Ai fini della ricorrenza dell’aggravante della colpa con previsione è necessario accertare, oltre ogni ragionevole dubbio, la concreta rappresentazione nella mente del soggetto agente dell’evento delittuoso, avendo cura di tener distinti i diversi piani della prevedibilità dell’esito e quello della gravità della violazione commessa.
Lo ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 24612, depositata l’11 giugno 2014. Un sorpasso azzardato, e due vite spezzate. Nel caso di specie un uomo è stato rinviato a giudizio per i reati di omicidio colposo e inottemperanza all’obbligo di fermarsi ex articolo 189, comma 1 e 6, Codice della Strada. Il duplice addebito di responsabilità segue ad un triste sinistro nell’ambito del quale, a causa di uno scellerato sorpasso dell’imputato prima di una curva cieca, hanno perso la vita due ragazzi che percorrevano la via nel senso opposto. A seguito del violento impatto l’autore dell’incidente, anziché fermarsi per prestare soccorso, ha deciso di darsi alla fuga per poi presentarsi, in un secondo momento, al commissariato di polizia. All’esito del giudizio di primo grado, in larga parte confermato dall’adita Corte d’appello, l’imputato è stato condannato per i reati lui ascritti, ritenuta provata la sua penale responsabilità nella causazione del decesso delle vittime nonché la violazione dell’obbligo di fermarsi in seguito all’incidente. Morte istantanea delle vittime la fuga è comunque punibile? Nell’ambito del giudizio di legittimità - in disparte alcune censure inerenti taluni vizi processuali - si è discusso, in particolare, di due questioni. La difesa ha, in primo luogo, negato la ricorrenza del reato stradale muovendo dalla accertata morte istantanea delle vittime in seguito al sinistro in secondo luogo, è stata paventata l’erroneità della statuizione dei giudici di merito nella parte in cui ebbero a contestare l’aggravante della previsione dell’evento nonostante – sempre a dir della difesa – le potenzialità della vettura, le buone condizioni dell’asfalto e del conducente fossero tali da escludere in radice la possibilità di prevedere l’exitus verificatosi sul punto si è rimarcato come «la noncuranza di quanto può avvenire agli altri utenti della strada» se certamente può definirsi colpa grave, non necessariamente assume anche il significato della colpa cosciente. Nel pronunciarsi sulla vicenda, i giudici romani hanno rigettato la censura riferita al reato stradale, ritenendo inammissibile e, comunque, infondata la ricostruzione offerta dall’imputato ed a tutto concedere, è comunque stato evidenziato come ai fini della ricorrenza della fattispecie contestata – differentemente da quella prevista all’articolo 189, comma 7, del medesimo testo normativo omissione di soccorso stradale – a nulla rileva la morte “sul colpo” delle vittime, la fuga essendo passibile di sanzione ex se. Colpa con previsione la rappresentazione in concreto dell’evento dannoso. L’epicentro della pronuncia in esame risiede nelle riflessioni rese dagli Ermellini quanto all’esatta ricostruzione dell’elemento subiettivo del reato omicidiario. La Corte ha, sotto questo profilo, aderito alla prospettazione difensiva negando la ricorrenza della previsione dell’evento, per l’effetto escludendo l’annessa aggravante ex articolo 61, comma 3, c.p Le ragioni addotte a sostegno della decisione mostrano un taglio dogmatico di particolare interesse. La componente psicologica della colpa cosciente . In dettaglio la Corte valorizza la componente psicologica della colpa con previsione quale elemento distintivo rispetto alla colpa “base” connotata, come noto, dalla sua essenza normativa, in gran parte coincidente con la mera violazione della norma cautelare nel caso di specie, in materia di circolazione stradale . e il confine col dolo eventuale. Nel ripercorrere la struttura della colpa cosciente la pronuncia si sofferma anche sul limitrofo titolo soggettivo del dolo eventuale, in estrema sintesi chiarendo la ricorrenza dello stato colposo nei soli limiti in cui l’agente - pur prevedendo l’evento quale effetto collaterale della condotta - è certo di poterlo evitare o abbia, comunque, agito nella ragionevole speranza di poterlo evitare , con ciò evidenziando la radicale assenza della componente volitiva presente, invece, nel dolo subspecie di accettazione del rischio a che l’evento si verifichi o, per altri, della precisa scelta in esito al bilanciamento degli interessi in gioco che culmina nel perseguimento dell’obbiettivo avuto di mira “costi quel che costi”. Prevedibilità, previsione e colpa grave non vanno confuse. Tornando al cuore della questione, la Corte tiene a chiarire la distanza ontologica della “colpa cosciente” rispetto ai concetti di “colpa grave” e di “prevedibilità dell’evento” la colpa con previsione vuole che l’agente si sia rappresentato la possibilità del verificarsi dell’evento, sia pure con la convinzione che questo non si verifichi. Ai fini della comminatoria dell’aggravante in questione, dunque, non è sufficiente la semplice prevedibilità dell’evento che, in sé considerata, non è null’altro che la misura soggettiva della colpa. Applicando siffatte coordinate interpretative al caso di specie, i giudici del Palazzaccio hanno rimarcato l’errore metodologico commesso dai giudici di merito, e cioè confondere la colpa grave dell’imputato - tratta dalla palese violazione della norma sulla circolazione stradale - con il concetto di previsione dell’evento. In altri termini, dal senso di “onnipotenza” che ha portato l’imputato a commettere il gesto scellerato non poteva ricavarsi – in automatico – la concreta rappresentazione, nella sua mente, dell’esito doppiamente omicidiario. Per la Suprema Corte, pertanto, l’inavvedutezza plateale dell’imputato mostrava la gravità della condotta, ma null’altro. In conclusione - annullando con rinvio - la Corte indica il seguente principio di diritto affinché l’evento possa dirsi previsto deve esistere “un dippiù” rispetto alla mera possibilità che questo si verifichi, e questo “dippiù” non può in alcun modo trarsi dalla gravità delle violazioni commesse, essendo necessaria la presenza di elementi sintomatici atti a dar prova della rappresentazione di quel determinato exitus.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 aprile – 11 giugno 2014, numero 24612 Presidente/Relatore Brusco Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, con sentenza del 22 aprile 2009, dichiarato I.L. responsabile del delitto di duplice omicidio colposo, con violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale, ai danni di L.A. e P.E. , nonché del reato di cui all'articolo 189, commi 1 e 6, cod. strada - perché, dopo aver cagionato il sinistro stradale di cui si è detto, si era dato alla fuga, così venendo meno all'obbligo di fermarsi - lo condannava, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni sette di reclusione con revoca della patente di guida , nonché a risarcire il danno patito dalle parti civili, da liquidarsi in separata sede, in favore delle quali stabiliva alcune provvisionali. In particolare i giudici di merito hanno accertato che l'imputato - percorrendo alla guida di un'autovettura FIAT Barchetta, alla velocità di 110 Km/h, una strada a doppio senso di circolazione sulla quale era imposto, nel suo senso di marcia, il limite massimo di 40 Km/h - effettuava, in ora notturna e a ridosso di un centro abitato, una manovra di sorpasso in prossimità di una curva e in presenza di un espresso divieto, invadendo del tutto l'opposta semicarreggiata e cosi travolgendo un ciclomotore a bordo del quale viaggiavano, in senso contrario, le due vittime indicate. 1.1. La Corte d'appello di Napoli, investita dell'appello proposto da I.L. , con sentenza del 18 febbraio 2013, sostituita la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida con la sospensione della stessa per la durata di quattro anni, confermava nel resto la sentenza di primo grado. 2. L'imputato propone ricorso per cassazione corredato da sette motivi di censura. 2.1. Con il primo motivo viene dedotta violazione di legge in relazione all'articolo 420 ter, cod. proc. penumero . Assume il ricorrente che il giudice per le indagini preliminari era incorso in una ipotesi di nullità per avere dichiarato, all'udienza del 1 ottobre 2007, la contumacia dell'imputato in assenza dell'avviso previsto dall'articolo 420 ter del codice di rito. Alla prima udienza del 29 giugno 2007 il processo non era stato trattato per l'adesione del difensore ad un'astensione proclamata dagli avvocati penalisti di Napoli e il Gip, rinviando all'udienza del 1 ottobre 2007, senza dichiarare la contumacia, non aveva disposto darsi avviso all'imputato. A quest'ultima udienza il Gip, vista la regolarità della notifica per l'udienza del 29 giugno 2007, aveva dichiarato la contumacia e poiché la contumacia non era stata accertata all'udienza del 29 giugno 2007 il giudice non avrebbe potuto dichiararla all'udienza successiva, senza che fosse stato effettuata una nuova citazione dell'imputato. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotto vizio motivazionale in relazione al comma 5 dell'articolo 420 ter cod. proc. penumero Il Tribunale aveva disatteso l'istanza di rinvio per legittimo impedimento derivante da concomitante impegno professionale del difensore per l'udienza del 10/12/2008. L'istanza in parola, fatta pervenire cinque giorni prima, illustrava i plurimi impegni professionali del titolare della difesa, taluni dei quali concernenti imputati detenuti, e affermava l'impossibilità di nominare sostituti ma era stata ingiustamente disattesa e il difensore, impegnato dinanzi alla Corte d'appello di Napoli in difesa di tale M.A. , non era stato in grado di raggiungere , a cagione del ritardo che aveva interessato la causa del M. . 2.3. Con il terzo motivo viene allegato vizio motivazionale in ordine all'affermata penale responsabilità per la violazione dell'articolo 189, cod. strada. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che l'imputato, in preda a forte stato confusionale per l'accaduto, sceso dalla propria autovettura, si era fatto accompagnare da un passante in ospedale, ove gli era stata medicata una ferita alla fronte, presentandosi, poco dopo, del tutto spontaneamente, al Commissariato di P.S Inoltre, soggiunge il ricorrente, non essendovi alcuno da soccorrere, in quanto i due ragazzi erano deceduti sul colpo, il reato ipotizzato non era configurabile. 2.4. Con il successivo motivo viene denunziato vizio motivazionale in ordine alla ritenuta aggravante della colpa cosciente o con previsione. Le potenzialità dell'autovettura, le buone condizioni dell'asfalto e quelle del conducente facevano escludere che costui si fosse reso conto della possibilità di un simile accadimento. La noncuranza di quanto può avvenire agli altri utenti della strada configura una colpa grave ma non una colpa cosciente. 2.5. Con il quinto motivo, denunziando vizio motivazionale, l'imputato si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e della quantificazione della pena, giudicata eccessiva. La Corte territoriale, nel disattendere lo specifico motivo, si era limitata a richiamare la motivazione del Tribunale, senza aver preso in seria considerazione gli elementi che avrebbero dovuto controbilanciare, in favore del ricorrente, il giudizio negativo giovane età, incensuratezza, ammissione dei fatti, corretto comportamento tenuto dopo il sinistro . 2.6. Con il sesto motivo si assume che la Corte partenopea aveva incongruamente disatteso la richiesta di riduzione delle provvisionali, pur in presenza di colpa concorrente delle vittime le quali non indossavano il casco e prendevano posto in due su un veicolo abilitato al trasporto di una sola persona. 2.7. Infine, con l'ultimo motivo, viene denunziata violazione di legge in quanto il giudice di secondo grado aveva applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, peraltro per la durata massima di legge, senza alcuna richiesta da parte del P.M Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato limitatamente alla riconosciuta esistenza dell'aggravante della colpa con previsione mentre i restanti motivi sono infondati o inammissibili. 3.1. Preliminarmente deve essere ritenuto infondato il primo motivo di ricorso che si riferisce alla irregolare costituzione del giudizio nell'udienza preliminare per non essere stato dato avviso all'imputato, regolarmente citato ma non ancora dichiarato contumace, del rinvio ad una successiva udienza. È anzitutto necessario, per valutare la fondatezza del motivo, descrivere la fattispecie in concreto verificatasi con l'esame degli atti richiamati nel ricorso trattandosi di dedotta violazione di natura processuale per il cui esame il giudice di legittimità è giudice del fatto. Non è contestato che all'imputato sia stato regolarmente notificato l'avviso per l'udienza preliminare fissata per il giorno 29 giugno 2007. In questa udienza l'imputato I.L. non è comparso e il suo difensore di fiducia, avv. Diego Di Bonito, ha dichiarato di aderire all'astensione dalle udienze proclamata dalla camera penale di Napoli. Il giudice ha rinviato l'udienza al 1 ottobre 2007 e in questa udienza, alla quale l'imputato non era presente, il difensore ha eccepito il mancato avviso al suo assistito della nuova udienza fissata. Il giudice, dopo aver disatteso l'eccezione sottolineando che l'avviso per l'udienza preliminare era stato regolarmente notificato per la precedente udienza alla quale l'imputato non era comparso senza addurre alcun legittimo impedimento, ha disposto la prosecuzione del processo previa dichiarazione della contumacia dell'imputato. La Corte non ignora che, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, la fattispecie accertata integra un'ipotesi di nullità che, pur non rientrando tra quelle previste dall'articolo 179 cod. proc. penumero in particolare non potendosi considerare omessa la citazione, in effetti già regolarmente effettuata, ma trattandosi di sua omessa rinnovazione , integra un'ipotesi di nullità a regime intermedio che deve essere eccepita nei termini previsti dall'articolo 182 comma 2 del codice di rito cfr. Cass., sez. II, 19 maggio 2009 numero 25675, Furgone, rv. 244170 12 marzo 2008 numero 15417, Cattaneo, rv. 239793 . Nel caso di specie risulta che l'eccezione sia stata proposta all'udienza del 1 ottobre 2007 - e riproposta con i motivi di appello - per cui la nullità, se esistente, non potrebbe ritenersi sanata e quindi poteva essere dedotta anche con il ricorso in cassazione. Ma la Corte ritiene di dover richiamare un diverso orientamento di legittimità già fatto proprio da questa sezione con la recente sentenza 17 ottobre 2013 numero 1497 , Alimi, Rv. 258563. In base a questa decisione la mancata formale dichiarazione di contumacia dell'imputato non comparso all'udienza, per la quale abbia regolarmente ricevuto la notificazione della richiesta di rinvio a giudizio, e senza che sia stato indicata alcuna ragione di impedimento a comparire, non impedisce di ritenere l'imputato contumace già alla prima udienza anche se la contumacia non sia stata formalmente dichiarata. Va infatti distinta l'ipotesi nella quale l'imputato abbia addotto un legittimo impedimento a comparire - nel qual caso incombe sul giudice l'obbligo di verificare l'esistenza dell'impedimento che, se accertato, impone di rinotificare l'atto di evocazione in giudizio articolo 420 ter, comma 1, cod.proc.penumero - dal caso in cui alcun legittimo impedimento sia stato addotto o la verifica sulla sua esistenza abbia avuto esito negativo. In questa seconda ipotesi inesistenza del legittimo impedimento perché non eccepito o non provato esistono i presupposti per la dichiarazione di contumacia e alcun effetto può derivare dalla circostanza che tale dichiarazione non sia formalmente avvenuta o che avvenga solo successivamente. L'ordinamento processuale si va infatti sempre più orientando verso un sistema di garanzie sostanziali che hanno come riferimento la conoscenza effettiva dei dati necessari alla difesa e non l'astratta garanzia del rispetto formale delle norme e, proprio in tema di mancata dichiarazione di contumacia, in presenza dei presupposti per questa dichiarazione, la giurisprudenza di legittimità si è in prevalenza orientata nel senso di ritenere irrilevante la mancata dichiarazione sia perché questa causa di nullità non è prevista dalla legge sia perché dalla situazione indicata non deriva alcun pregiudizio all'imputato solo semplificativamente si richiamano, oltre alla già citata sentenza Alimi, sez. V, 4 giugno 2008, numero 36651, Ventola, Rv. 241634 sez. IV, 15 novembre 2006, numero 41981, Marzotto . Consegue alle considerazioni svolte che già all'udienza del 29 giugno 2007 esistevano i presupposti per la dichiarazione di contumacia dell'imputato e quindi diveniva applicabile il disposto dell'articolo 420 quater, comma 1, c.p.p. che attribuisce al difensore la rappresentanza dell'imputato contumace. 3.2. Esiste un diverso aspetto del problema che peraltro non è stato evidenziato dalla difesa del ricorrente ma si ritiene opportuno esaminare perché astrattamente idoneo a produrre una nullità assoluta e insanabile rilevabile d'ufficio. All'udienza del 29 giugno 2007 il giudice provvide, a norma dell'articolo 420 cod. proc. penumero , agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e in questa fase non rilevò alcun vizio nelle notificazioni e comunicazioni alle parti. In questo momento, in mancanza della deduzione di una ragione di impedimento a comparire dell'imputato, esistevano quindi i presupposti per la dichiarazione di contumacia. Subito dopo però il difensore manifestò la sua volontà di aderire alla sospensione dalle udienze proclamata dall'Unione delle camere penali. Orbene, anche a voler prescindere dal dato formale che, prima di tale dichiarazione, si erano già verificati i presupposti per la dichiarazione di contumacia si osserva che il caso non è equiparabile a quello dell'impedimento riconosciuto del difensore che non consente - per il combinato disposto dei commi 1 e 5 dell'articolo 420 ter cod. proc. penumero - di trattare anche le questioni pregiudiziali e impone la rinnovazione dell'avviso. L'adesione all'astensione proclamata da un organismo sindacale non costituisce infatti un impedimento ma l'esercizio di una libertà con la conseguente necessità di contemperare le contrapposte esigenze in questo senso, sia pure ai diversi fini del calcolo della durata della sospensione della prescrizione per il disposto dell'articolo 169 comma 3 c.p., v. sez. IV, 29 gennaio 2013, numero 10621, M., Rv. 256067 sez. II, 12 febbraio 2008, numero 20574, Rosano, Rv. 239890 con la conseguenza che non può essere inibito al giudice in presenza dell'astensione di pronunziare un provvedimento ordinatorio peraltro sempre revocabile quale la dichiarazione della contumacia pronuncia vietata solo in caso di impedimento sulla possibilità di dichiarare la contumacia dell'imputato anche in caso di adesione del difensore all'astensione proclamata dall'organismo di categoria v. sez. IV, 28 settembre 2010, numero 37933, Mancuso, Rv. 248452 12 ottobre 2005, numero 44657, Ferraro, Rv. 232373 sez. III, 18 dicembre 2000, numero 5941, Fazio, Rv. 218701 analogamente, per la revoca della contumacia, v. sez. I, 28 ottobre 2009, numero 44202, G., Rv. 245680 . 3.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso. L'impedimento del difensore di fiducia, già regolato dall'abrogato articolo 486 comma 5 cod. proc. penumero , è ora disciplinato dall'articolo 420, ter, comma 5, del codice di rito che impone la sospensione o il rinvio del dibattimento nel caso di assenza del difensore quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato . Grava pertanto sul difensore o sull'imputato l'onere di dimostrare l'assoluta impossibilità di comparire per espletare il mandato difensivo e non v'è dubbio che il concomitante impegno difensivo possa integrare il legittimo impedimento. In questo caso però il difensore dovrà dimostrare l'esistenza dell'impegno concomitante e indicare le ragioni che lo inducono a privilegiare una difesa rispetto ad un'altra e su questa scelta, a meno che sia fondata su criteri incongrui, il potere di sindacato del giudice è assai limitato. Va ancora rilevato peraltro che, anche in presenza di legittimo impedimento, il giudice, in base al principio del bilanciamento degli interessi in gioco, può respingere l'istanza qualora lo impongano ragionevoli ragioni attinenti alla corretta amministrazione della funzione giudiziaria per es. il prossimo maturare della prescrizione . In ogni caso costituisce presupposto per l'applicazione dell'istituto, ai fini della concessione della sospensione o del rinvio, la tempestiva comunicazione dell'impedimento. Questa tempestività è ovviamente riferita al momento in cui il difensore viene a conoscenza del concomitante impegno difensivo ed ha lo scopo di consentire al giudice del processo di cui si chiede il rinvio di riprogrammare il ruolo di udienza inserendo, ove possibile, la trattazione di altri processi. Nel caso in esame il giudice di merito ha fatto buon governo di questi principi rilevando in un caso in cui il legittimo impedimento era documentato e la scelta di privilegiare l'altro processo poteva apparire in astratto motivata che il difensore non aveva documentato la contestuale trattazione dei procedimenti nei confronti di A.C. e Pa.Anumero ma solo la qualità di difensore dei predetti che, per quanto riguarda il procedimento nei confronti di M.A. , non era dato desumere dalla documentazione prodotta lo stato di detenzione che l'impossibilità di sostituzione era solo apoditticamente affermata senza che venissero spiegate le ragioni di tale impossibilità. Trattasi di motivazione adeguata ed esente da alcun vizio logico che conseguentemente si sottrae al sindacato di legittimità in particolare, per quanto riguarda la possibilità di sostituzione, si osserva che la decisione è rispettosa dell'orientamento uniforme del giudice di legittimità secondo cui il difensore ha l'onere di indicare le ragioni che giustificano l'affermata impossibilità di sostituzione cfr. sez. V, 28 ottobre 2010, numero 41148, Cutrale Rv. 248905 sez. I, 11 febbraio 2004, numero 13351, Appio, Rv. 228160 . 4. Passando all'esame dei motivi di merito deve anzitutto rilevarsi l'inammissibilità del terzo motivo riguardante l'affermata responsabilità per il delitto previsto dall'articolo 189 del codice della strada. Il ricorrente, con la censura in esame, pretende infatti di fornire del fatto che lo ha riguardato una lettura difforme da quella logicamente argomentata dal giudice di appello e senza neppure confrontarsi con le argomentazioni da questi fornite. In particolare i giudici di secondo grado hanno accertato che le ferite subite da I.L. erano superficiali e non tali comunque da provocare uno stato mentale di natura patologica che potesse influire sulla percezione dell'incidente e della sua gravità. Questa valutazione è stata fornita all'esito dell'esame della condotta tenuta dall'imputato subito dopo l'incidente e nelle ore successive e la sentenza impugnata ha tratto conferma del suo convincimento anche dal contenuto delle dichiarazioni rese nell'interrogatorio dal medesimo imputato. Irrilevante è poi la circostanza che, al momento dell'allontanamento, i due motociclisti investiti fossero già morti posto che all'imputato è stato contestato il reato di fuga di cui al comma sesto dell'articolo 189 codice della strada e non anche quello di omissione di soccorso di cui al comma 7. 4.2 È invece fondato, come si è già accennato, il motivo che si riferisce alla riconosciuta esistenza dell'aggravante prevista dall'articolo 61 numero 3 c.p. colpa con previsione o colpa cosciente . Va premesso che la natura normativa della colpa, ormai generalmente riconosciuta, trova una significativa deroga nel caso della colpa con previsione o colpa cosciente nella quale la componente psicologica è non solo ineliminabile ma addirittura preponderante anche se la componente normativa è parimenti essenziale è pur sempre necessario, nella colpa con previsione, che l'agente violi una regola cautelare . Tradizionalmente si afferma che, nella colpa cosciente che il legislatore considera un'aggravante articolo 61 numero 3 cod. penumero l'agente prevede che la sua condotta possa cagionare l'evento ma ha il convincimento di poterlo evitare. Questa forma di colpa è contigua ad un'ipotesi di dolo, il dolo eventuale ciò che distingue la colpa cosciente dal dolo eventuale è che, in questo secondo caso dolo eventuale l'agente non ha la convinzione di poter evitare l'evento ma accetta il rischio che l'evento si verifichi. Tanto che - si è affermato in dottrina -nel caso della colpa con previsione, se l'agente avesse saputo che l'evento si sarebbe verificato si sarebbe astenuto mentre, nel caso del dolo eventuale, avrebbe agito ugualmente. Inutile aggiungere che la distinzione tra le due ipotesi assume un rilievo ben maggiore quando il fatto non sia previsto come reato nella forma colposa. In questi casi un fatto reato previsto soltanto come doloso difetta di tipicità se è possibile provare esclusivamente la colpa, sia pure con la previsione dell'evento, e non il dolo eventuale e tanto meno il dolo diretto o quello intenzionale . Nel caso, poi, di colpa per omissione sarà anche necessario individuare l'esistenza di una posizione di garanzia per poter addebitare l'evento, anche da un punto di vista oggettivo, all'agente. Dunque ciò che contraddistingue la colpa con previsione è la circostanza che l'agente prevede l'evento dannoso ma a differenza di quanto avviene per il dolo eventuale è convinto di poterlo evitare. Non è dunque sufficiente che l'evento sia prevedibile - perché la prevedibilità dell'evento costituisce elemento ineludibile ed essenziale per poter ritenere esistente l'elemento soggettivo per ogni forma di reato colposo - ma è necessario che l'agente l'abbia previsto in concreto sia pure con il convincimento di cui si è detto. In realtà le opzioni dottrinarie e giurisprudenziali sono più estese e si rinvengono definizioni di maggiore ampiezza che fanno riferimento non solo al caso in cui l'agente abbia escluso la possibilità del verificarsi dell'evento ma altresì nei casi in cui si sia rappresentato la realizzazione dell'evento quale mera ipotesi astratta ovvero abbia agito nella ragionevole speranza che l'evento non si verifichi anche se non sembra priva di fondamento la critica rivolta alle sentenze che hanno ravvisato la colpa cosciente in queste ultime due ipotesi. Nella prima occorre infatti verificare se l'ipotesi astratta coincida con la previsione effettiva perché viene posta in dubbio la rappresentazione anticipata dell'evento da parte dell'agente. Nel secondo caso ragionevole speranza ci si potrebbe addirittura chiedere che questa ipotesi non si risolva nel dolo eventuale accetto che l'evento dannoso si verifichi, pur non volendolo, ma spero che non si verifichi . Sembra quindi più ragionevole rifarsi al concetto tradizionale della previsione dell'evento con il convincimento di evitarlo. Ovviamente, come spesso avviene per gli elementi della condotta che hanno una connotazione di natura psicologica, il problema più complesso in queste fattispecie è quello dell'accertamento degli elementi, per lo più di natura sintomatica e quindi indiziaria, dai quali sia possibile dedurre che l'agente aveva previsto, sia pure genericamente, un evento dannoso del tipo di quello effettivamente provocato. 4.2. Alla luce dei principi esposti non è possibile affermare che le due decisioni di merito, pur ampiamente argomentate anche sotto il profilo in esame, li abbiano correttamente applicati al caso oggetto del presente giudizio. Le due sentenze, infatti, fondano la loro valutazione su elementi certamente idonei a dimostrare l'esistenza della prevedibilità dell'evento e a confermare l'elevatissimo grado di colpa da parte dell'imputato che ha agito in violazione di numerose regole di comportamento. Ma la colpa con previsione è un'altra cosa non è, ovviamente, la prevedibilità dell'evento e prescinde dalla gravità della colpa. Ciò che è richiesto è che l'agente si sia concretamente rappresentato la possibilità del verificarsi di un evento dannoso sia pure con la convinzione di evitare che si verifichi. Non basta dunque che l'evento sia prevedibile ma occorre che l'agente lo abbia concretamente previsto. Come sono pervenuti i giudici di merito ad accertare la concreta rappresentazione dell'evento ? Il giudice di primo grado sottolinea il quadro di un giovane spericolato ed eccitato, con una condotta di guida estremamente imprudente e negligente, intesa a rimarcare la propria sicurezza, il predominio e la padronanza dell'auto e della strada rimarca come queste circostanze abbiano contribuito ad ingenerare nell'agente un senso di onnipotenza, che, in uno alla giovane età, ha evidentemente consentito di agire convinto di non correre rischi di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida, forse convinto che nulla sarebbe potuto accadere e rileva come la giovane età dell'imputato deve ritenersi l'elemento preponderante tra quelli che hanno condotto a sopravvalutare le proprie capacità e agire con incoscienza, nel senso di colpevole noncuranza delle regole di comportamento stradale e di avventatezza, quindi del tutto compatibile con la ritenuta sussistenza di una colpa con previsione . Questa sentenza, con le argomentazioni riportate, nella sostanza esclude la colpa cosciente laddove afferma l'esistenza di un senso di onnipotenza e afferma che l'imputato ha agito convinto di non correre rischi di sorta dunque non ha previsto alcunché e tanto meno la possibilità di provocare un incidente mortale. La sentenza di appello ha ben compreso la contradditorietà in cui è incorso il giudice di primo grado come può aversi colpa cosciente se l'agente neppure prevede la possibilità di un incidente ? ma nella sostanza non si discosta da questa impostazione perché la previsione dell'evento è fondata su una serie di elementi congetturali e solamente affermati ma non dimostrati neppure in via indiziaria. La sentenza sottolinea infatti che l'imputato, tenendo una velocità ben al di sopra del limite consentito e impegnandosi in una manovra di sorpasso pur in presenza di espresso divieto, a ridosso di una curva e, dunque, in condizioni di ridotta visibilità, invadendo integralmente l'opposta corsia di marcia ha consapevolmente e volontariamente accettato la situazione di concreto pericolo della propria condotta, rappresentandosi la probabilità o anche la sola possibilità di rischio di collisione frontale con veicolo procedente nell'opposta direzione di marcia, ma confidando nella propria capacità di controllare l'azione con imprudente e negligente valutazione delle circostanze di fatto e, segnatamente, della ridotta o nulla possibilità di effettuare manovre di emergenza per evitare l'impatto . 4.2. Che cosa manca nella ricostruzione dei giudici di merito in particolare in quella oggi impugnata per poter ritenere realizzati gli elementi dell'aggravante in questione? Manca l'indicazione degli elementi sintomatici che consentano di ritenere previsto - e non solo prevedibile - l'evento. Non è sufficiente affermare la gravità, peraltro indiscussa, delle violazioni compiute né che tale condotta gravemente inosservante rendesse prevedibile ma la sentenza impugnata parla anche della mera possibilità il verificarsi di un evento dannoso la colpa, per la sua natura normativa, si fonda sulla violazione di regole cautelari che si formano su base normativa o tenendo conto dell'esperienza che consente di attribuire carattere di prevedibilità a certe violazioni. Non solo la prevedibilità degli eventi dannosi sta alla base della formazione della regola cautelare ma è richiesta anche la prevedibilità dell'evento in concreto verificatosi. Se si prende a parametro della colpa con previsione la prevedibilità dell'evento si è fuori strada perché la prevedibilità è il fondamento della colpa non è sufficiente che l'agente abbia violato una regola cautelare, che da questa violazione sia derivato l'evento dannoso e che questo evento fosse prevedibile è necessario che questo evento fosse previsto dall'agente. Deve quindi esistere, perché l'evento possa essere ritenuto previsto , un dippiù rispetto alla sua mera prevedibilità e ciò non può essere costituito dalla gravità delle violazioni compiute si può avere previsione dell'evento anche in presenza di lievi trasgressioni delle regole di prudenza o diligenza bensì da elementi - ovviamente, nella generalità dei casi, di natura sintomatica - che consentano di affermare che l'evento è stato effettivamente previsto dall'agente. Non sono ipotesi di scuola per rimanere al tema del sorpasso in situazione di pericolo oggetto di questo processo potrebbe affermarsi l'esistenza della colpa cosciente nel caso in cui un automobilista esegua un sorpasso, confidando nella rapidità della sua manovra, pur essendosi accorto che la corsia che deve impegnare per il sorpasso è già occupata da un'autovettura che proviene dal senso inverso o, nel caso in cui il sorpasso avvenga in curva, se l'altra corsia appaia impegnata da una serie di veicoli che la stanno percorrendo o, ancora, quando l'agente, conscio della brevità del tratto libero nel quale può eseguire il sorpasso, lo compia ugualmente trovandosi nella necessità di rientrare anzitempo e vada ad urtare contro il veicolo che stava sorpassando . Anche al di fuori della circolazione stradale possono agevolmente individuarsi casi di colpa con previsione il medico che esegua un intervento chirurgico non urgente che sa non rientrare nelle sue competenze professionali e lo esegua in modo imperito con la consapevolezza dei danni che può provocare un intervento errato il datore di lavoro che, avvertito di una situazione di grave e attuale pericolo per l'incolumità dei lavoratori per es. che una superficie di passaggio non è in grado di sopportare il peso delle persone , insista per la prosecuzione delle attività lavorative senza l'adozione di alcuna cautela. E poiché, malgrado gli sforzi motivazionali dei giudici di merito, alcun elemento sintomatico è stato individuato per ritenere provata la previsione dell'evento la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al riconoscimento della contestata aggravante con le conseguenze di seguito indicate. 5. Il quinto motivo, con il quale ci si duole del trattamento sanzionatorio, è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. Il trattamento sanzionatorio - comprensivo del riconoscimento delle circostanze attenuanti e della loro comparazione con le eventuali aggravanti e della concessione dei benefici della sospensione condizionale e della non menzione - rientra nelle attribuzioni esclusive del giudice di merito e così anche la determinazione della pena da infliggere in concreto che, per l'articolo 132 cod. penumero , è applicata discrezionalmente dal giudice che deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere. In sede di legittimità è invece consentito esclusivamente valutare se il giudice, nell'uso del suo potere discrezionale, si sia attenuto a corretti criteri logico giuridici e abbia motivato adeguatamente il suo convincimento. Nel caso in esame la sentenza impugnata si è attenuta ai criteri indicati facendo riferimento - per motivare il diniego sulle richieste formulate di riduzione della pena e di concessione delle attenuanti generiche - alla negativa personalità dell'imputato, alla condotta successiva all'incidente, alle gravi modalità dell'azione ritenuta spavalda, sconsiderata, imprudente, azzardata caratterizzata, oltre che dall'elevato grado della colpa, da riprovevole insensibilità dimostrata contro l'altrui incolumità e dalla glaciale indifferenza rispetto agli esiti e conseguenze della propria condotta . Questa valutazione, essendo congruamente e logicamente motivata, si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità. 6. Infondata è la censura sesto motivo di ricorso che si riferisce alla richiesta di riduzione delle provvisionali, pur in presenza di colpa concorrente delle vittime, le quali non indossavano il casco e prendevano posto in due su un veicolo abilitato al trasporto di una sola persona. La Corte di merito ha infatti motivatamente escluso l'efficienza causale del mancato uso del casco ritenendo accertato che le conseguenze dell'impatto sarebbero state le stesse, in considerazione della violenza dell'impatto tra i veicoli, anche se le due vittime avessero utilizzato il mezzo protettivo la sentenza precisa che questa valutazione è stata fornita dai consulenti tecnici . Quanto all'aver viaggiato irregolarmente in due persone su un veicolo abilitato a trasportarne uno la Corte esclude che questa condotta possa considerarsi concausa dell'evento e afferma che la condotta dell'imputato - che ha invaso ad elevata velocità la corsia percorsa dalle vittime - costituisce causa sopravvenuta che esclude il rapporto di causalità con la condotta colposa che costituisce astratta concausa dell'evento. Con questa affermazione il ricorrente non si confronta limitandosi alla richiesta di riduzione delle provvisionali senza addurre alcun argomento idoneo a contrastare le ragioni indicate per fondare il diniego della richiesta. 7. Inammissibile è infine l'ultimo motivo di ricorso che si riferisce alla sospensione della patente di guida nella misura massima quattro anni prevista dalla legge. Il motivo è generico perché non spiega le ragioni della richiesta e si fonda su un presupposto errato che la Corte abbia di sua iniziativa applicato l'indicata sanzione amministrativa accessoria mentre, in realtà, la Corte ha accolto il motivo di appello - con il quale si era contestata la possibilità di applicare, nel caso in esame, la revoca della patente di guida - e ha sostituito la revoca con la sospensione motivando adeguatamente sulla sua durata. 8. In base alle considerazioni svolte il ricorso va accolto limitatamente alla ravvisata esistenza dell'aggravante di cui all'articolo 61 numero 3 c.p. Aggravante che deve essere eliminata con conseguente rideterminazione della pena cui può direttamente procedere questa Corte - ai sensi dell'articolo 620 lett. l del codice di rito - eliminando l'aumento di anni uno e mesi quattro applicato per l'indicata aggravante dal primo giudice e confermato dal giudice di appello. La pena definitiva è dunque quella di anni cinque e mesi otto di reclusione. Restando al tema della determinazione della pena rileva la Corte che il primo giudice aveva riconosciuto la continuazione tra i due reati per i quali è stata affermata la responsabilità dell'imputato malgrado la natura colposa di uno di essi. Posto che è da escludere che ci si trovi in presenza di concorso formale di reati è da ritenere che la statuizione immotivata sul punto sia fondata sulla ritenuta esistenza della colpa con previsione che, in base ad un precedente di questa sezione numero 3579 del 29 novembre 2006, Galluzzo, Rv. 236018 , consente di ritenere applicabile la continuazione. Venuta meno l'aggravante viene meno anche la possibilità di applicare la continuazione e l'aumento di pena è divenuto illegale perché inferiore al minimo di legge. Peraltro la mancanza di impugnazione da parte del pubblico ministero rende non modificabile la statuizione sul trattamento sanzionatorio P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, sezione quarta penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla riconosciuta esistenza dell'aggravante prevista dall'articolo 61 numero 3 cod. penumero Aggravante che elimina. Rigetta il ricorso nel resto e ridetermina la pena complessiva inflitta al ricorrente in anni cinque e mesi otto di reclusione. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi Euro 2.700,00 a favore di P.S. e in complessivi Euro 2.200,00 a favore di L.G. , C.O. e L.C. oltre accessori come per legge.