Vittoria definitiva per un cliente, che vede sancito il suo diritto a non pagare le bollette recapitategli e ottiene anche un risarcimento per i danni subiti. Decisiva, per i Giudici, la mancanza di prova sui quantitativi di gas fatturati dalla società.
Nessuna ‘prova provata’ sui consumi effettivi. Illegittime, di conseguenza, le fatture emesse dalla società, che non solo non può pretendere il pagamento dal cliente ma deve anche risarcirlo per i danni arrecatigli Cassazione, ordinanza numero 28382/2018, Sezione Sesta Civile, depositata il 2 ottobre 2018 . Consumi. Riflettori puntati su una fornitura di gas, e, in particolare, su «due fatture» non pagate dal cliente. La società fornitrice punta ad ottenere le somme indicate sulla documentazione relativa ai consumi, mentre il cliente mira non solo a vedere dichiarata l’illegittimità delle fatture ma anche ad ottenere un ristoro economico. A vincere i primi due round è proprio il consumatore. Per i Giudici, difatti, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, è decisiva la «mancanza di prova dei quantitativi di gas indicati dalla società». Di conseguenza, è ritenuta logica «l’illegittimità delle relative fatture». Per la gioia, ovviamente, del cliente che vede sancita «la non debenza delle ingenti somme indicate» dall’azienda fornitrice. Inutile si rivela l’ultimo round, quello in Cassazione. Il ricorso proposto dai legali della società non riesce difatti a mettere minimamente in discussione la valutazione compiuta in Appello. Fatale è la mancata presentazione dei documenti richiamati e ritenuti utili dalla società a dimostrare la concretezza dei consumi da parte del cliente. Resta perciò inattaccabile la visione adottata dai giudici di merito, visione centrata sulla asserita mancata dimostrazione della «effettiva entità dei consumi» di cui la società «richiede il pagamento».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 5 aprile – 2 ottobre 2018, numero 23832 Presidente Sestini – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza dell'11/4/2016 la Corte d'Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dalla società Enel Energia s.p.a. in relazione alla pronunzia Trib. Lecco numero 220/2012, di accoglimento della, domanda nei confronti della medesima proposta dal sig. Ri. Pe. di accertamento «dell'illegittimità di due fatture e della non debenza delle ingenti somme ivi indicate», in ragione della mancanza di prova dei quantitativi di gas dalla suindicata società fatturati, con rigetto della domanda riconvenzionale spiegata da quest'ultima, e con condanna della medesima al risarcimento dei subiti danni. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Enel Energia s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Pe Motivi della decisione Con il 1. motivo la ricorrente denunzia «omesso esame circa un fatto decisivo della controversia», in riferimento all'articolo 360, 1. co. numero 3, c.p.c. Con il 2. motivo denunzia violazione dell'articolo 1223 c.c., in riferimento all'articolo 360, 1. co. numero 3, c.p.c. Con il 3. motivo denunzia violazione dell'articolo 91 c.p.c, in riferimento all'articolo 360, 1. co. numero 3, c.p.c. Il ricorso è inammissibile. Esso non risulta invero redatto nel rispetto dei requisiti richiesti all'articolo 366 c.p.c Va anzitutto osservato, con particolare riferimento al 1. motivo, come l'odierna ricorrente si è al riguardo limitata a ribadire la censura già sottoposta al giudice del gravame e dal medesimo espressamente rigettata, in termini a tale stregua di inammissibile contrapposizione della propria tesi agli argomenti dell'impugnata decisione, senza sviluppare argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell'articolo 360, l.co. numero 3, e articolo 366, l.co. numero 4, c.p.c, nell'indistinzione di questioni di fatto e di diritto, e con «numerose ripetizioni, tanto da rendere difficoltosa anche soltanto l'individuazione delle questioni poste» v., in tali termini, Cass., 17/3/2017, numero 7009 , sicché quanto dedotto si risolve nella proposizione in realtà di un non motivo cfr. Cass., 8/7/2016, numero 1274 Cass., 8/7/2014, numero 15475 Cass., 1/10/2012, numero 17318 Cass., 17/1/2012, numero 537 . Come da questa Corte ripetutamente affermato, ai sensi dell'articolo 366, 1. co. numero 4, c.p.c. i vizi della sentenza impugnata debbono essere a pena di inammissibilità dedotti mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, risultando altrimenti a questa Corte precluso di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione v. Cass., 9/5/2017, numero 11211 . Va ulteriormente posto in rilievo che il ricorso risulta formulato in violazione dell'articolo 366, 1. co. numero 6, c.p.c. atteso che la ricorrente pone a suo fondamento atti o documenti del giudizio di merito [es., l’«atto di citazione del 3/4/2007», la «comparsa di costituzione e risposta del 5/7/2007», il «contratto di utenza gas numero 108902000168», la «sentenza numero 220/12 emessa in data 20/2/2012 e pubblicata il 27/3/2012», l'atto di citazione in appello, la comparsa di costituzione in appello, la «sentenza numero 1393/16 emessa in data 1/2/2016 e pubblicata in data 11/4/2016», la «documentazione in atti», le «letture comunicate periodicamente dal Distributore Enel Rete Gas S.p.a. », le «bollette/fatture dei consumi», le «letture anomale », la «lettura del 15/12/2003», le «fatture basate su consumi presuntivi parametrati come se l'utenza fosse quella di un piccolo appartamento», la «lettura del 19/1/2006», la «bolletta/fattura di conguagli numero omissis », la «bolletta/fattura numero omissis », il «verbale di verifica», la «bolletta/fattura numero omissis », le «ulteriori bollette/fatture relative ai consumi inerenti i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2006& gt & gt , la «boi letta/fattura numero omissis »] limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente -per la parte d'interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, numero 4220 , con precisazione anche dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, numero 6937 Cass., 12/6/2008, numero 15808 Cass., 25/5/2007, numero 12239 Cass., 6/11/2012, numero 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Unumero , 19/4/2016, numero 7701 . A tale stregua, non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, numero 8932 Cass., 20/1/2006, numero 1108 Cass., 8/11/2005, numero 21659 sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo v. Cass., 24/3/2003, numero 3158 Cass., 3/8/2003, numero 12444 Cass., 172/1995, numero 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso-apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, numero 7851 . Va ulteriormente osservato che la ricorrente, nel dolersi della «evidente illogicità del ragionamento operato dal Tribunale di Lecco ed avallato dalla Corte di Appello di Milano», fondato «su di un'asserita indimostratezza dell'effettiva entità dei consumi di cui si richiede il pagamento», richieda in realtà un'inammissibile rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tal fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la confluenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova. Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all'articolo 366, I.co. numero 6, c.p.c. in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e un significato difformi dalle sue aspettative v. Cass., 20/10/2005, numero 20322 , e nell'inammissibile pretesa di una lettura dell'assetto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito cfr. Cass., 18/4/2006, numero 8932 . Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all'attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass., 14/3/2006, numero 5443 . Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente. Ai sensi dell'articolo 13, 1. co. quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.