutto quanto precede, quindi, gli Ermellini hanno ritenuto doveroso annullare l’impugnata sentenza per vizio di motivazione, rinviando ad altra sezione della Corte di appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 4 ottobre 2012 – 10 gennaio 2013, numero 1240 Presidente Squassoni – Relatore Franco Svolgimento del processo Con sentenza 3 gennaio 2012 la corte d'appello di Milano confermò la sentenza emessa il 29 novembre 2007 dal tribunale di Milano, che aveva dichiarato B.F. colpevole del reato di cui all'articolo 609 bis cod. penumero per avere, dopo averle offerto un passaggio in auto all'uscita dalla discoteca e fermato l'auto in un posto isolato, costretto T.M.I. a subire due rapporti sessuali. La corte d'appello respinse la versione difensiva secondo cui il rapporto era stato consensuale e ritenne invece attendibile il racconto della donna, osservando, innanzitutto, che non vi era alcuna prova dell'equivoco secondo cui l'imputato avrebbe ritenuto che la donna abitasse ad omissis il che faceva ritenere che la scelta dell'imputato di accompagnare prima gli altri passeggeri a e poi la T. che abitava a era preordinata ad un approccio con la ragazza. Osservò poi - che la persona offesa si trovava da poco in Italia e certamente era poco pratica di , sicché si era accorta troppo tardi dell'erronea direzione della vettura - che non era strano che altri avessero offerto il passaggio con l'auto dell'imputato, il quale evidentemente fu ben felice della iniziativa - che le lacune mnemoniche erano giustificate dal trauma seguito alla violenza - che le modalità della violenza erano compatibili con la ristrettezza dello spazio - che la mancanza di tentativo di fuga e di segni di violenza erano consone allo stato di soggezione della vittima, che si era rassegnata alla violenza repentina e dolorosa, come dimostrato dall'arrossamento delle piccole labbra e dal fatto che l'imputato non si avvide nemmeno della presenza del tampax - che il secondo rapporto fu interrotto per il sopraggiungere di un'auto e non per la richiesta della donna - che le telefonate di cui aveva parlato la donna erano state rilevate e non importava che avessero continuamente interrotto il sonno. Osservò poi la corte d'appello che il racconto della persona offesa era riscontrato dagli esiti della visita ginecologica dal rinvenimento di sperma dell'imputato sul tampax che la donna si sarebbe certamente tolto prima di un rapporto consensuale dalle deposizioni di altri testi dal fatto che la difesa non aveva saputo indicare le motivazioni di una falsa accusa. L'avv. Tiberio Massironi, per conto dell'imputato, propone ricorso per cassazione deducendo mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sussistenza di elementi processuali che dimostrano che non sarebbe stato possibile porre in essere un abuso sessuale contraddittorietà della motivazione su elementi di essenziale importanza inosservanza degli articolo 192 e 533 cod. proc. penumero attribuzione di concludenza probatoria alle sole dichiarazioni della parte civile senza verificarne le ragioni di inattendibilità evidente inverosimiglianza delle accuse insostenibilità logica di una aggressione sessuale nel contesto di luogo e di tempo ipotizzato. In particolare lamenta sull'equivoco Abbiategrasso la corte d'appello ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova dell'equivoco secondo cui l'imputato aveva ritenuto che la ragazza abitasse ad Abbiategrasso e che quindi la scelta di accompagnare prima gli amici a era stata preordinata ad un approccio con la ragazza stessa. Si tratta di un evidente travisamento della prova, perché dalle dichiarazioni dibattimentali della persona offesa emerge - come rilevato dallo stesso presidente del collegio - che la ragazza aveva indicato come suo domicilio una via di omissis senza specificare che si trattava invece di una via vicino a piazza omissis . Del resto la stessa corte d'appello ha contraddittoria-mente affermato che la donna si trovava da poco tempo in Italia e non era pratica di , il che faceva presumere che non fosse a conoscenza di un comune omonimo alla piazza vicino alla quale abitava. La versione dei fatti dell'imputato trova conferma dalle celle telefoniche agganciate dall'utenza della ragazza e del resto l'imputato non avrebbe avuto motivo di recarsi ad omissis e di impiegare tempo ed energie per individuare l'abitazione della donna se avesse saputo che la stessa abitava a . sulle modalità della violenza a spazio in cui avvenne. Lamenta che illogicamente la corte d'appello ha ritenuto verosimili le dichiarazioni accusatorie in riferimento ai luoghi e ai tempi, nonché alle modalità della condotta. La ricostruzione dei fatti è priva di adeguato apparato argomentativo. La teste ha spesso detto di non ricordare le modalità, il che prova che le lacune mnemoniche sono rilevanti. La corte ha giustificato il mancato tentativo di fuga con una mera frase di stile. b tampax. La ricostruzione della sentenza impugnata sul punto è apodittica e manifestamente illogica, specie perché è pacifico che vi erano stati due rapporti sessuali. È più probabile che la donna all'uscita della discoteca si sia messa l'assorbente esterno e poi, tornata a casa, abbia inserito un nuovo tampax. c il secondo rapporto. È manifestamente illogica anche la ricostruzione fatta dalla corte d'appello sulla contrapposizione tra la presunta foga del primo rapporto e la mansuetudine dell'imputato nel secondo. sulla visita ginecologica. Lamenta la manifesta illogicità della motivazione perché il fatto che sia stato riscontrato solo un arrossamento delle piccole labbra è incompatibile con la foga e la violenza del rapporto ritenuta dai giudici. sulla inattendibilità della T. . Lamenta che la corte ha omesso di considerare gli elementi che dimostrano la inattendibilità della parte civile, ed in particolare il numero delle telefonate ed i rapporti sessuali con altre persone. sul passaggio a casa dopo l'asserita violenza e sulla consegna del proprio numero di cellulare da parte del B. alla T. . Lamenta che questi elementi non sono stati considerati. sullo stato di prostrazione. Lamenta che è stata travisata la dichiarazione dell'ispettore di polizia e quella del teste S. . sul movente. Osserva che illogicamente la sentenza afferma che la teste è attendibile perché non aveva ragioni per fare una accusa calunniosa. E difatti il materiale probatorio raccolto non consente nemmeno di escludere una falsa accusa. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. Da tutto l'impianto motivazionale della sentenza impugnata emerge con chiarezza che la stessa, invece che sull'attento esame e sulla oggettiva valutazione del complesso degli elementi probatori acquisiti al fine della ricostruzione degli esatti termini della vicenda, si è basata sostanzialmente sulla presupposizione della verità della ricostruzione prospettata dall'accusa, sia negli aspetti oggettivi sia in quelli soggettivi, per poi, con metodo verificazionista, valutare le risultanze processuali soltanto alla luce di tale assunto. In particolare, la sentenza ha omesso di motivare adeguatamente sulla sussistenza dello elemento psicologico del reato e sulla tesi difensiva che tutta la vicenda sia consistita in un equivoco dovuto al fatto che i due non si fossero intesi non parlando la stessa lingua ed ha del tutto omesso di esaminare e valutare alcuni elementi fattuali che potevano essere rilevanti ai fini dalla decisione. Quanto appena osservato appare dimostrato dall'assunto preliminare su cui si fonda la motivazione e che ha chiaramente avuto una influenza decisiva, ossia sull'assunto che “non c'è alcuna prova dell'equivoco secondo cui l'imputato avrebbe ritenuto che la vittima abitasse ad omissis e ciò consente di ritenere che la scelta di B. di accompagnare prima gli altri passeggeri dell'auto a e poi la vittima che abitava a , fosse preordinata ad un approccio con la ragazza”. La sentenza impugnata, pertanto, si basa sull'assunto fondamentale che non solo l'imputato aveva effettivamente compiuto dolosamente una vera e propria violenza sessuale, ma che la violenza sessuale era stata anche premeditata sin dall'inizio, ossia dall'uscita dalla discoteca, e che a tal fine l'imputato si era recato prima a Legnano ad accompagnare gli altri amici e poi ad omissis , montando la scusa di un equivoco, mentre invece sapeva bene che la T. abitava a . L'assunto è innanzitutto manifestamente illogico perché, quand'anche l'assunto fosse vero, esso tutt'al più potrebbe indicare soltanto l'idea dell'imputato di tentare un approccio con la ragazza cosa sicuramente verosimile anche senza bisogno di andare a e poi ad omissis ma non certamente anche una premeditata volontà di arrivare ad una vera e propria violenza sessuale. Vi è poi una palese contraddittorietà con quanto la stessa sentenza afferma dopo solo due righe, ossia che “quanto al percorso stradale, la T. era in Italia da poco e dunque era certo poco pratica di Milano e dunque ben potrebbe essersi avveduta troppo tardi dell'erronea direzione della vettura”. La sentenza quindi ammette che la ragazza era da poco in Italia e poco pratica di , ma poi contraddittoriamente ed immotivatamente esclude categoricamente, senza alcun elemento di prova o di riscontro, che la sua mancata conoscenza dei luoghi e di potesse avere fatto sorgere un equivoco sul luogo ove abitava. L'assunto è non solo apodittico ma anche basato su un travisamento e forzatura della prova e sul mancato esame degli elementi prospettati dalla difesa. Questa invero aveva fatto presente che il fraintendimento era emerso in modo evidente durante il dibattimento, dove lo stesso interprete aveva riferito che la ragazza abitava ad Abbiategrasso per poi, dopo le perplessità avanzate dal presidente, precisare che si trattava non della cittadina bensì di una strada vicino alla stazione della metropolitana di omissis . La difesa aveva anche evidenziato che l'equivoco era ben verosimile sia per la mancanza di dimestichezza con i luoghi e per il fatto che era normale che la ragazza ignorasse l'esistenza di un comune omonimo della piazza vicino alla quale abitava, sia per le probabili bevute nel corso della serata, sia perché la ragazza svedese non parlava italiano e l'imputato non capiva l'inglese, sia perché la ragazza non si era limitata ad indicare come luogo Abbiategrasso, ma aveva anche aggiunto il nome di una via, precisamente via , sicché era normale per chiunque capire che abitasse in via ad omissis . Esattamente poi il ricorrente lamenta che la corte d'appello, nell'escludere l'equivoco e nel ritenere la premeditazione, ha del tutto omesso sia di considerare che la versione difensiva trovava perfetta corrispondenza nelle celle telefoniche agganciate dal cellulare della ragazza, sia di valutare l'analitica e dettagliata ricostruzione fornita dall'imputato in dibattimento, dall'arrivo ad Abbiategrasso alla ricerca della via indicata dalla ragazza, alla ricerca dei supermercati Standa ed Esselunga, all'andata alla stazione di omissis e finalmente, qui arrivati, alle parole “Green Line” che alla fine facevano capire al B. che si trattava in realtà della stazione della metropolitana di omissis . Il ricorrente altrettanto esattamente lamenta che la corte non ha spiegato quale motivo egli avrebbe avuto di impiegare tante energie e tanto tempo per individuare l'abitazione della T. ad omissis se fosse stato consapevole che essa si trovava invece a vicino a piazza omissis , e nemmeno ha spiegato perché poi egli si sarebbe dovuto recare fino a quel comune, come emerge dai tabulati telefonici, per poter usare violenza alla ragazza. Le precedenti osservazioni, che inficiano seriamente l'assunto fondamentale della sentenza impugnata, già di per sé comportano l'annullamento della sentenza stessa, per il venir meno dell'elemento decisivo sui cui si è basata la tesi di una premeditazione da parte dell'imputato e comunque la prova del suo dolo e l'esclusione della possibilità di una vicenda fondata sull'equivoco e l'incomprensione. È peraltro opportuno evidenziare anche qualche altro vizio della motivazione. Così, in ordine alle lacune mnemoniche evidenziate dalla difesa a sostegno delle non attendibilità della versione accusatoria la sentenza afferma apoditticamente che le stesse sarebbero “pienamente giustificabili con lo choc seguito alla violenza”, ossia con un fatto che si trattava appunto di dimostrare, seguendo un tipo ragionamento circolare già altre volte stigmatizzato da questa corte cfr. Sez. III, 18.9.2007, numero 37147, Scancarello, m. 237555 . Altrettanto apoditticamente la sentenza afferma poi che “l'assenza di tentativo di fuga e di segni di violenza sono consone allo stato di soggezione della vittima ” che aveva subito una “penetrazione repentina e dolorosa, come dimostrato dall'arrossamento delle piccole labbra e dalla circostanza che l'imputato non si avvide neppure della presenza del tampax”. Anche qui si tratta di una serie di circostanze da dimostrare, che invece vengono presupposte per dimostrate e considerate a loro volta elementi di prova di altre circostanze. Innanzitutto, senza il supporto di nessuna perizia medica, si afferma che il solo arrossamento delle piccole labbra costituirebbe la dimostrazione dalla violenza subita senza valutare, sulla base di conoscenza scientifiche, se tale conseguenza fosse compatibile con due distinte e successive penetrazioni vaginali, “repentine e dolorose”, avvenute sul sedile anteriore dell'auto con violenza e con una “foga di aggressione” e vincendo la resistenza della vittima che si opponeva e si divincolava. In difetto di una perizia medica l'affermazione avrebbe avuto bisogno quando meno di riscontri oggettivi e di approfondita motivazione, che sono invece mancati. Altrettanto apoditticamente viene affermato uno stato di soggezione della vittima, stato che l'avrebbe immobilizzata in modo tale da impedire anche un tentativo di fuga e da non provocare segni di violenza, ma anche sul punto la motivazione si risolve in congetture ed in clausole di stile, non essendo indicato alcun elemento fattuale a dimostrazione o riscontro dell'assunto. Subito dopo poi si afferma che le due penetrazioni sarebbero avvenute con tanta repentinità e foga dal far sì che l'imputato in entrambe le occasioni non si rendesse conto della presenza del tampax, contraddicendo quanto affermato due righe prima sullo stato di soggezione della vittima e dando per scontato un fatto che tale non era, anche per le puntuali e specifiche eccezioni della difesa, ossia che effettivamente in quei momenti la ragazza portasse il tampax. Sul tampax la difesa aveva prospettato una articolata e dettagliata versione alternativa, osservando che era difficile immaginare ben due rapporti sessuali con la presenza del tampax e che era più logico immaginare che la ragazza lo avesse sostituito con assorbente esterno quando si recò in bagno prima di uscire dalla discoteca per poi, dopo essere tornata a casa, collocarne un altro nuovo che si sporcò col liquido seminale rimasto all'esterno, avendo la ragazza dichiarato di non essersi lavata. Questa versione non è stata nemmeno esaminata dalla corte d'appello ed è stata quindi respinta implicitamente senza alcuna motivazione. Allo stesso modo, la sentenza impugnata afferma espressamente che solo la foga dell'aggressione poteva impedire all'imputato di accorgersi del tampax, dando appunto per scontato che vi fosse il tampax e, ciò ritenuto, senza preoccuparsi di esaminare i rapporti tra il tampax e il semplice arrossamento delle piccole labbra. La sentenza considera infine come un elemento a sostegno dell'accusa il fatto che la difesa non avrebbe speso parole sulle possibili motivazioni di una falsa accusa da parte della T. . L'affermazione è erronea e manifestamente illogica. Non spetta infatti alla difesa ipotizzare ed indicare le ragioni che possono essere alla base di un certo racconto accusatorio, il quale deve essere provato a prescindere dai silenzi della difesa. Nella specie, poi, la difesa non aveva solo ipotizzato che il racconto fosse falso e quindi calunnioso, ma aveva anche ipotizzato che vi fosse stato, a causa della mancata comprensione linguistica, un fraintendimento tra i due ed aveva in particolare sostenuto che l'imputato aveva incolpevolmente ritenuto l'esistenza di un consenso da parte della ragazza. La sentenza impugnata ha inoltre totalmente omesso di esaminare e valutare diversi elementi probatori evidenziati dalla difesa ed alcune dettagliate e specifiche osservazioni da essa svolte, come quelle relative alle modalità ed allo spazio in cui sarebbe avvenuta la violenza sessuale, al secondo rapporto, alla desistenza dell'aggressore. In particolare, nella sentenza non si fa nessun cenno su alcuni elementi evidenziati dalla difesa e che potevano essere rilevanti in relazione alla individuazione dello elemento psicologico dell'imputato. Si tratta del fatto che, dopo la presunta violenza sessuale, l'imputato aveva, dopo lunghi giri ad Abbiategrasso, finalmente saputo l'indirizzo della ragazza e l'aveva accompagnata a casa a , e prima di lasciarla le aveva dato il numero del proprio cellulare poi utilizzato dalla polizia per rintracciarlo e si era fatto dare quello di lei, ed inoltre il giorno successivo le aveva addirittura mandato alcuni messaggi per invitarla ad uscire di nuovo. Esattamente, il ricorrente osserva che è per lo meno non usuale che un soggetto che abbia compiuto con dolo una violenza sessuale con la consapevolezza del dissenso della donna poi la riaccompagni fin sotto casa e che la vittima accetti di essere riaccompagnata , ed addirittura le lasci il proprio numero di telefono e le invii messaggi di invito ad uscire, pur sapendo che con ciò come poi in effetti avvenne avrebbe consentito alla polizia di individuarlo e rintracciarlo. La sentenza impugnata ha totalmente omesso di esaminare questi elementi che, unitamente all'equivoco sul luogo di residenza, avrebbero potuto avere un rilievo decisivo sulla decisione, e in particolare sull'accertamento dello elemento psicologico del reato e sulla consapevolezza del dissenso della ragazza. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata per vizio di motivazione, con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Milano per nuovo giudizio. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Milano.