Al contribuente spetta ugualmente il rimborso dell’imposta anche se non ha sottoscritto la dichiarazione, in quanto tale irregolarità può essere sanata.
Quanto precede è contenuto nella sent. 26 luglio 2012, numero 13313, della Corte di Cassazione da cui emerge che in tema di dichiarazioni rese ai fini fiscali, l’atto non sottoscritto non è radicalmente inesistente e può essere sanato. Sottoscrizione delle dichiarazioni. Il legislatore ha previsto con l’articolo 8, comma 3, d.p.r. numero 600/1973, che la dichiarazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente o da colui che ne ha la rappresentanza legale. La nullità può essere sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio finanziario. Tali disposizioni, che rispondono a condizioni di giustizia sostanziale, hanno trovato poi un importante riconoscimento nello Statuto del contribuente ex legge numero 212/2000, il quale all’articolo 10 sancisce che i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Pertanto il contribuente che non appone la firma sulle dichiarazioni rese ai fini fiscali Iva, redditi, Imu, ecc commette un mero errore formale a cui il fisco può e deve porre rimedio previa invito e/o convocazione dello stesso finalizzati alla regolarizzazione dell’errore o mediante valutazione in fatto che consenta all’ufficio di attribuire la paternità dell’atto al contribuente, il che risponde all’intento del legislatore di applicare i principi soprarichiamati di collaborazione e buona fede ai rapporti tra il contribuente, costantemente chiamato ad adeguarsi alle continue novità e modifiche della normativa tributaria. Il caso. Il contribuente ha chiesto il rimborso dell’Irap versata per gli anni 2003-2007. Il diniego dell’amministrazione finanziaria è stato impugnato dal contribuente e le commissioni tributarie di primo e secondo grado hanno accolto il ricorso di quest’ultimo. L’ufficio ha proposto ricorso per cassazione. La S.C. ha ritenuto che in tema di dichiarazioni rese ai fini fiscali, l’atto non sottoscritto dal suo autore non è radicalmente inesistente è può essere sanato o attraverso valutazione in fatto che consentano di attribuire la paternità dell’atto al contribuente, senza richiedere allo stesso una postuma sottoscrizione perciò ultronea , a fronte della sua volontà di utilizzare l’atto, manifestata in sede processuale. Già in precedenza la S.C. aveva affermato che le dichiarazioni tributarie prive di sottoscrizione non sono radicalmente inesistenti, ma possono essere sanate, in primo luogo attraverso una successiva sottoscrizione, nonché, conseguentemente, in forza di valutazioni in fatto che consentano di attribuire l'atto al contribuente, senza richiedere un'ultronea postuma sottoscrizione, superflua a fronte della volontà di utilizzare l'atto manifestata in sede processuale. Quanto precede, hanno chiarito di giudici di legittimità, risponde ad esigenze di giustizia sostanziale e di buona fede nei rapporti tra cittadini e amministrazione, che hanno trovato sostegno in puntuali interventi legislativi, quali la modifica dell'articolo 8 d.p.r. numero 600/1973, recata dall'articolo 1, comma 9-quater, d.l. numero 330/1994, inserito, in sede di conversione, dalla legge numero 473/1994 - la disposizione è ora collocata nell'articolo 1, comma 3, d.p.r. numero 322/1998 -, a tenore della quale la nullità per omessa sottoscrizione «può essere sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte dell'ufficio delle entrate territorialmente competente». Cass. numero 21673/2006 . La dichiarazione che manchi di sottoscrizione non può essere considerata inesistente, ma è affetta da nullità sanabile anche per “facta concludentia” Cass., sez. Tributaria, numero 7890/2007 . Si annota sull’argomento un pronunciamento difforme da cui risulta che la dichiarazione Iva priva di sottoscrizione, non essendo riferibile ad alcun dichiarante, in quanto priva di un elemento essenziale per la produzione degli effetti di legge, deve essere considerata inesistente sul piano giuridico e non può essere sanata ai sensi dell’articolo 3 l. numero 882/1980, né ai sensi dell’articolo 21 l. numero 154/1989, atteso che tali norme, concernenti la sanatoria delle irregolarità formali in ordine alle sole dichiarazioni dei redditi non sottoscritte, recano una disciplina insuscettibile di essere estesa alle dichiarazioni Iva.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 20 giugno – 26 luglio 2012, numero 13313 Presidente/Relatore Cicala 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Napoli Salerno 415/12/10 del 27 ottobre 2010 che rigettava l'appello dell'Ufficio affermando che al dott. S.V. spetta il rimborso IRAP relativamente agli anni 2003 - 2007. 2. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso deve essere rigettato. Per quanto attiene al primo motivo di ricorso giova sottolineare che questa Corte con sentenza 9 ottobre 2006, numero 21673, ha affermato che in tema di dichiarazioni rese ai fini fiscali, l’atto non sottoscritto dal suo autore non è radicalmente inesistente e può essere sanato o attraverso la sottoscrizione successiva o attraverso valutazione in fatto che consentano di attribuire la paternità dell'atto al contribuente, senza richiedere allo stesso una postuma sottoscrizione perciò ultronea , a fronte della sua volontà di utilizzare l'atto, manifestata nella sede processuale. Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, esso si sostanzia in osservazioni di carattere generale che non colpiscono la ratio decidendi della sentenza impugnata. II Collegio condivide la relazione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese che liquida in € 1.100 oltre agli accessori di legge.