La fuga in macchina con inseguimento da parte delle forze dell’ordine integra l’elemento della violenza. Quest’ultima si configura con una semplice energia fisica, idonea a produrre una coazione personale.
Il caso. Rapina e porto abusivo di armi sono i reati per cui un uomo sulla quarantina viene condannato dai giudici di merito. Avverso la pronuncia della Corte d’appello, l’imputato propone ricorso per cassazione lamentando l’errata qualificazione del fatto. Non si tratterebbe – a suo avviso – di rapina impropria, ma di furto tentato, non essendosi perfezionato l’impossessamento della cosa oggetto di reato e «non ricorrendo nella fattispecie l’elemento della violenza, erroneamente e contraddittoriamente ravvisato dai giudici di merito nella condotta di fuga in automobile con inseguimento da parte delle forze dell’ordine ». Rapina o furto? La condotta violenta fa la differenza. La S.C. ritiene manifestamente infondato il ricorso. Gli Ermellini, nella sentenza numero 19490/2012 depositata il 23 maggio, precisano che «ai fini della configurabilità del reato di rapina impropria è sufficiente l’esplicazione di una energia fisica, qualunque ne sia il grado di intensità, purché idonea a produrre una coazione personale». Violenza non significa necessariamente cagionare lesioni personali. Divincolarsi, una semplice spinta, uno strattone o uno schiaffo sono una violenza «non è neppure necessario» – chiariscono i giudici di Cassazione – «l’esercizio di una violenza di intensità tale da cagionare lesioni». La fuga in macchina, con inseguimento delle forze dell’ordine, dunque, integra l’elemento della violenza. Per concludere, si tratta di rapina impropria e non di semplice furto il ricorso viene dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e di 1.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 aprile – 23 maggio 2012, numero 19490 Presidente Carmenini – Relatore Di Marzio Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della medesima città in data 6.11.2007, dichiarata la prescrizione del reato contestato al capo B dell'imputazione, e rideterminata la pena, ha per il resto confermato la condanna di R N. per i delitti di rapina e porto abusivo di armi. 2. Avverso detta pronunzia ricorre l'imputato contestando - in un unico motivo - violazione di legge e vizio di motivazione per non essere stata apportata correzione materiale circa il nome dell'imputato sulla sentenza di primo grado per la qualificazione del fatto come di rapina impropria piuttosto che furto tentato, pur non essendosi perfezionato l'impossessamento della cosa oggetto di reato e pur non ricorrendo nella fattispecie l'elemento della violenza, erroneamente e contraddittoriamente ravvisato dai giudici di merito nella condotta di fuga in automobile con inseguimento delle forze dell'ordine che ha determinato unicamente lievi ammaccature ad altri veicoli in circolazione inoltre, vizio di motivazione sulla inverosimiglianza della dichiarazione della parte offesa che nella automobile oggetto di reato fosse custodita la somma di lire 5.000.000 infine, vizio di motivazione sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nonostante la confessione resa dall'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. Sotto un primo profilo, deve rilevarsi che resta acclarato in atti, e nemmeno contestato dall'imputato, che lo stesso si sia dato alla fuga inseguito dalle forze dell'ordine, e che nel mentre abbia urtato, sia pure lievemente, altri veicoli in circolazione compresa una automobile dei carabinieri. Ne discende che la Corte territoriale ha correttamente applicato l'avviso secondo cui ai fini della configurabilità del reato di rapina impropria è sufficiente l'esplicazione di una energia fisica, qualunque ne sia il grado di intensità, purché idonea a produrre una coazione personale. Pertanto, la violenza può consistere anche nel divincolarsi, in una semplice spinta, in uno strattone, in uno schiaffo o simili al derubato ovvero ad altra persona che tenti di impedire la fuga dell'agente. Al riguardo, non è neppure necessario, quindi, l'esercizio di una violenza di intensità tale da cagionare lesioni, essendo appunto sufficiente l'esercizio di quei minimo di energia fisica idonea a produrre una coazione personale e a vincere l'azione del soggetto passivo o di altri tendente a recuperare la refurtiva o a impedire la fuga dell'autore della sottrazione Cass., sez. II, 5.2.10, numero 18551 . Inoltre, ai fini della sussistenza del reato, la violenza deve essere esercitata nei confronti della persona e deve tendere ad impedire al derubato di ritornare in possesso della cosa sottrattagli ovvero a procurare l'impunità all'agente. La violenza può essere esercitata con qualsiasi strumento e, quindi, anche con un mezzo meccanico, quale la automobile, non destinato per sua natura all'offesa. Nel caso di fuga, bisogna verificare, quindi, se non sono stati travalicati i limiti normali di uso dell'autoveicolo ovvero se sono state attuate manovre dirette ad ostacolare l'attività di persone con incombente minaccia alla loro incolumità Cass., sez. II, 27.11.89, Smiraldo . Così è avvenuto nel caso di specie, avendo la Corte di appello motivato in ordine alla pericolosità della fuga caratterizzata da sorpassi arrischiati e lievi tamponamenti ad altri veicoli in circolazione. Con riguardo all’omessa motivazione sulla inverosimiglianza della dichiarazione della parte offesa che nella automobile oggetto di reato fosse custodita la somma di lire 5.000.000, deve rilevarsi l'irrilevanza della doglianza ai fini del giudizio di penale responsabilità. Con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche deve premettersi che questa Suprema Corte ha più volte affermato che ai fini dell'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all'articolo 62 bis c.p., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. Inoltre, sempre secondo i principi di questa Corte - condivisi dal Collegio - ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo Si veda, ad esempio, Sez. 2, Sentenza numero 2285 del 11/10/2004 Ud. - dep. 25/01/2005 - Rv. 230691 . Alla stregua degli esposti principi, la motivazione resa dalla Corte è immune da vizi in quanto circostanziata sulla fattispecie concreta. In tal senso depone la valorizzazione che la Corte fa della numerosità dei precedenti penali dell'imputato aventi il carattere della specificità, e la modalità del fatto di reato connotata da rilevante pericolosità , con motivazione non presa in considerazione nel ricorso che si esaurisce, a riguardo, nella mera riproposizione del motivo di appello. La manifesta infondatezza del ricorso preclude, ai sensi dell'articolo 130, comma 1, cod. proc. penumero - secondo cui il giudice dell'impugnazione è competente a disporre la correzione sempre che l'impugnazione non sia inammissibile - ogni provvedimento in ordine al denunciato errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado. 2. Ne consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.