Camionista spericolato e assassino? No: bisogna valutare bene i dati del cronotachigrafo

La Corte di Appello ha giustamente dato credito alla consulenza della difesa, che, a differenza di quella del PM, teneva conto anche della curvatura della traccia risultante dal foglio di registrazione dei dati di marcia, inserito nel cronotachigrafo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9166/13, depositata il 26 febbraio. Il caso. Un camionista alla guida di un autoarticolato si scontra con un autocarro provocando il decesso delle tre persone presenti sul mezzo. Il conducente del camion viene assolto dall’accusa di omicidio colposo in entrambi i gradi di merito ricorre allora per cassazione il P.G., chiedendo la condanna dell’uomo. Colpa della velocità eccessiva? Il ricorrente denuncia essenzialmente un vizio di motivazione riguardante l’acritico accoglimento delle consulenza difensiva, specie in riferimento alla velocità del mezzo al momento dell’incidente è vero che il mezzo aveva iniziato a frenare, ma in quel momento procedeva a 65 km/h, cioè a un’andatura spropositata rispetto ai 30 km/h prescritti in quel tratto di strada caratterizzato da lavori in corso. A giudizio degli Ermellini, però, la pronuncia di appello è ben motivata e pertanto il ricorso non può essere accolto in particolare, è pacifico che il sinistro sia avvenuto per colpa del conducente dell’altro autocarro, il quale, procedendo a velocità superiore al consentito, aveva invaso la corsia opposta. I dati risultanti dal cronotachigrafo. Quanto alla velocità dell’autoarticolato condotto dall’imputato, la Corte territoriale ha giustamente dato credito alla consulenza della difesa, che, a differenza di quella del PM, teneva conto anche della curvatura della traccia risultante dal foglio di registrazione dei dati di marcia, inserito nel cronotachigrafo alla luce di tale dato, la velocità dell’automezzo al momento del sinistro è stata valutata pari a 34,83 km/h. Per questo motivo è da escludersi un’incidenza causale nel sinistro, dato che solo una velocità di gran lunga superiore avrebbe potuto configurare il concorso colposo dell’imputato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 febbraio – 26 febbraio 2013, n. 9166 Presidente Brusco – Relatore Marinelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 5/12/2006 il G.I.P. del Tribunale di Taranto assolveva C.G. dal reato di omicidio colposo artt. 589, 2 e 3 comma c.p. accertato in contrada omissis -agro di omissis perché il fatto non sussiste. A C.G. era stato contestato il reato di cui all'articolo 589 commi 2 e 3 c.p. perché, percorrendo alla guida dell'autoarticolato con trattore e rimorchio la strada statale 106 a velocità eccessiva pari a circa 65 chilometri orari , del tutto spropositata in relazione alla segnaletica verticale ivi esistente che indicava un limite di 30 chilometri orari, collideva con l'autocarro condotto da R.V. che procedeva in senso contrario e che pure non osservava il limite di velocità, invadendo per cause imprecisate la corsia opposta. Cagionava così per colpa generica e per inosservanza specifica delle norme sulla circolazione stradale la morte di R.V. , conducente del predetto autocarro, e di M.M. e M.V. , terze trasportate a bordo del medesimo mezzo. Avverso la sopra indicata sentenza proponeva appello il Procuratore generale della Repubblica di Lecce che chiedeva la condanna dell'imputato. La Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - con sentenza del 5.07.2010, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado. Avverso tale sentenza il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Lecce proponeva ricorso per cassazione per ottenerne l'annullamento e adduceva - la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Sosteneva il Procuratore generale ricorrente che con l'atto di impugnazione della sentenza di primo grado il Procuratore generale aveva lamentato un acritico accoglimento delle risultanze della consulenza della difesa nonostante le fondate motivazioni opposte dal consulente del pubblico ministero, e ciò con riferimento in particolare alla velocità con cui viaggiava il mezzo condotto dall'imputato ed alle modalità di calcolo della stessa, nonché con riferimento al punto esatto dell'impatto. Anche la sentenza oggi impugnata sarebbe solo apparentemente motivata, in quanto, contrariamente a quanto si legge nella stessa, la consulenza del pubblico ministero aveva esattamente esaminato i dischi del cronotachigrafo illustrando le motivazioni della variazione del tracciato della velocità anche del mezzo del C. . Inoltre, secondo il Procuratore generale ricorrente, i giudici della Corte territoriale avevano omesso di considerare che il consulente del pubblico ministero non aveva messo in discussione che il mezzo del C. aveva iniziato un'azione frenante e soprattutto avevano omesso di motivare in relazione al dato oggettivo rilevato dal consulente del pubblico ministero secondo cui l'imputato, all'atto dell'azione frenante, procedeva ad una velocità di circa 65 chilometri orari, di gran lunga superiore a quella imposta in quel tratto di strada a doppia corsia obbligata per via dei lavori in corso. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. Si osserva infatti cfr. Cass., Sez.4, Sent. n. 4842 del 2.12.2003, Rv. 229369 che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento ciò in quanto l'articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi in base ai quali hanno dedotto la insussistenza della responsabilità del C. in ordine al reato ascrittogli. In particolare hanno evidenziato che è pacifica la circostanza che il sinistro avvenne a causa della condotta colposa di R.V. , il quale procedeva ad una velocità di gran lunga superiore a quella massima consentita, in una strada resa scivolosa dalla pioggia, e invadeva la corsia di marcia opposta, cagionando la morte oltre che di se stesso, anche di M.M. e M.V. che viaggiavano con lui. I giudici della Corte territoriale si ponevano poi il problema della sussistenza o meno del concorso di condotta colposa da parte del C. . Sul punto valutavano la consulenza del pubblico ministero, che aveva ritenuto che il C. viaggiasse ad una velocità di circa 65 chilometri orari, superiore quindi al limite di 30 chilometri orari imposto sul luogo dell'incidente. Ritenevano peraltro che tale consulenza non fosse convincente a differenza di quella della difesa, che teneva conto anche della curvatura della traccia risultante dal foglio di registrazione dei dati di marcia, inserito nell'apposito cronotachigrafo, dell'autoarticolato condotto dal C. . Osservavano che tale dato e la sua conseguente valutazione erano esposti nella consulenza in questione in maniera chiara, con un iter logico coerente, che non faceva dubitare dell'esattezza del dato tecnico conclusivo e cioè della velocità del mezzo in questione in occasione del sinistro pari a 34,83 chilometri orari. In virtù di tale emergenza tecnica i giudici della Corte di appello escludevano quindi una incidenza causale nel sinistro da parte del C. , dal momento che, essendo il limite massimo di velocità sul luogo del sinistro pari a 30 chilometri orari, solo una velocità di gran lunga superiore a tale limite avrebbe potuto configurare una concorso colposo dell'imputato. Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.