Il DASPO per i recidivi: automatico anche per le condotte “individuali”

Le prescrizioni previste dal DASPO per il soggetto già destinatario di provvedimenti del questore sono da considerarsi obbligatorie a prescindere dal fatto che il primo abbia o meno partecipato a “condotte di gruppo”.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza numero 33539 depositata il 1° agosto 2016. Fuoco alle polveri! Un tifoso scalmanato, già noto all'ufficio per qualche trascorsa prodezza, e perciò a suo tempo destinatario di DASPO, veniva raggiunto da un nuovo decreto inibitorio della durata di 5 anni nei suoi confronti il Questore della Capitale faceva applicazione della disciplina più severa prevista per i recidivi. La condotta giudicata pericolosa, però, è abbastanza veniale pare che il turbolento tifoso, tutto solo, non abbia resistito alla tentazione di accendere un bel fumogeno nel corso di una manifestazione di protesta davanti lo stadio Olimpico. Il GIP, forse intenerito per il gesto in fondo non preoccupante del nostro, non convalidava il provvedimento. E da questa ordinanza di non convalida prende le mosse la sentenza in commento. L'impugnabilità dell'ordinanza del GIP. Le snelle pagine della decisione oggetto d'analisi sono dedicate all'analisi di numerose questioni interessanti. La prima di esse attiene al regime di impugnabilità delle ordinanze in materia di DASPO. La Suprema Corte sgombra il campo da ogni possibile dubbio il ricorso per cassazione è ammissibile. Il risultato interpretativo cui si perviene riposa sul rilievo secondo cui l'ordinanza del GIP verte in tema di libertà personale e, come tale, è impugnabile in sede di legittimità per violazione di legge, ai sensi del penultimo comma dell'articolo 111 Cost L'unico limite, quindi, dell'eventuale impugnazione è costituito dall'impossibilità di lamentare - aggiungiamo noi - vizi di motivazione. Tolto ogni dubbio sulla praticabilità del giudizio di legittimità riguardo l'ordinanza del GIP, i Giudici di Piazza Cavour passano ad affrontare il nòcciolo della questione, ossia l'applicabilità delle più severe norme previste per i recidivi a prescindere dalla partecipazione del prevenuto a “condotte di gruppo”. Il giro di vite contro le tifoserie violente impone di valorizzare anche i gesti isolati. Le norme che prevedono le condizioni di applicabilità del DASPO sono state, come al solito, oggetto di ripetute modifiche normative, che non hanno certamente giovato alla loro scorrevolezza sintattica. L'ultimo intervento novellatore porta la data del 2014, ed è figlio - come spesso accade - di gravi fatti di cronaca. Lo scopo perseguito dal legislatore della novella era, pertanto, quello di irrigidire il sistema e prevedere un meccanismo operativo in grado di neutralizzare la pericolosità delle teste più calde. Evidente, a questo punto, il rilievo assegnato alla “recidiva”, cioè alla presenza nel proprio curriculum di uno o più DASPO per fatti trascorsi. L'inasprimento del rigore preventivo si traduce, norme alla mano, in una durata della prescrizione impeditiva che non può essere inferiore a 5 anni né superiore ad 8. Il problema ermeneutico, a questo punto, si profila nettamente questa previsione vale soltanto per chi si rende responsabile di “condotte di gruppo” cioè quelle vere e proprie sommosse che spesso fanno da contorno alle partite di calcio, lasciando sul terreno morti e feriti , ovvero anche ai gesti pericolosi mai “individuali”? Ogni comma, una fattispecie autonoma. Non esiste alcuna correlazione tra la condotta di gruppo e le prescrizioni a carico dei recidivi. La Cassazione, con pacata analisi, ricostruisce il sistema nel più semplice dei modi possibili vero è che le norme sui DASPO, per il modo in cui sono scritte, possono lasciar credere che vi sia un rapporto di presupposizione tra i gesti turbolenti delle compagini di tifosi e la valorizzazione della “recidiva”, ma è altrettanto vero che lo spirito della riforma era tutt'altro. Era quello, come abbiamo già osservato, della neutralizzazione dei pericoli, provenienti dal singolo come dai gruppi organizzati. Ecco perché ad ogni comma della norma corrisponde una fattispecie dotata di propria autonomia. Da ciò ne consegue l'indipendenza delle “aggravanti” previste per chi è già stato in passato destinatario del DASPO. Conclusioni ineccepibili, osserviamo noi, soprattutto sotto il profilo della non mortificazione degli obiettivi perseguiti dal legislatore. Il problema, semmai, è di merito ogni condotta dovrà essere analizzata con estrema attenzione per cogliere gli eventuali profili di pericolosità in essa presenti. Nel giudizio di rinvio, che il caso di specie ha reso necessario, anche questo aspetto dovrà essere affrontato. Quella miccia accesa, quel fumogeno screanzato, è un gesto innocuo, o è figlio di una pulsione incontenibile a far danno? Al di là dell'aspetto riguardante la applicazione delle norme sui soggetti già destinatari di provvedimenti inibitori, il giudizio sulla condotta, in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, a nostro avviso, farà la differenza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 luglio – 1 agosto 2016, numero 33539 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa e depositata il 22 ottobre 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma non convalidava il decreto del Questore di detta città emesso il 13 ottobre 2015 nei confronti di A.G. , notificatogli il successivo 19 ottobre ed oggetto di richiesta di convalida da parte del Pubblico Ministero, tempestivamente depositata il 20 ottobre 2015. 2. Con detto decreto il Questore di Roma inibiva all’A. già destinatario di altro provvedimento D.A.SPO. emesso negli anni precedenti l’accesso agli impianti sportivi in occasione di competizioni calcistiche nazionali ed internazionali per la durata di cinque anni e contestualmente prescriveva, l’obbligo, per uguale periodo - ex articolo 6 comma 2 della L. 401/89 - di presentazione presso l’Ufficio di P.G. competente, in concomitanza con gli incontri disputati dalla A.S. ROMA, con cadenza bi-quotidiana in occasione degli incontri casalinghi. 3. Il G.I.P. riteneva errata l’interpretazione seguita dal Questore secondo cui la norma di cui all’articolo 6 comma 2 della L. 401/89 nella versione introdotta, da ultimo, dal D.L. 119/2014 come successivamente modificato dalla legge di conversione 17 ottobre 2014 numero 146 con l’aggiunta della lettera b bis, dovesse intendersi nel senso che la durata della prescrizione nella fascia compresa tra un minimo di cinque anni ed un massimo di otto, prevista dalla lettera b bis del citato articolo 6 comma 2 valeva per chi, già destinatario del divieto di accesso ad impianti sportivi come nel caso dell’A. , si fosse reso responsabile di fatti, anche individuali e indipendenti dalla cd. condotta di gruppo . 4. Ad avviso del G.I.P., infatti, una interpretazione siffatta della norma in termini di assoluto automatismo della prescrizione per i recidivi, al di fuori delle condotte di gruppo , avrebbe presentato evidenti profili di incostituzionalità in relazione all’articolo 13 Cost., in ragione della sostanziale sottrazione al sindacato giurisdizionale del provvedimento impositivo dell’obbligo di presentazione periodica alla P.S. per effetto dell’automatismo previsto per i soggetti recidivi la diversa interpretazione seguita dal G.I.P. consentiva all’Autorità giudiziaria deputata al giudizio di convalida di valutare discrezionalmente l’applicabilità o meno delle prescrizioni in relazione ai noti requisiti della necessità ed urgenza collegati alla pericolosità sociale del soggetto responsabile, elidendo, così qualsiasi rischio di incostituzionalità della norma. 4.1 Scendendo al merito del provvedimento, il G.I.P., tenuto conto del contesto in cui si erano svolti i fatti e della attribuibilità ad una iniziativa estemporanea ed individuale del gesto compiuto dall’A. gesto consistito nell’accendere un fumogeno in occasione della manifestazione di protesta svoltasi il OMISSIS all’esterno dello stadio OMISSIS da parte di un nutrito gruppo di ultras della società capitolina che contestavano il piano di sicurezza predisposto dalle Autorità, limitativo degli accessi all’impianto sportivo, con previsione anche di rigide norme di sicurezza soprattutto nel settore delle curve , riteneva il fatto medesimo di gravità modesta e comunque incompatibile con le prescrizioni limitative adottate dal Questore anche in termini di durata del provvedimento, respingendo, così, la richiesta di convalida del Pubblico Ministero. 5. Avverso il detto provvedimento ricorre il Procuratore Generale della Repubblica, rilevando, preliminarmente, la possibilità di proporre ricorso anche avverso il provvedimento di mancata convalida del D.A.SPO. da parte del G.I.P. in analogia a quanto previsto dagli articolo 282 ter e 282 cod. proc. penumero ed in aderenza, attesa la natura del provvedimento avente ad oggetto limitazioni della libertà personale, all’articolo 111 comma 7 Cost 5.1 Prosegue il ricorrente P.G. osservando che l’interpretazione seguita dal G.I.P. doveva ritenersi del tutto errata e fuorviante, in quanto la norma di cui all’articolo 6 comma 2 nella versione conseguente alle modifiche da ultimo apportate dalla L. 146/14 valeva, oltre che per i responsabili di condotte di gruppo nei casi più gravi quanto alla durata , anche per i cd. recidivi in quanto destinatari di precedenti provvedimenti di D.A.SPO , indipendentemente dalla partecipazione di costoro a condotte di gruppo, per cui, una volta accertato lo status di recidivo dell’A. , il G.I.P. avrebbe dovuto convalidare il provvedimento del Questore, ferma restando la possibilità per lo stesso giudice di modificare orari e modalità dell’obbligo di presentazione alla P.G 6. Nelle proprie conclusioni scritte il P.G. requirente ha concluso per la fondatezza del ricorso con conseguente annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini e per le ragioni che seguono. 2. Va, in via preliminare, affrontato il tema - accennato dal P.G. ricorrente nell’incipit del ricorso - della impugnabilità del provvedimento di non convalida da parte del G.I.P. In proposito, ritiene il Collegio che l’impugnazione del P.G. ricorrente sia, in linea generale, ammissibile. Va, infatti, rilevato che il provvedimento questorile nella misura in cui limita l’accesso agli impianti sportivi in occasione di competizioni agonistiche e prescrive l’obbligo di presentazione periodica alla P.G. secondo modalità ben determinate, incide sensibilmente sulla libertà personale ricadendo sotto l’ombrello protettivo dell’articolo 13 Cost. v. tra le tante Corte Cost. sent. numero 193/96 Corte Cost. Sent. numero 512/02 Corte Cass. Sez. 1^ n 22.3.1999 numero 2401, Cori A., Rv. 213560 . 2.1 Tale provvedimento presenta in effetti - come sottolineato dal P.G. ricorrente sostanziali analogie con quelli previsti dal codice processuale in tema di divieto di avvicinamento a luoghi prestabiliti in relazione a determinati reati articolo 282 ter cod. proc. penumero analogie ancor più marcate se viste in riferimento alle misure coercitive in tutto simili a quelle in tema di provvedimento D.A.SPO. previste dall’articolo 282 cod. proc. penumero in forza del quale, con il provvedimento impositivo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all’imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria, fissando i giorni e le ore di presentazione tenuto conto dell’attività lavorativa e del luogo di abitazione dell’imputato. 2.2 Ora, con riferimento al caso in esame, ancorché il tenore letterale dell’articolo 6 della legge numero 401/89 preveda la proponibilità del ricorso per cassazione soltanto in riferimento all’ordinanza di convalida, nella ipotesi - quale quella in esame - in cui il GIP abbia emesso un provvedimento di diniego della convalida del provvedimento questorile deve sempre ritenersi ammissibile il ricorso per cessazione ex articolo 111 comma 7 Cost. in relazione a provvedimenti come quello emesso dal Questore di Roma - che comunque incidono sulla libertà personale, tenuto conto che contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personali è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge in termini Sez. 3^ 4.11.2010 numero 1048, PM in proc. Nunzi, Rv. 249149 . 2.3 Una ulteriore conferma della possibilità di ricorrere contro i provvedimenti giudiziari limitativi della libertà personale per violazione di legge è costituita dall’articolo 568 comma 2 cod. proc. penumero , a sua volta richiamato dall’articolo 608 stesso codice, in virtù del quale Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione 606 , quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla competenza, che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’articolo 28 . 3. Ciò premesso, le censure sollevate dal ricorrente Procuratore Generale in ordine al dedotto vizio di violazione di legge per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale sono fondate punto di partenza è il nuovo testo dell’articolo 6 comma 2 della L. 146/14, di conversione - con modifiche - del D. L. 119/14. 4. Quale premessa storica utile per comprendere senso e finalità della ennesima riforma del 2014, va ricordato che, in seguito a gravi episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive calcistiche verificatesi a ridosso del campionato di calcio 2014-2015 che avevano dato luogo a scontri tra opposte tifoserie con lesioni anche gravi per i partecipanti, il Governo ha emanato una serie di provvedimenti diretti ad irrigidire le preesistenti misure antiviolenza onde contrastare più efficacemente episodi particolarmente allarmanti anche per le conseguenze fisiche riportate da soggetti coinvolti in scontri tra tifoserie opposte ovvero in attacchi contro le forze dell’ordine. 4.1 In particolare, per quel che rileva in questa sede, in sede di emanazione del D.L. l’articolo 6 della L. 401/89 era stato implementato con alcune misure aggiuntive tra le quali a la introduzione della figura della condotta di gruppo in aggiunta alle previsioni già contenute nel comma 2 dell’articolo 6 b la previsione, nel comma 5, di una durata minima delle prescrizioni nei confronti di soggetti che, resisi responsabili di partecipazione a condotte di gruppo, ne abbiano assunto la direzione c la previsione dell’obbligo della prescrizione di cui al comma 2 obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo, con una durata del nuovo divieto e della prescrizione non inferiore a cinque anni e non superiore a otto d l’inserimento del comma 8 bis in aggiunta al comma 8 dello stesso articolo 6 contenente la previsione della cessazione, a richiesta dell’interessato, degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del D.A.SPO., decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1 cessazione da richiedere al questore che ha disposto il divieto e concedibile soltanto se il soggetto abbia dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive . 4.2 In sede di conversione del detto D.L. venivano apportate ulteriori modifiche al testo del D.L., in particolare prevedendosi a l’aggiunta della parola evidentemente immediatamente prima dell’espressione avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo , finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo dello stesso comma 2 b l’aggiunta, nel comma 3 del menzionato articolo 6 L. 401/89, del seguente periodo Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2 c ancora, l’inserimento, dopo il comma 5 lett. b , della lettera b bis del seguente tenore Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni . 5. Ritornando al tema che qui interessa specificamente, l’attuale testo del comma 5 dell’articolo 6 L. 401/89 contemplante il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive recita testualmente Il divieto di cui al comma 1 e l’ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l’interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni . 5.1 Tale comma, frutto di una serie di modifiche attuate con una tecnica legislativa non certo esemplare, si compone attualmente di vari periodi ognuno dei quali autosufficiente ed autonomo rispetto agli altri, nel senso che ciascuno di essi contiene una previsione normativa autonoma e specifica. 5.2 Mentre il primo periodo richiama formalmente i primi due commi dell’articolo 6, il secondo periodo si riferisce esclusivamente alla condotta di gruppo quale ulteriore - e più grave fattispecie rispetto alla condotta del singolo con esplicita previsione di una durata minima triennale per chi ne abbia assunto la direzione. A sua volta il terzo periodo disciplina la diversa ipotesi della recidiva rispetto al divieto di accesso. Il quarto periodo riguarda l’ipotesi della violazione de divieto di cui al comma 1 sanzionata con l’obbligo di presentazione alla P.G. e con la fissazione del contesto probatorio di cui può avvalersi il GIP nell’ambito del suo sindacato sul provvedimento amministrativo. Infine, il quinto periodo richiama il periodo immediatamente precedente, prevedendo un inasprimento della durata massima del divieto in una fascia compresa tra i cinque misura minima e gli otto misura massima anni. 5.3 Quattro, dunque, le fattispecie disciplinate da tale norma una prima - regolata dal comma 2 dell’articolo 6 - che prevede in assenza di recidiva, una misura interdittiva da uno a cinque anni con facoltà di aggiungere l’obbligo di firma nella ipotesi di presunzione della pericolosità sottoposta al controllo giurisdizionale del GIP una seconda, relativa alla condotta di gruppo come autonoma fattispecie, con previsione di una durata minima di tre anni per coloro che abbiano assunto la direzione di tali condotte ed, anche in questo caso, con l’aggiunta dell’obbligo di firma nel caso di presunta pericolosità, sottoposta al controllo del GIP una terza, riguardante soltanto i recidivi che siano incorsi in un’altra violazione del divieto imposto dal questore, con obbligatorietà della prescrizione della presentazione alla P.G. e con una durata compresa tra il minimo di cinque anni ed il massimo di otto una quarta, relativa alla applicazione della misura fino ad un massimo di otto anni per i casi più gravi di violazione del divieto di cui al comma 1 indipendentemente dalla partecipazione a condotte di gruppo e dallo status di recidivo. 6. Ciò posto, ritiene il Collegio che debba escludersi una correlazione - nel senso inteso dal G.I.P - tra la seconda e la terza ipotesi di cui al secondo e al terzo periodo afferenti, rispettivamente, alla condotta di gruppo e ai recidivi . 6.1 La autonomia tra le due diverse fattispecie si ricava agevolmente, anzitutto, da alcune differenze per così dire strutturali mentre per la condotta di gruppo è previsto tanto il divieto di accesso quanto l’obbligo di presentazione alla P.G., per il cd. recidivo è previsto l’obbligo di presentazione. Anche i presupposti contemplati nel secondo e terzo periodo sono tra loro diversi, riferendosi il secondo soltanto alla condotta di gruppo ed il terzo soltanto ai recidivi . E, quanto alle prescrizioni, mentre nel caso della condotta di gruppo regolata dal secondo periodo viene prevista una misura minima triennale per i capi, fermo restando il compito del giudice di valutare il giudizio di pericolosità, nel caso del recidivo il giudizio sulla pericolosità è operato a monte dal legislatore sulla base di una valutazione legale tipica. 6.2 Ne deriva, quindi, una sostanziale autonomia tra la condotta di gruppo che implica la partecipazione ad atti di violenza o di intemperanza da parte più persone ognuna delle quali deve però apportare un contributo alla azione del gruppo e che dunque giustifica il controllo giurisdizionale del G.I.P. e la situazione del recidivo che viene sanzionata con le misure interdittive e di prevenzione indipendentemente dalla partecipazione del recidivo alla condotta di gruppo ed è quindi collegata alla intrinseca pericolosità del soggetto perché colpito da misure D.A.SPO. precedenti. 6.3 Che sia questa l’interpretazione più corretta della norma in esame lo si desume, peraltro, dalla stessa relazione che accompagna il testo dell’articolo 2 del Decreto legge e della successiva Legge di conversione. 6.4 Si legge, nella relazione che illustra i contenuti e le finalità del provvedimento, che vengono rivisti i termini di durata del D.A.SPO. stabilendo che la durata minima di tale divieto è di tre anni allorquando è irrogato nei confronti dei soggetti che hanno assunto la direzione di condotte di gruppo rilevanti. Inoltre viene previsto che il provvedimento inibitorio in parola abbia una durata da un minimo di cinque ad un massimo di otto anni, nei riguardi dei soggetti che sono già stati destinatari di analoga misura in tali casi, inoltre, il divieto deve sempre essere applicato con le prescrizioni di cui al comma 2 dell’articolo 6 della L. 401/89 . 6.5 L’intento del legislatore era ed è , quindi, quello di prevedere una gamma di misure più rigide anzitutto per la condotta di gruppo ancora, per coloro che, in casi siffatti, ne abbiano assunto la direzione ed, infine, per i cd. recidivi i quali vengono sanzionati più duramente per effetto del loro particolare status senza che possa rilevare il fatto che abbiano o meno preso parte a condotte di gruppo. 6.6 Se così è, deve allora escludersi - come erroneamente affermato dal G.I.P. - che nei confronti del recidivo sia possibile applicare la durata minima della prescrizione di presentazione alla P.G. soltanto laddove costui si renda responsabile di condotte di gruppo, in quanto si perverrebbe ad una inammissibile distinzione tra recidivo che abbia commesso atti individuali assoggettabile alle prescrizioni previste dal comma 2 dell’articolo 6 secondo le consuete modalità indicate nel comma 1 e recidivo che si sia reso protagonista di condotte di gruppo assoggettabile alle obbligatorie prescrizioni più gravi in termini di durata minima . 7. Ritiene, poi, il Collegio che il rischio di incostituzionalità della norma così interpretata paventato dal G.I.P. per asserito contrasto con l’articolo 13 della Costituzione non abbia ragion d’essere il temuto automatismo tra la condizione di recidivo e la sanzione minima più grave che ad avviso del G.I.P. toglierebbe spazio al sindacato giurisdizionale circa i presupposti di applicabilità della misura limitativa e dunque protetta dall’articolo 13 Cost. non sussiste in quanto nel testo dell’articolo 6 è stato inserito il comma 8 bis a tenore del quale Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma i l’interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del medesimo divieto. La cessazione è richiesta al questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l’interessato sia stato destinatario di più divieti, al questore che ha disposto l’ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive . 7.1 Dal tenore della disposizione si evince che la posizione del recidivo non è destinata a permanere indefinitamente, anche se la possibile cessazione degli effetti pregiudizievoli della recidiva è rimessa alla volontà del singolo e non quindi valutabile dal giudice ex officio , oltre che subordinata a ben precise condizioni valutabili solo da parte dell’autorità amministrativa ed in senso ampiamente discrezionale. 7.2 Ma laddove tale eventualità si verifichi positivamente, il sindacato giurisdizionale da parte del GIP sul provvedimento del questore riprende vigore, così come sarà lo stesso questore, una volta rimossi gli effetti pregiudizievoli legati alla recidiva, a modulare differentemente il nuovo provvedimento al di fuori delle cogenti previsioni contenute nel comma 5 lett. b dell’articolo 6 L. 401/89. 7.3 Senza dire che sotto un diverso profilo va evidenziato che tale norma non si pone in contrasto con la disposizione costituzionale di cui all’articolo 13 Cost. in quanto debbono ritenersi compatibili con il precetto costituzionale norme che circoscrivano lo scrutinio del giudice nell’ambito della convalida di provvedimenti limitativi della libertà personale - alla verifica della sussistenza dei presupposti di fatto individuati dalla legge, effettuata la quale, residua per il giudice un ulteriore, ancorché ridotto, spazio di discrezionalità consistente nella possibilità di modificare le prescrizioni riguardanti le modalità dell’obbligo di firma, così come espressamente previsto dall’articolo 6 comma 3 della L. 401/89 come modificata dalla legge numero 146/14. 8. Né paiono profilarsi per la norma in esame ulteriori aspetti di incostituzionalità in relazione agli articolo 3 principio di ragionevolezza e 27 funzione rieducativa della pena della Costituzione. 9. A fronte delle originarie intenzioni del Governo con le quali era stata preannunciata una particolare forma di cd. D.A.SPO. a vita non più riproposta in sede legislativa per gli evidenti profili di incostituzionalità, deve riconoscersi, come dianzi evidenziato, che, con le ultime modifiche del 2014, è stato introdotto un notevole inasprimento dei provvedimenti connessi al D.A.SPO. per i c.d. recidivi , sia in termini di obbligatorietà delle prescrizioni, sia in termini di durata minima e massima sensibilmente più gravosi della misura. 9.1 È noto, però, che le scelte legislative nella commisurazione delle sanzioni - e, per quanto qui rileva, anche nella determinazione della durata di misure di prevenzione atipiche come quella in esame - sono la risultante di valutazioni politiche sindacabili soltanto laddove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio. 9.2 Se così è, non può considerarsi irragionevole la opzione legislativa di una maggiore durata e gravosità delle misure di prevenzione di cui all’articolo 6 L. 401/89 nei confronti di soggetti che siano stati già destinatari del D.A.SPO, trattandosi di una scelta improntata a specifiche e comprensibili ragioni special-preventive in quanto riferibili a soggetti che in passato si sono distinti ed hanno dato prova di comportamenti violenti o aggressivi o pericolosi in relazione a manifestazioni sportive evidente, in questi casi, l’esigenza di misure preventive più afflittive anche in vista della indeclinabile salvaguardia di interessi collettivi quali quello della sicurezza meritevoli di una particolare e più intensa tutela. 9.3 Potrebbe, semmai, paventarsi una irragionevolezza della norma se posta in correlazione con i recenti orientamenti espressi dalla Corte Costituzionale in riferimento alle conseguenze penali a carico dei soggetti recidivi ex articolo 99 comma 4 cod. penumero nel giudizio di bilanciamento di tale aggravante soggettiva con determinate circostanze attenuanti ad effetto speciale ad esempio, con la previgente attenuante oggi però fattispecie autonoma di cui all’articolo 73 comma 5 DPR 309/90, - Sent. Corte Cost. 5.11.2012 numero 251 o con quella di cui all’articolo 609 bis, 3 comma cod. penumero - Sent. Corte Cost. 18.4.2014 numero 109 . 9.4 Ma, a parte la diversità di situazione concernente misure di prevenzione atipiche quali il provvedimento D.A.SPO. rispetto a quelle scrutinate dalla Corte Costituzionale strettamente riferentisi alla pena ed alla sua funzione rieducativa ex articolo 27 Cost., va anche segnalato, quale monito per il legislatore del 2014, un recente arresto della Corte Costituzionale in tema di conseguenze pregiudizievoli per il recidivo secondo cui l’inasprimento del trattamento sanzionatorio per i recidivi reiterati, autori di determinati reati, senza la possibilità di tenere conto del loro comportamento successivo alla commissione del reato, anche quando è particolarmente meritevole ed espressivo di un processo di rieducazione intrapreso, o addirittura già concluso, elude la funzione rieducativa della pena, privilegiando un profilo generai-preventivo Corte Cost. sent. numero 183/2011 . 10. Ed in effetti nella materia del D.A.SPO. è intervenuto, come in precedenza accennato, quel correttivo contenuto nel nuovo comma 8 bis dell’articolo 6 che porta ad escludere il sospetto di incostituzionalità della norma sia in rapporto all’articolo 3 che all’articolo 27 Cost. correttivo nato, per come si legge nella relazione illustrativa della legge del 2014, per colmare una evidente lacuna nel sistema anche in ossequio ad un ben preciso orientamento del giudice delle leggi, onde consentire una riabilitazione dell’interessato diretta ad evitare quelle conseguenze permanenti in termini di afflizione che la Corte Costituzionale - sia pure in riferimento alla pena - ha ripetutamente censurato. 10.1 Con questa norma, si recupera, anche in subiecta materia , una sorta di funzione rieducativa della misura preventiva in modo da commisurare le conseguenze afflittive alle effettive esigenze del caso concreto, in senso conforme - mutatis mutandis - proprio ai principi valorizzati dalla Corte Costituzionale nella menzionata sentenza numero 183/2011. 11. In conclusione e con riferimento all’oggetto specifico del ricorso del Procuratore Generale della Repubblica, può allora essere affermato il principio di diritto secondo cui la previsione contenuta nel comma 5 lett. b bis dell’articolo 6 della L. 401/89 va interpretata nel senso che le prescrizioni derivanti dal D.A.SPO. nei confronti del soggetto già destinatario di provvedimenti del questore sono obbligatorie e di durata compresa tra la fascia minima di anni cinque e quella massima di anni otto, indipendentemente dalla partecipazione, o meno, di tale soggetto a condotte di gruppo . 12. Inoltre, per quanto attiene alla compatibilità della norma con i precetti costituzionali, oltre alla già riconosciuta compatibilità costituzionale rispetto all’articolo 13 Cost. per le ragioni precedentemente illustrate, la disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 6, lett. b bis è compatibile anche con il principio di ragionevolezza enunciato dall’articolo 3 Cost. e con il principio rieducativo della pena di cui all’articolo 27 Cost. in virtù del correttivo contenuto nel comma 8 bis dello stesso articolo 6 che consente, su iniziativa dell’interessato ed in costanza di determinati presupposti, la cessazione - da disporsi discrezionalmente da parte del questore competente degli effetti pregiudizievoli derivanti al soggetto dalla precedente applicazione del divieto. 13. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al G.I.P. del Tribunale di Roma per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata on rinvio al G.I.P. del Tribunale di Roma.