Il decisum in commento tratta il tema dell’azione revocatoria. Nello specifico, occorre stabilire se nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei due coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussista, o meno, il litisconsorzio necessario.
E, i Giudici della Sesta Sezione Civile di Piazza Cavour, con l’ordinanza numero 14079/18, depositata il 1° giugno, conformandosi ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale v. da ultimo, Cass., 19330/17 risolvono la questione precisando che in tema di azione revocatoria, nel giudizio promosso dal creditore personale per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Banca Alfa ha dichiarato inefficace, nei confronti di quest’ultima, ex articolo 2901 c.c., l’atto di costituzione del fondo patrimoniale posto in essere dai coniugi Mevio e Tizia, nonché da Sempronio e Caio. In particolare, la Corte territoriale, a fondamento della decisione assunta, accertata la sussistenza del credito della banca attrice – quanto meno nella sua forma litigiosa – nei confronti di Mevio, Sempronio e Caio quali garanti della F.lli Beta s.r.l., debitrice principale , ha rilevato la correttezza della decisione del giudice di prime cure in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria spiegata nei relativi confronti. Avverso quest’ultima decisione entrambi i coniugi, nonché Caio e Sempronio propongono ricorso per cassazione facendo valere quattro distinti motivi di gravame. In particolare, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto concernente l’eccepito difetto di legittimazione passiva di Tizia, siccome del tutto estranea alle pretese creditorie vantate dalla banca attrice. Tuttavia gli Ermellini dichiarano la censura de qua manifestamente infondata chiarendo che sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge non debitore. Quanto ai restanti motivi, parimenti, vengono respinti in toto. E, pertanto la Suprema Corte, rigettando il ricorso, condanna anche i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità. La costituzione del fondo patrimoniale. Il fondo patrimoniale è costituito da beni vincolati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, onde consentire alla stessa il godimento di un tenore di vita tendenzialmente costante nel tempo. Trattasi di un patrimonio di destinazione appartenente ai coniugi e sprovvisto di soggettività giuridica. L’attribuzione di beni al fondo comporta normalmente una liberalità a favore dei coniugi, o di un coniuge, quando i conferimenti provengono dall’altro, ma può rappresentare altresì modalità di adempimento, da parte dei coniugi stessi, dell’obbligo di contribuzione. Lo spostamento di ricchezza manca però se i beni conferiti già appartengono ai coniugi in comunione legale od ordinaria. Atteso che i beni costituiti in fondo patrimoniale pur appartenendo al fallito rappresentano un patrimonio separato, come tale destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori, questi non possono essere compresi nel fallimento. Tali beni, difatti, pur dopo il soddisfacimento dei creditori per i debiti contratti nell’interesse della famiglia, non perdono la loro specifica destinazione, né viene meno, rispetto ad essi, la deroga al principio di responsabilità ex articolo 2740 c.c Tale assunto è peraltro corroborato dalla circostanza che lo stesso articolo 170 c.c. rende appieno la volontà del legislatore, che non ha formulato alcuna eccezione in relazione al fallimento dei coniugi. La liquidazione dei beni del fondo patrimoniale, indipendentemente dal mancato espresso riferimento nell’elencazione dell’articolo 46 l. fall., non può, pertanto, interessare la massa dei creditori. Né si può ritenere, come pure è stato prospettato, che in caso di fallimento dei coniugi, i beni del fondo patrimoniale, ferma la destinazione allo scopo di far fronte ai bisogni della famiglia, verrebbero acquisiti al fallimento, andando a costituire una massa separata. La creazione di masse separate non può essere, infatti, realizzata in funzione della causa del credito e della posizione soggettiva di buona fede dei creditori, poiché l’inclusione dei beni alla massa attiva del fallimento o semplicemente l’espressione dell’appartenenza dei beni al patrimonio destinato ex articolo 2740 c.c. alla garanzia dei creditori non è prospettabile quando questa destinazione, anche solo in via sussidiaria, è esclusa da altra destinazione. Pertanto non è pensabile che il curatore possa gestire, nel solo interesse dei creditori per debiti familiari, una massa di beni per i quali è escluso il concorso, anche in via residuale, degli altri creditori ammessi al passivo. La revocatoria degli atti a titolo gratuito. L’articolo 64 sancisce l’inefficacia degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento proponendo un concetto ampio di gratuità, che si fonda unicamente sulla diminuzione del patrimonio del fallito senza corrispettivo. La dichiarazione di inefficacia riguarda l'atto gratuito in quanto esso influisce negativamente sul patrimonio del fallito diminuendo la garanzia dei creditori, senza tener conto della posizione del terzo contraente, sicché nessuna protezione viene a questi accordata quando non abbia sopportato alcun sacrificio riversabile nel patrimonio del fallito, perché la legge ha come punto di riferimento la tutela dei creditori per gli effetti dell'atto sul patrimonio del fallito. L'articolo 64 l. fall., difatti, copre l'intera area di tutela dei creditori del fallito rispetto agli atti a titolo gratuito, per cui è impensabile sottrarre alla sanzione dell'inefficacia solo gli atti a titolo gratuito per entrambi i soggetti. Se così fosse mancherebbe per i creditori del fallito qualsiasi strumento di tutela specifica per quegli atti compiuti dal fallito nel periodo sospetto, senza spirito di liberalità, che comunque abbiano determinato una diminuzione patrimoniale senza contropartita come nel caso che qui ci occupa della costituzione di un fondo patrimoniale. L’atto di destinazione di un bene al fondo patrimoniale è assoggettabile ad azione revocatoria. Una volta esclusa l’acquisizione al fallimento dei beni costituiti in fondo patrimoniale si deve ritenere che rispetto ad essi resti integra la legittimazione del debitore. In senso contrario non può rilevare la circostanza che il curatore agisca con azione revocatoria per acquisire i beni al fallimento. Difatti, l’azione presuppone proprio che i beni non siano compresi nel fallimento ed è diretta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia di quel vincolo di destinazione che impedisce di compravenderli. Quindi, soltanto dopo il positivo esperimento dell’azione il debitore fallito perde la propria legittimazione rispetto ai beni costituiti in fondo patrimoniale. Per la giurisprudenza l’atto di destinazione consegue sempre una liberalità, analoga alla donazione o comunque la gratuità del medesimo, e non può configurarsi come adempimento di un debito scaduto. In ogni caso i conferimenti in questione comportano un atto di disposizione che può pregiudicare i creditori personali di chi lo compie. Infatti i beni ed i frutti del fondo possono essere esecutati solo dai creditori il cui credito è sorto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia. In questa prospettiva la giurisprudenza tradizionale ha più volte affermato che l’atto di destinazione di un bene al fondo patrimoniale è assoggettabile ad azione revocatoria in quanto comporta una disposizione del patrimonio del debitore ed è potenzialmente pregiudizievole per il creditore il quale può perdere la possibilità di agire esecutivamente su quel bene e sui relativi frutti, qualora sia consapevole dell’estraneità ai bisogni della famiglia del credito per il quale agisce. Ugualmente esperibile è la revocatoria fallimentare ove ne ricorrano i presupposti. Il coniuge non debitore è litisconsorte necessario. E, in conclusione, occorre ribadire quanto emerge chiaramente dal decisum in rassegna ossia che sussiste sempre il litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 aprile – 1 giugno 2018, numero 14079 Presidente Amendola – Relatore Dell’Utri Fatto e diritto rilevato che, con sentenza resa in data 7/3/2017, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Banca Popolare dell’Emilia-Romagna soc. coop., ha dichiarato inefficace, nei confronti di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., l’atto di costituzione del fondo patrimoniale posto in essere dai coniugi Pi.Gi. e L.C. , nonché da P.G. e P.S. che, a fondamento della decisione assunta, la corte d’appello, accertata la sussistenza del credito della banca attrice quanto meno nella sua forma litigiosa nei confronti di Pi.Gi. , P.G. e P.S. quali garanti della F.lli P. s.r.l., debitrice principale , ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria spiegata nei relativi confronti che, avverso la sentenza d’appello, Pi.Gi. , P.G. , P.S. e L.C. , propongono ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione che la BPER Banca s.p.a. già Banca Popolare dell’Emilia-Romagna soc. coop. resiste con controricorso che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’articolo 380-bis le parti non hanno presentato memoria considerato che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 2901 c.c., nonché per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente il credito vantato dalla Banca Popolare dell’Emilia-Romagna a fondamento dell’azione revocatoria dalla stessa esercitata, trattandosi di una pretesa inesistente e giudizialmente contestata che il motivo è manifestamente infondato che, al riguardo, la corte territoriale, nel ritenere sussistenti i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte della Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, risulta essersi correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità , ai sensi del quale il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, sicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex articolo 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poiché l’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito Sez. 3, Sentenza numero 2673 del 10/02/2016, Rv. 638928 - 01 che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 2901 c.c., nonché per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la corte territoriale ritenuto sussistenti i presupposti per il valido esercizio dell’azione revocatoria da parte della banca avversaria, tenuto conto del principio della separatezza del fondo patrimoniale rispetto ai crediti sorti per il soddisfacimento di scopi estranei ai bisogni della famiglia, nonché dell’assenza del requisito dell’eventus damni a carico della banca creditrice e degli altri presupposti soggettivi imposti dall’articolo 2901 c.c. che il motivo è manifestamente infondato, quanto non inammissibile che, preliminarmente, osserva il Collegio come la corte territoriale, nel ritenere assoggettabile l’atto di costituzione di fondo patrimoniale all’azione revocatoria ex articolo 2901 c.c., si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui al numero 1 dell’articolo 2901 cod. civ. cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza numero 24757 del 07/10/2008, Rv. 604813 01 che, sotto altro profilo, la censura proposta dai ricorrenti, circa l’asserita erronea valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori concernenti l’affermato ricorso dell’eventus damni e dei restanti presupposti di natura soggettiva, deve ritenersi avanzata in contrasto con i limiti previsti in relazione al giudizio di legittimità che, infatti, con la censura in esame, i ricorrenti - lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata - allegano un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza numero 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745 Sez. 5, Sentenza numero 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171 , non potendo dirsi coinvolta, nella prospettazione critica dei ricorrenti, alcuna eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso che, al riguardo, osserva il Collegio come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito secondo il meccanismo presuntivo di cui all’articolo 2729 c.c. non può in alcun modo considerarsi priva, ictu ocull, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza che, pertanto, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti che tale operazione critica appare con evidenza diretta a censurare una tipica erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato che, ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi Sez. 3, Sentenza numero 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564 Sez. 5, Sentenza numero 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892 , non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’articolo 360 numero 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti che, con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto concernente l’eccepito difetto di legittimazione passiva di L.C. , siccome del tutto estranea alle pretese creditorie vantate dalla banca attrice che il motivo è manifestamente infondato che, al riguardo, osserva il Collegio come, nel riconoscere la legittimazione passiva della L. , rispetto all’azione revocatoria esercitata in questa sede, la decisione della corte territoriale risulta conforme all’orientamento ripetutamente fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità , ai sensi del quale, in tema di azione revocatoria, nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria cfr. Sez. 3 -, Sentenza numero 19330 del 03/08/2017, Rv. 645489 - 01 v. altresì Sez. 1, Sentenza numero 1242 del 27/01/2012, Rv. 621541 - 01 che, con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al punto concernente la violazione dell’articolo 32 Cost., non avendo la corte territoriale adeguatamente giustificato il riconoscimento della prevalenza delle ragioni patrimoniali della banca attrice rispetto alle esigenze di salute di Luca P. , figlio dei convenuti, per la cui soddisfazione era stato costituito il fondo patrimoniale di cui al corrispondente atto impugnato che il motivo è inammissibile che, al riguardo, esclusa la contestazione di alcuna violazione o falsa applicazione di legge, ad opera degli odierni ricorrenti, deve ritenersi altresì insussistente alcun rilievo del fatto dedotto con la censura in esame in relazione all’eventuale contestazione, a carico della sentenza impugnata, del vizio di motivazione nei limiti posti dall’articolo 360 numero 5 c.p.c., non emergendo, né l’omissione del fatto espressamente considerato nel contesto della decisione impugnata , né la prospettazione dei profili di decisività dell’eventuale preteso omesso esame della circostanza concernente la considerazione delle condizioni di salute del figlio dei convenuti ai fini del valido esperimento dell’azione revocatoria da parte della banca originaria attrice che, pertanto, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza dei motivi d’impugnazione esaminati, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della banca controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.