Beni sottoposti a sequestro finalizzato alla confisca: quali i criteri applicabili per la liquidazione dei compensi dell’amministratore giudiziario?

Nella determinazione dei compensi spettanti agli amministratori dei beni sottoposti a sequestro finalizzato all’applicazione di una misura di prevenzione, deve considerarsi la qualifica professionale di tali soggetti iscritti ad appositi albi avvocati e commercialisti con conseguente applicazione delle tariffe professionali poichè richiamate dalla specifica normativa secondaria di settore, che non può essere derogata dalle tariffe locali o dagli usi, applicabili solo a soggetti non inquadrati in categorie per cui esiste apposita disciplina normativa per la liquidazione delle spettanze.

Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 35634 del 27 agosto 2013. La portata della questione. È sufficiente leggere un massimario della Cassazione, ma anche un banale quotidiano, per rendersi conto del sempre maggiore, per non dire sistematico, laddove consentito dalle norme, ricorso da parte della magistratura all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali ovvero a sequestri per equivalente finalizzati alla confisca, con la conseguente necessitata nomina di amministratori giudiziari per la gestione ed amministrazione dei patrimoni sottoposti al vincolo cautelare, prodromico alla irrogazione della misura definitiva. Accade inoltre, sempre più di sovente, che i patrimoni oggetto di cautela reale siano di significative proporzioni ed anche di composizione c.d. mista”, cioè costituiti sia da somme di denaro o titoli che da altri beni mobili e immobili, nonchè da attività aziendali a volte ancora attive ed operative. Ciò impone una complicata ed impegnativa attività di gestione da parte degli amministratori giudiziari con conseguente incidenza anche sui compensi che ai medesimi devono essere ex lege riconosciuti e determinati. In diverse occasioni si è, inoltre, assistito alla nomina di più amministratori giudiziari nell’ambito del medesimo procedimento di prevenzione patrimoniale, per fare fronte alla necessatà di diverse competenze di natura tecnica connaturate alle attività sottoposte a vincolo. Così, nel caso di sequestro di una società attiva, può essere nominato amministratore giudiziario delle quote un professionista e magari altra figura tecnica quale amministratore della società in senso stretto. Tale aspetto implica ulteriori complicazioni in sede di liquidazione dei compensi ai più amministratori giudiziari intervenuti, a volte contestualmente, nelle medesima procedura. Il contesto normativo attuale L’art. 42, comma 4, D.lgs. n. 159/2011, oggi vigente, prevede che il compenso degli amministratori giudiziari sia liquidato sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’art. 8, D.lgs. 4 febbraio 2010, n. 14. Tale norma, come noto, prevede una serie particolareggiata di parametri di cui il decreto deve tener conto ed in particolare tabelle differenziate per singoli beni o complessi di beni, e per i beni costituiti in azienda. Si statuisce, inoltre, che, nel caso in cui siano oggetto di sequestro o confisca patrimoni misti composti sia da singoli beni o complessi di beni che da beni costituiti in azienda , si applichi il criterio della prevalenza, con riferimento alla gestione più onerosa, maggiorato di una percentuale da definirsi per ogni altra tipologia di gestione meno onerosa che il compenso sia comunque stabilito sulla base di scaglioni commisurati al valore dei beni o dei beni costituiti in azienda, quale risultante dalla relazione di stima redatta dall'amministratore giudiziario, ovvero dal reddito prodotto dai beni ed, infine, che il compenso possa essere aumentato o diminuito, su proposta del giudice delegato, nell'ambito di percentuali da definirsi e comunque non eccedenti il 50 per cento, sulla base della complessità dell'incarico o concrete difficoltà di gestione, nomina di coadiutori, necessità e frequenza dei controlli esercitati, qualità dell'opera prestata e dei risultati ottenuti, sollecitudine con cui sono state condotte le attività di amministrazione. e quello previgente, ancora applicabile. È bene rammentare che, tuttavia, l’art. 117, comma 1, D.lgs. 159/2011 c.d. Codice Antimafia prevede che le disposizioni dello stesso decreto, contenute nel Libro I, non si applichino ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del decreto pubblicato sulla G.U. n. 226 del 18 settembre 2011 , sia stata già formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione. In tutti i suddetti procedimenti troveranno dunque applicazione le previgenti norme contenute nella legge n. 575/1965. L’appena menzionato testo normativo all’art. 2 octies individua i parametri cui il Tribunale deve attenersi nell’operare la liquidazione finale dei compensi spettanti agli amministratori giudiziari dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento di prevenzione, individuati rispettivamente a nel valore commerciale del patrimonio amministrato b nell’opera prestata c nei risultati ottenuti d nella sollecitudine con cui sono state svolte le operazioni di amministrazione e nelle tariffe professionali o locali f negli usi. Il caso. Proprio nella fattispecie suddetta rientra il caso oggetto del ricorso per Cassazione proposto da un commercialista ed un avvocato, che, nominati amministratori giudiziari in un procedimento di prevenzione in cui la proposta della misura era antecedente alla entrata in vigore del D.lgs. n. 159/2011, si erano visti ridotti la liquidazione del proprio compenso in virtù di una circolare interna dell’Ufficio Giudiziario locale che prevedeva, nel caso di nomina di più amministratori giudiziari del medesimo patrimonio, una proporzionale riduzione dei compensi spettanti al singolo amministratore. Avverso il provvedimento della Corte di Appello, che aveva liquidato i compensi definitivamente nella fase di merito a seguito della impugnazione avverso il primo provvedimento di liquidazione, propongono ricorso per Cassazione i suddetti professionisti deducendo come le tariffe locali desumibili dalle circolari ovvero gli usi, pur richiamati dal tenore letterale dell’art. 2 octies, legge n. 575/1965 opererebbero solo per soggetti nominati amministratori giudiziari non iscritti ad albi e, come tali, non soggetti all’applicazione di tariffe professionali. Legittimo il ricorso agli usi e alle tariffe locali. Il ricorso viene accolto, nonostante la richiesta di declaratoria di inammissibilità avanzata dalla Procura Generale, sulla base del rilievo che tariffe locali ed usi trovano sì fondamento legislativo nel richiamo agli stessi operato dalla lettera dell’art. 2 octies, legge n. 575/1965, la quale tuttavia, anche ed ancor prima, richiama le tariffe professionali. Pertanto, concludono i giudici della Suprema Corte, il ricorso alle tariffe locali ed agli usi, per la determinazione del compenso da liquidarsi agli amministratori giudiziari di beni sequestrati nei procedimenti di prevenzione, è legittimo solo allorché gli stessi amministratori giudiziari non siano iscritti ad albi, che prevedano l’applicazione di determinate tariffe. Ha errato, dunque, conclude la Suprema Corte, la Corte di Appello nel fare ricorso, per la quantificazione delle spettanze, alla Circolare interna del Dirigente dell’Ufficio giudiziario, che prevede una decurtazione del compenso nel caso di pluralità di amministratori giudiziari del medesimo bene nello stesso procedimento di prevenzione, non potendo sul punto le tariffe professionali che analoga decurtazione non prevedono essere derogate da una fonte, quale è la circolare, che non solo non ha carattere normativo in senso stretto, ma è comunque e sicuramente di rango inferiore e, dunque, destinata a disciplinare le sole ipotesi di liquidazione a favore di soggetti non iscritti ad albi per cui sia prevista la liquidazione secondo specifiche tariffe professionali. Ne consegue l’inevitabile annullamento con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte di Appello per nuovo esame e determinazione del compenso sulla base dei suddetti principi di diritto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 luglio – 27 agosto 2013, n. 35634 Presidente Bardovagni – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento assunto all'udienza camerale del 7 dicembre 2010 la cui motivazione è stata depositata il 30 novembre 2011 la Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma dei decreti finali di liquidazione dei compensi n. 49/10, 50/10, 51/10, adottati il 29 marzo 2010 dal locale Tribunale - sezione misure di prevenzione - ai sensi dell'art. 2-octies, comma settimo, l. n. 575 del 1965, rideterminava gli onorari spettanti all'avv. C.A. , al dott. M.F. e al dott. L.D. , nominati custodi e amministratori nell'ambito del procedimento di prevenzione n. 2708 e successivamente revocati con provvedimento in data 13 gennaio 2010 . 2. La Corte argomentava che la procedura seguita nei decreti del 24 aprile 2009 e del 5 giugno 2009, aventi ad oggetto la liquidazione dei compensi applicazione dello scaglione previsto dalla circolare interna del 17 settembre 1996 così come aggiornata il 19 luglio 2002, nonché da quella in data 23 luglio 2008 , consistente nella divisione del valore complessivo del patrimonio amministrato pari a circa dodicimila Euro per il numero degli amministratori appariva coerente con le circolari interne e, in particolare, con quella del luglio 2008. Quest'ultima stabiliva che, nel caso in cui siano nominati più amministratori per un'unica procedura, i compensi saranno determinati dividendo il valore dei beni sequestrati o confiscati per il numero degli amministratori e applicando il relativo scaglione, con una maggiorazione non superiore al 40%, salva la possibilità dell'aumento o della diminuzione nella misura indicata dal comma precedente ed in base ai criteri specificamente enunciati”. A diverse conclusioni si doveva, invece, pervenire per i provvedimenti del 12 novembre 2009 e del 29 marzo 2010 nei quali, in contraddizione con l'indicazione contenuta nella circolare interna di aggiornamento, il valore del compendio amministrato era stato considerato, per ciascuno dei professionisti, nella sua totalità. La presenza di un'azienda l'impresa Azzurra Costruzioni Geom. Pelle Antonio” indicata al n. 208 del provvedimento cautelare all'interno del patrimonio amministrato non comportava l'applicazione della relativa fascia di appartenenza, in quanto, in caso di composizione mista del patrimonio, doveva aversi riguardo alla componente prevalente, avendo semmai cura di operare, all'interno del range previsto, un aumento in relazione alla presenza, percentualmente minoritaria, di beni la cui gestione avrebbe dovuto essere retribuita in misura più elevata. Nella concreta fattispecie sottoposta all'esame della Corte territoriale tutte le aziende, eccezion fatta, appunto, per l'impresa Azzurra Costruzioni Geom. Pelle Antonio”, erano state dissequestrate o, comunque, risultavano inattive a partire dal settembre 2008. Tale conclusione appariva conforme alla previsione contenuta nella circolare sulla liquidazione dei compensi agli amministratori giudiziali del 16 luglio 2008, nella quale, si prevedeva quanto segue nel caso, non infrequente, che siano oggetto di sequestro cautelare o confisca patrimoni misti, che comprendano cioè anche beni non aziendali, beni aziendali gestiti indirettamente e beni aziendali gestiti direttamente, si applicherà il criterio prevalente con riferimento alla gestione più onerosa, maggiorato di una percentuale dal 10 al 25% per ogni altra tipologia di gestione meno onerosa, valutata sulla base degli scaglioni, sino ad un massimo del 50%.”. L'attività svolta dai professionisti aveva natura quasi esclusivamente amministrativa e non aveva assunto connotazioni gestorie, eccezion fatta per l'unica azienda non dissequestrata l'impresa individuale Azzurra Costruzioni geom. Pelle Antonio” . Infine, l'entità del compenso complessivamente liquidato appariva conforme alle circolari del 17 settembre 1996 e del 23 luglio 2008 e ai parametri in esse stabiliti, essendo incontestabile la maggiore facilità di un incarico affidato ad una pluralità di professionisti. 3. Avverso il suddetto provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, l'avv. C.A. e i dott. M.F. e L.D. , i quali, anche mediante una memoria difensiva, formulano le seguenti censure. Deducono violazione ed erronea applicazione dell'art. 2-octies, comma 4, l. n. 575 del 1965 abrogato dall'art. 120, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 159 del 2011 e sostituito dall'art. 42, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011 , tuttora applicabile in virtù dell'art. 117 del d.lgs. n. 159 del 2011, atteso che le tabelle predisposte dall'ufficio giudiziario non hanno le caratteristiche dell'uso normativo e che il ricorso agli usi o alle tariffe locali è riservato alle sole ipotesi in cui sia nominato amministratore un soggetto che non esercita attività professionale e per il quale non è, quindi, prevista una tariffa professionale. Nel caso in esame, atteso che i ricorrenti sono professionisti iscritti nei rispettivi ordini professionali, i giudici territoriali avrebbero dovuto tenere conto delle relative tariffe professionali, contemperandole con gli altri parametri indicati dall'art. 2-octies, comma 4, l. n. 575 del 1965. I tariffali previsti rispettivamente per gli avvocati e per i dottori commercialisti articolo 7, 3 del D.M. n. 127 dell'8 settembre 2004 art. 11 del D.M. n. 169 del 2 settembre 2010 disciplinano espressamente l'ipotesi del conferimento dell'incarico ad una pluralità di professionisti, ma, ai fini della determinazione del compenso, non contengono alcun riferimento ad un abbattimento del valore e all'applicazione di uno scaglione diverso rispetto a quello corrispondente al valore effettivo dell'affare. In ipotesi di conferimento di incarico collegiale l'ordinamento prevede, quindi, che la liquidazione del compenso sia effettuata mediante l'individuazione del compenso spettante al professionista singolo e l'aumento di una determinata percentuale, ma non l'abbattimento del valore della controversia ossia il ricorso ad un criterio analogo a quello della scomposizione fatto proprio dal Tribunale del Reggio Calabria ed erroneamente ritenuto conforme a criteri di ragionevolezza dalla Corte territoriale. Osserva in diritto Il ricorso è fondato. Il suo esame impone una triplice premessa. 1. Ai sensi dell'art. 117, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 le disposizioni contenute nel libro 1 del citato d.lgs. non si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entra in vigore del decreto, sia stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione. In tali casi continuano ad applicarsi le norme previgenti. Nel caso di specie, pertanto, le disposizioni cui occorre fare riferimento non sono quelle introdotte dal d.lgs. n. 159 del 2011, bensì quelle contenute nella l. n. 575 del 1965. 2. È ammissibile il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell'art. 111, comma secondo, Cost. avverso il decreto della Corte d'appello che, in sede di gravame avverso il provvedimento adottato dal Tribunale ai sensi dell'art. 2-octies, comma settimo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 aggiunto dall'art. 3 del d.l. 14 giugno 1989, n. 230, convertito nella legge 4 agosto 1989, n. 282 , provveda alla liquidazione finale delle spettanze dei professionisti, nominati custodi ed amministratori nell'ambito di un procedimento di prevenzione a seguito di sequestro dei beni. Si tratta, infatti, di un provvedimento che risolve con carattere di definitività una controversia relativa ad un diritto soggettivo. Attesa la funzione meramente strumentale e accessoria rispetto alla misura ablatoria reale assolta dal decreto finale di liquidazione, la disciplina del termine per proporre ricorso per cassazione cui occorre avere riguardo è quella prevista dall'art. 585, comma primo, lett. a , c.p.p., quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito del decreto, emesso all'esito di una procedura camerale , e non quella contenuta nell'art. 680 c.p.p. cui rinvia l’artt. 4, undicesimo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 a sua volta richiamato dall'art. 3-ter, comma secondo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 che regola esclusivamente il regime delle impugnazioni avverso i provvedimenti applicativi delle misure di prevenzione Sez. 6, n. 992 del 19 marzo 1998 . 3. Il provvedimento suscettibile di impugnazione è soltanto il decreto finale di liquidazione dei compensi spettanti all'amministratore giudiziario di beni sequestrati art. 2-octies l. 31 maggio 1965, n. 575 e succ. modifiche , mentre non è autonomamente ricorribile il decreto di liquidazione interinale di un acconto effettuato su richiesta dell'amministratore, trattandosi di impugnazione non prevista dalla legge e, comunque, di atto i cui effetti possono essere modificati con ulteriori provvedimenti di acconto e con quello di liquidazione finale. 4.Tanto premesso, il Collegio ritiene che il primo motivo di ricorso, che ha carattere logicamente preliminare ed assorbente rispetto agli altri, sia fondato. Dall'interpretazione letterale dell'art. 2-octies l. n. 575 del 1965 e successive modifiche si evince che il legislatore ha fissato una serie di parametri oggettivi e predeterminati cui il Tribunale deve attenersi nel procedere tra l'altro alla liquidazione finale dei compensi in favore dei custodi e degli amministratori dei beni sottoposti a sequestro nell'ambito di un procedimento di prevenzione a il valore commerciale del patrimonio amministrato b l'opera prestata c i risultati ottenuti d la sollecitudine con la quale sono state svolte le operazioni di amministrazione e le tariffe professionali o locali f gli usi. Il riferimento alle tariffe professionali o locali e agli usi deve essere correlato, in una prospettiva esegetica di tipo logico-sistematico, con il disposto dell'art. 2-septies, comma quinto, della l. n. 575 del 1965 e successive modifiche che autorizza l'Autorità giudiziaria a scegliere l'amministratore, oltre che tra i professionisti iscritti in appositi albi, anche fra le persone che abbiano comprovata esperienza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati”. La lettura coordinata delle due disposizioni in precedenza richiamate consente di affermare che l'art. 2-octies, avuto riguardo alla sua ampia e diversificata portata applicativa e alla sua ratio , nonché alla sua collocazione topografica, elenca in maniera onnicomprensiva e necessariamente generalizzata i criteri che devono guidare l'attività del giudice tra l'altro nella liquidazione finale dei compensi. Tenuto conto, però, della varietà delle figure professionali su cui può cadere la scelta motivata dell'Autorità giudiziaria e del loro differente inquadramento normativo, è indubbio che il richiamo alle tariffe professionali assume una valenza univoca solo con riguardo a quelle categorie i cui compensi siano oggetto di specifica disciplina. Viceversa, il rinvio alle tariffe locali o agli usi trova la sua ragione di essere con esclusivo riferimento alla nomina, quale amministratore, di una persona non inquadrata in alcuna delle categorie per le quali è dettata un'apposita disciplina riguardante la liquidazione delle spettanze cfr. in senso conforme Sez. 2, n. 34030 del 19 settembre 2002 . 5. Il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione di questi principi. Infatti, nella determinazione finali dei compensi spettanti agli amministratori dei beni sottoposti a sequestro nell'ambito del procedimento di prevenzione, ha omesso di considerare la qualità di avvocato del dott. C.A. e di dottore commercialista dei dott. M.F. e L.D. , tutti professionisti per i quali i regolamenti adottati con appositi Decreti del Ministro della Giustizia n. 169 del 2 settembre 2010 e n. 127 dell'8 aprile 2004 , nel disciplinare l'ipotesi del conferimento dell'incarico ad una pluralità di professionisti, dettano regole difformi rispetto al criterio di scomposizione seguito dalla Corte territoriale in ottemperanza alle circolari interne del Dirigente dell'Ufficio giudiziario, circolari che in nessun caso possono prevalere sulla normativa secondaria che stabilisce i criteri di liquidazione finale dei compensi in favore di professionisti appartenenti a categorie per le quali esista al riguardo un'apposita disciplina. Per tutte queste ragioni s'impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Reggio Calabria. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'appello di Reggio Calabria.