La valutazione delle opere abusive non può essere parcellizzata in caso di ristrutturazione

In tema di reati paesistici ed edilizi-urbanistici, le opere esterne di un immobile, consistenti nella realizzazione di un terrazzo e di un porticato, devono essere considerate unitariamente, nel caso in cui le stesse siano eseguite nel quadro di un complessivo intervento di ristrutturazione. Tali opere hanno una obiettiva incidenza sul carico urbanistico, se determinano un ampliamento dell’edificio e, in ogni caso, una modifica della sagoma. Per converso, il mero accorpamento di due unità immobiliari preesistenti può, per la sua minore incidenza, essere ricondotto fra quegli interventi di ristrutturazione edilizia per i quali non occorre il permesso di costruire.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 5772, depositata il 6 febbraio 2014. Il caso. La pronuncia in esame scaturisce dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì, avverso la decisione con cui il medesimo Tribunale confermava il rigetto della richiesta di sequestro preventivo di un immobile ubicato in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, per i reati previsti e puniti dagli artt. 44, lett. c , d.P.R. n. 380/2001 Testo Unico dell’Edilizia e 181 d. lgs. n. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio . Le opere erano consistite, fra l’altro, nel rifacimento di solai, nell’abbassamento di piani del locale al primo piano ed a quello sovrastante, e nella posa in opera di una trave del solaio adiacente a quello rifatto, in precario stato di sicurezza e stabilità. Sia il gip che il Tribunale di Forlì avevano ritenuto che i lavori contestati non avessero recato un aggravio del carico urbanistico, trattandosi di interventi che avrebbero comunque mantenuto invariata la superficie e la volumetria dell’immobile. Il vincolo paesaggistico e l’abuso realizzato. L’art. 44, lett. c , TUE fissa la pena edittale per gli interventi edilizi eseguiti in totale difformità, in variazione essenziale o in assenza del permesso di costruire, nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico o ambientale . Per l’individuazione del concetto di totale difformità, occorre riferirsi all’art. 31 TUE, a norma del quale sono interventi eseguiti in totale difformità quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione rispetto a quelle oggetto del permesso stesso. Rispetto al permesso di costruire, dunque, la difformità totale si delinea allorché i lavori riguardino un’opera diversa per conformazione e strutturazione da quella contemplata nel provvedimento in tale ipotesi, si applica la pena di cui all’art. 44, lett. b , TUE. La difformità parziale si delinea, invece, allorché i lavori tendano ad apportare variazioni, circoscritte in senso qualitativo e quantitativo, alle opere così come identificate nel provvedimento in siffatta ipotesi, si applica la pena di cui all’art. 44, lett. a , TUE. La difformità totale, in effetti, si verifica allorché si costruisca aliud pro alio , in una situazione nella quale l’esecuzione dei lavori è assistita da un permesso di costruire meramente apparente o non pertinente. Altra ipotesi è quella in cui i lavori eseguiti esulino radicalmente dal progetto approvato, nel senso che essi tendano a realizzare opere aggiuntive a quelle consentite e che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale come ad esempio allorché venga realizzato un edificio a più piani in aggiunta a quello o a quelli stabiliti dal permesso . Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi residuali, tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza da valutarsi in relazione al progetto approvato , nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma. Non sempre le ristrutturazioni necessitano di permesso di costruire . La pronuncia in esame consente pure di approfondire la tematica relativa al titolo abilitativo di volta in volta necessario nel caso di ristrutturazioni aventi una portata più o meno innovativa” rispetto all’edificio preesistente. A tal proposito, occorre rilevare che sono sempre realizzabili con Dichiarazione di Inizio Attività oggi parzialmente sostituita dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore, quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la iniziale consistenza urbanistica. Gli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, co. 1, lett. c , TUE non di portata minore sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati con D.I.A. se portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A , comportino mutamenti della destinazione d'uso. Se però comportano la preventiva demolizione dell'edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l'edificio precedente. La ricostruzione su ruderi costituisce, invece, sempre nuova costruzione. La demolizione, per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di ristrutturazione edilizia, deve essere contestualizzata temporalmente nell'ambito di un intervento unitario, volto alla conservazione dell'edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell'inizio dei lavori.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 gennaio – 6 febbraio 2014, numero 5772 Presidente Teresi – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Forlì, con ordinanza del 15 aprile 2013 ha rigettato l'appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento con il quale, in data 14.3.2013, il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo di un immobile, ubicato in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, oggetto di interventi edilizi di ristrutturazione rispetto ai quali P.M. e PI.Ma. risultano indagati per i reati di cui agli artt. 44, lett. c , 95 d.P.R. 380/01 e 181 d.lgs. 42/2004. Il Tribunale ha rilevato, in particolare, che le opere interne erano state correttamente valutate separatamente dal G.I.P., rispetto a quelle esterne, in mancanza di legame funzionale tra queste ultime, già realizzate e le altre, in corso di esecuzione ed ha ritenuto l'insussistenza di aggravi del carico urbanistico, trattandosi di interventi che manterranno invariata la superficie e la volumetria dell'immobile. Avverso tale pronuncia il Pubblico Ministero propone ricorso per cassazione. 2. Con un unico motivo di ricorso, dopo aver ricostruito la vicenda processuale, rileva che la presenza di lavori in corso di esecuzione e la dimostrata sussistenza del fumus delle violazioni ipotizzate sarebbe da sola sufficiente a giustificare l'applicazione della misura reale negata, sussistendo il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato, in presenza delle quali dovrebbe escludersi ogni discrezionalità del giudice. Censura, inoltre, la parcellizzazione delle opere eseguite che sarebbe stata effettuata dai giudici dell'appello ed evidenzia l'irrilevanza del fatto, valorizzato invece dal Tribunale, che per le opere oggetto di contestazione sarebbe stata richiesta la sanatoria, atteso che, trattandosi di zona sottoposta a vincolo paesaggistico, le opere non rientrerebbero tra quelle soggette a valutazione di compatibilità paesaggistica. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. In data 11.1.2014 la difesa degli imputati ha presentato memoria con la quale richiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero o, in subordine, rilevarne l'infondatezza rigettandolo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Va preliminarmente rilevato che, sulla base del provvedimento impugnato e del ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, emerge che gli interventi in corso di esecuzione alla data dell'accertamento riguardavano l'esecuzione, su preesistente manufatto, di opere, comprensive del rifacimento di un solaio al piano primo e nell'unione di due distinte unità immobiliari, consistenti, al piano terra, nella realizzazione della pavimentazione e dei rivestimenti murari esistenti nella rimozione dei sanitari del bagno nella esecuzione di tracce per la posa di nuova impiantistica nell'abbassamento del piano di un locale tramite rimozione della soletta e scavo del sottofondo per 35 cm nella rimozione della soglia della porta di tale locale ed abbassamento della stessa tramite demolizione di parte della muratura perimetrale per cm. 35 nel rifacimento del solaio del sovrastante locale previa demolizione di quello preesistente nella posa in opera di una trave in cemento a sostegno di una trave del solaio adiacente a quello rifatto, in precario stato di sicurezza e stabilità ed, al piano primo, nel rifacimento del solaio. Altre opere, già eseguite all'esterno del manufatto e per le quali il G.I.P. aveva ritenuto ormai maturata la prescrizione, riguardavano, invece, la realizzazione di un terrazzo e di un portico sottostante. Risulta, altresì, che l'immobile oggetto di intervento è ubicato in zona dichiarata di notevole interesse paesaggistico ed ambientale con d.m. 16.11.1996 e sismica e che le opere sono state eseguite in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, avendo gli indagati richiesto il permesso di costruire in sanatoria previo accertamento di compatibilità paesaggistica. 4. Osserva a tale proposito questa Corte che, sebbene nella imputazione testualmente riportata in ricorso manchi un richiamo specifico al menzionato comma 1 bis dell'art. 181 d.lgs. 42/2004, il riferimento alla dichiarazione di notevole interesse paesaggistico ed ambientale, mediante provvedimento ministeriale specifico, risolve ogni dubbio in merito alla astratta riconducibilità dei fatti descritti nell'imputazione alla menzionata ipotesi delittuosa. Secondo quanto stabilito dal citato art. 181 d.lgs. 42/2004, infatti, la pena della reclusione è applicabile agli interventi su beni paesaggistici che ricadono su aree sottoposte a vincolo con provvedimento specifico lettera a del comma 1-bis ovvero, nel caso di interventi su beni vincolati in base alla legge i quali abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore a mille metri cubi lettera b della medesima disposizione . Da ciò consegue che, con riferimento ai beni tutelati in base a specifico provvedimento amministrativo, ogni intervento non autorizzato o in difformità configura il delitto mentre, sulle aree o immobili tutelati in base alla legge, è richiesto l'ulteriore requisito dell'aumento della volumetria preesistente o della creazione di nuovi volumi oltre i limiti indicati. Va inoltre rilevato che per tale tipologia di interventi non è possibile alcuna valutazione postuma della compatibilità paesaggistica, per essere quella prevista dal comma 1 ter del medesimo articolo espressamente riferita esclusivamente alle disposizioni di cui al primo comma, peraltro limitatamente ad alcuni interventi, definibili come minori”. Per tale ragione a nulla rileva, inoltre, quanto evidenziato nella memoria depositata dalla difesa degli imputati in data 11.1.2014 e nella documentazione ad essa allegata, riguardante una mera proposta di compatibilità”, peraltro subordinata all'esecuzione di specifici interventi di adeguamento, il che evidenzia, appunto, una condizione dei luoghi che non consente alcuna valutazione positiva da parte dell'amministrazione competente. Parimenti, non è prevista alcuna possibilità di sanatoria per gli interventi eseguiti in spregio alla normativa antisismica in quanto il d.P.R. 380/01 prevede tale possibilità con esclusivo riferimento alle violazioni urbanistiche v. Sez. III numero 11271, 24 marzo 2010 Sez. III numero 37718, 10 ottobre 2007 Sez. III numero 19256, 20 maggio 2005 . 5. Quanto alla valutazione degli interventi sotto il profilo urbanistico, deve rilevarsi invece che gli stessi, sempre sulla base dei limitati dati a disposizione di questa Corte, rientrano nell'ambito di quelli di ristrutturazione edilizia. Come è noto, l'articolo 10, comma primo, lettera c D.P.R. 380/01, nella formulazione attualmente in vigore, indica come soggetti a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 e successive modificazioni ”. Tali interventi sono così descritti dall'articolo 3, comma primo, lettera d del medesimo D.P.R., nella formulazione attualmente vigente interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente ”. 6. Come è agevole rilevare dal dato letterale della disposizione, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione nei termini dianzi specificati. Non tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia richiedono, però, il permesso di costruire, come si ricava dalla lettura dell'articolo 10, comma 1, lett. c D.p.r. 380/01. È inoltre previsto, in base a quanto disposto dall'articolo 22, comma 3, lett. a , che per detti interventi l'interessato possa optare per la d.i.a. alternativa al permesso di costruire. 7. La ristrutturazione edilizia si caratterizza, dunque, anche per la previsione di possibili incrementi volumetrici, ma ciò rende necessaria una lettura della norma nel senso che l'aumento di cubatura deve essere senz'altro contenuto, in modo da mantenere netta la differenza con gli interventi di nuova costruzione. A tale proposito la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di osservare che il T.U. numero 380/2001 ha sostanzialmente introdotto uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, comma 1, lett. d , della legge numero 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume. Deve ritenersi, però, che le modifiche del volume”, ora previste dall'art. 10 del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione così Sez. III numero 1893, 23 gennaio 2007. V. anche Sez. III numero 47046, 19 dicembre 2007 . 8. Gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma primo, lettera C , invece, sono soggetti a s.c.i.a Si tratta, in questo caso, di interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, che la giurisprudenza di questa Corte individua come quelli che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica. La stessa giurisprudenza ricorda che, al contrario, le ristrutturazioni edilizie che comportano integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, ammettendosi limitati incrementi di superficie e di volume, necessitano del permesso di costruire ovvero della denunzia di inizio attività alternativa al permesso v. Sez. III numero 47046, 19 dicembre 2007, cit. Sez. III numero 40173, 6 dicembre 2006 . 9. Date tali premesse, occorre rilevare che, nella fattispecie, al fine di una corretta qualificazione dell'intervento sarebbe stato necessario individuare a quale tipologia di ristrutturazione, tra quelle in precedenza individuate, possano essere collocati i lavori per cui è processo. Si osserva, a tale proposito, che le opere esterne, relative alla realizzazione di un terrazzo e di un porticato, non vengono neppure menzionate nella incolpazione provvisoria e vengono invece considerate dal Tribunale per ritenerle, comunque, non funzionalmente collegate con le opere interne. Tale rilievo viene censurato dal Pubblico Ministero ricorrente che, però, non le ha incluse tra quelle oggetto di contestazione. In effetti, se dette opere fossero state eseguite nell'ambito di un complessivo intervento di ristrutturazione, avrebbero dovuto essere considerate unitariamente ed avrebbero avuto obiettiva incidenza in quanto determinanti un ampliamento dell'edificio ed, in ogni caso, una modifica della sagoma ma, non essendo oggetto di specifica imputazione, non si spiega quale rilievo possano assumere in questa sede. Va poi rilevato che il mero accorpamento di due unità immobiliari preesistenti potrebbe, in teoria, essere ricondotto tra quegli interventi di ristrutturazione i quali, per la loro minore incidenza, non richiedono, come si è detto in precedenza, il permesso di costruire. 10. Nel caso in esame, però, all'intervento di accorpamento si accompagnano ulteriori interventi di rifacimento dei solai con scavo del sottofondo di una certa consistenza, il che avrebbe dovuto comportare una ulteriore verifica della esistenza di eventuali incrementi volumetrici o aumenti di superficie e, sopratutto, una loro quantificazione ai fini della verifica della necessità o meno del permesso di costruire. Andava inoltre considerato quale incidenza simili interventi, eseguiti all'interno dell'edifico preesistente, possano avere sull'originario assetto del territorio con riferimento al vincolo paesaggistico. Sul punto nulla viene osservato in ricorso, mentre il Tribunale afferma, peraltro apoditticamente, che le opere interne lascerebbero inalterate superficie e volumetria, anche se tale deduzione sembra riferita alla astratta natura dell'intervento e non anche alla sua effettiva consistenza. 11. In ogni caso, i giudici non sembrano porre in dubbio la sussistenza del fumus dei reati ipotizzati, limitandosi a rilevare che mancherebbero i presupposti per il sequestro, difettando il pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato quale risultato della libera disponibilità del bene a parte degli indagati e, così facendo, richiamano alcune pronunce di questa Corte concernenti, però, il sequestro di immobili abusivi ormai ultimati, circostanza, questa, non ancora verificatasi nella fattispecie. Invero, come rilevato dal Pubblico Ministero ricorrente e riconosciuto dallo stesso Tribunale, si tratta di interventi ancora in corso di esecuzione, cosicché l'applicazione della richiesta misura reale avrebbe potuto essere giustificata anche dalla necessità di impedire la prosecuzione dei lavori i quali, quantomeno per ciò che concerne la violazione della disciplina antisismica, oltre ad non essere suscettibili di sanatoria, manterrebbero comunque inalterata la loro rilevanza penale, sebbene riferiti ad opere interne della consistenza di quelle descritte nell'imputazione ed avrebbero potuto giustificare l'applicazione della misura. Sotto tale profilo, pertanto, il provvedimento impugnato risulta meritevole di censura, in quanto non ha preso in considerazione il rilievo che può assumere, ai fini della concessione della misura cautelare reale, la presenza di interventi ancora in corso di realizzazione. 12. Resta inoltre ferma la necessità, in precedenza evidenziata, di un più preciso inquadramento delle opere sotto il profilo urbanistico e paesaggistico nei termini dianzi specificati. L'ordinanza impugnata deve conseguentemente essere annullata, con rinvio al Tribunale per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Forlì.