Pestone accidentale, reazione aggressiva del cane: padrone condannato

Evidente l’accidentalità dell’episodio, capitato in occasione di una festa con numerosi ospiti, ma ciò non può ridurre il carico di responsabilità del padrone dell’animale, il quale non ha assolutamente rispettato la norma prudenziale che impone una adeguata custodia, anche col ricorso alla museruola. E tale norma è ancora più stringente se l’animale non è certo da salotto

Contano le dimensioni? Assolutamente sì, quando si tratta, sia chiaro, di accudire un animale, dovendo garantire, allo stesso tempo, che esso non si trasformi’ in un pericolo. Perché, inutile girarci attorno, il concetto di custodia di un animale ha un significato sicuramente più stringente quando ci si trova di fronte a un cane di grossa taglia e tendenzialmente pericoloso . Bucare’ tale custodia, abbassare la guardia, lasciare l’animale libero di scorrazzare, pur in presenza di altre persone è un errore, che può essere pagato a carissimo prezzo Cassazione, sentenza n. 23352/2013, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Sorveglianza. Semplice e sintetica la ricostruzione del fattaccio. Tutto si svolge in pochi secondi nello scenario di una festa in giardino, il cane un pastore tedesco, di proprietà del padrone di casa viene pestato accidentalmente , e reagisce d’istinto, aggredendo e mordendo la ragazza che lo aveva involontariamente colpito. Nessun dubbio, secondo il Giudice di pace, sulla responsabilità del padrone del cane, a cui viene addebitato il reato di lesioni personali colpose e quello di omessa custodia di animali . Ma, ribatte l’uomo con ricorso ad hoc per cassazione , è evidente la accidentalità dell’episodio, non collegabile alla presunta omessa custodia del cane. Tale osservazione, però, viene ritenuta assolutamente irrilevante dai giudici del Palazzaccio, i quali, anzi, sottolineano che di fronte a un cane, di razza pastore tedesco , non esattamente da salotto o da grembo , è ancora più significativo il fatto che l’animale non sia stato custodito in un luogo non accessibile agli ospiti , presenti alla festa, o, almeno munito di museruola . Principio non discutibile, difatti, sottolineano i giudici, è proprio quello prudenziale , che impone la custodia di un animale , a maggior ragione di un cane di grossa taglia e tendenzialmente pericoloso . E questo principio, invece, è stato completamente ignorato dal padrone dell’animale legittima, e confermata, quindi, la condanna comminata dal Giudice di pace.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 marzo 30 maggio 2013, n. 23352 Presidente Brusco Relatore D’Isa Ritenuto in fatto B.S. ricorre per cassazione avverso la sentenza, in epigrafe indicata, del Giudice di Pace di Belluno di condanna nei suoi confronti, in ordine al delitto di cui agli artt. 40 e 590, 2 comma cod. pen. nonché all’illecito amministrativo di cui all’art. 672 cod. pen., per avere lasciato libero ed incustodito senza museruola il proprio cane di razza pastore tedesco che aggrediva e, mordeva D.P.F. la quale riportava lesioni personali. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge. Si argomenta che, nel caso di specie, non è applicabile la norma di cui all’art. 2052 cod. civ., che introduce una responsabilità, per taluni oggettiva, per altri presunta, in capo al proprietario del cane, ma è necessario acquisire elementi costitutivi dei delitto di lesioni personali colpose. Il giudice di pace ha omesso di considerare circostanze, di fatto ed elementi di prova favorevoli all’imputato, quali le dichiarazioni dei testi Valentina e Damiano Gavaretti da cui emerge l’accidentalità dei fatto si sostiene che il cane era assolutamente tranquillo, stava giocando con i presenti, quando gli è stata pestata una zampa da un ospite, e si è spaventato aggredendo la persona offesa. Con il secondo motivo si eccepisce altra violazione di legge, nonché vizio di motivazione, nella specie dell’art. 40 cod. pen. per carenza del nesso causale, non sussistendo alcun legame tra la omessa custodia dell’animale, e le lesioni riportate dalla Paris. Ritenuto in diritto Il ricorso va dichiarato inammissibile perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento dei materiale probatorio, profili dei giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza. Ma quand’anche si volesse dar credito alla versione dei fatti esposta in ricorso, comunque non verrebbe meno la penale responsabilità del ricorrente. È pur vero che l’indagine va svolta per l’accertamento degli elementi costitutivi del delitto contestato, ma è altrettanto vero che la disposizione del codice civile di cui all’art. 1052 rappresenta la norma di riferimento della violazione della regola prudenziale che raffigura la condotta colposa contestata, nonché dell’individuazione dei soggetto titolare della posizione di garanzia. Nel caso di specie è rimasto provato che il B.S. ha lasciato il proprio cane, che certamente non può definirsi da salotto o da grembo, nel corso di una festa tenutasi nel giardino di casa in presenza di molti ospiti, libero e senza museruola, con la conseguenza che non assume alcun rilievo la circostanza che sia stato pestato accidentalmente, evenienza questa dei tutto probabile, come era probabile che l’animale rispondesse in simili casi con un’aggressione, avendo, invece, significativa rilevanza penale il fatto che l’animale non sia stato custodito in un luogo non accessibile agli ospiti o, quanto, meno sia stato munito di museruola. La norma prudenziale che impone la custodia di un animale, ancor più, come nel caso di specie, quando trattasi di un cane di razza di grossa taglia e tendenzialmente pericoloso, è stata, dunque, violata dal proprietario, e di conseguenza alcuna censura può muoversi alla sentenza impugnata. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.