L’unitarietà della prestazione, in ogni caso, non può significare duplicazione o somma delle voci riconosciute.
La fattispecie oggetto di esame da parte dell’odierno giudice della legittimità origina dalla richiesta, da parte di un avvocato, del riconoscimento, in sede di opposizione allo stato passivo, del compenso per l’attività stragiudiziale svolta nella fase preparatoria della domanda di concordato, e della conseguente corretta determinazione degli onorari spettantigli sia per la fase giudiziale che per quella stragiudiziale. Nello specifico, esclusa dal Tribunale la prova dell’effettivo espletamento di una prestazione stragiudiziale avente il carattere della continuità e dell’organicità, si tratta di chiarire se, stabilita, appunto, l’unitarietà delle due fasi, stragiudiziale e giudiziale, il Giudice dell’opposizione avrebbe o meno dovuto determinare l’importo complessivo richiesto dal professionista sommando le due domande. E, i giudici della Prima Sezione Civile di Piazza Cavour, con la sentenza numero 12047 depositata il 10 giugno 2015, richiamando una recente pronuncia della Suprema Corte Cass., numero 1857/2015 , ribadiscono il principio secondo cui l’opposizione allo stato passivo, anche nella disciplina intermedia, ha natura impugnatoria, pur non configurandosi come appello, ma quale procedimento autonomo regolato dall’articolo 99 l. fall Quest’ultimo, novellato dapprima dal d.lgs. numero 5/2006 e successivamente dal d.lgs. numero 169/2007, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio, retto dal principio dell’immutabilità della domanda. Detto giudizio si presenta a carattere tipicamente sostitutivo, tale da promuovere il diretto riesame delle stesse situazioni fatte valere con la domanda di ammissione al passivo, né comporta la necessità di far valere specifici motivi di gravame, stante l’inapplicabilità della normativa propria del giudizio d’appello di cui agli articolo 342 e 346 c.p.c E, con riferimento al caso che qui ci occupa, proprio con l’opposizione è stata riesaminata la sussistenza dell’attività stragiudiziale, pervenendo alla mancata prova della stessa ed alla conseguente sussistenza dell’unitarietà della prestazione che, in ogni caso, - chiariscono gli Ermellini -, anche sul piano logico, non può significare duplicazione o somma delle voci riconosciute. Il fatto. A seguito di opposizione allo stato passivo del Fallimento Alfa s.p.a., proposta da un avvocato, che chiedeva il riconoscimento di un compenso autonomo per l’attività stragiudiziale, svolta nella fase preparatoria della domanda di concordato della Alfa s.p.a. stessa, e la corretta determinazione degli onorari spettantigli sia per la fase giudiziale che per quella stragiudiziale, il Tribunale di Pescara, accoglieva solo parzialmente l’opposizione. Nello specifico, difatti, il Giudice dell’opposizione escludeva la prova dell’effettivo espletamento da parte del professionista di una prestazione stragiudiziale avente il carattere della continuità e dell’organicità e pertanto nella rideterminazione degli onorari non poteva superarsi quanto richiesto per detta voce di credito con la domanda di insinuazione al passivo ex articolo 93 l. fall Avverso il predetto decreto il legale proponeva ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo di gravame. In particolare, stabilita l’unitarietà delle due fasi, giudiziale e stragiudiziale, il professionista lamentava che il Giudice dell’opposizione avrebbe dovuto determinare l’importo complessivo richiesto sommando le due domande, e quindi fissare il limite delle due domande nell’importo complessivo richiesto. E, gli Ermellini, dopo aver dichiarato il motivo infondato, precisano che l’unitarietà delle prestazioni, in ogni caso, anche sul piano logico, non può significare duplicazione o somma delle voci riconosciute, oltretutto proprio dopo che con l’opposizione era stata riesaminata la sussistenza dell’attività stragiudiziale che aveva confermato la mancata prova della stessa. Di conseguenza la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese. La prededucibilità dei compensi maturati dall’avvocato per l’attività svolta nella fase preparatoria della domanda di concordato. Il compenso maturato dal professionista per l’attività svolta in relazione alla presentazione del ricorso per concordato preventivo, nonché per la connessa domanda di transazione fiscale non ha natura meramente privilegiata, essendo qualificabile come prededucibile, in quanto funzionale all’ammissione alla procedura. Difatti, l’articolo 111 l. fall. considera come prededucibili tutti i crediti sorti in occasione o funzione della procedura concorsuale e, quindi, non soltanto – con riferimento a questi ultimi – al compenso di pertinenza dell’attestatore della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano, ex articolo 161, comma terzo, l. fall., ma anche a quelli della medesima natura maturati prima dell’apertura della procedura, imputabili, ad esempio, all’assistenza professionale ed alla redazione del piano. In senso conforme, si osservi anche la modifica normativa apportata, a cura dell’articolo 33 del d.l. numero 83/2012, che ha abrogato la parte dell’articolo 182 quater, l. fall., in cui veniva espressamente riconosciuta la prededucibilità al compenso professionale spettante al solo attestatore, al fine di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse da quella liquidatoria del fallimento. L’onorario del legale per le prestazioni professionali stragiudiziali. In tema di credito per l’onorario richiesto da un avvocato per le prestazioni professionali stragiudiziali confluite nella presentazione dell’istanza per l’ammissione al concordato preventivo del cliente poi fallito, l’ammissione al passivo fallimentare va esclusa per tutte quelle attività strettamente connesse e complementari all’introduzione e allo svolgimento della procedura anche se svolte al di fuori di essa, essendo previsto sia nella tariffa professionale approvata con d.m. numero 392/1990 che in quella approvata con d.m. numero 585/1995 che i compensi per prestazioni stragiudiziali siano dovuti solo quando non trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali la tariffa a percentuale fissata per l’attività stragiudiziale trova a sua volta applicazione ove sia provata una continuativa consulenza per la determinazione dell’attivo, in difetto operando i criteri della tariffa giudiziale. Ed è precipuo il carattere della continuità e dell’organicità, proprio nello svolgimento di un’attività stragiudiziale, che, nel caso qui ci occupa, viene escluso espressamente dal tribunale in sede di opposizione allo stato passivo. Il principio dell’immutabilità della domanda nel giudizio di opposizione allo stato passivo. Il giudizio di opposizione allo stato passivo ha natura impugnatoria ed è retto dal principio dell’immutabilità della domanda, rimanendo pertanto escluso che possano essere prese in considerazione questioni, irrilevabili d’ufficio, dedotte in quella fase dall’opponente. Ne consegue che è inammissibile la richiesta di riconoscimento della prededucibilità del credito insinuato formulata per la prima volta nel giudizio di opposizione allo stato passivo sicché a tale stregua, ai sensi dell’articolo 93, comma 1, l. fall. la domanda di insinuazione al passivo deve indicare non solo il titolo da cui il credito deriva ma anche le ragioni delle prelazioni, perché nel prosieguo della procedura concorsuale e segnatamente nel giudizio di opposizione allo stato passivo non è consentito non solo far valere un credito diverso o di diverso ammontare rispetto a quello specificato con l’istanza di insinuazione, né addurre una diversa connotazione dello stesso credito. E, nel caso de quo, il giudice del gravame, ritenendo non provata la prestazione di attività stragiudiziale svolta dal legale ha determinato gli onorari spettantigli limitatamente all’attività riconosciuta, ossia quella giudiziale. Peraltro, in mancanza dell’impugnazione della curatela, per il giudice dell’opposizione si poneva solo il divieto della reformatio in peius rispetto all’ammissione del passivo, estendendosi la cognizione del giudice stesso al diretto riesame della fondatezza della domanda del professionista, in relazione all’oggetto dell’impugnazione, e correttamente il tribunale ha ricondotto il quantum determinato con l’applicazione della giusta voce di tariffa entro i limiti della domanda di ammissione al passivo, ex articolo 93 l. fall L’unitarietà della prestazione. L’attività stragiudiziale svolta da un avvocato nella fase preparatoria della domanda di concordato deve avere il carattere della continuità e dell’organicità, altrimenti in carenza di questi di due requisiti il giudice perverrà alla mancata prova della stessa. Di conseguenza, stante la strumentalità dell’attività stragiudiziale rispetto a quella giudiziale, l’onorario spettante al legale sarà unico. E, in conclusione, l’unitarietà della prestazione, in ogni caso, anche sul piano logico, non può significare duplicazione o somma delle voci riconosciute.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 aprile – 10 giugno 2015, numero 12047 Presidente Ceccherini – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo L'avv. S.G. chiedeva l'ammissione al passivo del Fallimento FABER s.p.a., parte in prededuzione ex articolo 111 l.f., parte in privilegio ex articolo 2751 bis numero 2 c.c., per i crediti maturati per le seguenti prestazioni professionali a assistenza e consulenza nella procedura di ammissione al concordato preventivo della FABER spa, proposta al Tribunale di Pescara con istanza del 15/12/05 e con la successiva integrazione del 22/2/06 attività svolte in unione con l'avv. G.M., altro legale della FABER b difesa nel giudizio di omologazione del concordato anche questa in unione con l'avv. M. c difesa nel giudizio contro il comune di Pesaro d difesa nel procedimento arbitrale contro SET Impianti s.r.l., svoltosi avanti alla Camera Arbitrale Nazionale ed Internazionale di Milano. Il G.D. riteneva provata solo l'attività giudiziale per il giudizio di omologazione e che comunque le prestazioni stragiudiziali dovevano ritenersi strettamente strumentali rispetto a quelle giudiziali svolte nel giudizio di omologazione, da cui la necessità di applicare a tutte le prestazioni di cui ai punti a e b un compenso unitario per gli onorari in base alla tabella A par. VII della tariffa forense proc. concorsuali per tutta l'opera prestata , e per i diritti, la tabella B del tariffario. Si opponeva allo stato passivo l'avv. S., chiedendo il riconoscimento di un compenso autonomo per l'attività stragiudiziale, svolta nella fase preparatoria della domanda di concordato, e la corretta determinazione degli onorari sia per la fase giudiziale che per la stragiudiziale. Svolta istruttoria, il Tribunale di Pescara, con decreto del 26/2/09 comunicato dalla cancelleria a mezzo notificazione il 12/3/09, ha accolto parzialmente l'opposizione, ammettendo al passivo in prededuzione il maggior credito dell'avv. S. di Euro 203.997,23, di cui Euro 18.518,25 per rimborso forfettario, Euro 3.333,28 per Cap ed Euro 33.990,50 per il giudizio di omologa del concordato preventivo. Il Tribunale, nello specifico, ha escluso la prova dell'effettivo espletamento di una prestazione stragiudiziale avente il carattere della continuità e dell'organicità, nonostante l'istruttoria testimoniale svolta sul punto, che aveva invece provato il carattere meramente strumentale dell'attività prestata alla successiva fase nel giudizio di omologazione ha ritenuto corretta la determinazione degli onorari per il giudizio di omologazione sulla base del par. Il della tariffa civile forense e non del par. VII della tabella A, voce 50, attesa la natura contenziosa di detto giudizio ha rilevato che, nella rideterminazione degli onorari, non poteva superarsi quanto richiesto per detta voce di credito con la domanda di insinuazione al passivo ex articolo 93 l.f., nella quale, in applicazione del coefficiente minimo, era stato richiesto l'onorario per complessivi Euro 143.526,00. Ricorre avverso detto decreto il S., sulla base di un unico motivo. Si difende con controricorso il Fallimento. Il ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Con l'unico motivo, il ricorrente si duole della violazione degli articolo 112 c.p.c. e 2909 c.c. deduce che il Tribunale non ha ritenuto provato l'espletamento dell'ulteriore attività stragiudiziale da valutarsi autonomamente rispetto alla fase giudiziale, mentre ha accolto l'opposizione quanto alla tariffa applicabile per l'attività giudiziale, da determinarsi secondo il par. II e non VII della tabella A della tariffa forense, ritenendo tuttavia non superabile l'importo richiesto per detta voce con la domanda di insinuazione al passivo, alla stregua della natura impugnatoria del giudizio, mentre oggetto del giudizio di opposizione erano solo la tariffa applicabile e la natura autonoma dell'attività stragiudiziale, non essendo in contestazione, in difetto di impugnazione della Curatela, il criterio di quantificazione dell'onorario, stabilito dal G.D. nella media tra il minimo ed il massimo. Secondo il ricorrente, stabilita l'unitarietà delle due fasi, stragiudiziale e giudiziale, il Giudice avrebbe dovuto determinare l'importo complessivo richiesto sommando le due domande, e quindi fissare il limite delle due domande nell'importo complessivo richiesto in Euro 298.273,00 non già nella somma di Euro 143.526,00, riferita alla sola domanda di insinuazione sub b , non superiore quindi all'importo di Euro 243.647,00, determinato applicando la tabella II ed il criterio della media tra i minimi e massimi di tariffa. Il motivo si chiude con la formulazione di due quesiti di diritto. Col primo, il ricorrente chiede alla Corte se, posta la domanda di insinuazione al passivo per le due attività distinte, stragiudiziale e giudiziale, e ritenuta dal G.D. la prestazione unitaria, stante la strumentalità dell'attività stragiudiziale rispetto a quella giudiziale, non impugnato detto principio dalla Curatela, ma solo dal richiedente, l'importo complessivo del petitum debba essere determinato in relazione a quello derivante dalla sommatoria delle due distinte domande e non dal limite costituito dalla sola domanda relativa alla fase giudiziale . Col secondo quesito, il ricorrente chiede alla Corte se, posta la determinazione del compenso da parte del G.D. nella media tra il minimo ed il massimo della tariffa forense, non impugnato detto criterio, il Giudice dell'opposizione debba o meno rispettare il giudicato formatosi sul punto e quindi determinare il compenso secondo la tariffa correttamente applicata nella stessa media tra minimo e massimo della tariffa professionale . 2.1.- Il motivo è infondato, nella sua duplice articolazione. Come reso evidente dal primo quesito di diritto articolato ex articolo 366 bis c.p.c., ratione temporis applicabile, la parte si duole dell'individuazione da parte del Giudice dell'opposizione del limite della domanda di ammissione al passivo con riferimento alla sola richiesta relativa all'attività giudiziale, prospettando di contro la necessità di sommare il quantum richiesto per detta attività con quello relativo all'attività stragiudiziale, atteso che il G.D. ha ritenuto unico l'onorario per le due attività, stante la strumentalità dell'attività stragiudiziale rispetto a quella giudiziale. Secondo l'avv. S. , sostanzialmente, con l'unitarietà delle due attività riconosciuta dal G.D., si sarebbe determinato per il Giudice dell'opposizione l'obbligo di valutare tutta la causa petendi, secondo la qualificazione giuridica adottata dal Giudice delegato , di talché, nel caso, vi sarebbe stata la violazione dell'articolo 112 c.p.c., che impone di pronunciare su tutta la domanda. Con il secondo quesito di diritto, il ricorrente, ritenendo che si sia formato il giudicato sul criterio di liquidazione del compenso adottato dal G.D., vuole sostenere che al giudice dell'opposizione è preclusa l'adozione di un diverso criterio di determinazione dell'onorario. A detta ricostruzione del rapporto tra il decreto del G.D. ex articolo 96 l.f. ed il decreto del Tribunale reso a seguito dell'opposizione allo stato passivo ex articolo 98 e 99 l.f. non può prestarsi adesione. È costante il principio secondo cui l'opposizione allo stato passivo, anche nella disciplina intermedia, ha natura impugnatoria, pur non configurandosi come appello, ma quale procedimento autonomo, integralmente regolato dall'articolo 99 l.f Come infatti ribadito, tra le ultime, nella pronuncia 1857/2015, l'articolo 99 l.f., novellato dapprima dal d.lgs. 5/2006 e successivamente dal d.lgs. 169/2007, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio, retto dal principio di immutabilità della domanda. Detto giudizio si presenta a carattere tipicamente sostitutivo, tale da promuovere il diretto riesame delle stesse situazioni fatte valere con la domanda di ammissione al passivo, né comporta la necessità di far valere specifici motivi di gravame, stante l'inapplicabilità della normativa propria del giudizio d'appello, di cui agli articolo 342 e 346 c.p.c. né la specifica disciplina di cui all'articolo 99 l.f. prevede disposizioni corrispondenti a tali norme. Come peraltro si evince dalla previsione dello specifico contenuto del ricorso in opposizione ex articolo 99, 2 comma numero 3, il giudizio in oggetto non attribuisce al giudice dell'opposizione la devoluzione piena ed automatica del contenzioso, ma onera il ricorrente della censura del provvedimento, con le preclusioni di cui al numero 4 della norma cit., che sono previste altresì per le parti resistenti dal 6 comma. Ciò posto in linea generale, va osservato che, fatta valere con l'opposizione dall'avv. S. la sussistenza dell'attività stragiudiziale per la preparazione della domanda di concordato e richiesta la determinazione degli onorari sia per la fase stragiudiziale che per la giudiziale sulla base dell'applicazione del par. II della tabella A della tariffa forense, il Giudice del gravame ha riesaminato i due profili, respingendo il primo, ritenendo non provata la prestazione di attività stragiudiziale, ed accogliendo il secondo, limitatamente all'unica attività riconosciuta, ovvero quella giudiziale. In mancanza dell'impugnazione della Curatela, per il Tribunale si poneva solo il divieto della reformatio in pejus rispetto all'ammissione al passivo, estendendosi la cognizione del giudice dell'opposizione al diretto riesame della fondatezza della domanda del S. , in relazione all'oggetto dell'impugnazione, e correttamente il Tribunale ha ricondotto il quantum determinato con l'applicazione della giusta voce di tariffa entro i limiti della domanda di ammissione al passivo né si vede come potesse ritenersi lo stesso astretto dalla qualificazione data dal G.D., di unitarietà della prestazione che, in ogni caso, anche sul piano logico, non può significare duplicazione o somma delle voci riconosciute , volta che è stata riesaminata con l'opposizione proprio la sussistenza dell'attività stragiudiziale, pervenendo alla mancata prova della stessa. Né può infine ritenersi in alcun modo formatosi il giudicato sul criterio di liquidazione individuato dal G.D. nella media tra minimo e massimo di tariffa, secondo la voce ritenuta non corretta dal Tribunale, che ha dovuto pertanto provvederà alla rideterminazione dell'onorario, entro il limite fissato con la domanda di ammissione in relazione all'attività professionale riconosciuta. Ne consegue il rigetto anche del secondo profilo di censura fatto valere dal ricorrente. 3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.