Il sindacato deve considerarsi un rappresentante legale, equiparato dalla legge al lavoratore

Il termine decadenziale per l’impugnazione del licenziamento di cui all’art. 6 l. n. 604/66 può essere autonomamente interrotto dall’organizzazione sindacale, senza che sia necessaria né una procura ex ante del lavoratore, né una ratifica successiva dello stesso lavoratore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26514, depositata il 27 novembre 2013. Il caso. Il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a un lavoratore dalla società datrice, però, in secondo grado, la statuizione era stata ribaltata. La Corte territoriale aveva osservato che il licenziamento era stato impugnato dalla Camera del Lavoro entro il termine decadenziale dei sessanta giorni, ma l’impugnativa non era idonea a impedire la decadenza ex art. 6 l. n. 604/66, perché al rappresentante non era stata previamente conferita una procura in forma scritta. Secondo i giudici territoriali, la legittimazione del sindacato a impugnare poteva derivare solo da una procura speciale rilasciata dal lavoratore con atto scritto, ma l’esistenza di tale procura non poteva inferirsi dalla mera adesione del lavoratore al sindacato. Pertanto, era stato ritenuto che il recesso non fosse stato impugnato nel termine decadenziale dei 60 gg. Contro tale decisione, il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione. A parere del ricorrente, il sindacato sarebbe da considerarsi ex art. 6, comma 1, l. n. 604/66 rappresentante ex lege del lavoratore e a questi equiparato ai fini dell’impugnazione del licenziamento quindi, a suo dire, non sarebbe necessaria alcuna procura preventiva del lavoratore. La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato. Il sindacato ha direttamente il potere di impugnazione del recesso. Gli Ermellini hanno ricordato che è lo stesso art. 6 a prevedere l’impugnativa anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale , che viene, dunque, ritenuta rappresentante ex lege , riguardo il regime dell’impugnazione dei licenziamenti. Invece, la sentenza impugnata, come sottolineato da Piazza Cavour, si è riferita ad altra e diversa situazione in cui sia un rappresentante del lavoratore ad es. un legale a impugnare entro il termine decadenziale dei sessanta giorni il recesso, ipotesi che la legge non contempla e che la S.C. ha risolto attraverso il ricorso ai principi generali. Il Collegio ha anche aggiunto che la ratio della disposizione in esame è quella di attribuire al sindacato direttamente il potere di impugnazione del recesso. La difesa della parte resistente, tuttavia, ha eccepito che l’impugnativa sarebbe intervenuta a opera di un sindacato cui il ricorrente non era iscritto. Relativamente a ciò, i giudici di legittimità hanno chiarito che l’art. 6, comma 1, l. n. 604/66 parla solo genericamente di sindacato e non dello specifico sindacato cui il lavoratore abbia precedentemente aderito. Di conseguenza, quella proposta dalla società datrice resistente è una interpretazione contrastante con la chiara formulazione letterale della norma che equipara lavoratore e sindacato ai fini dell’impugnazione del recesso sulla base della presunzione che autonomamente anche le OOSS siano in grado di valutare gli interressi dei lavoratori in questo campo. Alla luce di ciò, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 luglio - 27 novembre 2013, n. 26514 Presidente Lamorgese – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con sentenza del 7.11.2008 il Tribunale del lavoro di Marsala, in accoglimento della domanda proposta da T.V.S. , dichiarava illegittimo il licenziamento intimatogli dalla datrice di lavoro Forte Formaggi srl con lettera del 31.12.2007, condannando detta società alla reintegrazione del lavoratore ed al risarcimento del danno ex art. 18 L. n. 300/70 nella misura stabilita in sentenza. Con sentenza del 3.6.2010 la Corte di appello di Palermo accoglieva l'appello della Forte Formaggi e rigettava la domanda. La Corte territoriale osservava che il licenziamento era stato impugnato dalla Camera del lavoro di Castelvetrano entro il termine decadenziale dei sessanta giorni ma che l'impugnativa non era idonea ad impedire la decadenza ex art. 6 L. n. 604/66 perché al rappresentante non era stata previamente conferita una procura in forma scritta alla luce della giurisprudenza di legittimità non era possibile neppure una ratifica successiva. La Corte di Palermo osservava ancora che una eventuale legittimazione del sindacato ad impugnare il recesso poteva derivare solo da una procura speciale rilasciata dal lavoratore con atto scritto da portare a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di decadenza applicabile al licenziamento, ma che l'esistenza di tale procura non poteva inferirsi dalla mera adesione del lavoratore al sindacato, non rientrando il potere di impugnazione dei licenziamenti nell'ambito di quelli derivanti alle OOSS dall'iscrizione del lavoratore. Pertanto si doveva ritenere che il recesso non fosse stato impugnato nel termine decadenziale dei 60 gg. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il T.V.S. con un motivo. Resiste controparte con controricorso che ha proposto anche ricorso incidentale condizionato con tre motivi. Parte ricorrente ha depositato anche memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Preliminarmente vanno riuniti i due ricorsi proposti avverso la medesima decisione. Con l'unico motivo del ricorso principale si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 L. n. 604/66 e dell'art. 410 c.p.c. in ordine alla ritenuta inefficacia del licenziamento da parte dell'organizzazione sindacale del lavoratore, nonché l'omessa motivazione in ordine al fatto decisivo del tempestivo svolgimento del tentativo di conciliazione ritualmente promosso. Il sindacato era da considerarsi ex art. 6 comma primo L. n. 604/66 rappresentante ex lege del lavoratore ed a questi equiparato ai fini dell'impugnazione del licenziamento pertanto non era necessaria alcuna procura preventiva rilasciata dal lavoratore. Era stata poi ritualmente richiesta nei termini di legge la procedura obbligatoria di conciliazione che aveva comunque impedito la decadenza dall'impugnazione. Il motivo, nella sua prima parte, appare fondato e pertanto va accolto. La sentenza impugnata non considera in specifico la formulazione di cui all'art. 6 comma primo L. n. 604/66 che recita il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento scritto . È lo stesso art. 6, quindi, a prevedere l'impugnativa anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale che viene pertanto ritenuto rappresentante ex lege, riguardo il regime dell'impugnazione dei licenziamenti. Viceversa la sentenza impugnata si è riferita ad altra e diversa situazione in cui sia un rappresentante del lavoratore ad esempio un legale ad impugnare entro il termine decadenziale dei sessanta giorni il recesso, ipotesi che la Legge non contempla e che pertanto la Suprema Corte con la giurisprudenza richiamata ha risolto attraverso il ricorso ai principi generali. La questione della titolarità del sindacato all'impugnazione del licenziamento anche attraverso un rappresentante sprovvisto di procura e senza necessità di una ratifica del lavoratore peraltro viene data ormai per risolta in dottrina, la quale afferma che è, come detto, lo stesso art. 6 L. n. 604/66 a conferire all'associazione sindacale il potere di rappresentare il lavoratore a tal fine, equiparando l'impugnazione effettuata dalle OOSS a quella compiuta direttamente dagli interessati. Ma, a ben vedere, non sussistono neppure dubbi di sorta giurisprudenziali sul punto. La stessa sentenza di questa Corte menzionata nella decisione impugnata n. 8412/2000 richiama, ribadendo l'orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, la precedente decisione n. 10972/1996 nella quale a pag. 5 si afferma che l'impugnazione da farsi per iscritto dal lavoratore o dall'associazione sindacale rappresentante legale può essere posta in essere anche da un rappresentante volontario come un legale purché questi sia munito di specifica procura. Sia la 10972/1996 che la n. 8412/2000 che la più recente n. 15888/2012 si riferiscono tutte al diverso caso in cui sia stato un legale ad impugnare il recesso ipotesi come già ricordato non disciplinata per legge e ricordano espressamente come il sindacato debba considerarsi un rappresentante legale equiparato dalla legge del 1966 al lavoratore per questi limitati fini. Diversamente interpretando, la norma quando aggiunge anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale non avrebbe alcun significato pratico in quanto l'impugnazione del sindacalista sarebbe disciplinata come una normale impugnazione da parte di un rappresentante del lavoratore necessitando entrambe di una procura specifica. La ratio della disposizione è, invece, chiaramente quella di attribuire al sindacato direttamente senza procura ex ante e senza necessità di ratifica del lavoratore il potere di impugnazione del recesso sulla base della presunzione che l'associazione sindacale, in quanto a conoscenza della situazione aziendale, sia in grado di valutare al meglio gli interessi del lavoratore, almeno impedendo che si verifichi il termine decadenziale e si possa, poi, valutare con l'interessato l'opportunità di una prosecuzione dell'impugnazione in sede giudiziaria. La difesa di parte resistente eccepisce tuttavia che l'impugnativa sarebbe intervenuta ad opera di un sindacato cui il ricorrente non era iscritto, posto che proveniva dalla camera del lavoro CGIL di OMISSIS mentre il T. era iscritto alla Flai aderente alla CGIL, ma con un proprio statuto, una propria organizzazione ed un autonomo tesseramento. Volendo prescindere dai profili di inammissibilità dell'eccezione in quanto non emerge dalla memoria di costituzione se e come la stessa sia stata proposta nelle precedenti fasi del giudizio la sentenza non ne parla in ogni caso la stessa non ha pregio l'art. 6, primo comma, L. n. 604/66 parla solo genericamente di sindacato e non dello specifico sindacato cui il lavoratore abbia precedentemente aderito. Quella proposta dalla società resistente è una interpretazione contrastante con la chiara formulazione letterale della norma che equipara lavoratore e sindacato ai fini dell'impugnazione del recesso sulla base della presunzione che autonomamente anche le OOSS siano in grado di valutare gli interessi dei lavoratori in questo campo. Peraltro in ogni caso si osserva che la stessa parte resistente pag. 13 da atto che il sindacato cui il T. è iscritto aderisce a sua volta alla CGIL e quindi non vi è dubbio che l'impugnazione sia stata in effetti proposta da un sindacato cui il T. ha aderito attraverso l'avvenuta iscrizione alla Flai. Una interpretazione diversa finirebbe con il restringere indebitamente il potere di impugnazione del recesso che la Legge ha voluto rendere, almeno in ordine alle modalità di interruzione del termine decadenziale, il più agevole possibile onde consentire alla parte socialmente più debole di poter poi valutare con il tempo e la razionalità necessaria se proseguire l'azione in via giudiziaria. Si tratta della stessa ratio che ha portato la giurisprudenza a precisare che il licenziamento può essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, purché idoneo a manifestare al datore di lavoro indipendentemente dalla terminologia usata e senza necessità di formule sacramentali la volontà del lavoratore di contestare la validità e l'efficacia del licenziamento Cass. n. 2200/98 Cass. n. 7405/94 . Il diritto alla tutela contro il licenziamento ingiustificato costituisce oggi un diritto sociale fondamentale così come riconosciuto anche dalla Carta dei diritti dell'Unione Europea all'art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, certamente non direttamente applicabile alla fattispecie ex art. 51 della stessa Carta non investendo la presente controversia una questione di diritto dell'Unione , ma che può certamente operare come fonte di libera interpretazione anche del dato normativo nazionale, stante il suo carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti Europei Corte cost. n. 135/2002 e, quindi, in linea generale, operanti anche nei sistemi nazionali sull'art. 30 della Carta cfr. Cass. n. 15519/2012 Cass. n. 229678/2010 sul rilievo della Carta come fonte interpretativa cfr. Cass. n. 28658/2010, Cass. n. 7/2011, sul richiamo alla Carta anche in casi non qualificabili come di diritto comunitario cfr. Corte cost. n. 93/2010, n. 81/2011, n. 31/2012 . Tale norma della Carta va posta necessariamente in correlazione con il diritto di cui all'art. 47 della stessa Carta che stabilisce il principio del diritto ad un ricorso effettivo cioè ad una tutela giurisdizionale piena ed efficace che verrebbe frustrata dall'apposizione di termini e condizioni troppo gravose per far valere una pretesa sostanziale che, sul piano sovranazionale, costituisce un diritto fondamentale . L'art. 6 prima ricordato va quindi interpretato anche alla luce dell'esigenza di assicurare con facilità il controllo giurisdizionale in ordine alla legittimità degli atti unilaterali di interruzione, ad opera del datore di lavoro, dei rapporti di lavoro a carattere continuativo, esigenza che il legislatore italiano ha inteso soddisfare anche consentendo al sindacato autonomamente di impugnare tali atti attribuendogli direttamente questo potere, senza condizioni di previa iscrizione, sulla base della presunzione di una cura istituzionale da parte delle OOSS degli interessi del lavoratore. Si impone, quindi, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio anche in ordine alle spese alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione che esaminerà gli altri motivi di appello concernenti il merito del contestato recesso e che si atterrà al seguente principio di diritto il termine decadenziale per l'impugnazione del licenziamento di cui all'art. 6 L. n. 604/66 può essere autonomamente interrotto dall'organizzazione sindacale, senza che sia necessaria né una procura ex ante del lavoratore, né una ratifica successiva dello stesso lavoratore . L'appello incidentale con il quale si ripropongono tre motivi di merito già avanzati in appello concernenti la pretesa da parte della società oggi resistente legittimità del recesso e la misura del risarcimento liquidato in primo grado va dichiarato assorbito per le ragioni che precedono. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi accoglie il ricorso principale, assorbito l'incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per il regolamento delle spese del presente giudizio alla stessa Corte di appello di Palermo in diversa composizione.