E’ possibile sospendere dal servizio il lavoratore, in attesa degli sviluppi dell’eventuale procedimento penale pendente nei riguardi dello stesso. Tale sospensione, ai sensi dell’articolo 9 l. numero 19/1990, può avere durata massima di 5 anni. Decorso tale termine la sospensione è revocata di diritto. Al fine del computo di suddetto termine si devono calcolare però i periodi di effettiva e concreta sospensione dall’attività lavorativa.
E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 15449, depositata il 7 luglio 2014. Il caso. Al lavoratore INAIL, sottoposto a procedimento penale inizialmente con l’applicazione della custodia cautelare in carcere, veniva applicata la sospensione cautelare dal servizio. Nonostante successivamente fosse cessato lo stato di restrizione della libertà personale, l’INAIL respingeva la domanda del lavoratore di revoca del provvedimento, disponendo, altresì, il prolungamento dello stato di sospensione del servizio. Tuttavia, il TAR sospendeva l’efficacia del provvedimento INAIL e il lavoratore veniva riammesso temporaneamente al servizio. Dopo il rinvio a giudizio del ricorrente, l’INAIL emetteva un nuovo provvedimento di sospensione cautelare dal servizio. L’uomo, ritenuto illegittimo il provvedimento di sospensione per la violazione dell’articolo 9 l. numero 19/1990, ai sensi del quale la sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo non superiore a 5 anni, si rivolgeva all’autorità giudiziaria. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del lavoratore. La Corte d’appello, adita dall’INAIL, rigettava il gravame e confermava la decisione del primo giudice. Avverso tale sentenza ricorreva, allora, in Cassazione l’Istituto, deducendo che in concreto il periodo complessivo di durata della sospensione cautelare patita dal dipendente non aveva superato la durata di 5 anni, non potendosi considerare di sospensione i periodi intermedi. La ratio del limite massimo dei 5 anni di sospensione. La Cassazione ricorda che il sopracitato articolo 9 l. numero 19/1990, effettivamente stabilisce che la sospensione cautelare deve perdere efficacia decorsi 5 anni dalla sua adozione. La ratio di tale norma è da riscontrarsi nel fatto che, se manca la conclusione del procedimento penale per il quale è stata predisposta la sospensione dal servizio, è necessario imporre un limite massimo al protrarsi della situazione di estromissione dal posto di lavoro del pubblico dipendente. Al fine del calcolo del limite, rilevano i soli periodi di effettiva e concreta sospensione dal servizio. Il caso di specie presenta due periodi di sospensione uno di circa 7 mesi dalla data della prima sospensione fino alla riammissione temporanea in servizio in base all’ordinanza del TAR Puglia e un secondo periodo, di durata di un anno e 10 mesi dall’irrogazione della nuova sospensione a causa del rinvio a giudizio del lavoratore, sino al ricorso del 9 dicembre 2003 . La sospensione cautelare quindi ha avuto una durata complessiva ampiamente inferiore a 5 anni, e, come deduceva l’istituto, non si è verificata la condizione per la caducazione automatica della misura.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 maggio .- 7 luglio 2014, numero 15449 Presidente Stile – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, depositato il 9.12.2003 P.G. , premesso di essere alle dipendenze dell'Inail sin dal 1974, conveniva in giudizio l'Istituto ed esponeva che in data 5.2.1998 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto aveva disposto la sua custodia cautelare per i reati di cui agli articolo 416, 479, 319, 319 bis e 321 cod. penumero In conseguenza di tale situazione l'Inail in data 5.2.1998 aveva provveduto a sospenderlo in via cautelare dal servizio. Con successivo provvedimento del 17.6.1998, cessato nel frattempo lo stato di restrizione della libertà personale, l'Inail respingeva la sua domanda di revoca del provvedimento, disponendo, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, del codice disciplinare, il prolungamento dello stato di sospensione dal servizio. Con ordinanza numero 787/98 il Tar Puglia, adito in sede cautelare, sospendeva l'efficacia del provvedimento Inail del 17.6.2008 e l'Istituto, con provvedimento del 9.9.1998, provvedeva a riammetterlo temporaneamente in servizio, assegnandolo alla sede di Brindisi. Successivamente al rinvio a giudizio del ricorrente, disposto dal giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto in relazione ai medesimi fatti di reato, l'Inail, in data 27.2.2002, emetteva un nuovo provvedimento di sospensione cautelare dal servizio. Tutto ciò premesso, il ricorrente riteneva l'illegittimità del provvedimento di sospensione, in quanto in violazione dell'articolo 9 della legge numero 19/90, ai sensi della quale la sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo non superiore a cinque anni. Nella specie, non poteva ritenersi che l'Inail avesse revocato la sospensione disposta con provvedimento del 5.2.1998, visto che la riammissione in servizio era stata disposta in ossequio ad un provvedimento giurisdizionale e solo temporaneamente. Essendo decorsi, pertanto, al momento dell'instaurazione del giudizio di primo grado, i cinque anni dalla irrogazione della sospensione essa, ai sensi dell'articolo citato, doveva intendersi revocata di diritto, senza che in contrario avviso potesse indurre il fatto che esso ricorrente non avesse patito per intero le conseguenze scaturenti dalla sospensione cautelare. Chiedeva, pertanto, previa declaratoria di illegittimità del provvedimento impugnato, dichiararsi il proprio diritto alla riassunzione in servizio, con condanna dell'Istituto al pagamento delle differenze stipendiali a far data dal 6.2.2003. L'Inail si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto. In particolare, sosteneva che il periodo di cinque anni dovesse intendersi nel senso di effettiva sospensione dal servizio per tale periodo. La causa veniva decisa dall'adito tribunale di Brindisi con sentenza del 7.12.2004 che accoglieva la domanda. 2. Avverso tale decisione proponeva appello l'Inail, parte soccombente, asserendo la ingiustizia del provvedimento e la sua carenza di motivazione sia sotto il profilo logico che sotto quello giuridico. Al gravame resisteva il P. , affermando la correttezza della pronuncia del Tribunale di Brindisi. La Corte d'Appello di Lecce, sezione Lavoro, con sentenza numero 1256/07 del 10.5.2007, rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese di giudizio. 3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l'Inail con un unico motivo illustrato anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la parte intimata. Motivi della decisione 1. L'Inail ha impugnato la sentenza della Corte d'appello di Lecce sulla base di un unico motivo deducendo la violazione dell'articolo 30 del CCNL degli Enti Pubblici economici per il quadriennio 1994-1997, nonché dell'articolo 9 della legge 7 febbraio 1990 numero 19. L'istituto ricorrente contesta la tesi della sentenza impugnata secondo cui sarebbe stato violato il dettato di cui all'articolo 9 cit. deducendo che in concreto il periodo complessivo di durata della sospensione cautelare patita dal dipendente non aveva superato la durata di cinque anni e che, in diritto, non potevano considerarsi come di sospensione i periodi intermedi. 2. Il ricorso è fondato. 3. Il disposto dell'articolo 9, secondo comma, secondo e terzo periodo, della legge numero 19/90, ripreso poi, dall'articolo 30 c.c.numero l. degli Enti Pubblici non economici, recita Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto . Pertanto, in ragione dell'applicazione di tale disposizione, la sospensione cautelare deve cessare e perde efficacia decorsi cinque anni dalla sua adozione. La legittimità costituzionale di tale disposizione è stata riconosciuta da C. cost. numero 447 del 1995 che ha osservato che il legislatore ha posto un limite massimo al protrarsi - in ragione della mancata conclusione del procedimento penale - della situazione di estromissione dal posto di lavoro del pubblico dipendente. Ed ha precisato che la sopravvenuta inefficacia della sospensione cautelare obbligatoria non esclude, né preclude, il ricorso alla sospensione facoltativa come strumento alternativo di cautela e garanzia delle ragioni dell'amministrazione. È cioè possibile che, pur decorso il termine quinquennale suddetto, sussistano gravi motivi che. ancorché non sia esaurito il procedimento penale, giustifichino la perdurante ma non ancora definitiva estromissione del dipendente dal posto di lavoro. 4. Nel caso di specie è pacifica la circostanza che il giorno 5 febbraio 1998 al P. , sottoposto a procedimento penale, inizialmente con l'applicazione della custodia cautelare in carcere, è stata applicata la sospensione cautelare dal servizio. Con successivo provvedimento del 17.6.1998, cessato nel frattempo lo stato di restrizione della libertà personale, l'Inail non di meno respingeva la sua domanda di revoca del provvedimento, disponendo, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, del codice disciplinare, il prolungamento dello stato di sospensione dal servizio. Con ordinanza numero 787/98 il Tar Puglia, adito in sede cautelare, sospendeva l'efficacia del provvedimento Inail del 17.6.2008 e l'Istituto, con provvedimento del 9.9.1998 provvedeva a riammetterlo temporaneamente in servizio, assegnandolo alla sede di . Successivamente al rinvio a giudizio del ricorrente, disposto dal giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto in relazione ai medesimi fatti di reato l'Inail, in data 27.2.2002, emetteva un nuovo provvedimento di sospensione cautelare dal servizio. Quindi in sostanza vi sono due periodi di sospensione cautelare il primo di circa sette mesi, il secondo, nella sua durata fino al ricorso del 9.12.2003, di circa un anno e dieci mesi. Complessivamente quindi si è ben al di sotto della soglia di cinque anni. Il Tribunale di Brindisi prima e la Corte d'Appello di Lecce in secondo grado hanno ritenuto che la circostanza che il dipendente abbia in concreto patito, o meno, per intero gli effetti della sospensione sia irrilevante. La caducazione di diritto della sospensione cautelare - secondo la Corte d'appello - si ha indipendentemente dalla circostanza che il lavoratore ne abbia subito per intero gli effetti per essere stato riammesso in servizio a seguito di un provvedimento cautelare del giudice. Non di meno - secondo la Corte d'appello - la situazione di sospensione cautelare proseguirebbe in modo virtuale. Ma tale asserito carattere virtuale del decorso del termine di efficacia della sospensione cautelare, come ritenuto dalla Corte d'appello, non trova riscontro nell'articolo 9 cit. che considera invece la durata della sospensione cautelare nella misura in cui il rapporto di lavoro sia stato effettivamente sospeso. La norma - nella sua ratio evidenziata da C. cost. numero 447 del 1995, esprime un bilanciamento tra l'esigenza dell'Amministrazione di attendere gli sviluppi del procedimento penale per adottare, o no, un provvedimento disciplinare e l'esigenza del dipendente incolpato di non subire oltre misura le conseguenze negative, anche in termini di riduzione della retribuzione, per una durata complessiva non proporzionata. Il termine di durata massima della sospensione cautelare evoca, mutatis mutandis, una ratio analoga ai termini massimi di fase della durata della custodia cautelare. Ma in tanto la sospensione cautelare è subita dal dipendente in quanto effettivamente egli sia allontanato temporaneamente dal posto di lavoro e non espleti la sua ordinaria attività lavorativa. Ciò non si verifica se il sinallagma del il rapporto di lavoro sia pienamente operante con lo svolgimento della prestazione lavorativa e la percezione della relativa retribuzione. Un'indiretta conferma si ritrova nella sent. numero 145 del 2002 della Corte costituzionale che parla di durata complessiva della sospensione cautelare quindi si sommano i periodi di sospensione al fine di integrare il limite massimo di cinque anni. Nella specie è pacifico che la sospensione cautelare abbia avuto una durata complessiva ampiamente inferiore a cinque anni sicché - come fondatamente deduce il ricorso dell'Istituto - non si è verificata la condizione per la caducazione automatica della misura. 5. Il ricorso dell'Istituto va quindi accolto. L'impugnata sentenza va pertanto cassata e, potendo la causa essere decisa nel merito, va rigettata la domanda introduttiva del giudizio. La peculiarità della controversia e il suo alterno esito nei gradi di merito giustifica la compensazione delle spese per l'intero giudizio. P.Q.M. 1 La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugna e, decidendo nel merito, rigetta la domanda compensa tra le parti le spese per l'intero giudizio.