Dismissione del patrimonio pubblico: la catena si interrompe dopo il primo trasferimento all’acquirente

In tema di dismissione di patrimonio pubblico immobiliare, l’ambito di applicazione del d.l. numero 351/2001 è limitato per l’appunto a tale fase. Pertanto, nel caso di una pluralità di cessioni del bene, la normativa citata è applicabile solo al primo trasferimento dall’ente pubblico che deve “risanarsi” a favore del primo acquirente. Dopo tale passaggio il bene non è più pubblico, quindi i successivi trasferimenti tra privati non possono consentire il perseguimento di alcuna finalità di pubblico interesse e il diritto di prelazione dell’eventuale conduttore dell’immobile de quo resta regolato dalla l. numero 392/1978 e assoggettato al prezzo di mercato.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12050, depositata il 29 maggio 2014. Il caso. Una s.r.l. citava in giudizio un’altra società per ottenere il riscatto di un immobile, sito in Napoli, condotto in locazione in virtù di un contratto originariamente stipulato con l’Inail, primo proprietario del bene. La società attrice deduceva che l’istituto aveva alienato l’edificio locato ad altra società, la quale, a sua volta, l’aveva alienato alla società convenuta che nuovamente l’aveva ceduto ad altro soggetto, senza che l’immobile fosse stato offerto in prelazione all’attrice nei termini di cui alla disciplina in tema di dismissione di patrimonio pubblico. Sia il tribunale, sia la Corte d’Appello respingevano le richieste attoree e la questione giungeva così al cospetto della Suprema Corte. Normative applicabili? La ricorrente chiedeva il riscatto del bene invocando l’applicazione della l. numero 662/1996 in tema di dismissioni di immobili pubblici e del d. l. numero 351/01 in materia di privatizzazione dl patrimonio immobiliare pubblico. In particolare nel ricorso in Cassazione venivano citati l’articolo 3, comma 99, l. numero 662/1996 secondo cui «I beni immobili e i diritti reali su immobili appartenenti allo Stato non conferiti nei fondi di cui al comma 86 possono essere alienati direttamente dall'amministrazione finanziaria, qualunque sia il loro valore di stima, mediante asta pubblica e, qualora quest'ultima vada deserta, mediante trattativa privata, sulla base del miglior prezzo di mercato» e l’articolo 3, comma 3 bis, d.l. numero 351/2001, a mente del quale «É riconosciuto in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso diverso da quello residenziale il diritto di opzione per l'acquisto in forma individuale, al prezzo determinato secondo quanto disposto dal comma 7. Le modalità di esercizio del diritto di opzione sono determinate con i decreti di cui al comma 1» Secondo la ricorrente tale ultima norma trovava applicazione non solo in riferimento al momento in cui avviene la cessione da parte del soggetto deputato alla dismissione degli immobili pubblici, ma anche in ogni successiva altra alienazione. La conduttrice sosteneva inoltre che nel caso di specie ci si trovava di fronte ad una vendita cumulativa di beni funzionalmente distinti e non già di vendita in blocco. La ricorrente avrebbe, quindi, avuto il diritto di vedersi offrire per prima l’immobile in questione al prezzo vantaggioso stabilito dal comma 7 dell’articolo 3 del citato d. l. cioè il prezzo di mercato diminuito del 30 % . Scopo della norma. La Corte d’Appello, con motivazione condivisa dagli Ermellini, respinge tale impostazione e spiega che le leggi sopra indicate hanno come obiettivo quello di contemperare l’esigenza di alcuni enti pubblici di dismettere il proprio patrimonio per risanarsi finanziariamente, con l’intento di tutelare il conduttore consentendogli di diventare proprietario dell’immobile condotto in locazione ad un prezzo ridotto. Con il meccanismo illustrato, in unico momento si favoriscono i conduttori degli immobili che hanno maggiori possibilità di diventare proprietari a costi convenienti e, contemporaneamente, si agevola la dismissione di patrimonio pubblico in modo da conseguire più velocemente il risanamento delle finanze dell’ente alienante. Primo passaggio. Tale normativa trova però applicazione solo nel momento in cui avviene il trasferimento dal soggetto pubblico che mira al risanamento al terzo acquirente privato. È in questa fase, infatti, che viene in considerazione la ratio della norma ed è quindi in questo momento che deve essere concessa la prelazione al conduttore al prezzo ridotto. Trasferimenti successivi. Nel caso però di ulteriori successivi passaggi di proprietà dal terzo acquirente ad altri suoi aventi causa, il risanamento dell’ente pubblico originario dante causa non ha più alcun rilievo e quindi le norme di cui alla l. numero 662/1996 e al d.l. numero 141/2001 non sono più applicabili. Si tornerà allora nell’ambito di un normale rapporto civilistico di diritto privato con l’applicazione delle disposizioni di cui alla l. numero 392/1978. Il prezzo di vendita non potrà dunque che essere quello pattuito tra le parti secondo le regole di mercato, senza possibilità di invocare i “correttivi” legislativi sopra ricordati. Sotto altro profilo la ricorrente censurava il passaggio della sentenza di secondo grado in cui non le veniva riconosciuto lo svolgimento di attività comportante contatto diretto con il pubblico degli utenti e consumatori. La parte affermava infatti che l’immobile in oggetto era prevalentemente utilizzato come teatro. Al contrario il giudice di merito, con motivazione anche in questo caso condivisa dalla Suprema Corte, aveva dedotto che il bene era essenzialmente adibito a studio televisivo come evidente dagli scarsi investimenti per rendere funzionale il teatro e, al contrario, dall’installazione di antenne per la ricezione e trasmissione dei segnali televisivi. In definitiva la Corte di Cassazione condivideva su tutta la linea la decisione della Corte territoriale e, conseguentemente, rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 marzo – 29 maggio 2014, numero 12050 Presidente Amatucci – Relatore Carleo Svolgimento del processo La Sri Napoli TIVÙ' conveniva in giudizio la srl Juppiter 24 e la Srl Cerep Italy Three per ottenere, ai sensi dell'articolo 39 L.392/1978, il riscatto dell'immobile sito in omissis da essa condotto in locazione in virtù di contratto stipulato con l'INAIL il 19.8.1996, deducendo che detto Istituto nel 2001 aveva alienato l'edificio locato, insieme ad altri immobili, alla soc. SCIP di cartolarizzazione di immobili pubblici , la quale nel marzo 2003 l'aveva poi alienato alla srl Cerep Italy Three, che a sua volta il successivo 25 ottobre aveva venduto il gruppo di immobili alla srl Yuppiter 24, senza che fosse stato offerto l'immobile in prelazione ad essa attrice. A sostegno della domanda deduceva essersi trattato di vendita cumulativa di beni funzionalmente distinti e non già di vendita in blocco, per cui chiedeva dichiararsi il suo diritto ad esercitare il riscatto del cespite condotto in locazione, nonché la nullità ed annullabilità del relativo contratto di trasferimento dalla srl Cerep alla srl Jupiter 24, con condanna che producesse gli effetti del riscatto e l'attribuzione del bene in proprio favore e nei confronti delle convenute al prezzo determinato dalla perizia estimativa per procedere al disciplinare di gara ed all'avviso d'asta a suo tempo predisposto dalla Romeo Gestioni nell'ambito del programma della L. 140/1997 di dismissione degli edifici pubblici. In subordine chiedeva la condanna delle convenute in solido al risarcimento danni in misura equivalente al valore del bene o da determinarsi equitativamente. In via ulteriormente gradata chiedeva la condanna dei medesimi per indebito arricchimento. Si costituivano le convenute eccependo preliminarmente l'applicabilità del rito locatizio e chiedendo, quindi, disporsi il mutamento eccepivano l'inammissibilità della domanda nei confronti della Cerep, per essere trascorso il termine di sei mesi dalla trascrizione della compravendita e nel merito l'infondatezza della domanda. In esito al giudizio il Tribunale adito rigettava le domande attrici. Avverso tale decisione la soccombente proponeva appello e nel corso del giudizio si costituivano la Jupiter 24 e la Cerep Italy Three ed interveniva la Spa Tele Regione Campania, quale successore a titolo particolare nel diritto controverso deducendo che nelle more il macrolotto aggregato era stato alienato dalla Jupiter alla C.P.N. srl e poi da questa singolarmente venduto ad essa interventrice e chiedendo il rigetto dell'appello. In esito, la causa era decisa con lettura del dispositivo in udienza e la Corte di Appello di Napoli con sentenza depositata in data 19 ottobre 2007 dichiarava ammissibile l'intervento e respingeva l'impugnazione, compensando le spese tra le parti. Avverso la detta sentenza Napoli TIVÙ ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, illustrato da memoria. Resistono con controricorso Italia Mia Group Spa, già Teleragione Campania Spa, e Cerep Italy Three di Jupiter Italy MP Srl e di Jupiter 24 Sri, la quale ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato, illustrato da memoria. Motivi della decisione In via preliminare, deve osservarsi che il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Sempre in via preliminare, va portata l'attenzione su un'eccezione, formulata nella memoria illustrativa dalla ricorrente principale, con cui Napoli TIVÙ Srl ha dedotto l'inammissibilità del controricorso di Italia Mia Group per violazione dei termini di cui all'articolo 370 cpc. A riguardo, è utile evidenziare che, in base al dettato della norma citata, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, deposito che a sua volta secondo la previsione dell'articolo 369 del cpc deve essere effettuato nel termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto. Tutto ciò premesso, l'eccezione non coglie nel segno alla luce del rilievo che, a fronte del ricorso notificato il 23 luglio 2008, il controricorso in esame è stato consegnato all'ufficiale giudiziario in data 17 ottobre del medesimo anno, vale a dire nell'ultimo giorno utile, come risulta dall'esame dell'atto. Ne consegue l'infondatezza dell'eccezione. Procedendo all'esame del ricorso principale, va rilevato che, con la prima doglianza, la ricorrente deduce l'insufficiente motivazione e la falsa applicazione di legge, avendo la Corte di Appello ritenuto applicabile alla fattispecie la legge numero 392/78 in luogo della legge numero 662/96 articolo 3 co. 99 in tema di dismissioni di immobili pubblici ed in luogo del D.L. numero 351/01 articolo 3 co. 3 bis in materia di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. In tal modo, la Corte di merito avrebbe trascurato che l'articolo 3 co. 3 bis citato - questa, in sintesi, la tesi della ricorrente opera non solo in riferimento al momento in cui avviene la cessione dal soggetto deputato alla dismissione degli immobili pubblici al terzo acquirente ma anche in riferimento ad ogni altra successiva alienazione. Entrambi i profili di doglianza sono infondati. A riguardo, mette conto di premettere che,come risulta dalla lettura della sentenza, le ragioni della decisione impugnata si fondano sulla considerazione che la normativa di cui alla legge 662/96 e alla legge 410/2001 tende allo scopo di contemperare l'esigenza di alcuni enti pubblici di dismettere il proprio patrimonio immobiliare, ai fini di risanamento della finanza pubblica, con l'intento di garantire, però, il contraente ritenuto meritevole di tutela ossia il locatario concedendo a quest'ultimo il diritto di prelazione ad un prezzo ridotto. Tale normativa deve ritenersi operante in riferimento al momento in cui avviene la cessione dal soggetto deputato alla cosiddetta cartolarizzazione al terzo acquirente giacché in tale momento viene a realizzarsi lo scopo della dismissione del patrimonio dell'Ente e del risanamento finanziario ed è perciò in questo solo momento che il conduttore può esercitare il diritto di prelazione previsto da tale legge. Al contrario, qualora il terzo acquirente, cui non è naturalmente applicabile l'esigenza di risanamento, trasferisca a sua volta il bene acquistato, l'eventuale conduttore potrà avvalersi, ricorrendone i presupposti, del diritto di prelazione a lui attribuito dalla legge 392/78. Tutto ciò premesso e considerato, risulta con chiara evidenza come la Corte territoriale abbia argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica e rispettosa delle normative in questione. Ed invero, a sostegno della conclusione cui è pervenuta la Corte di merito, deve essere considerata necessariamente la diversità di ratio che ispira la legge numero 392/78 rispetto al D.L. 351/2001. Le due normative hanno infatti oggetti e campi di applicazione diversi la legge numero 392/78 disciplina la locazione di immobili urbani mentre il D.L. 351/2001 regola la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Ora, quest'ultima normativa, nel riconoscere in favore dei conduttori delle unità immobiliari il diritto di opzione per l'acquisto di detti beni al prezzo determinato dai commi 7 e 8 del medesimo articolo, pari al prezzo di mercato diminuito del trenta per cento fatta eccezione per gli immobili di pregio mira con tutta evidenza ad attuare una politica che, non solo, favorisca i conduttori degli immobili, consentendo loro di acquistarli ad un valore inferiore a quello di mercato, ma faciliti altresì la dismissione del patrimonio pubblico, in modo da ottenere in tempi ridotti il risanamento finanziario dell'Ente. Ora, tale esigenza sussiste solo con rifermento al primo trasferimento del bene mentre non può riguardare anche i trasferimenti successivi quando l'immobile non rientra più nel patrimonio immobiliare pubblico il rapporto di locazione intercorre tra privati e difetta quindi ogni ragione di interesse pubblico che giustifichi il prezzo più ridotto rispetto a quello di mercato. Merita pertanto di essere condivisa la tesi della Corte di merito, secondo cui l'ambito di applicazione del D.L. 351/2001 è costituito dalla fase di dismissione del patrimonio pubblico, limitata al primo trasferimento a favore dell'acquirente privato perché, successivamente, il bene non è più pubblico, non può consentire il perseguimento di alcuna finalità di pubblico interesse ed il diritto di prelazione del conduttore, coerentemente con tale premessa, resta regolato dalla legge numero 392/78 e soggetto al prezzo di compravendita fissato dalle parti secondo le leggi del mercato. Passando all'esame della seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1362 cc e segg. nonché della motivazione insufficiente, va osservato che, ad avviso della ricorrente, la Corte di Appello, dopo aver ritenuto erroneamente che essa Napoli TIVÙ' non svolgesse attività comportante contatto diretto con il pubblico degli utenti e consumatori, non avrebbe motivato in maniera sufficiente su tale fatto controverso e decisivo. Inoltre, omettendo di valutare che, ai sensi dell'articolo 1 del contratto, il locatore si era riservato il diritto di utilizzare il teatro per convegni in un numero massimo di dieci volte l'anno ed omettendo di valutare la possibilità concessa a Napoli TIVÙ di effettuare novanta rappresentazioni teatrali sull'anfiteatro esterno, ex articolo 14 del contratto, non avrebbe correttamente interpretato le dette clausole contrattuali concludendo erroneamente che la locazione era stata stipulata per uso studio televisivo e non anche, e prevalentemente, per uso teatro. Infine - ed in tali rilievi si sostanziano gli ulteriori profili della doglianza - avrebbe dovuto ammettere la richiesta prova testimoniale circa l'uso prevalente nel locale e motivare in maniera più adeguata laddove ha ritenuto del tutto irrilevante l'offerta in prelazione effettuata dalla CPN. A riguardo, corre l'obbligo di premettere, con riferimento al profilo di censura concernente la violazione delle norme relative all'interpretazione degli atti negoziali, che, come è noto, tale violazione si concretizza nella violazione dei criteri generali ed astratti per accertare la comune intenzione dei contraenti, perché solo essi possono essere considerati vere e proprie norme giuridiche. E a tal fine, il ricorrente non può limitarsi a fare astratto richiamo al canone che, a suo avviso, sarebbe stato inosservato ma ha l'onere di spiegare perché, a suo avviso, l'interpretazione della clausola sarebbe stata condotta con criteri diversi da quelli previsti dalla legge e di chiarire per quali ragioni ritiene che la comune intenzione dei contraenti non sarebbe stata determinata secondo le regole fissate dal legislatore. Al contrario, nel caso di specie, la ricorrente, pur lamentando formalmente la violazione del criterio di cui agli articolo 1362 e ss cc si è limitata a contrapporre un'interpretazione alternativa rispetto a quelle adottata dal Giudice di seconde cure, senza assolvere l'onere che le competeva ovvero senza spiegare le ragioni della dedotta violazione, evidenziando in tal modo che mirava ad ottenere solo una nuova interpretazione del contratto, conforme ai suoi interessi. Giova aggiungere che l'interpretazione degli atti di autonomia privata - e della volontà delle parti in essi trasfusa - costituisce attività propria del giudice di merito la quale, risolvendosi in un tipico accertamento di fatto, è censurabile in sede di legittimità, oltre che in caso di violazione dei criteri dell'ermeneutica contrattuale, vizio che, come evidenziato sopra, è insussistente nella specie , solo in presenza di vizi della motivazione, tali da non consentire la ricostruzione dell'iter logico. E ciò, in quanto a questa Corte non è consentito di procedere alla diretta interpretazione degli atti, posto che la valutazione degli elementi di prova attiene al libero convincimento del giudice di merito. Nella specie, il vizio motivazionale dedotto insufficienza della motivazione è del tutto insussistente ove si consideri che la Corte di merito ha motivato la ritenuta, netta, prevalenza della destinazione dell'immobile ad uso studi televisivi rispetto a quella di uso teatro con una notevole cospicuità di argomenti quali 1 dalla premessa che forma parte integrante del contratto 19.8.1996 risulta che, a fronte della decisione dell'Inail di lasciare il teatro allo stato grezzo, non intendendo investire altro denaro per rendere funzionale l'opera in considerazione della bassissima redditività dei teatri, l'ing. M. , amministratore di Napoli TIVÙ manifestava interesse alla locazione per adibire il locale a studi televisivi per l'emittente Napoli TIVÙ. 2 Coerentemente con tale premessa, il locatore autorizzava l'installazione delle antenne per la ricezione e trasmissione dei segnali televisivi 3 la concessione dell'uso dell'anfiteatro sulla copertura e il fatto del locatore di riservarsi l'uso del teatro per convegni non avevano un rilievo significativo e non modificavano la prevalenza dell'uso studi televisivi perché la concessione dell'anfiteatro era limitata nel tempo e la riserva dell'uso teatro per convegni era addirittura sporadica. Ugualmente infondato è infine il terzo profilo di doglianza con cui la ricorrente ha dedotto che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto, conformemente al giudice di primo grado, di non ammettere le prove testimoniali richieste. Al contrario, i giudici di seconde cure hanno spiegato esaustivamente le ragioni della decisione riportandosi a tutti gli argomenti che confortavano la netta prevalenza dell'attività quotidiana di emittenza televisiva rispetto all'attività saltuaria di teatro, onde l'irrilevanza della prova testimoniale richiesta in quanto, anche a voler ritenere provate tutte le circostanze articolate nei capitoli di prova, esse non avrebbero potuto modificare l'esito del giudizio. Resta da esaminare l'ultimo profilo della seconda doglianza, con cui la ricorrente lamenta la carenza della motivazione della sentenza di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto del tutto irrilevante l'offerta in prelazione effettuata nelle more del giudizio di appello dalla CPN srl, a sua volta acquirente dalla Jupiter dell'immobile condotto in locazione da Napoli TIVÙ. Anche quest'ultimo profilo di censura è infondato, alla luce del rilievo che la Corte, contrariamente all'assunto della ricorrente, ha invece puntualmente argomentato sul punto deducendo in particolare che nessun effetto di riconoscimento quale rivendicato dall'appellante potrebbe assumere la dichiarazione proveniente da un terzo che non è parte in giudizio . L'infondatezza della ragione di censura è quindi evidente né merita attenzione la tesi della ricorrente, secondo cui l'offerta in prelazione, provenendo da un soggetto che conosceva l'attività svolta nei locali, rappresenterebbe un elemento che il giudice del merito avrebbe dovuto tener presente. Ed invero, come ha correttamente argomentato la Corte di appello, nessun rilievo può essere attribuito alle valutazioni di ordine giuridico, espresse da un terzo estraneo al giudizio, su un tema costituente oggetto di dibattito tra le parti di un processo. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto da Cerep Italy Three S.a.s. Segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. numero 140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte decidendo sui ricorsi riuniti rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto da Cerep Italy Three S.a.s. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida per ciascuna di esse in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed Euro 200,00 per esborsi.