Rilevanti le risultanze dello stato passivo per provare lo stato di insolvenza

Il decisum in commento affronta il tema dello stato di insolvenza di un imprenditore commerciale. Nello specifico si tratta di stabilire se a posteriori ed in sede di un eventuale reclamo avverso una dichiarazione di fallimento, le risultanze dello stato passivo possano o meno assumere rilevanza ai fini, appunto, della prova dello stato di insolvenza.

Con la sentenza n. 2561 del 5 febbraio 2014, i giudici della Prima sezione Civile di Piazza Cavour, nel solco della pregressa giurisprudenza di legittimità da ultimo Cass. n. 9760/2011 precisano che ai fini della revoca della sentenza dichiarativa di fallimento è vero che la sussistenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore deve essere accertata con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, ma può essere desunta anche da elementi acquisiti in tempo successivo, primo fra tutti le risultanze dello stato passivo che non siano contestate. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da parte di un imprenditore commerciale avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Salerno aveva rigettato il suo reclamo contro la sentenza del Tribunale di Sala Consilina che ne aveva dichiarato il fallimento. In particolare, la Corte territoriale osservava come legittimamente il Tribunale avesse ridotto i termini a comparire del debitore, con espresso riferimento all’imminente scadenza del termine annuale previsto dall’art. 10 l. fall. e, come, di conseguenza, il provvedimento stesso era stato comunicato al procuratore costituito e non alla parte personalmente. Quanto alla mancata indicazione dei termini ridotti sia per la comparizione che per il deposito di memorie e documenti - prosegue la Corte d’appello - non era motivo di nullità del decreto perché l’art. 15, quinto comma, l. fall. non fissa dei limiti alla riduzione e non prescrive che ne sia specificata l’entità. Infine, riguardo alla sussistenza dello stato d’insolvenza, lo stesso era emerso da vari protesti, dalla cessazione dell’attività nel maggio del 2008 peraltro proseguita negli stessi locali da una società della quale era legale rappresentante la moglie del fallito , dalla svendita delle attrezzature, da un debito verso l’INPS di Euro ventiduemila e da una notevole esposizione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. L’imprenditore soccombente attivava quindi la tutela in legittimità articolando novi motivi di censura. Tuttavia gli Ermellini respingono in toto il ricorso precisando che deve ritenersi consentito il provvedimento col quale il Tribunale aveva fissato una nuova udienza dopo la comparizione del debitore invece, quanto alla questione dell’eccessiva brevità del termine a comparire, la stessa risulta essere infondata. Difatti, precisano i Supremi giudici, la congruità del termine di comparizione deve essere apprezzata con un bilanciamento tra le ragioni di urgenza e le concrete possibilità di difesa. Nella specie le prime erano impellenti visto che il termine ex art. 10 l. fall. veniva a scadere il giorno dopo la nuova udienza. Quanto, infine, al nono gravame col quale si deduce che la Corte territoriale aveva illegittimamente tenuto conto del progetto di stato passivo, i Supremi giudici ne evidenziano l’infondatezza, ribadendo invece la rilevanza dell’esposizione debitoria risultante dal progetto di stato passivo. Il progetto di stato passivo . Ha inizio con l’esame, da parte del curatore, delle domande di ammissione. Successivamente il curatore predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire fatti estintivi, modificativi, ovvero impeditivi del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione. Il curatore, in base al secondo comma dello stesso art. 95 l. fall., deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo. I creditori, i titolari di diritti sui beni ed il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all’udienza così, a seguito dell’intervento correttivo del d.lgs. 169/2007 . Il giudice delegato, anche in assenza delle parti, all'udienza fissata per l'esame dello stato passivo, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati. Il giudice delegato, inoltre, può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento. E, nel caso che qui ci occupa, le risultanze dello stato passivo non erano state contestate. Lo stato di insolvenza presupposto oggettivo del fallimento. La legge fallimentare sottolinea come il presupposto oggettivo fondamentale del fallimento sia lo stato di insolvenza , che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Al riguardo, la giurisprudenza ha sottolineato come l’insolvenza consista nell’ impotenza strutturale e non soltanto temporanea a soddisfare regolarmente e con mezzi le proprie obbligazioni, soprattutto i debiti, a causa del venir meno della liquidità e del credito necessario per far fronte alle attività ex plurimis Cass. n. 4789/2005 . La valutazione dello stato di insolvenza viene comunque effettuata con riferimento al momento della decisione ed il relativo apprezzamento costituisce una questione di fatto che, se adeguatamente motivata, non potrà essere censurabile in cassazione. Tuttavia, come emerge chiaramente dalla pronuncia in commento, la sussistenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore, può essere desunta anche da elementi acquisiti in tempo successivo, primo fra tutti le risultanze dello stato passivo che non siano contestate. Inadempimenti volontari del debitore. Che l’insolvenza di cui all’art. 5 l. fall. consista in uno status dell’imprenditore è confermato dal fatto che la legge parla di inadempimenti o altri fatti esteriori , con ciò evidenziando che gli inadempimenti non sono l’essenza stessa dell’insolvenza, ma uno degli indici sintomatici di essa, che può rilevarsi anche da altri fatti esteriori . In particolare, poi, non è detto che degli inadempimenti comportino necessariamente l’insolvenza, potendo l’imprenditore non aver onorato il debito volontariamente, ad esempio perché trattasi di debito contestato, prescritto o estinto per compensazione. In altre parole, ciò che occorre verificare non è la presenza di inadempimenti, ma la capacità dell’imprenditore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, con mezzi propri o forniti da terzi. Sul punto, nel caso de quo , i Supremi giudici, chiariscono che correttamente la Corte di appello aveva preso in considerazione non solo quegli inadempimenti che il debitore aveva affermato essere stati volontari, ma anche, l’esposizione debitoria risultante dal progetto di stato passivo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 novembre 2013 - 5 febbraio 2014, n. 2561 Presidente Carnevale – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 27 aprile 2010 la Corte di appello di Salerno rigettava il reclamo proposto da G.N. avverso la sentenza in data 27 novembre 2009 con la quale il Tribunale di Sala Consilina ne aveva dichiarato il fallimento, su istanza della s.p.a. G.D.A. già Talento Professional Store s.p.a. . In particolare, la Corte di appello osservava che 1 la convocazione del debitore disposta con decreto del 26 novembre 2009 per l'udienza del giorno successivo era stato preceduto da altro decreto in data 10 novembre depositato il giorno successivo che convocava il debitore per l'udienza del 25 novembre e che, tuttavia, era stato notificato soltanto il giorno 17 novembre e perciò senza il rispetto del termine di quindici giorni previsto dall'art. 15 l. fall., il cui mancato rispetto era stato eccepito dal resistente il Tribunale, pertanto, aveva rilevato la nullità della notificazione, aveva fissato una nuova udienza e, ritenuta la sussistenza di ragioni di urgenza in relazione al fatto che il termine annuale previsto dall'art. 10 l. fall, veniva a scadere il giorno 28, aveva abbreviato i termini come consentito dall'art. 15, quinto comma, l. fall. 2 detta disposizione prevede che, ricorrendo ragioni di urgenza, il presidente del tribunale possa disporre che il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idonea, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi” pertanto, doveva ritenersi idonea allo scopo la comunicazione effettuata dalla cancelleria a mezzo fax, alle ore 18,02 del 26 novembre, al procuratore costituito e ciò anche se il Tribunale non aveva espressamente autorizzato la comunicazione a mezzo fax ed anche se il procuratore costituito non aveva dichiarato di voler ricevere le comunicazioni con detto mezzo ed il relativo numero era indicato soltanto nel timbro apposto sulla memoria di costituzione infatti tali circostanze non sono indicate come presupposto di una comunicazione urgente ai sensi del citato art. 15 3 anche a voler considerare il provvedimento del Tribunale come un nuovo decreto di convocazione, con conseguente inutilizzabilità della comunicazione al procuratore costituito, il decreto, comunque, era stato portato a conoscenza del G. mediante consegna a mani proprie effettuata dai Carabinieri nel pomeriggio del giorno 26 4 la mancata indicazione dei termini ridotti sia per la comparizione che per il deposito di memorie e documenti non era motivo di nullità del decreto poiché l'art. 15, quinto comma, l. fall., non fissa dei limiti alla riduzione e non prescrive che ne sia specificata l'entità 5 non sussisteva la pretesa mancata indicazione delle ragioni di urgenza, specificamente individuate nell'imminente scadenza del termine ex art. 10 l. fall, e non rilevava il fatto che tale scadenza fosse già nota al momento della prima convocazione, poiché l'art. 15 non subordina l'abbreviazione dei termini alla novità dei motivi di urgenza 6 non sussisteva la dedotta violazione del diritto di difesa poiché il reclamante neppure aveva specificato quali difese e quali documenti gli sarebbe stato precluso di articolare e depositare, considerato anche che il G. nella memoria di costituzione per l'udienza del 25 novembre si era difeso nel merito 7 quanto, infine, alla sussistenza dello stato di insolvenza, lo stesso era emerso da vari protesti, dalla cessazione dell'attività nel maggio 2008 peraltro proseguita negli stessi locali da una società della quale era legale rappresentante la moglie del G. , dalla svendita delle attrezzature, da un debito verso l'INPS di Euro 22.000,00 e, infine, da una notevole esposizione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, come era risultato da una consultazione dell'anagrafe tributaria. G.N. propone ricorso per cassazione, deducendo nove motivi. Il fallimento e la s.p.a. G.D.A., creditore istante, non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 18 l. fall, nonché degli artt. 133, 134, 136, 137, 151, 176, 183 e 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva escluso l'inesistenza o la nullità della comunicazione del decreto, considerato che lo stesso non disponeva alcuna deroga in tema di notificazione e comunicazione degli atti processuali civili. La comunicazione, inoltre, non solo era stata effettuata d'ufficio e non ad istanza di parte, ma con l'inoltro di un fax, senza che vi fosse l'indispensabile presupposto, previsto dagli artt. 133 e 134 c.p.c. e cioè la dichiarazione del procuratore costituito di voler ricevere le comunicazioni presso un numero di fax. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 18 l. fall., nonché degli artt. 134, 176 e 354 c.p.c. e 148 c.p.c., lamentando che erroneamente la Corte di appello, pur avendo ritenuto che il provvedimento del Tribunale in data 26 novembre 2009 fosse un'ordinanza fuori udienza a seguito della riserva del giudice delegato di riferire al collegio, aveva poi applicato disposizioni relative alla notificazione del decreto di comparizione. Non si poteva ritenere applicabile il disposto dell'art. 148 c.p.p. al procedimento prefallimentare che è governato, quale lex specialis, dall'art. 15 l. fall. Non si potevano, inoltre, applicare alla comunicazione al procuratore costituito disposizioni relative alla prima notificazione al debitore. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 18 l. fall., nonché degli artt. 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., lamentando che la Corte territoriale aveva escluso la necessità di una indicazione della misura dell'abbreviazione dei termini, senza considerare che la stessa non poteva risolversi nella eliminazione dei termini e doveva comunque essere compatibile con l'esigenza di difesa del debitore e con la praticabilità della obbligatoria prescrizione relativa al deposito, da parte del debitore, di una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata nonché dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto e quinto, 10 e 18 l. fall., nonché degli artt. 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., lamentando che la Corte di appello aveva omesso di dare il giusto rilievo alla circostanza che la mancata osservanza dei termini di comparizione rispetto al primo decreto di convocazione era dipeso soltanto dall'inerzia del creditore che non aveva effettuato la notifica lo stesso giorno dell'emissione del decreto. Del resto, l'imminenza della scadenza del termine era da addebitare al creditore che prima dell'istanza di fallimento non aveva assunto alcuna iniziativa stragiudiziale o esecutiva. Con il quinto motivo si deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 18 l. fall., nonché degli artt. 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., lamentando che la Corte di appello aveva dato rilievo, ai fini dell'abbreviazione dei termini, a ragioni di urgenza che non erano sopravvenute, ma esistevano già al momento dell'emissione del primo decreto di convocazione. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo, 18 l. fall., nonché degli artt. 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva escluso la violazione del diritto di difesa, argomentando che il reclamante non aveva indicato quali difese o quali produzioni documentali gli erano state precluse. In tal modo, tuttavia, la sentenza impugnata aveva finito per addossare al reclamante l'onere della prova di un inesistente elemento costitutivo della nullità. Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 15, commi terzo, quarto, e quinto, 18 l. fall., degli artt. 354 c.p.c. e 24 e 111 Cost., nonché il vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale aveva omesso qualsiasi valutazione sulla congruità del termine. Con l'ottavo motivo si deduce la violazione degli artt. 354 c.p.c., 24 e 11 Cost. nonché il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la sentenza impugnata aveva affermato che il G. si era difeso anche nel merito, con la memoria di costituzione per l'udienza del 25 novembre 2009 in realtà, infatti, con tale memoria si affermava che non era possibile argomentare dettagliatamente proprio per la lesione del diritto di difesa dovuto alla privazione della documentazione contabile e l'incompatibilità dei tempi concessi al debitore con le possibili ricerche presso i pubblici uffici”. Con il nono motivo si deduce la violazione dell'art. 5 l. fall., ed il vizio di motivazione, lamentando che la sentenza impugnata non aveva considerato la volontarietà dell'inadempimento e l'assenza di ulteriori protesti oltre quelli relativi ai quattro titoli emessi in favore del creditore istante e che illegittimamente la Corte di appello aveva tenuto conto del progetto di stato passivo. 2. Il primo, il secondo ed il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e sono infondati. Il provvedimento con il quale il Tribunale fissa una nuova udienza dopo la comparizione del debitore, che lamenta il mancato rispetto del termine di comparizione previsto dall'art. 15, terzo comma, l. fall., si colloca nell'ambito del procedimento iniziato con il ricorso e con il decreto con il quale è stata fissata la prima udienza di comparizione. Tale provvedimento non specificamente previsto dal citato art. 15 deve ritenersi consentito alla stregua dell'art. 164, terzo comma, c.p.c., in mancanza di previsione contraria o incompatibile dettata dalla disciplina speciale. Orbene, secondo l'art. 164, terzo comma, c.p.c., se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a comparire il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini”. I termini, tuttavia, restano quelli disciplinati dall'art. 15 l. fall., secondo cui gli stessi possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza”. Ne consegue che legittimamente il Tribunale ha ridotto i termini a comparire con espresso riferimento all'imminente scadenza del termine annuale previsto dall'art. 10 l. fall., il cui obiettivo rilievo prescinde dalla sopravvenienza o meno della circostanza rispetto alla prima fissazione dell'udienza. Ne consegue ulteriormente che del provvedimento reso fuori udienza doveva essere data - ai sensi degli artt. 134, secondo comma, e 170 c.p.c. - comunicazione al procuratore costituito e non alla parte personalmente e che la comunicazione di cancelleria non doveva, prima delle modifiche all'art. 45 d.a.c.p.c. introdotte dal d.l. n. 179/2012, riprodurre per esteso il provvedimento, come si desume dall'art. 136, primo comma, c.p.c., secondo cui il cancelliere, con biglietto di cancelleria da notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione”. Per quanto concerne la trasmissione del biglietto di cancelleria a mezzo fax al numero desunto dal timbro apposto sulla memoria di costituzione e non specificamente indicato dal difensore quale numero presso il quale dichiarava di voler ricevere gli avvisi, si deve osservare che il terzo comma dell'art. 134 c.p.c., applicabile ratione temporis in quanto introdotto dal d.l. n. 35/2005 ed abrogato dalla legge n. 183/2011, prevedeva chetai fini delle comunicazioni a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica, il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso”. Tale indicazione, contrariamente a quanto assume il ricorrente, non ha carattere facoltativo, ma obbligatorio, lasciando al difensore soltanto la scelta tra numero di fax o indirizzo di posta elettronica. In questo senso depone non solo la lettera della norma il difensore indica e non può indicare , ma anche la sua ratio che era, evidentemente, soprattutto quella di semplificare le comunicazioni di cancelleria, scopo che sarebbe stato frustrato nel caso in cui l'indicazione fosse stata rimessa alla scelta del difensore. L'ambito della volontà del difensore era, pertanto, limitato alla individuazione del numero di fax o dell'indirizzo di posta elettronica. Nello stesso senso depone, infine, l'evoluzione della normativa che ha previsto all'art. 125, primo comma ultima parte, c.p.c. nel testo introdotto dal d.l. n. 138/2011 e confermato dalla legge n. 183/2011 l'obbligo del difensore, questa volta enunciato espressamente, di indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata ed il proprio numero di fax ed ha previsto, all'art. 136, secondo e terzo comma, c.p.c. nel testo introdotto dalla legge n. 183/2011 che le comunicazioni di cancelleria sono fatte a mezzo posta elettronica certificata e se ciò non è possibile a mezzo fax. Dalla obbligatorietà dell'indicazione consegue la sufficienza che la stessa risulti dal timbro apposto sulla memoria l'apposizione del timbro, senza indicazioni contrastanti nell'intestazione della memoria, consente, infatti, di ritenere implicita la volontà del difensore di voler ricevere le comunicazioni al numero di fax ivi risultante. 3. Il terzo, il quarto, il sesto, il settimo e l'ottavo motivo, che devono essere esaminati congiuntamente in quanto propongono tutti la questione della eccessiva brevità del termine a comparire, sono infondati. La congruità del termine di comparizione deve essere apprezzata con un bilanciamento tra le ragioni di urgenza e le concrete possibilità di difesa. Nella specie le prime erano impellenti visto che il termine ex art. 10 l. fall., veniva a scadere il giorno dopo la nuova udienza. Quanto alle seconde in astratto è evidente che il ritardo del creditore nell'assumere l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento non può tradursi in un'indebita compressione del diritto di difesa. Tuttavia, tale evenienza è stata esclusa in concreto dalla Corte di appello, con ragionamento congruo ed immune da vizi logici e giuridici, e in particolare con la considerazione che il debitore, costituendosi nella prima udienza, aveva depositato una memoria contenente anche difese nel merito, ancorché, come dedotto in questa sede, rappresentando pure l'impossibilità di una difesa più dettagliata, e con la considerazione, dalla quale può ragionevolmente trarsi conferma della completezza della dispiegata difesa, che il debitore non aveva dedotto, con il reclamo, quali difese gli sarebbero state precluse. 4. Il nono motivo è infondato. La Corte di appello, infatti, ha preso in considerazione non solo quegli inadempimenti che il debitore ha affermato essere stati volontari, ma anche, come riferito in narrativa, l'esposizione debitoria risultante dal progetto di stato passivo, la cui rilevanza è pacifica nella giurisprudenza di questa Corte e plurimis Cass. 4 maggio 2011, n. 9760 Cass. Cass. 6 settembre 2006, n. 19141 . Infatti, ai fini della revoca della sentenza dichiarativa di fallimento è vero che la sussistenza dello stato di insolvenza dell'imprenditore deve essere accertata con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, ma può essere desunta anche da elementi acquisiti in tempo successivo, primo fra tutti le risultanze dello stato passivo che non siano contestate. Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo le parti intimate svolto, in questa sede, alcuna attività difensiva. P.Q.M. rigetta il ricorso.