La cartella clinica parla di subocclusione intestinale, ma è la garza che fa male

Lasciano una garza nell’addome della paziente e cercano di rimediare rioperandola di notte e falsificando la cartella clinica i 3 chirurghi non la fanno franca nemmeno con la prescrizione.

Termine prescrizionale da applicare? Quello della disciplina previgente, perché la sentenza di primo grado è stata pronunciata anteriormente alla novella legislativa. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza numero 35579/2012, depositata il 17 settembre. La fattispecie. Un anno di reclusione e il risarcimento danni in favore della parte civile, questa la condanna - per il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici - confermata in appello ad un componente di una squadra chirurgica. Nello specifico, il dottore aveva falsamente attestato nella cartella clinica e nel registro di sala operatoria relativi ad un intervento eseguito su una donna, una diagnosi errata. Insomma, non aveva dichiarato la presenza di una garza nell’addome della paziente. Operazione effettuata di notte. L’imputato presenta ricorso per cassazione. Ma la S.C. ritiene che nessuna delle argomentazioni dei giudici di merito presenta profili di illogicità. La seconda operazione, quella eseguita per rimuovere la garza, è stata effettuata di notte e la squadra era composta solamente dai 3 medici, senza essere inclusi – come di consueto – uno specializzando e senza informare il direttore della clinica. Si applica la disciplina previgente. In più, gli Ermellini ritengono correttamente applicabile al caso in esame il previgente termine prescrizionale, definito in primo grado con sentenza pronunciata anteriormente alla novella legislativa. Il termine, infatti, scadeva il 25 giugno scorso, cioè 4 giorni dopo l’udienza in Cassazione. Il ricorso viene pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 giugno – 17 settembre 2012, numero 35579 Presidente Zecca – Relatore Zaza Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Bari del 31/01/2005, con la quale M.F. veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato di cui all'articolo 479 cod. penumero commesso quale componente con i colleghi F. e D.G. di una quadra chirurgica della Clinica ostetrica e ginecologica della Seconda Università di falsamente attestando, nella cartella clinica e nel registro di sala operatoria relativi ad un intervento eseguito il 07/04/1997 sulla persona di Anumero .Ma. , una diagnosi di subocclusione intestinale con complesso aderenziale e presenza di formazione fibrinoematica, in luogo di quella di quella di occlusione dovuta ad una garza laparotomia rimasta nell'addome della Ma. nel corso di un precedente intervento di miomectomia svolto dalla stessa squadra il 20/03/1997, ed una descrizione dell'intervento in termini di lisi delle aderenze e di asportazione della formazione fibrinoematica anziché di rimozione della garza, dichiarandosi altresì estinto per prescrizione il reato di cui all'articolo 590 cod. penumero contestato al M. nell'aver cagionato alla Ma. peritonite con stato settico provocata dal corpo estraneo. 2. L'imputato ricorrente deduce 2.1. violazione di legge ed illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità, lamentando l'utilizzazione di prove acquisite nel diverso procedimento svoltosi con il rito abbreviato nei confronti del coimputato F. e riferite al prescritto reato di lesioni, la mancata assunzione di una prova decisiva costituita dalla perizia grafica per l'identificazione del compilatore della cartella clinica e l'illogica svalutazione della possibilità che l'imputato fosse stato tenuto all'oscuro della presenza detta garza, rilevata da esami radiologici richiesti dal F. , e non ne fosse pertanto consapevole, come evidenziato dal successivo invio del reperto estratto nell'intervento all'istituto istologico per l'identificazione 2.2. prescrizione del reato in applicazione dei nuovi termini previsti da norma sopravvenuta e più favorevole. 3. La parte civile ha depositato memoria a sostegno della richiesta di declaratoria di inammissibilità o di rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso relativo all'affermazione di responsabilità dell'imputato è infondato. La motivazione della sentenza impugnata affrontava adeguatamente le questioni ora riproposte dal ricorrente, osservando che la connessione teleologia fra te contestate condotte di lesioni e di falso ideologico imponeva l'esame di elementi relativi alla prima anche ai fini delle valutazioni sulla sussistenza della seconda, e che la possibilità, adombrata dalla difesa, che il coimputato F. avesse tenuto all'oscuro il collega M. delle reali ragioni del secondo intervento chirurgico sulla Ma. , apprese dal referto radiologico visionato dal predetto F. , era esclusa dalla partecipazione del M. al primo intervento quale operatore più anziano e fra l'altro incaricato in quanto tale della conta delle garze prima della su tu razione, nonché dalle incongrue connotazioni operative del secondo intervento per una mera rimozione di aderenze, in particolare la formazione della squadra chirurgica con i tre medici più anziani della clinica, senza includervi come di consueto uno specializzando e senza informarne il direttore della clinica, e lo svolgimento dell'operazione in orario notturno. Argomentazioni, queste, che non presentano i profili di illogicità rammentati dal ricorrente, e con le quali sono coerente le valutazioni di irrilevanza della perizia grafica richiesta dalla difesa, non essendo conferente l'individuazione del materiale compilatore della cartella clinica e del registro di sala operatoria in una condotta ricostruita quale esito documentale necessario dell'intento concorsuale degli imputati di occultare le reali caratteristiche dell'intervento, e dell'esecuzione dell'esame istologico sul reperto estratto nel corso di quest'ultimo, comunque dovuto a prescindere dalla consapevolezza degli operatori sulla effettiva natura dello stesso. 2. Anche il motivo di ricorso relativo alla dedotta prescrizione del reato è infondato. Il previgente termine prescrizionale è stato correttamente ritenuto applicabile al caso in esame, definito in primo grado con sentenza pronunciata o anteriormente ala novella legislativa, ai sensi dell'articolo 10 legge 5 dicembre 2005, numero 251, la cui legittimità costituzionale è stata recentemente affermata Corte Cost. numero 236 del 2011 e detto termine, tenuto conto di una sospensione di due mesi e diciotto giorni, decorre fino al 25/06/2012. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute nel grado dalla parte civile, che avuto riguardo al modesto impegno processuale si liquidano in Euro.1.800 oltre accessori come per legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di cassazione, liquida in Euro.1.800 oltre accessori come per legge.