L’impresa familiare è sempre soggetta ad IRAP in quanto la partecipazione del collaboratore non ha carattere occasionale ma produce un valore aggiunto rispetto a quello del titolare.
Il principio è contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione numero 24060/16 depositata il 24 novembre, da cui emerge che la collaborazione dei partecipanti all’impresa familiare integra quel quid pluris diretto a produrre una ricchezza ulteriore rispetto a quella conseguibile con il solo apporto del titolare. Lavoro autonomo. L’IRAP, introdotta con il d.lgs. numero 446/1997, è dovuta da aziende, enti o liberi professionisti ossia tutti coloro che esercitano un’attività anche non commerciale, ivi comprese le Pubbliche Amministrazioni. L’esercizio del lavoro autonomo di cui all’articolo 49, comma 1, ovvero dall’articolo 53, comma 1, d.P.R. numero 917/1986, «è escluso dall’applicazione dell’Imposta reale sulle attività produttive Irap solo nel caso in cui si tratti di attività non autonomamente organizzata». Pertanto il rimborso dell’IRAP non dovuta grava sul contribuente il quale ha l’onere di provare l’assenza di tali condizioni. Il parametro dell’autonoma organizzazione, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se motivato, sussiste quando il contribuente è il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit ciò che accade più spesso , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. La vicenda. Nel caso in esame il contribuente ha presentato istanza di rimborso per l’IRAP versata per gli anni 1998-2007 e, formatosi il silenzio rifiuto, ha proposto ricorso accolto sia in primo che secondo grado. In particolare, la CTR ha ritenuto l’esenzione dall’IRAP e, specificamente, il carattere marginale dell’apporto offerto dal collaboratore all’impresa familiare del titolare. La Suprema Corte, in controtendenza rispetto all’ultima giurisprudenza di legittimità - secondo cui gli imprenditori o lavoratori autonomi sono tenuti a versare l’IRAP qualora svolgono l’attività mediante una “organizzazione autonoma”, secondo l’id plerumque accidit -, ha ritenuto che tutti i soggetti che producono reddito di impresa, commerciale, od agricola, sono tenuti al versamento dell’IRAP, laddove non espressamente esentati e, quindi, anche le imprese familiari ex articolo 230-bis c.c Pertanto l’imprenditore familiare, non i familiari collaboratori per carenza del presupposto soggettivo , è soggetto passivo IRAP, atteso che detta imposta colpisce il valore della produzione netta dell’impresa e «la collaborazione dei partecipanti all’impresa familiare integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore o valore aggiunto rispetto a quella conseguibile con il solo apporto del titolare». Tali principi rappresentano di per sé elemento sufficiente per l’inquadramento nell’ambito delle attività soggette ad IRAP del reddito prodotto dall’imprenditore familiare, a cui non si è attenuto il giudice del merito, il quale ha ritenuto di escludere la debenza di tale tributo valorizzando la natura occasionale della partecipazione del collaboratore all’impresa. Tale posizione, comunque, non si allinea con la precedente giurisprudenza di legittimità in cui è stato riaffermato che il requisito dell’organizzazione scatta soltanto nei confronti del responsabile dell’organizzazione quando lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti il minimo ossia per essere tenuti al pagamento dell’imposta devono ricorrere i requisisti dell’autonoma organizzazione e la prova dell’assenza di tale requisito grava sul contribuente che chiede il rimborso dell’imposta Cass, SU, numero 9451/2016 ord. numero 17429/2016 .
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 26 ottobre – 24 novembre 2016, numero 24060 Presidente Iacobellis – Relatore Conti Considerato in fatto e in diritto L'Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, contro la sentenza della CTR del Veneto indicata in epigrafe con la quale, in accoglimento dell'appello proposto da G.R., ha annullato il silenzio rifiuto sull'istanza di rimborso relativa ad IRAP per gli anni dal 1998 al 2007. La parte intimata non si è costituita. Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata. 11 secondo motivo di ricorso, che va esaminato con priorità, va rigettato non ravvisandosi ragioni per ritenere la nullità della sentenza per assenza di motivazione, avendo per contro la CTR esposto le ragioni che a suo dire giustificavano l'esenzione dall'IRAP e, specificamente, il carattere marginale dell'apporto offerto dal collaboratore all'impresa familiare del titolare. Il primo motivo di ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che tutti i soggetti che producono reddito di impresa, commerciale od agricola, sono tenuto al versamento dell'imposta regionale sulle attività produttive, istituita con D.Lgs. numero 446 del 1997, laddove non espressamente esentati, e quindi anche le imprese familiari, di cui all'articolo 230 bis c.c. - cfr. Cass. numero 10777/2013 Cass. numero 12616/2016. Si è così ritenuto che mentre il reddito derivante dall'impresa familiare e risultante alla dichiarazione dei redditi viene imputato, a determinate condizioni, proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione dei partecipanti ma l'imprenditore deve essere titolare come minimo del 51% , l'imprenditore familiare, non i familiari collaboratori, è anche soggetto passivo IRAP, in quanto detta imposta colpisce il valore della produzione netta dell'impresa e la collaborazione dei partecipanti all'impresa familiare integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore o valore aggiunto rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare etero - organizzazione dell'esercente l'attività - cfr. Cass. numero 10777/2013 cit A tali principi, alla cui stregua la produzione di un reddito d'impresa e la presenza di collaboratori familiari, rappresentano di per sè elemento sufficiente al suo inquadramento nell'ambito delle attività soggette ad IRAP non si è attenuto ai superiori principi, ritenendo di escludere la debenza del detto tributo valorizzando il carattere occasionale della partecipazione del collaboratore al l'impresa. Anche il terzo motivo di ricorso è fondato, avendo la CTR omesso di esaminare l'eccezione di decadenza formulata dall'Ufficio con riguardo ad alcune delle annualità alle quali si riferiva la richiesta del contribuente anche in grado di appello. Sulla base di tali considerazioni e in accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, disatteso il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Veneto anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, visti gli articolo 375 e 380 bis c.p.c accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, disatteso il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Veneto anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.