L’atto di classificazione catastale di un immobile può essere disapplicato dal g.o. chiamato ad attribuirvi una categoria catastale nell’ambito di una controversia riguardante il canone di locazione.
Lo ha confermato la Cassazione, sezione Terza civile, con la sentenza numero 17887/12. Il caso quale canone? L’inquilino di un appartamento cita in giudizio la società locatrice al fine di determinare l’equo canone dovuto. In primo grado e, in modo solo parzialmente difforme, in appello la società viene condannata alla restituzione dei maggiori importi versati dal conduttore per la locazione dell’immobile. Potere di disapplicazione Punto centrale del ricorso per cassazione dal locatore risulta quindi essere l’applicazione da parte del giudice di primo grado dell’articolo 16 l. numero 392/78, in riferimento all’attribuzione da parte del giudice della classe catastale all’immobile, decisiva per la determinazione del canone di locazione. La Suprema Corte rigetta il ricorso e ricorda che, secondo consolidata giurisprudenza, le norme riguardanti la determinazione del canone ai sensi della citata l. numero 392/78 con riferimento alla categoria catastale «non attribuiscono agli atti amministrativi inerenti alla classificazione catastale un valore tassativo e vincolante, spettando al giudice ordinario il potere di disapplicare l’atto di classa mento dell’unità immobiliare e di determinare, in via incidentale, la categoria catastale da attribuire all’unità immobiliare oggetto della controversia». e classamento. Nel caso di specie ciò era stato fatto da giudice di prime cure, che aveva quindi legittimamente assoggettato il contratto di locazione alla disciplina dell’equo canone, anche sulla base della c.t.u. svolta. Tal potere, prosegue la Cassazione, è da esercitarsi quando l’atto di classificazione catastale sia illegittimo anche solo «per errori di apprezzamento commessi nel procedimento di classificazione, quale l’erronea valutazione delle caratteristiche dell’immobile» in più, trattandosi di un apprezzamento di fatto, simile stima, se adeguatamente motivata, non può essere sindacata dal giudice di legittimità
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 settembre – 18 ottobre 2012, numero 17887 Presidente Trifone – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo La controversia promossa da Sige s.r.l. contro l'Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell'appello proposto dalla Agenzia contro la sentenza della CTP di Napoli numero 124/22/2008 che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso la cartella di pagamento numero omissis per irpeg e irap 2002 emessa a seguito di diniego di condono ex articolo 9 bis L. 289/2002. Il ricorso proposto si articola in unico motivo. Resiste con controricorso la contribuente. Il relatore ha depositato relazione ex articolo 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l'udienza del 27/9/2012 per l'adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione. Motivi della decisione Con unico motivo la ricorrente assume la violazione dell'articolo 9 bis della L. 282/2002 laddove la CTR ha ritenuto che per il perfezionamento del relativo condono non fosse necessario l'integrale pagamento. La censura è fondata alla luce dei principi affermati da questa Corte Cass. 20745/2010 secondo cui il condono previsto all'articolo 9 bis della legge numero 289 del 2002, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell'imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli articolo 7,8,9, 15 e 16 della legge numero 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell'ipotesi di cui all'articolo 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex articolo 36 bis d.P.R. numero 600 del 1973, in ordine alla determinazione del quantum , esattamente indicato nell'importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all'articolo 4, il condono è condizionato dall'integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l'adempimento delle successive. Consegue da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto ed il rinvio, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR della Campania. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR della Campania.