Ricostruendo la ratio ispiratrice dell’incriminazione dell’immigrazione clandestina, la Corte di Cassazione afferma la responsabilità del datore di lavoro che, non necessitando di manodopera lavorativa, richiede il visto provvisorio per lavoro subordinato al fine di procurare l’ingresso illegale di stranieri. La responsabilità sussiste anche qualora il visto provvisorio non venga rilasciato e non si realizzi effettivamente l’ingresso degli stranieri.
In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, sez. I Penumero , con la sentenza numero 40624 del 1 ottobre 2014. La ratio dell’articolo 12 T.U. imm. Oggetto dell’incriminazione per immigrazione clandestina risultano essere più condotte dirette, non già a reprimere l’immigrazione del clandestino in quanto tale, quanto più i comportamenti di chi fa dell’immigrazione occasione di sfruttamento e guadagno economico. Partendo da tale presupposto di politica criminale, la Corte di Cassazione nella sentenza in commento affronta il caso della responsabilità del datore di lavoro che, non necessitando realmente di manodopera lavorativa, richiede il visto provvisorio per lavoro subordinato al fine di determinare l’ingresso di extracomunitari. La questione, in particolare, riguarda la sussistenza di tale responsabilità penale ex articolo 12 T.U. imm, qualora il visto provvisorio di ingresso non venga poi effettivamente emesso. L’articolo 12 in questione incrimina il «trasporto» o qualsiasi «altro atto» diretto all’ingresso illegale di stranieri. Mentre il trasporto presume evidentemente l’ingresso effettivo dello straniero nel territorio nazionale, la previsione di ogni altro atto diretto all’ingresso illegale amplia la sfera di punibilità ex articolo 12 TU imm. riconducendovi qualsiasi tipologia di comportamento che, seppure preordinato all’ingresso illegale, non realizzi necessariamente il fine. In questi casi, a parere dei giudici di legittimità, ben può configurarsi il tentativo punibile. Procurare o favorire? La tesi sostenuta dall’imputato ricorrente riguarda la non punibilità dello stesso ex articolo 2 c.p., in riferimento alla modifica del dato letterale intervenuta sul testo dell’articolo 12 T.U. imm. ad opera della l. numero 189/2002 che avrebbe ridotto l’area di punibilità delle condotte. Dalla dizione «attività dirette a favorire l’ingresso» si è passati con la legge del 2002 alla formula «attività dirette a procurare l’ingresso» nella cui definizione, secondo il ricorrente, non potrebbe rientrare la condotta dell’imputato a causa del mancato rilascio del visto provvisorio e, dunque, del mancato ingresso degli stranieri. Secondo la Corte di Cassazione, tuttavia, seppure «favorire» sia concetto più ampio di «procurare», ciò che rileva in realtà, ai fini dell’indagine sulla responsabilità, è l’esistenza di «atti diretti» all’ingresso illegale di immigrati. Centrale è la correlazione tra punibilità e condotta finalisticamente orientata allo scopo, indipendentemente se questo venga o meno a realizzarsi C. Cass. numero 35629/2005 e numero 20883/2010 . L’anticipazione della consumazione. L’intento del legislatore, secondo i giudici di legittimità, è stato quello di diversificare la condotta illecita del clandestino, punita dall’articolo 10 bis T.U. imm., dalle condotte di chi non è interessato all’effettivo ingresso degli stranieri, ma semplicemente a procurarne l’ingresso in via illegale. Di talché, si è creata una fattispecie di reato del tutto autonoma che si caratterizza per una soglia di consumazione anticipata, lì dove ovviamente gli atti siano idonei a determinare il reato. Ciò che interessa, dunque, ai fini dell’indagine sulla responsabilità ex articolo 12 T.U. imm., è l’aver determinato fatti che siano idonei a procurare l’ingresso illegale di stranieri, ancorché quest’ultimo non sia poi avvenuto.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 marzo – 1 ottobre 2014, numero 40624 Presidente Cortese – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 18 settembre 2012 la Corte d'Appello di Reggio Calabria operava integrale conferma dei contenuti della decisione emessa in data 25 ottobre 2011 dal Tribunale di Locri nei confronti di S.A.A. . Con tale decisione da ultimo citata, lo S. era stato ritenuto responsabile - nell'ambito di un più ampio accertamento relativo a condotte di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina - del reato compiutamente descritto al capo L della contestazione, relativo a condotte concorsuali qualificate nei seguenti termini - articolo 81, 110, 48, 479, cod. penumero nonché 12 commi 1, 3, 3 bis d.Lgs. numero 286 del 1998 da ora in poi T.U. imm. per avere attivato la procedura di cui agli articolo 21 e 22 TU imm. mediante false richieste nominative di nulla-osta al lavoro relative a 25 cittadini extracomunitari con l'aggravante relativa al fatto concernente l'ingresso di cinque o più persone fatto accertato nel mese di aprile dell'anno 2008. S. , assolto dalla imputazione associativa descritta al capo A, veniva condannato in rapporto al detto capo L, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni quattro e mesi tre di reclusione ed Euro 340.000,00 di multa. La ricostruzione del fatto, operata nelle due conformi decisioni di merito, risulta operata attraverso le verifiche realizzate presso lo sportello unico per l'immigrazione della Prefettura di Reggio Calabria, cui si uniscono altri dati investigativi riguardanti la correlata posizione di altro imputato, Si.Sa. . In particolare, risulta accertato che - a nome di S. per l'anno 2008 risultano trasmesse all'ufficio competente al rilascio dei nulla-osta previsti dall'articolo 22 TU imm. 25 richieste di assunzione nominative di cittadini indiani oltre a 10 richieste per cittadini di alita nazionalità nessuna delle quali è stata accolta - tali richieste vengono reputate fittizie e redatte al solo scopo di consentire in ipotesi l'ingresso provvisorio degli stranieri in questione, dato che le verifiche operate presso l'INPS indicavano che lo S. nel corso degli anni aveva assunto pochissimi operai e dunque non aveva il reale fabbisogno - alcuni dei nominativi dei soggetti indicati in particolare tre risultano presenti in un manoscritto sequestrato presso il Si.Sa. , soggetto che curava l'intermediazione illecita tramite suoi refenti in e che otteneva, in ipotesi di esito favorevole, somme di denaro dagli immigrati, da girare, in parte, al richiedente - le richieste relative ai cittadini indiani erano state inoltrate in via telematica mediante l'apertura di cinque distinte caselle di posta, sì da aggirare il regolamento dettato sul tema che prevedeva per ogni datore di lavoro l'inoltro massimo di cinque richieste. La versione dell'indagato, consistente nel non aver personalmente curato l'inoltro delle pratiche, trasmesse a sua insaputa dal patronato cui era iscritto, veniva ritenuta non verosimile sia in rapporto alle modalità di trasmissione che in riferimento al fatto che quattro ricevute dell'inoltro telematico erano state rinvenute nella sua abitazione nel corso di una perquisizione. Quanto ai profili in diritto, valutati a seguito di impugnazione, la Corte territoriale, ricostruita anche sulla base dei contenuti della decisione di primo grado la disciplina di settore, così si esprimeva - riteneva integrata la previsione incriminatrice di cui all'articolo 12 TU imm., posto che le condotte erano tese ad ottenere visti di ingresso temporaneo, nei limiti previsti dalle quote di cui all'articolo 21, in realtà non supportati dalla reale necessità di assumere i soggetti indicati nelle istanze - riteneva irrilevante il fatto che - nel caso dello S. - le richieste non fossero state accolte, dato che la norma punisce qualsiasi atto 'diretto a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle norme regolatrici e pertanto trattasi di reato a consumazione anticipata, con punibilità anche di atti univocamente finalizzati a consentire l'immigrazione clandestina - riteneva che anche le condotte di falso per induzione in errore della P.A. erano punibili, quantomeno in termini di tentativo, e che nessun rilievo era da attribuirsi al mancato accoglimento delle istanze, posto che in ogni caso era stato attivato il procedimento. La Corte ribadiva la scarsa aderenza ai fatti della versione difensiva e confermava anche le modalità determinative della pena si vedano le considerazioni riportate a pag. 40 per come espresse in primo grado. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - S.A.A. , articolando distinti motivi. Con il primo si deduce vizio di motivazione della decisione impugnata. Si contestano i criteri logici impiegati dalla Corte reggina nella ricostruzione del fatto, posto che la versione difensiva sarebbe stata definita implausibile in modo apodittico, senza una reale ed effettiva valutazione degli elementi a discarico. Si segnala l'esistenza di alcuni dati trascurati, consistenti in intercettazioni da cui emergeva che l'organizzazione si serviva di professionisti compiacenti e sovente le richieste venivano operate all'insaputa dei datori di lavoro. Si segnala altresì l'incompletezza motivazionale consistente nella mancata valutazione anche di altri elementi di prova testimoniale a discarico. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge in riferimento al contenuto della previsione incriminatrice di cui all'articolo 12 TU imm., nonché mancata applicazione dell'articolo 2 cod.penumero . Si afferma che la condotta tenuta dal ricorrente non rientra nella attuale locuzione normativa ove si compie riferimento alla punibilità di atti diretti a “procurare” l'ingresso illegale e non già a “favorire” il medesimo. La modifica normativa, già risalente alla legge del 2002, come ritenuto anche nella presente sede di legittimità da Sez. Ili 30.5.2012 , avrebbe comportato una sensibile riduzione dell'area della punibilità atteso che l'uso del termine “procurare” implica che la condotta punibile sia soltanto quella volta a consentire l'effettivo ingresso dello straniero. Dunque, pur ritenendola sussistente in fatto, la condotta tenuta dallo S. non sarebbe punibile. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 48 e 479 cod.penumero . Nessun visto di ingresso è stato rilasciato sulla base delle richieste provenienti dallo S. , e dunque non sarebbe neanche in tal caso stata raggiunta la soglia della punibilità, che presuppone l'avvenuto rilascio dell'atto amministrativo. Il ricorrente evidenzia, sul punto, che la Corte territoriale in parte motiva ritiene punibile al più il tentativo ma tale affermazione non ha comportato alcuna riduzione del trattamento sanzionatorio, rapportato al reato consumato. Con il quarto motivo si deduce erronea applicazione della legge penale in riferimento alla ritenuta aggravante di cui al comma 3 bis dell'articolo 12 TU imm Si osserva che solo tre nominativi - tra quelli per cui lo S. aveva inoltrato richiesta - sono stati rinvenuti negli elenchi sequestrati presso il coimputato Si.Sa. . Da qui l'nsussistenza dell'ipotesi aggravata, dovendosi al più ritenere che solo tre soggetti erano stati indicati con lo scopo di procurare l'illecito ingresso. Con il quinto motivo si deduce intervenuta violazione dei parametri commisurativi della pena di cui all'articolo 133 cod.penumero nonché vizio di motivazione sul punto. La Corte territoriale non tiene conto del fatto che nessun nulla-osta è stato rilasciato e nessun beneficio economico è stato conseguito dallo S. , quantomeno al fine di adeguare il trattamento sanzionatorio. Inoltre sarebbe stato ingiustamente sottovalutato il buon comportamento processuale consistente nella indicazione del patronato incaricato di elaborare le richieste, da parte dello S. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è in parte fondato, per le ragioni che seguono. 1.1 Va precisato che non può trovare accoglimento la doglianza - di cui al primo motivo - relativa alle modalità di elaborazione della prova a carico, risultando congruamente motivata la decisione sul tema della penale responsabilità dello S. , sia pure in relazione alla fattispecie - non aggravata - di cui all'articolo 12 co. 1 TU imm. ed al tentativo di falso per induzione. La ricostruzione del fatto, consistente nella presentazione di numero 25 istanze nominative di nulla-osta al lavoro ai sensi degli articolo 21 e 22 TU imm. da parte dello S. , risultate ideologicamente false per la mancanza del reale fabbisogno di manodopera nei termini quantitativi richiesti risulta basata su solide basi indiziarie, nel cui sviluppo argomentativo non sono identificabili vizi di sorta. In particolare, va ricordato che l'attribuzione allo S. dell'inoltro in via telematica delle istanze contenenti le proposte di assunzione funzionali al rilascio del visto di ingresso provvisorio risulta asseverata non solo dal fatto che tre nominativi - tra quelli indicati - risultavano presenti negli appunti sequestrati al soggetto ritenuto intermediario, ma anche dal rinvenimento delle ricevute dell'inoltro telematico quattro su cinque all'interno della sua abitazione. In presenza di tali convergenti dati indizianti cui si unisce il risultato della verifica circa l'assenza del fabbisogno di manodopera aziendale nei termini oggetto di richiesta non può dirsi necessaria - in sede di merito - l'esplorazione ulteriore delle ipotesi alternative introdotte dalla difesa, posto che la decisione rappresenta un complesso argomentativo coerente ed organico, nel cui ambito non è necessaria la confutazione espressa delle ipotesi manifestamente incompatibili con il contenuto dei dati indizianti, sufficientemente esposti ed ampiamente significativi sul tema, di recente, Sez. IV numero 4491 del 17.10.2012, rv 255096 . Del resto, la stessa regola di giudizio contenuta nell'articolo 533 co. 1 cod. proc.penumero l'affermazione di colpevolezza solo in assenza di ragionevole dubbio risulta pienamente rispettata, non potendosi - sul piano del metodo - elevare ogni astratta ipotesi alternativa alla consistenza del dubbio “ragionevole” citato dalla norma. Il dubbio, infatti, per determinare l'ingresso di una reale ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, tale da determinare una valutazione di inconsistenza dimostrativa della decisione, è solo quello “ragionevole” e cioè quello che trova conforto nella buona logica, non certo quello che la logica stessa consente di escludere o di superare in tal senso Sez. I numero 3282 del 2012 emessa il 17.11.2011, nonché, in termini generali, Sez. I numero 31546 del 21.5.2008, rv 240763 . Nel caso in esame, pertanto, correttamente motivata è l'attribuzione allo S. della condotta materiale, con rigetto del ricorso nella parte relativa al preteso vizio motivazionale sul punto, peraltro denunziato in modo assolutamente generico. 2. Ben più complessa risulta l'analisi dei profili di diritto, posta - sotto vari profili - dal ricorrente al secondo, terzo e quarto motivo di ricorso. 2.1 Pacifica infatti risulta la circostanza - in fatto - del mancato rilascio del visto di ingresso provvisorio nulla-osta al lavoro subordinato di cui all'articolo 22 co.5 T.U. imm., in relazione alle istanze di assunzione all'epoca inoltrate dallo S. . Da ciò è lecito dedurre che nessun lavoratore extracomunitario abbia tratto vantaggio dalla condotta tenuta dallo S. , né abbia mai fatto ingresso nel territorio dello Stato in violazione della disciplina di settore, non essendo venuto alla luce l'atto amministrativo rappresentato, appunto, dal nulla-osta che avrebbe temporaneamente reso legittimo ma in realtà sulla base di un falso bisogno di manodopera l'ingresso e il soggiorno dello straniero. Tali dati non sono indifferenti nell'ambito della ricostruzione giuridica delle fattispecie contestate e sul punto alcune delle conclusioni cui è approdata la Corte territoriale non risultano condivisibili. La condotta tenuta dall'imputato è pacificamente condotta “diretta” verso un fine che non si è realizzato per fatto estraneo alla volontà dell'agente ed assume le tipiche vesti - sul piano dogmatico - del delitto tentato e non di quello consumato ciò anche in rapporto al delitto di falso, come affermato in parte motiva dalla stessa Corte territoriale . Ciò comporta - in diritto - la necessità di approfondire l'esame della logica sottesa alle plurime incriminazioni di cui all'articolo 12 del TU imm., norma oggetto di ricorrenti interventi di novellazione se ne contano ben sette sull'intero testo normativo tra il 1998 e il 2009 ed orientata a reprimere non già le condotte dell'immigrato 'clandestino' in quanto tale , quanto le condotte dei soggetti che sul fenomeno della immigrazione costruiscono occasione di sfruttamento e di guadagno economico, al contempo contribuendo ad alimentare la costante violazione della disciplina di settore. Nella formulazione vigente a far data dal 15 luglio 2009, legge numero 94 la punibilità - ai sensi dell'articolo 12 co. 1 - è in apertura correlata alle condotte di “trasporto” di stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle regole disciplinanti l'ingresso sub specie promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o realizzazione del medesimo o a quelle di chi compie “altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso”, con pena edittale individuata nella reclusione da uno a cinque anni e con multa di Euro 15.000,00 per ogni persona. Segue, sempre nella formulazione vigente, una - in verità insolita -riproduzione, al comma 3, dell'intero testo della disposizione incriminatrice di cui al comma 1 che fa da prologo alla introduzione dell'articolato sistema di aggravanti e attenuanti seconda parte del medesimo comma 3 più commi da 3 bis a 3 quinquies di cui si dirà. Ora è evidente che l'identificazione della condotta prioritaria nel “trasporto” - con innovazione terminologica e descrittiva realizzata dal legislatore del 2009 posto che nelle precedenti stesure della norma si indicava la condotta come attività dirette a favorire l'ingresso e, dal 30 luglio 2002, legge numero 189, come atti diretti a procurare l'ingresso - tende ad evocare - non solo nelle intenzioni dell'agente ma nel concreto divenire degli eventi - un effettivo esito dell'azione, rappresentato dall'ingresso nel territorio dello Stato della persona trasportata. In tale parte la norma vigente tende a rappresentare che l'azione, per essere punibile, deve essere caratterizzata da una attitudine lesiva della discipina di settore, posto che l'attività di “trasporto” è ben espressiva di un'azione che si realizza mediante il movimento della persona verso il luogo preso di mira, nel caso in esame il territorio italiano. Tuttavia l'estensione della condotta punibile ad altre condotte atipiche diverse dal trasporto e dirette a procurare l'ingresso illegale in ciò realizzandosi continuità normativa con il testo introdotto nel 2002 amplia il fronte della punibilità ad atti che, seppur univocamente orientati a consentire l'ingresso dello straniero, non abbiano necessariamente conseguito il fine previsto, secondo lo schema tipico del tentativo punibile. In ciò non pare decisiva diversamente da quanto sostenuto da Sez. Ili numero 20880 del 29.2.2012, rv 252911 che valorizza il dato letterale del “procurare” - in luogo del precedente termine “favorire” - al fine di escludere la punibilità dell'agente lì dove l'ingresso dello straniero non abbia avuto luogo la modifica del testo della norma in parola attuata con legge numero 189 del 2002 da attività dirette a favorire l'ingresso ad atti diretti a procurare l'ingresso perché se è vero che “favorire” è concetto più ampio di “procurare” ciò che rileva - sotto il profilo della individuazione della soglia di punibilità - è l'espressione atti diretti a , il che implica la correlazione tra punibilità e attività finalisticamente orientata a conseguire lo scopo, sia o meno lo stesso raggiunto in tal senso, l'orientamento prevalente nella presente sede di legittimità, tra cui Sez. III numero 35629 del 19.5.2005, rv 232390 nonché, proprio sul tema qui in trattazione, Sez. I numero 20883 del 21.4.2010, rv 247421 e Sez. I numero 27106 del 16.6.2011, rv 250803 . In effetti la modifica descrittiva della condotta punibile - in tal senso già attuata nel 2002 - appare più orientata a dissipare gli equivoci dogmatici di certo collegabili all'utilizzo originario di un termine come quello di favorire che nella nomenclatura tipica penalistica presuppone secondo lo schema del delitto di favoreggiamento personale l'avvenuta consumazione di un reato presupposto, poco rispondente ad una voluntas legis di costruzione di una fattispecie a consumazione anticipata, ove la punizione per il fatto tipico risulta ancorata ad una condotta altrimenti rientrante sotto la generale clausola estensiva dell'articolo 56 cod.penumero . E non a caso il termine “favorire” resta utilizzato dal legislatore - in senso più rispondente alla sua connotazione tipica - al comma 5 del medesimo articolo 12, lì dove si rendono punibili condotte tese a favorire la “permanenza” dell'irregolare, condotta che presuppone il reato di ingresso illegale e tende a consolidarne gli effetti. È esatto ritenere che al comma 1 dell'articolo 12, invece, il legislatore intende diversificare - sul piano politico-criminale - la condotta dell'immigrato che comunque realizza, in ipotesi di ingresso, il reato attualmente previsto dall'articolo 10 bis da quelle dei soggetti disinteressati, sul piano personale, al proprio ingresso, ma interessati a procurare l'ingresso illegale spesso in forma massiva di terzi, costruendo una fattispecie autonoma di reato che indubbiamente si caratterizza, quantomeno nella sua generale previsione, per una soglia di consumazione anticipata, rendendo punibile anche il tentativo di ingresso illegale altrui, lì dove obiettivamente idoneo secondo il generale criterio di materialità della condotta tale essendo il significato della espressione atti diretti a procurare . Del resto, l'oscillazione edittale prevista con pena minima di un anno e massima di cinque rappresenta il risvolto di una non irragionevole opzione legislativa, tesa ad incriminare in modo autonomo e secondo una particolare ratio dissuasiva delle condotte de qua anche fatti che non abbiano - in realtà - dato luogo ad ingressi illegali tenendo conto del fatto che l'ingresso abusivo, nelle sue forme più gravi, può dar luogo ad una pena massima di anni cinque per il soggetto già in precedenza espulso ed in ciò non si espone a rilievi di compatibilità sistematica e costituzionale. 2.2 Diverso, a parere del Collegio, è però il caso delle condotte descritte nella seconda parte del comma 3 dell'articolo 12 nella sua attuale formulazione che è da ritenersi implichino l'avvenuto ingresso dell'immigrato nel territorio dello Stato in violazione della disciplina di settore. La norma in questione, pur riproducendo integralmente il testo del comma 1, prevede, nella seconda parte, un gruppo di circostanze aggravanti ad effetto speciale, così descritte a il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più1 persone b la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale c la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale d il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti e gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti Ora, pur in presenza di una identità espressiva tra comma 1 e comma 3 circa le condotte “principali” si continua a descrivere tali condotte in termini di trasporto o di altri atti diretti a procurare l'ingresso illegale è necessario addivenire alla interpretazione prima evocata con necessità dell'ingresso sulla base di tre considerazioni di fondo - la descrizione degli “elementi specializzanti” delle condotte qui descritte dal legislatore come fattori di aggravamento si evoca l'ingresso, si valorizzano le effettive modalità del trasporto, sia sotto il profilo delle condizioni dei soggetti trasportati che in relazione ai mezzi e alle modalità in concreto utilizzate - la considerazione del notevole incremento sanzionatorio previsto, con pena edittale da cinque a quindici anni ed ulteriore incremento in ipotesi di sussistenza di più fatti tra quelli descritti comma 3 bis del medesimo articolo - la differente natura delle ulteriori circostanze aggravanti ad effetto speciale oggi descritte al comma 3 ter della medesima norma nel cui ambito è invece rilevante la semplice direzione univoca dell'azione, come risulta dall'utilizzo dell'espressione al fine di e dall'espresso richiamo alle condotte di cui al comma 1 e comma 3 . In effetti, la descrizione delle ipotesi specializzanti contenute nel comma 3 -norma che va ritenuta introduttiva di un titolo autonomo di reato, più che una aggravante seguendo la linea tracciata da Sez. I numero 7157 del 22.1.2008, rv 239304, sia pure sul testo antecedente rispetto alle ulteriori modifiche del 2009 - risulta incentrata su fatti evocativi di una effettiva violazione della disciplina di controllo dell'immigrazione, quali l'avvenuto ingresso o permanenza illegale di cinque o più persone lett. a , o sulle particolari condizioni vissute dal soggetto “trasportato”, o ancora su particolari modalità del fatto numero degli agenti, utilizzo di servizi internazionali di trasporto, di documenti contraffatti, di armi . Così come il massiccio incremento sanzionatorio risulta connotato da ragionevolezza sistematica solo ove lo si rapporti ad una effettiva violazione della disciplina “di settore” e dunque all'avvenuto ingresso abusivo di un numero pari a cinque o più soggetti o alle altre condizioni elencate dal legislatore e prima ricordate, non potendosi ritenerle la sua ragionevolezza in ipotesi di mero tentativo punibile. La tecnica normativa adottata - pertanto - oltre a soffrire di plurime stratificazioni che rendono non poco problematica l'identificazione dell'effettivo regime giuridico applicabile ai fatti antecedenti al 2009 - appare infelice nella riproposizione, nella prima parte del comma 3 - di una descrizione della condotta “di base” analoga a quella del comma 1, ma la valorizzazione delle ipotesi effettivamente tipizzanti consente il recupero di ragionevolezza sistematica qui proposto e realizzato, anche in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata. Del resto, come si è anticipato, l'autonomia tra le due previsioni incriminatrici comma 1 e comma 3 dell'articolo 12 è avvalorata anche dall'attuale testo del comma 3 ter, che nel descrivere le ulteriori ipotesi finalistiche di aggravanti ad effetto speciale finalità di reclutamento per prostituzione o sfruttamento lavorativo, anche in relazione a soggetti minori finalità trarre profitto, anche indiretto, dalla condotta fa riferimento in modo distinto alle ipotesi del comma 1 e del comma 3 del medesimo articolo 12 del TU imm Dunque è da ritenersi, in ciò esprimendosi il principio di diritto in cui si realizza il giudizio di legittimità, che le condotte descritte dal legislatore al comma 3 e 3 bis dell'articolo 12 TU imm. - nella sua attuale stesura - implichino l'effettiva violazione della disciplina di settore in tema di immigrazione e dunque l'ingresso illegale nel territorio dello Stato dei soggetti agevolati o trasportati, a differenza dell'ipotesi di cui al comma 1, caratterizzata nella sua ultima proposizione altri atti diretti a procurarne l'ingresso dalla anticipazione della soglia di punibilità secondo lo schema giuridico del tentativo delitto a consumazione anticipata . Le ipotesi del comma 1, lì dove la condotta non abbia ottenuto l'effetto di determinare l'ingresso, possono pertanto trovare aggravamento solo lì dove sussistano le specifiche condizioni di cui al comma 3 ter, per espressa indicazione legislativa. 2.3 Calando tali principi nel caso in esame, va affermato quanto segue. S.A. risulta tratto a giudizio in riferimento all'allora vigente ned' anno 2008, dunque il testo della norma risultante da legge numero 189 del 2002 con le sole modifiche apportate da d.l. numero 241 del 2004 articolo 12 co. 1, co. 3 finalità di profitto e co. 3 bis fatto concernente l'ingresso di cinque o più persone in riferimento ad una condotta che, pur nella sua potenziale idoneità, non ha determinato alcun ingresso illegale di stranieri extracomunitari. Ciò esclude di poter ritenere la condotta punibile oltre il limite di cui all'attuale articolo 12 comma 1 allora vigente e non modificato in senso favorevole al reo, come si è detto posto che la ritenuta aggravante del numero delle persone destinatane della agevolazione - date le modifiche normative intervenute con legge numero 94 del 2009 - non trova applicazione nelle ipotesi di mancato raggiungimento dello scopo. Oltre a quanto osservato nella parte che precede la legge del 2009 enuclea come condotta principale il trasporto e tende a risistemare in maniera meno confusa la materia circostanziale, secondo la linea interpretativa qui tracciata , va infatti affermato che non vi è dubbio circa l'applicabilità, nella parte favorevole, all'imputato del testo normativo introdotto nel 2009, ai sensi dell'articolo 2 co. 4 cod.penumero , non essendo stata emessa decisione irrevocabile e ciò al di là della possibilità contestata dal prevalente orientamento interpretativo di ritenere già sulla base del precedente testo punibile il fatto - aggravato dal numero delle persone agevolate - solo ove si sia effettivamente verificato l'ingresso dei clandestini. Nel complesso e frenetico lavorio legislativo di costante riscrittura del testo normativo qui esaminato fatto di per sé dannoso e sideralmente lontano dai dettami della scienza della legislazione, trattandosi di norma incriminatrice va infatti ribadito che la conseguenza voluta o meno dagli ultimi redattori favorevole - qui ritenuta - deriva non solo dal complessivo 'riallineamento' nell'attuale comma 3 ultima parte di “fatti circostanziali” prima allocati in modo diverso nel testo che evocano, nel loro impianto semantico, l'avvenuta consumazione del reato attraverso l'ingresso, ma anche da modifiche descrittive di alcune delle stesse aggravanti in parola. Ed infatti, mentre nel testo vigente sino all'intervento del 2009 le lettere b e c dell'adora co. 3 bis [attuale ultima parte del comma 3 iniziavano, nella descrizione della condotta, con il termine “per” allo scopo di procurare l'ingresso, in ciò consentendo almeno secondo il prevalente orientamento una lettura marcatamente finalistica della condotta, compatibile con l’equiparazione tra tentativo e consumazione, il legislatore ultimo oggettivizza la condotta in questione e la ancora all'avvenuto trasporto così descrivendo il fatto .nel caso in cui la persona trasportata . Ciò rappresenta, ad avviso del Collegio, conferma ulteriore della esistenza di una parte innovativa favorevole, sul piano oggettivo, dell'intervento normativo che si estende - per quanto sinora detto - alla interpretazione dell'intero comma 3 dell'articolo 12 nella sua attuale formulazione. Resterebbe compatibile con la condotta dello S. , in astratto, l'ipotesi della finalità di lucro attuale co.3 ter, prima allocata al co. 3 pur dedotta in imputazione, ma che risulta non assistita da alcun concreto supporto dimostrativo, anche in relazione all'avvenuta assoluzione dello S. dal reato associativo di cui al capo A della contestazione. Da quanto sinora detto deriva l'annullamento senza rinvio della decisione impugnata in relazione alle ipotesi di cui ai commi 3 e 3bis dell'articolo 12 TU imm., come allora contestati, con necessaria rielaborazione del trattamento sanzionatorio da parte di altra Sezione della Corte d'Appello di Reggio Calabria. Anche in riferimento all'ulteriore contestazione di falsità ideologica per indizione in errore la condotta - come del resto ritenuto in parte motiva dalla stessa Corte territoriale si veda pag.32 - va espressamente riqualificata in tentativo di falsità ideologica compiuto mediante induzione, non essendo stato emesso Tatto amministrativo oggetto di richiesta, con le necessarie conseguenze in tema di trattamento sanzionatorio. 3. Il quinto motivo di ricorso resta assorbito dall'accoglimento parziale sin qui illustrato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle circostanze aggravanti di cui ai commi 3 e 3bis dell'articolo 12 d.lgs. numero 286 del 1998, che esclude, e qualificato il reato di falso come reato tentato, rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello di Reggio Calabria per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Rigetta nel resto il ricorso.