La volontà del minore contraria al rimpatrio può costituirne condizione ostativa e portare al rigetto della domanda

L’ascolto del minore che sia considerato attendibile e maturo, tale da giustificare il rispetto della sua opinione, e che esprima una netta volontà contraria al rimpatrio, deve essere adeguatamente considerato e può portare al rigetto della domanda di rimpatrio.

Il principio è stato stabilito dalla Prima Sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 5237 del 5 marzo 2014. Il caso. La questione è sorta a seguito della richiesta effettuata dalla sig.ra B.M, rivolta al Tribunale di Firenze, di ottenere il rimpatrio della figlia quindicenne, di cittadinanza italiana ma nata e residente a New York, avuta con il marito G.P e da questi secondo lei illegittimamente sottratta. Il Tribunale di Firenze, con decreto del 18 settembre 2012, aveva disposto il rientro immediato della minore C. negli Stati Uniti d'America, e più precisamente in New York, presso la madre condannando il padre al pagamento delle spese processuali. La figlia era nata nel 1999 a New York, mentre i coniugi si erano trasferiti in Italia nel 2004, dove poi si erano separati. Era stato disposto l'affidamento condiviso di C. la quale rimaneva collocata presso la madre in New York. Tale statuizione veniva confermata successivamente dal Tribunale di Pisa, che a un certo punto, avendo il padre trattenuto la figlia in Italia dopo un periodo di visita, disponeva la riconsegna della predetta minore alla madre, che veniva eseguita nel marzo del 2011. Con sentenza depositata il 27 maggio 2011 la Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, disponeva che la predetta minore venisse affidata in via esclusiva al padre. La Corte di Famiglia di New York, dopo aver emesso divieto di espatrio della minore il 2 agosto 2011, il successivo 30 agosto disponeva l'’’esecutività di detta decisione, che, tuttavia, sospendeva il successivo 9 settembre 2011, nella pendenza di un procedimento inerente all' accertamento della giurisdizione. In data 7 febbraio 2012 la predetta Corte statunitense declinava la propria giurisdizione in favore di quella italiana. Tale decisione, ritualmente impugnata, veniva sospesa in data 14 febbraio 2012, unitamente all’esecutorietà della sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze, poi impugnata, con ricorso per cassazione di entrambi i coniugi, nel luglio successivo. In data 11 giugno 2012 il Placidi aveva prelevato la figlia all'uscita della scuola e l'aveva condotta con sé in Italia. Seguiva poi il provvedimento impugnato, con il quale, come detto, il Tribunale di Firenze ordinava l’immediato rientro della figlia negli USA. Contro tale decisione, proponeva ricorso per cassazione il padre. L’ascolto del minore che si oppone al rimpatrio, ove adeguatamente valutato, può costituire motivo ostativo alla domanda di rimpatrio. Durante l’audizione resa al Tribunale di Firenze, la minore aveva espresso chiaramente la sua volontà di opporsi al rimpatrio, dichiarando apertamente la sua volontà di rimanere in Italia con il padre e il suo nucleo familiare. Ciò nonostante, il Tribunale di Firenze aveva affermato la natura illegale del comportamento del padre. Per il Tribunale, la ragazza era assolutamente in grado di esprimere il proprio pensiero, le proprie emozioni, gli stati d’animo e le proprie esigenze. Per il Tribunale, però la preferenza espressa per la convivenza con il padre poteva attribuirsi a una maggiore empatia con lo stesso e ad una maggiore permissività del genitore stesso, di per sé stessa contraria, in quanto ispirata a censurabili criteri. educativi all' interesse della minore. Di conseguenza, ritenendo prevalente, per l’interesse del minore, il suo rimpatrio, il Tribunale aveva accolto la domanda. Per la Suprema Corte, questa decisione è errata e va cassata. Infatti, secondo la Cassazione, va enunciato il principio secondo cui la volontà contraria manifestata in ordine al proprio rientro da un minorenne che abbia una maturità tale secondo l’’apprezzamento del giudice del merito, da giustificare il rispetto della sua opinione, può costituire, ai sensi del’ 'art. 13, comma 2, Convenzione dell'Aja, ipotesi, distintamente valutabile, ostativa all'accoglimento della domanda di rimpatrio. Di conseguenza, la Suprema Corte ha cassato il decreto del Tribunale di Firenze, rinviando la sentenza al Tribunale in diversa composizione, anche per le spese.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 ottobre 2013 – 5 marzo 2014, n. 5237 Presidente Luccioli – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale per i Minorenni di Firenze ordinava il rientro immediato della minore P.C. negli Stati Uniti d'America, e più precisamente in New York - New York, presso la madre B.M. , condannando il padre al pagamento delle spese processuali. 1.1 - Venivano preliminarmente richiamate le tappe salienti di un conflitto giudiziario aspro e complesso, evidenziandosi che B.M. e P.G. avevano contratto matrimonio nel 1999 a New York, dove era nata, il omissis , la figlia C. . Trasferitisi in Italia, nell'anno 2004 i coniugi si erano separati, e la predetta minore era stata affidata in via esclusiva alla madre. 1.2 - Successivamente, anche a seguito delle intervenute modifiche legislative, era stato disposto l'affidamento condiviso di P.C. , la quale rimaneva collocata presso la madre in New York. 1.3 - Tale statuizione veniva confermata successivamente dal Tribunale di Pisa, che a un certo punto, avendo il padre trattenuto la figlia in Italia dopo un periodo di visita, disponeva la riconsegna della predetta minore alla madre, che veniva eseguita nel marzo del 2011. 1.4 - Con sentenza depositata il 27 maggio 2011 la Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, disponeva che la predetta minore venisse affidata in via esclusiva al padre. 1.5 - La Corte di Famiglia di New York, dopo aver emesso divieto di espatrio della minore il 2 agosto 2011, il successivo 30 agosto disponeva l'esecutività di detta decisione, che, tuttavia, sospendeva il successivo 9 settembre 2011, nella pendenza di un procedimento inerente all'accertamento della giurisdizione. 1.6 - In data 7 febbraio 2012 la predetta Corte statunitense declinava la propria giurisdizione in favore di quella italiana. 1.7 - Tale decisione, ritualmente impugnata, veniva sospesa in data 14 febbraio 2012, unitamente all'esecutorietà della sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze, poi impugnata, con ricorso per cassazione di entrambi i coniugi, nel luglio successivo. 1.8 - In data 11 giugno 2012 il P. aveva prelevato la figlia all'uscita della scuola e l'aveva condotta con sé in Italia. 1.9 - Tanto premesso, rilevava il Tribunale che, a fronte della richiesta di rimpatrio presentata all'Autorità Centrale di Washington dalla B. ai sensi dell'art. 8 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, dovesse affermarsi la natura illegale della sottrazione della figlia posta in essere dal padre, atteso che la stessa era stata trasferita dalla residenza abituale, per tale dovendosi intendere il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi. Nella specie - si osservava - era pacificamente emerso che la madre esercitasse il diritto di custodia sulla figlia, la quale viveva da tempo con lei e con una sorella a New York, dove frequentava la scuola e coltivava relazioni sociali. 1.10 - Passando all'esame degli altri requisiti richiesti dall'art. 13 della citata convenzione, che venivano congiuntamente esaminati, il Tribunale dava atto delle risultanze dell'audizione della minore, la quale, ormai tredicenne e assolutamente s in grado di esprimere il proprio pensiero, le proprie emozioni, gli stati d'animo e le proprie esigenze , aveva manifestato una volontà nettamente contraria al rimpatrio, desiderando rimanere con il padre. 1.11 - A tale riguardo veniva osservato che dalle risultanze processuali e dalla stessa audizione della minore non era emerso il rischio di un'esposizione a rischi psicologici, né a una situazione intollerabile, in quanto la predetta C. in New York aveva relazioni affettive e sociali ben radicate e prive di qualsiasi anomalia, laddove la preferenza espressa per la convivenza con il padre poteva attribuirsi a una maggiore empatia con lo stesso e ad una maggiore permissività del genitore stesso, di per sé stessa contraria - in quanto ispirata a censurabili criteri educativi all'interesse della minore. 1.12 - Per la cassazione di tale decisione il P. propone ricorso, affidato a tre motivi, cui la B. resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3.c.p.c, dell'art. 13, comma 2, della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, fatta a L'Aja il 25 ottobre 1980 e ratificata in Italia con L. n. 64 del 1994. Si sostiene che, trattando congiuntamente le due ipotesi previste dall'art. 13, comma 1, lett. b e comma 2 della Convenzione dell'Aja testé richiamata, il Tribunale ha finito per attribuire all'ascolto della minore, della quale aveva per altro evidenziato la piena capacità di discernimento, una funzione meramente ricognitiva del rischio di pericolo fisico o psichico in caso di rientro, laddove la contraria volontà del minore, nella specie espressamente manifestata, costituisce un'ipotesi del tutto autonoma, da valutarsi indipendentemente da quella inerente a eventuali pericoli correlati al rientro. 2.1 - Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 1, lett. b , della convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, in quanto, pur avendo acquisito la sentenza della Corte di appello di Firenze che disponeva l'affidamento esclusivo della minore al padre, il Tribunale non ne avrebbe tratto tutte le conseguenze, indipendentemente dai profili riguardanti la giurisdizione, in ordine alla valutazione dell'interesse della minore. 2.2 - La terza censura, formulata con riferimento all'art. 91 c.p.c., attiene al regolamento delle spese processuali. 3-11 primo motivo è fondato. 3.1 - Il Tribunale, dopo aver verificato positivamente la ricorrenza del presupposto della violazione, da parte del padre, dell'esercizio della custodia effettivamente e legittimamente esercitato dalla B. sulla figlia C. , ha rilevato come non fosse ostativa all'accoglimento della richiesta di rientro immediato della minore stessa la sua manifestazione di una contraria volontà, in quanto non determinata da una paventata situazione di pericolo derivante dal risiedere in New York o insita nel rapporto con la madre, quanto per una netta preferenza da lei espressa per la convivenza col padre e col suo nucleo familiare . Nell'evidenziare che la volontà della minore anche nell'opporsi al rientro negli Stati Uniti non ha tuttavia evidenziato alcuna situazione per le i di pericolo in quello Stato , il Tribunale ha evidentemente ritenuto di conformarsi, tuttavia non apprezzandolo nella sua complessiva portata, all'orientamento, già espresso da questa Corte, secondo cui l'ascolto del minore, avente capacità di discernimento, ha una rilevanza cognitiva, in quanto l'esito di quel colloquio può consentire al giudice di valutare direttamente se sussista o meno il fondato rischio, per il minore medesimo, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile Cass., 11 agosto 2011, n. 17201, in motiv. Cass., 27 luglio 2007, n. 16753 . 3.2 - In realtà, la funzione riduttiva, nel senso meramente cognitivo, alla volontà espressa dal minore è stata, nei precedenti sopra richiamati, espressamente limitata all'ipotesi in cui la volontà di opporsi al rientro provenga da un minore che - secondo il motivato apprezzamento del Tribunale per i minorenni - non abbia ancora raggiunto l'età ed il grado di maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione . 3.3 - Tale orientamento, per altro, deve essere rimeditato, in considerazione della sempre maggiore rilevanza che l'ascolto del minore ha assunto tanto nel nostro ordinamento quanto in ambito internazionale, ragion per cui deve ritenersi che ormai non residuino spazi per assegnare all'ascolto una sussidiaria funzione meramente cognitiva, nel caso che un minore sia in grado di esprimere la propria volontà, avendo - come riconosce nella specie il Tribunale - piena capacità di discernimento. Sotto tale profilo la distinzione lessicale tra questa formula e il raggiungimento da parte del minore, secondo la terminologia adottata dalla Convenzione dell'Aja all'art. 13, comma 2, di un'età e una maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione, appare sempre più sfuocata, fino al punto di dover ritenere che quando, ricorrendone i presupposti, si sia proceduto all'ascolto del minore, della volontà così manifestata si debba sempre e necessariamente tener conto anche in materia di sottrazione internazionale di minori. 3.4 - Sotto il primo profilo, deve porsi in evidenza come i recenti interventi normativi in materia di filiazione art. 315-bis c.c. art. 2, comma 1, della legge n. 219 del 2012 pongano l'ascolto del minore, come evidenzia anche la nuova sedes materiae , fra le regole fondamentali e generali attraverso le quali, realizzandosi il riconoscimento dell'ascolto stesso come diritto assoluto del minore, viene perseguito il suo interesse superiore, corrispondente al suo sviluppo armonico psichico, fisico e relazionale, da perseguirsi anche attraverso l'immediata percezione delle sue opinioni in merito alle scelte che lo riguardano, consentendo, in tal modo, la partecipazione del minore stesso al giudizio, in quanto parte in senso sostanziale così Cass., Sez., un., n. 22238 del 2009 . 3.5 - Con riferimento, poi, alla normativa pattizia sovranazionale, costituisce un dato ormai pienamente acquisito il principio secondo cui l'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ai sensi degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. 20 marzo 2003, n. 77, per cui ad essa deve procedersi, salvo che possa arrecare danno al minore stesso, come risulta dal testo della norma sovranazionale e dalla giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass., ord., n. 9094 del 2007, nonché Cass., Sez. Un., n 22238 del 2009 . 3.6 - Nella sentenza impugnata, come già ricordato, il Tribunale, pur avendo dato atto della piena maturità conseguita dalla minore P.C. , per altro corrispondente alla sua età, ha relegato tale manifestazione in primo luogo nell'ambito della funzione sussidiaria dell'accertamento dell'esistenza o meno di una situazione di pericolo a tal punto da esaminare congiuntamente le due ipotesi che, anche in virtù delle superiori considerazioni, assumono una valenza del tutto autonoma, e debbono essere distintamente considerate , ed ha poi, sempre nell'ottica privilegiata della funzione cognitiva sopra indicata, osservato che la minore ha manifestato la propria contraria volontà al rientro, e ciò non per una paventata situazione di pericolo derivante dal risiedere a New York o insita nel rapporto con la madre, quanto per una netta preferenza da lei espressa per la convivenza col padre e col suo nuovo nucleo familiare . Anche le circostanze esaminate in seguito, inerenti ai rapporti dell'adolescente con i genitori, costituiscono ulteriori esplicazioni inerenti all'analisi delle risultanze istruttorie al fine di poter escludere di esporre la minore C. a rischi psicologici, a maggior ragione fisici o ad una situazione intollerabile mediante il suo rimpatrio in New York . In tal modo il giudice del merito si è sostanzialmente sottratto al compito di tener conto di quella netta preferenza espressa dalla minore, non finalizzata all'evidenziazione di e-ventuali rischi, ma all'esplicitazione delle proprie aspirazioni, di un vero e proprio progetto di vita, non privo di risvolti esistenziali ed affettivi, sorretto da una fortissima volizione, desumibile come chiaramente traspare dal contenuto delle memorie illustrative depositate ai sensi dell'art. 378 c.p.c. dalle insormontabili difficoltà manifestatesi in sede esecutiva. 3.7 - Deve, pertanto, enunciarsi il principio secondo cui la volontà contraria manifestata in ordine al proprio rientro da un minorenne che abbia un'età e una maturità tali, secondo l'apprezzamento del giudice del merito, da giustificare il rispetto della sua opinione, può costituire, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della Convenzione dell'Aja, ipotesi, distintamente valutabile, ostativa all'accoglimento della domanda di rimpatrio. 4 - Rimanendo assorbite le altre censure, il ricorso, pertanto, deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Firenze che, in diversa composizione, esaminerà la richiesta di rientro applicando il principio sopra richiamato e provvedendo, altresì, al regolamento delle spese processuali inerenti al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale per i minorenni di Firenze, in diversa composizione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.