Via libera alla sostituzione degli impianti centralizzati con quelli autonomi per un uso razionale dell'energia

I nuovi impianti autonomi di riscaldamento, al fine di garantire il miglior utilizzo delle risorse energetiche, devono essere dotati di termoregolatori e dispositivi di contabilizzazione del calore.

La sostituzione degli impianti può rendere necessarie opere di adeguamento strutturale degli immobili entrambe le decisioni, nella vecchia formulazione della L. n. 10/1991, dovevano essere deliberate dall'assemblea a maggioranza semplice, mentre, attualmente devono essere assunte a maggioranza degli intervenuti e con numero di voti pari ad un terzo dei millesimi del valore dell'edificio ndr art. 26, comma 2 . Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22276 del 27 settembre 2013. Il caso. L'assemblea dei condomini, a maggioranza, deliberava la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato con diversi impianti autonomi. La delibera veniva impugnata. Nei giudizi di primo e secondo grado, parte appellante sosteneva che L. n. 10/1991 si poneva l'obbiettivo di garantire il risparmio energetico, che l'impianto centralizzato garantiva un minore consumo rispetto agli impianti autonomi, dunque non potevano applicarsi le maggioranze e, più in generale, la normativa ex L. n. 10/1991. La corte d'appello confermava la regolarità della delibera assembleare parte soccombente proponeva ricorso per cassazione. La L. n. 10/1991 non impone che sia preliminarmente provata la riduzione dei consumi. La S.C. ha chiarito che la norma non prescrive l'obbligo di provare preventivamente la riduzione dei consumi in ogni caso, l'orientamento applicativo prevalente è quello di favorire la trasformazione degli impianti di riscaldamento da centralizzati ad autonomi. Sotto questo profilo è illuminante il confronto tra la vecchia e nuova formulazione della norma. Nella prima non era prevista alcuna valutazione preventiva mentre nella seconda è chiesta, semplicemente una certificazione energetica che, chiarisce la corte, non è una penetrante analisi peritale dell'intensità del consumo dell'impianto che si va a sostituire. Non è obbligatoria una perizia preventiva. L'art. 28 prescrive l'obbligo di depositare una relazione tecnica illustrativa il cui contenuto non deve certamente coincidere con la stima dei consumi potenziali dei due impianti centralizzato e individuale . Detta relazione tecnica non è requisito essenziale per l'assunzione della delibera assembleare essendo funzionale alla fase successiva di concreta realizzazione dell'impianto v. Cass. 1166/2002 . La fase deliberativa e la fase attuativa. All'assemblea spetta il compito di valutare la convenienza economica dell'operazione mentre la realizzazione pratica del mutamento deve avvenire sotto la guida dell'amministratore v. Cass. n. 4216/2009 . Ove sussistano criticità nella fase attuativa, il condomino che si senta danneggiato deve attivarsi autonomamente e con riferimento alla singola circostanza nel momento in cui si verifica, di conseguenza, non è consentito impugnare la delibera assembleare paventando futuri e possibili rischi e/o danni. E' favorita l'installazione degli impianti singoli. Interpretando il testo normativo, la Cassazione ha evidenziato che l'orientamento prevalente è volto a favorire la sostituzione degli impianti centralizzati con quelli autonomi perché i secondi garantiscono, al di la della condizione strutturale dell'impianto comune, un utilizzo razionale dell'energia. In ogni caso, la vetustà dell'impianto centralizzato non può essere valutata con esclusivo riferimento al consumo totale dovendosi valutare anche età dell'impianto e condizione delle tubazioni. Quanto appena osservato trova conferma al comma 6 dell'art. 26 della norma in commento, nella parte in cui, per il nuovo, impone la costruzione di impianti autonomi dotati di termoregolazione e contabilizzazione del calore. Sostituzione dell'impianto, adeguamenti strutturali e maggioranze. La sostituzione degli impianti può rendere necessarie opere di adeguamento strutturale degli immobili entrambe le decisioni, nel caso di specie, dovevano essere deliberate dall'assemblea a maggioranza che, ratione temporis, doveva essere - come effettivamente accaduto - semplice, mentre, attualmente deve essere assunta a maggioranza degli intervenuti e con numero di voti pari ad un terzo dei millesimi del valore dell'edificio ndr art. 26, comma 2 v. Cass. n. 7130/2001 . Irrilevante che l'impianto centralizzato sia alimentato a gas. Anche sotto questo profilo, la S.C. ha chiarito che è indispensabile che i nuovi impianti siano alimentati a gas mentre è irrilevante e comunque non ostativo della trasformazione, la circostanza che l'impianto centralizzato risulti già alimentato a gas. Inoltre, la L. n. 10/1991, ratione temporis, incentivava la sostituzione degli impianti centralizzati con quelli individuali, quindi, risulta inappropriata ed irrilevante la difesa fondata sul minor consumo garantito dal ricorso alla energia solare in luogo del gas. Per tutte queste ragioni, la S.C. ha respinto il ricorso e confermato la delibera impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 giugno - 27 settembre 2013, numero 22276 Presidente Triola – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 Con il ricorso numero 1937/2010 è tempestivamente censurata la sentenza della Corte di appello di Bari - resa il 2 dicembre 2008 - con la quale è stata confermata la legittimità della delibera adottata dal condominio via Quintino Sella 20, Bari il 21 aprile 1997. La delibera, impugnata da V M. ved T. , V T. , G P. in ., M T. in N. e M.A S. in I. , stabiliva la trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato ad autonomo per ogni appartamento ex lege 10/91. La Corte d'appello rigettava l'appello, correggendo la motivazione di primo grado. Affermava che il tribunale, preso atto del sopraggiungere, nel 1998, di altra delibera confermativa di quella impugnata, avrebbe dovuto limitarsi a dichiarare cessata la materia del contendere, regolando le spese secondo la soccombenza virtuale. A tal fine riesaminava tutte le doglianze proposte a sostegno dell'impugnazione della delibera assembleare e le disattendeva. In particolare osservava a che non c'era bisogno di unanimità dei consensi, vertendosi in ipotesi di applicabilità della legge 10/91 b che la delibera non necessitava di progetto e relazione tecnica di fattibilità. 3 che l'assenza dei proprietari dei locali a piano terra e scantinato non era rilevante, non essendo proprietari dell'impianto di riscaldamento. Rigettava infine le doglianze circa la liquidazione delle spese di primo grado. Ai 26 motivi di ricorso per cassazione il Condominio ha contrapposto controricorso, illustrato da memoria. La causa è stata fissata il 7 novembre 2012 e rinviata a nuovo ruolo per acquisire autorizzazione assembleare all'amministratore a resistere in giudizio. Parte ricorrente ha depositato memoria in vista dell'udienza del 4 giugno 2013. 2 Con il ricorso numero 14829/10, composto da 462 pagine, è tempestivamente censurata, dai medesimi ricorrenti, eccettuata la S. , la sentenza della Corte di appello di Bari - resa il 30 giugno 2009 e notificata il 30 marzo 2010 - con la quale è stata confermata la legittimità della delibera adottata dal condominio via omissis il 28 gennaio 1998. La delibera, in assenza dei ricorrenti, nuovamente stabiliva la modifica dell'impianto di riscaldamento da centralizzato ad autonomo per ogni appartamento. La Corte d'appello, premessa la inammissibilità di nuova produzione documentale depositata dagli appellanti, riteneva consentita la soppressione dell'impianto ai sensi della legge 10/91, con le forme adottate. Ai 22 motivi di ricorso per cassazione, il Condominio ha contrapposto controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria per l'udienza del 7 novembre 2012. In quella sede è stato disposto rinvio a nuovo ruolo in attesa di delibera condominiale di autorizzazione dell'amministratore a resistere. Parte controricorrente ha depositato nota con cui espone che aveva già ottemperato a tale obbligo e memoria con in calce nuovo mandato rilasciato al difensore dal nuovo amministratore di condominio. Vi è stata nuova memoria dei ricorrenti. Negli atti depositati in cancelleria si rinvengono anche una segnalazione dei ricorrenti ai fini della riunione e una nota del Condominio di correzione di un proprio atto difensivo. I ricorsi sono stati riuniti. Motivi della decisione 3 In sede di discussione è stata sollevata questione circa la congruità del contributo unificato versato, rilievo di portata fiscale, che non ha peso ai fini della decisione. È stata contestata anche la possibilità delle parti di depositare due memorie ex art. 378 c.p.c., facoltà che invece sussiste qualora, come nella specie, vi sia stato rinvio di una prima udienza di discussione nella specie, per motivi di ufficio ex art. 182 c.p.c. , con conseguente rifissazione. Peraltro nel giudizio di legittimità, le memorie di cui all'art. 378 cod. procomma civ. sono destinate esclusivamente ad illustrare censure già compiutamente formulate nell'atto di impugnazione, sicché il loro deposito non è decisivo ai fini delle soluzioni adottate dal Collegio. 4 Conviene esaminare in primo luogo il ricorso numero 14829, relativo alla seconda delibera, confermativa di quella del 1997, per le possibili ricadute della decisione. Il prima motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 cc, 115 - 91 e 15 c.p.c., della legge numero 10/91 e vizi di motivazione. Anche il secondo motivo deduce violazione dell'art. 26 della legge 10 e ha per oggetto il risparmio energetico realizzato con la modifica dell'impianto centrale. La tesi prolissamente sostenuta con i due motivi si basa sulla relazione di parte Inumero , prodotta in primo grado, e sostiene che l'impianto comune produceva un consumo di energia inferiore a quello dei 15 nuovi impianti, sicché non sarebbe stata possibile l'adozione di delibera condominiale di trasformazione, in mancanza di preventiva prova del risparmio energetico, negato dalla perizia di parte. Si sostiene anche che per la validità della delibera condominiale sarebbe necessario dimostrare - prima della deliberazione l'effettiva e concreta esistenza di una riduzione di consumi e di un risparmio energetico. La tesi, riassunta nei quesiti posti a pag. 174, è infondata. Lo è in primo luogo perché la Corte d'appello, nel riportare l'unico motivo di appello, ha precisato particolari relativi alla relazione condominiale XXX che indicavano la sussistenza di motivi prevalenti circa la convenienza della trasformazione vetustà delle tubazioni, mancata coibentazione , non superabili con una alternativa valutazione di merito in sede di legittimità. 4.1 È infondata soprattutto perché la Corte di appello ha correttamente distinto tra fase deliberativa e fase attuativa della delibera e ha chiarito che ai fini della validità della deliberazione non sono necessaria acquisizioni tecniche che dimostrino preventivamente la assoluta convenienza della trasformazione quanto ai consumi. Infatti dalla normativa invocata non si desume che sussista tale obbligo, né che si debba dimostrare la riduzione dei consumi di combustibile per legittimare la trasformazione. Al legislatore è apparso opportuno favorire, come si dirà anche di seguito, la trasformazione degli impianti da centralizzati in autonomi in relazione al miglioramento che, secondo un criterio di larga scala, esso induce nella gestione del consumo energetico, al di là delle verifiche preventive del caso singolo, che sarebbero incongrue con lo stesso dettato di favore per la trasformazione della tipologia di impianti. È evidentemente impossibile avere la preventiva e anche successiva certezza che l'accensione degli impianti e i relativi consumi, allorché autogestiti, restino di fatto inferiori, ben potendo i singoli incorrere in usi errati e consumi che prescindono dal criterio che il legislatore, secondo l' id quod plerumque accidit , ha preferito, cioè la frammentazione in impianti autonomi. Si trova conferma del favor per l'individualizzazione degli impianti anche nella previsione di cui all'art. 26 comma 6 che per i futuri impianti di riscaldamento al servizio di edifici di nuova costruzione, ha imposto che siano progettati e realizzati in modo tale da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola, unità immobiliare. 5 Resta in tal modo superato anche quanto sostenuto nel quarto e quinto motivo, ove si pone la medesima questione sotto il profilo del vizio di motivazione. 6 Con il terzo motivo di ricorso è denunciata violazione dell'art. 1120 c.c. pur traendo spunto sempre dalla dedotta insussistenza di risparmio energetico, esso aggiunge e sottolinea, per dimostrare l'illegittimità della delibera ex lege 10/91 e quindi la necessità di delibera unanime, che l'impianto centralizzato preesistente era già alimentato a gas metano e che ex post ne sarebbe emersa la non fattibilità per tutti i condomini a causa della conformazione in specie delle colonne montanti . Il quesito di diritto pag. 192 pone infatti anche questi presupposti della richiesta suddetta. La censura è infondata. Nel testo originario applicabile alla specie fu modificato dal d.lgs. 192/05, dal d.lgs. 311/06 e dall'art. 27 comma 22 L. 99/09 , l'art. 26 comma 2 della legge 10/91 prevedeva che per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'art. 1, ivi compresi quelli di cui all'art. 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali”. L'individuazione degli interventi contemplati è desumibile dalla stessa normativa, e dunque sia dall'art. 1, espressamente menzionato, che al comma 3 indica le fonti rinnovabili, sia dall'articolo 8. Questa disposizione identifica - alla lettera g - tra gli interventi meritevoli di contributi pubblici, la trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria dotati di sistema automatico di regolazione della temperatura, inseriti in edifici composti da più unità immobiliari, con determinazione dei consumi per le singole unità immobiliari”. Si evince chiaramente che non è richiesto che l'impianto centralizzato da sostituire sia alimentato da fonte diversa dal gas, ma solo che quelli autonomi da realizzare lo siano, come nella specie è avvenuto. 6.1 Né era prevista una verifica preventiva penetrante della efficacia dell'intervento lo si desume, a tacer d'altro, dalla circostanza che l'art. 26, nel testo modificato, sottopose la deroga alle regole assembleare alla circostanza che gli interventi deliberati fossero individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato”, il che non era richiesto in precedenza. Da tutte le considerazioni fin qui svolte discende non solo il rigetto del terzo motivo, ma anche del sesto, con il quale si afferma che la trasformazione sarebbe stata preclusa, perché l'impianto centralizzato precedente era a già alimentato a gas, invocando l'art. 8 lettera f . Questa disposizione prevede l'erogazione dei contributi anche in caso di installazione di sistemi di controllo integrati e di contabilizzazione differenziata dei consumi di calore nonché di calore e acqua sanitaria di ogni singola unità immobiliare, di sistemi telematici per il controllo e la conduzione degli impianti di climatizzazione nonché trasformazione di impianti centralizzati o autonomi per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1”. Invano parte ricorrente tenta di ricondurre a questa ipotesi la vicenda condominiale di cui si tratta. La disposizione di cui alla lettera f si riferisce a condizioni diverse da quelle previste dalla lettera g , ipotesi speciale dedicata proprio agli edifici composti da più unità immobiliari né si può credere che l'una e l'altra ipotesi sono poste alternativamente dalla normativa, trattandosi di concorrenti casi di legittimazione all'ottenimento dei contributi, ditalché riconosciuta la piena corrispondenza del caso in esame all'ipotesi g - l'interpretazione meramente possibilista proposta da parte ricorrente va senz'altro disattesa. 7 Non merita accoglimento neppure il settimo motivo, che lamenta vizi di motivazione e che è viziato in primo luogo da inammissibilità per violazione dell'art. 366 bis c.p.c Esso infatti si diffonde per oltre settanta pagine senza formulare il momento di sintesi, previsto dalla norma citata SU 20603/07 , che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Inoltre il motivo, pur presentato quale censura ex art. 360 numero 5, prospetta singolarmente profili che sembrerebbero attingere la doglianza di omessa pronuncia, giacché premette che in appello non era stato eccepito soltanto quanto oggetto di esame da parte della Corte territoriale, ma molto altro e si diffonde nell'indicare le cosiddette eccezioni non esaminate. Cosi inquadrata, la censura è inammissibile perché mal proposta e priva del quesito, che è richiesto anche in relazione ai vizi in procedendo. Tuttavia, se si considera che la Corte d'appello ha cercato di cogliere, anch'essa con le difficoltà di orientamento causate dalla lunghezza degli scritti, i punti decisivi, limitando ad essi, come d'obbligo, la risposta, si può credere che parte ricorrente si dolga consapevolmente della sola insufficienza di motivazione. Questa censura rileva però in sede di legittimità soltanto ove sia dimostrata la decisività delle risultanze asseritamente trascurate dal giudice di merito. Ed è questa la cartina di tornasole rivelatrice della configurabilità di una chiara indicazione del fatto controverso , preteso dalla disposizione di cui all'art. 366 bis c.p.c Orbene, le questioni intuibili in questo settimo motivo sono già assorbite da quanto osservato in precedenza o prive di fondamento. In particolare sembra utile soffermarsi su qualcuna, anche in vista dell'esame di successive censure. Si è detto della irrilevanza della preesistenza di un impianto alimentato a gas o dell'avvenuto conseguimento di riduzioni di consumi grazie a lavori precedenti. 7.1 È manifestamente in errore il ricorso laddove accusa la delibera di aver stabilito la trasformazione in impianti autonomi di qualunque tipo e non in impianti a gas. Già nelle difese in sede di merito parte resistente ha contestato che questa sia la formulazione della delibera. È sufficiente comunque osservare che, sfiorando la temerarietà, parte ricorrente indica tal fine solo una parte dispositiva della delibera stessa dimentica però che la delibera è composta di un insieme argomentativo ed è completata dalla relazione tecnica XXX riportata a pag. 372 e ss del ricorso , inequivocabili nel far comprendere che la trasformazione era voluta in impianti autonomi a gas. 7.2 Irrilevante è che nella fase attuativa sia emersa, secondo parte ricorrente, l'impossibilità di realizzare l'impianto autonomo in uno degli appartamenti per difficoltà connesse alla collocazione di una canna fumaria. La circostanza, che non risulta fosse nota al momento della delibera, non poteva rilevare ai fini della legittimità di essa, da valutare ex ante. Tutte le difficoltà della fase attuativa vanno infatti fatte valere al momento in cui emergono, con eventuali opportuni rimedi, sia al fine di farle superare, sia al fine di denunciare inadempienze ove colpevoli e lesive. 7.2.1 Infine non rileva che la legislazione favorisca le fonti rinnovabili di energia. Al di là della rubrica dell'art. 8, che a ciò si riferisce, il testo di esso vale a incentivare ogni forma di miglioramento dell'efficienza energetica e specifica sub g quanto già riportato, ditalché risulta superflua, ai fini del tema del decidere, ogni valutazione sull'opportunità di utilizzare l'energia solare o altra fonte di energia. Bene ha fatto la Corte di appello a non soffermarvisi. 7.3 Ed altrettanto corretto è stato ignorare quanto, secondo il ricorso, sarebbe stato riportato nelle relazioni di parte in ordine alla possibilità e validità di adottare valvole termostatiche o altri sistemi di contabilizzazione del calore centralizzato. Il Condominio non aveva alcun obbligo di preferire queste misure alternative, potendosi ben valere della normativa di favore per le decisioni condominiali del tipo adottato. 8 L'ottavo e il nono motivo di ricorso trovano esauriente risposta nelle osservazioni svolte sopra sub 7.1. 9 Il decimo insiste nell'affermare che sarebbe stato più conveniente l'uso di pannelli solari. Va risposto ancora una volta che, contrariamente a quanto il quesito propone, gli artt. 8 e 26 della legge citata non imponevano di preferire l'utilizzo di energia solare per riscaldare gli edifici, ma consentivano di deliberare a maggioranza anche soltanto il passaggio da un impianto centralizzato comunque alimentato a impianti autonomi a gas per le singole unità abitative. 10 Anche l'undicesimo motivo è vano. Esso, riguardante preteso vizio di motivazione, sembra aver di mira più un preteso fraintendimento della propria censura, svolta in appello, relativa alla relazione tecnica di convenienza economica e fattibilità della trasformazione, che non la esattezza delle affermazioni rese sul punto dalla Corte d'appello, che sono ineccepibili. Può essere esaminato unitamente ai motivi successivi, fino al quattordicesimo. Con queste doglianze l'istante vuole infatti che sia affermata la nullità della delibera - perché carente di una relazione tecnica idonea a dimostrare concretamente l'esistenza di una convenienza economica sotto il profilo della riduzione dei consumi 12 - perché la relazione di parte acquisita in causa avrebbe dimostrato che l'impianto centralizzato consumava meno gas dei 15 nuovi impianti 13 - per avere trascurato la relazione di convenienza economica dell'ing. Sa. 14 anch'essa volta a dimostrare che la trasformazione adottata era meno favorevole rispetto al mantenimento in esercizio dell'impianto preesistente o alla sua trasformazione in impianto solare. Tutte queste argomentazioni eludono il nucleo fondamentale della controversia, che risiede nello stabilire se la delibera, condominiale dovesse essere fondata su uno studio avente le caratteristiche richieste dal progetto dalla modifica, previsto dall'art. 28, e se la idoneità della relazione tecnica posta a base della delibera sia da valutare ex ante, cioè riportandosi alla situazione esistente a quel momento o ex post, cioè potendola sindacare in giudizio, come vorrebbe parte ricorrente. 10.1 In questa prospettiva è da esaminare congiuntamente anche il motivo 17, che critica la motivazione per aver sopravvalutato la relazione tecnica XXX, in quanto priva di calcoli sul consumo di gas e di dimostrazione scientifica in ordine ai minori consumi. La Corte di appello ha risposto ad ogni rilievo del tipo qui fatto valere, argomentando nel primo senso. Ha pertanto ricordato che, secondo l'orientamento di legittimità prevalso, la delibera condominiale di trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas, ai sensi dell'art. 26, comma 2 della legge 9 gennaio 1991, numero 10, in relazione all'art. 8 comma 1 lett. g della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali e1 valida anche se non accompagnata dal progetto di opere corredato dalla relazione tecnica di conformità' di cui all'art. 28, comma primo della legge stessa, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera Cass.5843/97 5117/99 7130/01 . Va aggiunto che le suddette norme, nell'ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa interna attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell'art. 1120 cod. civ. da una fase esecutiva esterna relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione , e solo per quest'ultima impongono gli adempimenti in argomento Cass. 1166/02 3515/05 . Inoltre è stato precisato che la legge nel distinguere la fase deliberativa da quella attua ti va, attribuisce alla prima la mera valutazione di convenienza economica della trasformazione ed alla seconda gli aspetti progettuali, ai fini della rispondenza del nuovo impianto alle prescrizioni di legge. Una volta deliberata la sostituzione, il condominio, e per esso l'amministratore, deve provvedere a tutte le opere necessarie, tranne quelle rientranti nella disponibilità dei singoli condomini, perché questi, sia pure dissenzienti, possano provvedere ad allacciare le varie unità immobiliari al nuovo sistema di alimentazione Cass. 4216/09 . Proseguendo su questa scia interpretativa, il Collegio intende affermare chiaramente che la deliberazione condominiale può formulare la valutazione di convenienza economica anche sulla base di una relazione tecnica o di altri riscontri valutativi che non scenda nel dettaglio richiedi bile per il progetto attuativo, ma sia attendibile e in buona fede volta al perseguimento dei fini tutelati dal legislatore del 1991. 10.2 Ciò è quanto i giudici di merito hanno rinvenuto nella delibera del 1998, adottata sulla base della relazione XXX. Il giudizio sul punto è congruo e logico, poiché la relazione adduce elementi inequivocabili volti a dimostrare la vetustà dell'impianto esistente e quindi, quantomeno nel tempo, la sua antieconomicità sotto il profilo dei consumi energetici, oltre che della conformazione unitaria e non parcellizzata come preferito dal legislatore. Trattasi di apprezzamento di merito incensurabile in questa sede. È già insita in queste osservazioni e nelle massime riportate la conseguenza circa la insindacabilità, nel successivo giudizio di impugnazione della delibera, sulla valutazione di convenienza, che è riservata ai condomini e che non può essere rivista dal giudice se ispirata. La mancata attuazione della delibera per concreta irrealizzabilità o per passività dell'amministratore e dei condomini favorevoli esula dall'area della validità della delibera di trasformazione dell'impianto e concerne la fase attuativa. In questa fase, risiede nella responsabilità dell'amministratore dare o meno corso alla delibera sulla base del progetto e della relazione tecnica che devono confermare, ex art. 28, la rispondenza alle prescrizioni della legge 10/91. Il condomino che si ritenga pregiudicato in questa fase può reagire convenientemente, come già accennato, senza però poter inficiare la delibera regolarmente adottata. 11 Con questi rilievi il Collegio respinge sia i motivi sopraelencati, sia il quindicesimo e il sedicesimo. Essi concernono infatti la difficoltà, emersa nelle more non risulta deduzione sul punto in sede deliberativa , di realizzare l'impianto nell'appartamento M. , questione concernente la fase attuativa. 12 Il diciottesimo motivo è infondato, perché ripropone la problematica relativa alla alimentazione dell'impianto centralizzato, esaminata in precedenza. 13 Il diciannovesimo si duole della mancata risposta alle critiche portate alla perizia XXX. Anche questa censura non coglie nel segno per ragioni già spiegate la relazione XXX non era una consulenza tecnica in corso di causa, cui quindi sono applicabili i principi giurisprudenziali invocati in ricorso era solo una relazione sulla convenienza economica volta a consentire ai condomini la valutazione sulla adozione della delibera, salva restando la necessità di relazione e progetto attuativi. 14 Il ventesimo motivo, sull'omesso esame della perizia Sa. , trova rigetto nelle osservazioni svolte nei p.10.2 e 11. 15 Manifestamente infondati sono anche i due ultimi motivi, relativi alla liquidazione delle spese di lite. I ricorrenti si dolgono della scelta di considerare la lite di valore indeterminabile e di utilizzare uno scaglione elevato assumono che il valore dell'impianto termico dismesso equivaleva a quello di un rottame di ferro . È palese invece che l'oggetto del contendere non è il valore dell'impianto dismesso, ma la deliberazione che approva la sua trasformazione in impianti autonomi, questione di valore indeterminabile, perché legata alle questioni giuridiche sottese alla validità di questo tipo di deliberazioni e non al valore economico dei 15 impianti. Si verte quindi in ipotesi di controversia di valore indeterminato e di consistente complessità, risultante dalla difficoltà intrinseca degli atti di causa che parte ricorrente ha depositato anche nel precedente grado, desumibile anche dal tenore del ricorso appena esaminato. 16 Il rigetto del ricorso 14829/10 ha effetti, nel senso che si dirà, sulla decisione del ricorso 1937/10, relativo alla impugnazione della omologa delibera di trasformazione, assunta nel 1997 e confermata nel 1998. Si è detto in narrativa che la sentenza di rigetto dell'appello deliberata il 2 dicembre 2008 aveva rilevato che era venuta meno la materia del contendere sulla impugnativa della delibera ormai sostituita e che dovevano esserne esaminate le ragioni solo ai fini della disciplina delle spese. Il ricorso, oltre a riproporre le censure, analoghe a quelle già esaminate, sulla validità della delibera, coglie al motivo 21 un profilo meritevole di accoglimento, nei sensi di cui si dirà. 17 È denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 2377 c.c Parte ricorrente rileva che la sostituzione di una delibera confermativa della precedente ha questo effetto solo se la nuova delibera sia conforme a legge che la nuova delibera aveva superato una sola delle questioni di illegittimità afferenti la prima delibera, cioè la convocazione di tutti i condomini all'assemblea e non solo quelli facenti parte di una tabella che le altre eccezioni poste non erano state superate dalla nuova delibera e che il giudice avrebbe dovuto accertare se la nuova recasse ancora i vizi della precedente. La censura è fondata. È noto che la disposizione dell'art. 2377 cod. civ. secondo cui l'annullamento di una deliberazione dell'assemblea di una società per azioni, non può avere luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità' della legge, è applicabile per identità di ratio anche in materia di condominio Cass. 8622/98 . Per dichiarare cessata la materia del contendere, qualora non vi sia accordo delle parti sul punto, il giudice davanti al quale sia impugnata la prima delibera deve pertanto verificare se la delibera sostitutiva sia conforme a legge. Ciò può emergere dall'esito di eventuale impugnazione della seconda delibera - come nella specie accaduto – o dall'accertamento del giudice della prima delibera impugnata se la deliberazione ratificante sia immune da vizi v. Cass. 16017/08 2999/10 . La Corte di appello ha quindi errato nel ritenere automaticamente cessata la materia del contendere senza procedere a tali verifiche. 17.1 Va precisato che la portata sostitutiva della seconda delibera non è dubitabile né controversa e che la sua conformità a legge va scrutinata sulla base delle doglianze persistenti dopo di essa, elencate nel motivo 21 e coincidenti con quelle portate sulla delibera del 1998, essendo rimaste superate, grazie al rinnovo con la partecipazione integrale dei condomini, le questioni, anche poste in ricorso, relative alla proprietà dell'impianto e quindi alla legittimazione a partecipare all'assemblea. 18 L'accoglimento del ventunesimo motivo non impone tuttavia la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, giacché la Corte giudica, in questo giudizio riunito, della validità della delibera confermativa, definitivamente sancita. Corrisponde pertanto al principio di ragionevole durata del processo, di cui la Corte vuoi fare applicazione anche con la riunione, decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa relativa alla delibera del 1997. L'appello va respinto, perché la delibera è stata sostituita con altra risultata conforme a legge, sicché la relativa domanda è ora infondata. Va però disposta la compensazione delle spese di questo grado del giudizio 1937/10, in cui, sia pure nei ridotti limiti anzidetti, c'è parziale soccombenza anche del condominio. Le spese del ricorso numero 14829/10 vanno invece poste a carico dei ricorrenti, pienamente soccombenti in esso. Sono liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso numero 14829/10 e condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 5.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge. Accoglie il ventunesimo motivo del ricorso numero 1937/10 e decidendo nel merito rigetta la domanda. Compensa le spese sul ricorso 1937/10.