La cultura è l’unica droga che crea indipendenza

L’ultimo rapporto ADEPP sulla previdenza privata e il recentissimo rapporto ISTAT sono passati abbastanza inosservati, invece, per un lettore attento, contengono una miniera di dati previdenziali sui quali ragionare e intendiamo iniziare il nuovo anno proprio da qui.

Come è noto le Casse di Previdenza dei professionisti sono finanziate dal sistema a ripartizione. I principali rischi cui va incontro il sistema a ripartizione sono legati 1 all’invecchiamento della popolazione, perché in questo modo si riduce il numero dei lavoratori attivi, a fronte di un numero sempre più elevato di persone che vanno in pensione 2 ad un eventuale ristagno della economia del paese che implica un più ridotto tasso di occupazione e, quindi, una minore possibilità di coprire il fabbisogno previdenziale. Abbiamo già ricordato in un precedente scritto che nelle Casse di Previdenza dei professionisti il rapporto contributi/prestazioni è molto vantaggioso per gli iscritti e svantaggioso per le Casse nel senso che Il rapporto Pensione media/Contributo medio, presenta valori che vanno da 1,41 a 4,34, ovvero la pensione media per tutti gli Enti è più alta del contributo medio. Il record spetta agli avvocati la cui pensione media è pari a 4,34 volte il contributo medio seguono Inarcassa, Commercialisti, Ragionieri e Geometri per i quali la pensione media è più di due volte e mezzo il contributo medio. Le altre Casse mantengono un rapporto più basso, in particolare i medici ENPAM che presentano una pensione media pari quasi al contributo medio 1,06 . Nel 2016 gli enti previdenziali dei professionisti hanno raccolto più di 9,7 miliardi di euro di contributi, totalizzando un incremento percentuale rispetto al 2015 pari a circa il 7,18%. È importante però notare che nonostante gli enti assistenziali abbiano complessivamente fatto registrare fra il 2005 e il 2016 un incremento pari al 20 %, se si considera il periodo 2010-2016 si registra una flessione dei contributi incassati pari a circa il 6,36%. Per quanto riguarda i valori dell’indice iscritti/prestazioni, indice che studia il trend delle variazioni demografiche nel tempo vi è da dire che rispetto al 2015 si osserva un incremento sia del numero delle prestazioni in essere sia del numero degli iscritti. Tuttavia, essendo il tasso di crescita degli iscritti inferiore al tasso di crescita delle prestazioni 0,62% contro 3,68 % l’indice subisce un decremento pari a quasi tre punti percentuali. La classificazione per decreto di privatizzazione mostra poi come gli enti 509 abbiano il tasso di incremento del numero delle prestazioni più alto di circa 8 punti percentuali rispetto al tasso di crescita degli iscritti fatta eccezione per Cassa Forense , prendendo in considerazione l’intervallo temporale 2005-2016. L’insieme di questi dati dovrebbe preoccupare il legislatore previdenziale ed indurlo a valutare l’idea della creazione di una cassa unica per tutti i professionisti cosi da meglio neutralizzare i rischi sopra evidenziati. Una riconferma NEI DATI GENERALI DELLA PREVIDENZA ITALIANA DESUMIBILI DAL RAPPORTO ISTAT CAP 5 PROTEZIONE SOCIALE pag. 155 e segg. Entrate e spese degli enti di previdenza. Le entrate correnti accertate degli enti di previdenza, nel corso del 2015, ammontano a 347.345 milioni di euro valori di competenza , derivanti per il 66,8 per cento dai contributi sociali. Le spese correnti sono invece pari a 340.471 milioni di euro, destinate in modo preponderante 93,4 per cento alle prestazioni sociali. Gli enti che appartengono al regime di base rappresentano il 99,3% delle prestazioni sociali ed il 99,2% dei contributi sociali. Le prestazioni sociali complessivamente erogate ammontano a 317.844 milioni di euro, pari al 19,3% del PIL, solo parzialmente coperte dai 232.110 milioni di euro di contributi sociali 14,1% del PIL . Negli ultimi 10 anni si osserva un trend crescente dell’incidenza sul PIL delle prestazioni sociali erogate che sembra attenuarsi dal 2014 mentre l’incidenza dei contributi sociali sul PIL tende a stabilizzarsi dal 2010 e non risulta sufficiente a coprire l’aumento delle prestazioni sociali erogate, con una conseguente e progressiva diminuzione della percentuale di prestazioni coperte dai contributi, che passa dal 77,0% del 2010 al 73,0% del 2015. Il crescente divario fra contributi e prestazioni incide negativamente sul deficit previdenziale pro capite, che nel 2015 è pari a -1.410 euro, in aumento di 16 euro rispetto al 2014. In particolare al Sud e nelle Isole troviamo i valori più elevati con rispettivamente -2.088 e -2.152 euro, anche se le regioni con il maggiore deficit pro capite sono la Liguria, con -3.194 euro, l’Umbria -2.699 , seguite poi da Calabria -2.631 euro , Molise -2.610 euro e Sardegna -2.462 euro . Il Nord-ovest è l’area che eroga più prestazioni sociali 29,7 per cento che versa più contributi sociali 34,9 per cento , e fa registrare il deficit più basso con -831 euro, seguito dal Nord-est -1012 euro e dal Centro -1.360 euro . Il Trentino-Alto Adige e la Lombardia sono le due regioni dove i contributi eccedono le prestazioni e dunque vantano un avanzo previdenziale pro capite. Questi dati, complessivamente valorizzati, rafforzano la mia filosofia previdenziale per la quale la previdenza obbligatoria di primo pilastro dovrebbe essere uguale per tutti i lavoratori, gestita e garantita dallo Stato il solo in grado di garantire nel lungo periodo il patto intergenerazionale che sta alla base del sistema di finanziamento a ripartizione.