I genitori divorziano: la competenza non dipende dalla residenza del figlio minore

La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Nessun rilievo, quindi, alla residenza del figlio minore della coppia.

Così la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24099/15, depositata il 25 novembre. Il caso. La pronuncia in commento nasce dal regolamento di competenza proposto nell’ambito di una domanda di divorzio da uno dei due coniugi a seguito della pronuncia con cui il Tribunale di Firenze, accogliendo l’eccezione sollevata dal convenuto, dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Prato, sul presupposto che il convenuto risiede in Prato, a nulla rilevando che in Firenze risieda il figlio minore della coppia. Il quadro normativo nega rilievo alla residenza dei figli minori. Prima di tutto, gli Ermellini ricordano che la norma decisiva per risolvere la questione a loro sottoposta è l’art. 4, comma 1, l. n. 898/1970, in forza del quale la domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio . Il dato testuale è più che sufficiente, precisano da Piazza Cavour, per escludere interpretazioni alternative che valorizzino la residenza di eventuali figli minori delle parti. Né avrebbe alcun senso, continuano dal Supremo Collegio, richiamare la giurisprudenza che radica davanti al giudice del luogo di residenza del minore la competenza all’adozione dei provvedimento de potestate di cui agli artt. 330 e 333 c.c., dal momento che tali provvedimenti sono cosa del tutto diversa dalla decisione sulla domanda di divorzio dei genitori e anche dai provvedimenti accessori che il giudice deve assumere in ordine alla prole . Nessun rinvio alla Corte del Lussemburgo. Nessun rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, poi, sembra necessario nel caso di specie, secondo il Palazzaccio, poiché nessuna disposizione comunitaria porta a dubitare che l’art. 4 l. n. 898/1970, attribuendo la competenza al giudice della residenza o domicilio del convenuto anziché del figlio minore delle parti ove queste ne abbiano, contrastanti con la preminente disciplina europea. Nessun dubbio deriva dal Regolamento CE n. 2201/2003, che non si riferisce al riparto di competenza tra i giudici nazionali, ma al riparto di competenza tra gli Stati membri dell’Unione. Infondati i dubbi di legittimità costituzionale. Nessun fondamento neppure per i dubbi di legittimità costituzionale, secondo gli Ermellini non c’è violazione dell’art. 117 Cost., perché le norme interposte invocate – artt. 6 e 13 CEDU sul giusto processo e sull’effettività della tutela giurisdizionale – non sono in alcun modo inficiate dalla previsione di un criterio di riparto della competenza sulla domanda di divorzio basato sulla residenza del convenuto, anziché dell’eventuale figlio minore delle parti neppure è violato l’art. 3 della Carta Costituzionale, che riguarda le controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento infine, nessuna violazione dei principi del giusto processo proclamati dall’art. 111, comma 2, Cost., dato che non è in questione né il contraddittorio, né la parità delle parti, né l’imparzialità del giudice o la ragionevole durata del processo. La Corte, quindi, ha confermato la competenza del Tribunale di Prato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 giugno – 25 novembre 2015, n. 24099 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso Il Tribunale di Firenze, accogliendo l'eccezione sollevata dal convenuto, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, in favore del Tribunale di Prato, sulla domanda di divorzio proposta dalla sig.ra L.R. nei confronti del sig. M.G. , sul rilievo che quest'ultimo risiede in Prato e non conta che in Firenze risieda il figlio minore della coppia. L'art. 4 l. 1 dicembre 1970, n. 898, infatti, radica la competenza sulla domanda di divorzio nel luogo di residenza del convenuto né, atteso il chiaro disposto della norma, sarebbe consentita una diversa lettura della stessa, che valorizzi invece il luogo di residenza del figlio minore interessato dai provvedimenti accessori riguardanti la prole dei divorziandi né infine si giustificano, manifestamente, sospetti di incostituzionalità di tale disciplina. La sig.ra L. ha proposto ricorso per regolamento di competenza articolando quattro motivi di censura. L'intimato ha presentato memoria e il P.M. ha concluso, ai sensi dell'art. 380 ter c.p.c., per la conferma della declaratoria di competenza del Tribunale di Prato. Considerato 1. — Con il primo motivo di ricorso si lamenta che il Tribunale, nell'interpretare la disposizione dell'art. 4 l. n. 898 del 1970 relativa alla competenza territoriale, abbia violato il dovere di interpretazione conforme alla normativa Europea, e in particolare al quinto, dodicesimo e trentatreesimo considerando , nonché art. 12 del regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 del 27 novembre 2003. La tesi della ricorrente è che, tenuto conto del potere del giudice del divorzio di dare anche disposizioni in ordine alla prole, al richiamato art. 4 va attribuito il significato secondo cui, qualora vi siano figli minori, il foro territorialmente competente è quello della residenza del minore”, alla stregua del principio generale di salvaguardia del preminente interesse del minore posto dagli strumenti internazionali e comunitari e recepito nell'ordinamento nazionale dall'art. 709 ter c.p.c., introdotto con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, e dalla consolidata giurisprudenza, che attribuisce al giudice del luogo di abituale residenza del minore l'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.p.c In tal senso dispone, ad avviso della ricorrente, il regolamento Europeo sopra menzionato, al quale dunque il Tribunale doveva conformare l’interpretazione della norma nazionale, anche in applicazione dei principi del giusto processo che, nella materia in esame, comportano l'attribuzione della competenza al giudice di prossimità - e dunque al giudice della residenza del minore - al fine di assicurare l'accesso effettivo alla giustizia, ai sensi dell'art. 81, par. 2, lett. e del trattato di Lisbona e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 2. - Con il secondo motivo si chiede, in subordine, disporsi il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, al fine di chiarire l'esatto contenuto di quell'art. 8 R. CE 2201 /2003 che individua la competenza generale per le cause in materia di responsabilità genitoriale nel luogo di residenza del minore per poi delibare sulla base del chiarimento della Corte Europea, la conformità dell'art. 4 L. 898/70 - che contempla invece una diversa competenza territoriale - al diritto Europeo”. 3. - Con il terzo motivo si deduce, in ulteriore subordine, l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 l. n. 898 del 1970, cit., in parte qua, per violazione dell'art. 117 Cost. in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, quali norme interposte. 4. - Con il quarto motivo si estende la censura di illegittimità costituzionale della medesima norma alla violazione del principio di cui all'art. 3 Cost., anche in combinato disposto con gli artt. 30 e 31, nonché 25 e 111”. 5 - Tali censure, da esaminare congiuntamente, vanno disattese. 5.1. - A mente dell'art. 4, comma 1, l. n. 898 del 1970 La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio” seguono disposizioni riferite a ipotesi particolari che qui non ricorrono . Non occorre dilungarsi per dimostrare ciò che risulta evidente già dalla prima esegesi della disposizione, ossia che la lettera della stessa è assolutamente insuperabile e non consente interpretazioni alternative, che valorizzino la residenza di eventuali figli minori delle parti. Sarebbe, poi, altrettanto manifestamente arbitrario far leva sulla giurisprudenza che radica davanti al giudice per l'esattezza il tribunale per i minorenni, ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c. del luogo di residenza del minore la competenza all'adozione dei provvedimenti de potestate di cui agli artt. 330 e 333 c.c Tali provvedimenti, invero, sono cosa del tutto diversa dalla decisione sulla domanda di divorzio dei genitori e anche dai provvedimenti accessori che il giudice deve assumere in ordine alla prole non già - si badi - alla responsabilità dei genitori . Tanto basta per escludere in radice qualsiasi ipotesi di interpretazione conforme a vincolanti disposizioni Europee. 5.2. - Né si impone il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, invocato in subordine, perché nessuna disposizione comunitaria autorizza il dubbio che l'art. 4 l. n. 898 del 1970, nella parte in cui attribuisce la competenza al giudice della residenza o domicilio del convenuto, anziché del figlio minore delle parti ove queste ne abbiano , contrasti con la preminente disciplina Europea. Non lo autorizza, in particolare, il richiamato regolamento CE n. 2201/2003, il quale manifestamente si riferisce e anche a questo proposito si ribadisce che non occorre argomentare ciò che è evidente e risulta dalla piana lettura del testo normativo di cui si tratta non già al riparto di competenza tra i giudici nazionali, bensì al riparto di competenza tra gli stati membri dell'Unione. L'assoluta chiarezza dell'atto normativo Europeo e la irrilevanza dello stesso riguardo alla questione di diritto interno in esame escludono la sussistenza di un obbligo di rimessione alla Corte del Lussemburgo. 5.3. - Neppure sono plausibilmente prospettabili i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla ricorrente. Non quello di violazione dell'art. 117 Cost., perché le norme interposte invocate - gli artt. 6 e 13 CEDU sul giusto processo e l'effettività della tutela giurisdizionale - non possono ritenersi in alcuna misura vulnerate dalla previsione di un criterio di riparto della competenza sulla domanda di divorzio basato sulla residenza del convenuto, anziché dell'eventuale figlio minore delle parti criterio che è arbitrario assumere che comprometta detta effettività. Non quello di violazione dell'art. 3 Cost., sollevato dalla ricorrente sul parallelo con l'art. 709 ter c.p.c., il quale ha riguardo alle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà [ora responsabilità] genitoriale o delle modalità dell'affidamento”, per le quali peraltro prevede la competenza del giudice del procedimento in corso”, mentre prevede la competenza del tribunale del luogo di residenza del minore soltanto per i procedimenti di cui all'art. 710”, relativi alla modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti alla separazione” procedimenti, questi, del tutto diversi da quello di divorzio e nei quali l'interesse della parte convenuta non è centrale alla stessa maniera che in quello. Né può in contrario valorizzarsi oltre misura il principio di tutela del preminente interesse del minore, che - per come declinato nell'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e nello stesso art. 3 della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989 - attiene al contenuto della decisione da assumere, piuttosto che al riparto di competenza Cass. 2171/2006, richiamata dalla ricorrente, valorizza, sì, l'interesse preminente del minore quale ratio dell'attribuzione della competenza al giudice del luogo di residenza del minore, ma in ordine ai procedimenti de potestate , non certo a quello di divorzio . Né, infine, è giustificabile alcun sospetto di violazione dei principi del giusto processo proclamati dall'art. 111, secondo comma, Cost., dato che non è qui in questione, manifestamente, né il contraddittorio, né la parità delle parti, né l'imparzialità del giudice o la ragionevole durata del processo. 6. - In conclusione, va confermata la declaratoria di competenza del Tribunale di Prato, davanti al quale le parti vanno rimesse anche per i provvedimenti sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Prato, davanti al quale rimette le parti anche per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.