Ai fini della determinazione dell’assegno in favore del coniuge separato, non deve tenersi conto delle elargizioni di carattere liberale e non obbligatorio fatte da terzi, compresi i genitori, in favore del coniuge obbligato, ancorchè esse si protraggano con regolarità anche dopo la separazione.
Il caso. La vicenda di cui si occupa la Cassazione riguarda due giovani coniugi che, pare di comprendere, vivevano al di sopra delle loro personali capacità reddituali, grazie alle elargizioni del padre del marito che, fra l’altro, aveva “intestato fiduciariamente” a quest’ultimo un “prestigioso attico” in Roma, da destinare ad abitazione coniugale. Il giudizio di primo grado si conclude dichiarando tenuto il marito a corrispondere un assegno di mantenimento per la moglie di € 250,00 al mese, fermo restando però per il periodo precedente la sentenza, l’obbligo di corrispondere, per lo stesso titolo, la maggiore somma di € 900,00. La Corte d’Appello, adita da entrambi i coniugi, riconosce il diritto della moglie a percepire l’assegno di mantenimento, e ne eleva l’importo tenendo conto dell’elevato tenore di vita goduto dalla coppia prima della separazione, grazie alle generose e costanti elargizioni del padre del marito intestazione di un prestigioso appartamento al figlio e versamenti in denaro in misura maggiore al reddito di lavoro percepito dal giovane, che in corso di causa aveva anche optato per il part time . Ricorre per Cassazione il marito deducendo - per quel che qui interessa – che la Corte di Appello non poteva tener conto delle elargizioni del padre del ricorrente per determinare l’entità dell’assegno. La Corte accoglie questo motivo di doglianza e cassa con rinvio enunciando il principio di diritto cui dovrà attenersi il giudice del merito. Per giungere a questa soluzione, la Suprema Corte analizza la giurisprudenza in materia. Elargizioni di terzi a favore del richiedente l’assegno. Osserva la Corte che la giurisprudenza di Cassazione si è prevalentemente occupata delle elargizioni ricevute dal coniuge richiedente l’assegno e della loro rilevanza sulla quantificazione del mantenimento. Con riguardo a tale materia, in un primo momento anni settanta/primi 90 si era attestato un orientamento positivo che attribuiva rilevanza a dette elargizioni ove non saltuarie ma continue e regolari e che quindi negava o conteneva l’assegno al richiedente, in quanto beneficiario di cospicui aiuti familiari. Più di recente, è prevalsa l’opposta opinione della irrilevanza di dette elargizioni, considerate atti di liberalità e non assunzioni di un obbligo di mantenimento, sul diritto a conseguire un assegno di mantenimento dal coniuge. Nei casi sopra ricordati, se il coniuge richiedente risultava privo di reddito, o con un reddito decisamente inferiore all’altro coniuge, aveva diritto all’assegno indipendentemente dall’apporto che la sua famiglia d’origine gli avrebbe garantito. Elargizioni di terzi a favore dell’onerato all’assegno. La Corte sottolinea quindi che esiste solo un precedente di Cassazione, in materia analoga alla fattispecie in esame Cass. 20352/2003 , che aveva ritenuto rilevanti ai fini della determinazione dell’assegno le elargizioni ricevute dal coniuge onerato. In sostanza, si riteneva che laddove la famiglia di origine avesse provveduto, con elargizioni continue ed importanti a favore del figlio nipote, ecc ad elevare il tenore di vita dei coniugi, la determinazione dell’assegno a favore del coniuge più debole doveva tener conto di detti aiuti e non soltanto del reddito dell’onerato. La sentenza oggi in commento, ha al contrario affermato – oserei dire per par condicio rispetto alla posizione di chi chiede l’assegno anche se è o può essere aiutato dai genitori – che nessuna rilevanza possono avere gli aiuti economici di terzi quasi sempre della famiglia di origine all’onerato sulla determinazione del suo obbligo a mantenere il coniuge. Le elargizioni di terzi debbono infatti essere considerate come dazioni di carattere liberale e non obbligatorio. La Suprema Corte, insomma, pare invitare i coniugi soprattutto i giovani coniugi a far conto soltanto sulle proprie personali capacità di reddito, evitando che anche dopo la separazione ed in alcuni casi il divorzio le famiglie di origine siano obbligate a contribuire al loro mantenimento. Un altro colpo ai “bamboccioni”?!
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 aprile – 21 giugno 2012, numero 10380 Presidente Luccioli – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, pronunciata con sentenza non definitiva del 17 maggio 2006 la separazione personale dei coniugi sig. G.F.M. e sig.ra N.A. , unitisi in matrimonio il omissis , stabilì poi, fra l'altro, con sentenza definitiva del 19 dicembre 2007, che il marito avrebbe dovuto versare alla moglie un assegno di Euro 250,00 mensili con decorrenza dal dicembre 2007, ferma per il passato la determinazione del medesimo assegno in Euro 900,00 mensili, come disposto dal Presidente del Tribunale con provvedimento del 21 settembre 2005, poi ridotti dal Giudice istruttore ad Euro 450,00 mensili a decorrere dall'ottobre 2006. Appellata da entrambe le parti la decisione del Tribunale, la Corte di Roma ha per quanto ancora interessa elevato l'assegno ad Euro 600,00 mensili con decorrenza dal luglio 2006, fermo restando sempre, per il periodo antecedente, quanto stabilito del Presidente del Tribunale come si è già detto. La Corte d'appello ha anzitutto dato atto dell'elevato tenore di vita goduto dalla coppia prima della separazione, grazie alle generose e costanti elargizioni del padre del marito, consistite nell'acquisto di un prestigioso appartamento per il figlio, destinato a casa della coppia, e in versamenti di denaro per importi superiori al reddito da lavoro percepito dal giovane ha quindi accertato che, data la disparità di condizioni economiche dei coniugi, nonostante il ridimensionamento degli aiuti della famiglia del marito successivi alla separazione, la moglie aveva diritto a un assegno di mantenimento. Nel determinare, poi, l'entità dell'assegno ha tenuto conto non solo dei redditi netti da lavoro dell'obbligato Euro 18.239,00 nel 2006 ed Euro 14.573,00 nel 2007 , ma anche delle potenzialità economiche del medesimo, certamente superiori a quelle della beneficiarla. Infatti egli, oltre ad essere titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel quale aveva liberamente optato per il part time dal 15 maggio 2006, in coincidenza della separazione, aveva anche il godimento esclusivo e gratuito del prestigioso attico in Roma, già casa coniugale mentre la moglie non possedeva alcun immobile e aveva svolto un lavoro a tempo determinato collaborazione a progetto dal 20 giugno 2008, dalla quale si era dimessa a decorrere dal 1 gennaio 2009, conseguendo un reddito netto di Euro 4.800,00 . Pur considerata, dunque, la concreta capacità di guadagno della moglie, e considerata altresì la non lunga durata della convivenza, pari a sei anni, e la giovane età dei coniugi, la Corte ha stimato equo determinare l'assegno nell'indicata misura di Euro 600,00 mensili, rivalutabili, con decorrenza dal luglio 2006, data della richiesta di riduzione del maggior importo dell'assegno già stabilito dal Presidente del Tribunale, formulata dall'obbligato per l'avvenuto ridimensionamento del suo reddito conseguente alla scelta di lavorare a tempo parziale e alla riduzione degli aiuti economici della famiglia di origine. Per il periodo precedente, invece, ha ritenuto di confermare il detto maggior importo, di Euro 900,00 mensili, considerato il maggior reddito, all'epoca, del marito e la necessità della moglie, uscita dalla casa coniugale, di riorganizzare autonomamente la propria vita. Il sig. G. ha presentato ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, illustrati anche con memoria. L'intimata non ha resistito. Dopo la discussione la difesa del ricorrente ha presentato osservazioni scritte sulle conclusioni del P.M Motivi della decisione 1. - Va preliminarmente dato conto del rilievo svolto dal Pubblico Ministero nella discussione orale, secondo cui tutti i motivi del ricorso sarebbero inammissibili perché sollevano congiuntamente sia censure di violazione di norme di diritto, ai sensi del numero 3 dell'articolo 360, primo comma, c.p.c., sia censure di vizio di motivazione, ai sensi del numero 5 del medesimo comma. Il rilievo, nei termini generali in cui è stato formulato, non può essere condiviso. Per quanto tutti i motivi del ricorso siano rubricati come violazione delle norme di diritto volta per volta invocate accompagnata dal riferimento al numero 5, oltre che al numero 3, dell'articolo 360 c.p.c., va osservato che ciò che conta, ai fini dell'ammissibilità di un motivo di ricorso, è tanto più non trovando qui applicazione l'abrogato articolo 366 bis c.p.c. la sostanza e la chiarezza delle censure formulate. Che a tal fine, pertanto, vanno comunque esaminate. 2. - Con il primo motivo di ricorso si lamenta che la Corte di merito a abbia preso in considerazione, quale reddito del ricorrente, anche la somma corrispondente al reddito figurativo Euro 2.676,00 nel 2007, secondo il mod. 730 dell'unico immobile in suo possesso - la casa di abitazione - che però non doveva essere preso in considerazione ai fini della determinazione dell'assegno a suo carico, non traducendosi quella somma in una effettiva disponibilità di denaro b abbia determinato il reddito del G. detraendo dagli emolumenti lordi le sole imposte sul reddito e non anche le ulteriori trattenute che gli venivano operate sulla busta paga, le quali incidevano significativamente sulla sua effettiva disponibilità di danaro, alla quale soltanto deve essere rapportata la determinazione dell'assegno c abbia, con ciò, ribaltato d'ufficio, senza specifica richiesta di controparte, l'opposto criterio invece seguito dal Tribunale, che si era appunto basato sulla somma netta corrisposta in busta paga al G. pervenendo, quindi, alla determinazione dell'assegno nella minor somma di Euro 250,00 mensili d abbia attribuito al G. la risorsa economica costituita dall'appartamento di abitazione a lui intestato senza considerare che si trattava di intestazione meramente fiduciaria per conto del padre, come risultava da un accordo scritto in data 27 maggio 1999, fra padre e figlio, in adempimento del quale era appunto seguito il ritrasferimento del bene dal secondo al primo con atto di donazione della nuda proprietà menzionato nella sentenza impugnata , sicché anche il persistente diritto di abitazione riservato al figlio conservava l'originaria natura fiduciaria e dunque precaria e abbia erroneamente ricostruito la situazione economica della N. senza tener conto che ella aveva percepito, nel 2008, ulteriori redditi documentati dai versamenti per complessivi Euro 1.315,00 confluiti sul suo conto corrente, si era anticipatamente dimessa dal lavoro e aveva a sua volta una capacità di guadagno riconosciuta dalla stessa Corte d'appello senza però trarne le debite conseguenze e senza tener conto, altresì, che la convivenza dei coniugi era durata solo sei anni, durante i quali la N. non aveva dato alcun apporto di lavoro casalingo ma si era dedicata esclusivamente ai suoi studi universitari conclusisi con la tardiva laurea conseguita nel 2008. 2.1. - La censura sub a è fondata. Posto che il reddito dei fabbricati di proprietà del dichiarante indicato nel mod. 730 corrisponde, allorché l'immobile non sia locato, a un valore determinato astrattamente in base alla rendita catastale e non a una somma di danaro effettivamente percepita dal contribuente, considerare il relativo importo, in sede di determinazione dell'assegno di separazione, quale componente del reddito del coniuge obbligato costituisce ingiustificata duplicazione allorché, come nella specie, il giudice valuti altresì separatamente la disponibilità di quel medesimo immobile quale ulteriore elemento positivo della complessiva condizione economica dell'obbligato stesso. E ciò integra gli estremi del vizio di motivazione per illogicità. 2.2. - La censura sub b è inammissibile. Non ogni trattenuta che venga operata in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente va presa in considerazione ai fini della determinazione del suo reddito. Certamente vanno prese in considerazione le ritenute fiscali e contributive, perché la loro applicazione da luogo alla determinazione del reddito disponibile da parte del soggetto. Ma le altre trattenute eventualmente operate dal datore di lavoro corrispondono, nella generalità dei casi, a titoli che, a differenza di quelli di cui si è appena detto, non prescindono dalla volontà dell'obbligato e derivano, invece, da suoi atti di disposizione si pensi alle ritenute sindacali, alle cessioni del quinto della retribuzione in relazione a prestiti ricevuti, ecc . Il rilievo attribuibile a tali ritenute, in sede di determinazione della condizione economica del coniuge ai fini dell'assegno di separazione, può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso in caso di cessione del quinto della retribuzione, ad esempio, un conto è essersi indebitati per far fronte a indispensabili spese sanitarie, altro conto essersi indebitati per spese voluttuarie . Sarebbe stato dunque necessario che il ricorrente specificasse i titoli delle ritenute di cui lamenta l'omessa considerazione, onde consentire a questa Corte di valutarne la rilevanza. 2.3 - La censura sub c è improcedibile ai sensi dell'articolo 369, numero 4, c.p.c. Essa si basa, infatti, sull'atto di appello incidentale della sig.ra N. non costituitasi in questa fase , che però il ricorrente non indica di aver prodotto. 2.4. - La censura sub d è inammissibile. La sentenza impugnata non accenna alla dedotta natura fiduciaria dell'intestazione dell'immobile al G. . La censura va dunque intesa quale censura di vizio di motivazione per non avere la Corte d'appello tenuto conto del richiamato documento contenente l'accordo fiduciario in data 27 maggio 1999 allegato in copia al ricorso per cassazione , che avrebbe consentito di accertare la natura fiduciaria, e dunque precaria, di quell'intestazione. A detta del ricorrente, tale scrittura - del tutto ignorata, si ripete, nella sentenza di appello - era stata prodotta dalla sig.ra N. nel giudizio di primo grado. Manca, però, qualsiasi riscontro di tale affermazione la sig.ra N. non si è difesa davanti a questa Corte, sicché non è agli atti il suo fascicolo di parte, né il ricorrente ha prodotto copia di esso o comunque ha indicato e prodotto documentazione che confermi la dedotta produzione della scrittura in questione ad opera della controparte. La produzione del documento in questa sede e la connessa censura devono pertanto ritenersi nuove. Peraltro la censura sarebbe comunque inammissibile. Pure ammettendo la natura fiduciaria del diritto di abitazione in favore del sig. G. , invero, resta il fatto che, anche al netto della precarietà del diritto derivante da tale natura, si tratta in ogni caso di un diritto e che tale diritto ha, finché sussiste, indubbi riflessi sulla condizione economica del titolare, per cui va tenuto in considerazione ai fini della determinazione dell'assegno di separazione a carico di quest'ultimo. L'accertamento della sua natura fiduciaria è perciò tutt'altro che decisivo. 2.5. - Inammissibile è anche la censura sub e . La dedotta affluenza di versamenti per complessivi Euro 1.315,00 sul conto corrente della sig.ra N. , senza alcuna precisazione della loro causale, è troppo generica per inferirne la natura reddituale degli stessi. Quanto al resto, la censura si risolve in una pura e semplice critica di merito. 3. - Il secondo e il terzo motivo, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente. 3.1. - Con il secondo motivo, denunciando violazione degli articolo 156, 783, 809 e 2697 c.c., si deduce che la Corte d'appello non poteva tener conto, nel determinare l'entità dell'assegno a carico del G. , delle elargizioni del padre del medesimo, sia perché le stesse non costituiscono reddito, attesa la loro natura di mere liberalità inesigibili, sia perché sarebbe stato semmai onere dell'avente diritto all'assegno dimostrare che tali elargizioni erano continuate anche dopo la separazione, mentre il ricorrente aveva dedotto la cessazione delle stesse sin dal ricorso d'urgenza presentato al Giudice Istruttore nel dicembre 2005 per la riduzione dell'assegno provvisorio. 3.2. - Con il terzo motivo, denunciando violazione degli articolo 156, 783 e 809 c.c., si censura la conferma della determinazione dell'assegno in Euro 900,00 mensili, come stabilito dal Presidente del Tribunale con i provvedimenti provvisori, per il periodo dall'ottobre 2005 al giugno 2006, osservando che all'epoca il reddito del G. , al netto di tutte le ritenute in busta paga, ammontava a soli Euro 1.040,00, su cui dunque l'assegno incideva per l'86%, quota all'evidenza iniqua e assurda. Né potrebbero prendersi in considerazione gli aiuti familiari, per le ragioni indicate con il secondo motivo di ricorso. 3.3. - La complessiva censura è fondata sotto il profilo della violazione di legge nei sensi che seguono, con assorbimento degli ulteriori profili dedotti. La questione della rilevanza delle elargizioni di terzi - in particolare familiari, normalmente i genitori - nel giudizio sul riconoscimento del diritto all'assegno di separazione o di divorzio e nella determinazione del suo ammontare è stata affrontata, nella giurisprudenza di questa Corte, quasi esclusivamente con riguardo alle elargizioni ricevute dal coniuge che pretenda tale diritto. All'iniziale orientamento favorevole alla rilevanza di dette elargizioni, ove non meramente saltuarie, bensì continue e regolari cfr. Cass. 5916/1996, in tema di separazione, nonché Cass. 278/1977, 358/1978, 497/1980, 1477/1982, 4158/1989, in tema di divorzio , è poi subentrato un orientamento negativo cfr. Cass. 11224/2003, 6200/2009, in tema di separazione, nonché Cass. 4617/1998, 7601/2011, in tema di divorzio Cass. 13060/2002, citata dal ricorrente, invece da, più esattamente, risposta negativa alla questione se le elargizioni fatte dai genitori di uno dei coniugi durante il matrimonio possano costituire contributo alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio familiare ai sensi dell'articolo 5, comma sesto, l. 1 dicembre 1970, numero 898 che fa leva sul carattere liberale delle elargizioni di cui trattasi, non comportanti l'assunzione di alcun obbligo di mantenimento da parte dei genitori, sui quali grava la sola obbligazione alimentare ai sensi dell'articolo 433 c.c. in via subordinata rispetto al coniuge cfr. Cass. 11224/2003, cit. . Con riferimento, invece, alle elargizioni ricevute dal coniuge obbligato, come nel caso che ci occupa, non si registrano precedenti ad eccezione di Cass. 20352/2008, pronunciatasi in senso favorevole alla rilevanza di siffatte elargizioni, nella determinazione dell'assegno divorzile, nonostante trasparenti perplessità sulla natura liberale delle stesse in quella fattispecie concreta. Ritiene il Collegio che l’irrilevanza delle elargizioni liberali di terzi, quali i genitori, ancorché regolari e protrattesi anche dopo la separazione, già affermata con riferimento alla condizione del coniuge richiedente l'assegno nella più recente giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, debba confermarsi anche con riguardo agli aiuti economici ricevuti dal coniuge obbligato al pagamento dell'assegno. Decisivo è l'evidenziato carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti, che impedisce di considerarli reddito dell'obbligato, ai sensi dell'articolo 156, secondo comma, c.c., così come non costituiscono reddito, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, gli analoghi aiuti ricevuti dal coniuge creditore. La sentenza impugnata è dunque errata, avendo invece dato rilievo alle elargizioni fatte al sig. G. da suo padre eccettuate, ovviamente, quelle per l'acquisto della casa di abitazione, tradottesi in un diritto reale acquisito al patrimonio del beneficiario , nella determinazione dell'assegno di separazione a suo carico, sia con riguardo al periodo precedente al luglio 2006, confermata in Euro 900,00 mensili in considerazione anche della ritenuta cospicua entità degli aiuti paterni, sia con riguardo al periodo successivo, stabilita in Euro 600,00 mensili in considerazione anche della ridotta - e dunque pur sempre sussistente - entità di quegli aiuti. 4. - La sentenza impugnata va in conclusione cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, perché motivi evitando il vizio logico indicato sopra al p. 2.1 e si attenga al seguente principio di diritto ai fini della determinazione dell'assegno in favore del coniuge separato non deve tenersi conto delle elargizioni di carattere liberale e non obbligatorio fatte da terzi, compresi i genitori, in favore del coniuge obbligato, ancorché esse si protraggano con regolarità anche dopo la separazione. Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.