La non punibilità nel merito prevale sulla concorrente prescrizione?

di Davide Galasso

di Davide Galasso *In tema di declaratoria di cause di non punibilità nel merito in concorso con cause estintive del reato, il concetto di evidenza dell'innocenza dell'imputato o dell'indagato presuppone la manifestazione di una verità processuale chiara, palese ed oggettiva, tale da consistere in un quid pluris rispetto agli elementi probatori richiesti in caso di assoluzione con formula ampia. Lo ha deciso la Quarta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 36064/2011, depositata il 5 ottobre.La regola di prevalenza Tanto in fase predibattimentale cfr. articolo 469 c.p.p. , come in qualsiasi altro stato e grado del giudizio, può sempre procedersi all'anticipata definizione del procedimento, quando risulti evidente che il fatto non sussiste, o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.Il legislatore ha dunque congegnato la disposizione de qua in modo che, ove ricorra una delle cause di estinzione del reato nella sentenza in commento si trattava della prescrizione , il proscioglimento nel merito è vincolato ad una situazione di evidenza, così come emerge allo stato degli atti del procedimento, cioè nel momento in cui si verifica il fatto estintivo dell'illecito penale .presuppone una nozione restrittiva di evidente innocenza . Da tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si sono interrogate circa il rapporto fra la declaratoria di estinzione del reato e quella di una causa di non punibilità nel merito.Orbene, la pronuncia in commento sembra collocarsi nel solco di quell'orientamento in base al quale la regola di giudizio, prevista dall'articolo 530, comma 2, c.p.p. - cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità - è dettata esclusivamente per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale, con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti.Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale infatti la regola di cui all'articolo 129 c.p.p., in base alla quale l'inizio di prova, ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell'imputato, non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve positivamente risulta evidente articolo 129 comma 2 c.p.p. emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli cfr. Cass. penumero , sez. I, 30 giugno 1993, Mussone .Ne consegue che, nel concorso tra una causa di estinzione del reato e di un'altra più favorevole causa di non punibilità, quest'ultima deve risultare in modo evidente, e non anche in modo insufficiente o contraddittorio, come sancito all'articolo 530, comma 2, c.p.p., essendo richiesto un grado di innocenza addirittura superiore a quello necessario per una declaratoria di assoluzione con formula ampia.Appare dunque superato l'altrettanto risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del combinato disposto degli articolo 245 e 254 d.lgs. numero 271/1989, 530 comma 2 e 129 c.p.p., anche una situazione di incertezza probatoria consente la prevalenza della formula di merito sulla causa di estinzione del reato ex multis, Cass. penumero , sez. VI, 3 maggio 1991, Giambartolomei .* Avvocato in Pescara

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 luglio - 5 ottobre 2011, numero 36064Presidente Morgigni - Relatore MarinelliRitenuto in fattoCon sentenza del 16 ottobre 2007 il Tribunale di Roma in composizione monocratica assolveva D.M.A. e B.B.L. dal delitto di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina dell'arte medica in danno della minore G.G. per non aver commesso il fatto e dichiarava non doversi procedere nei confronti di Gi.Pa. per il medesimo reato perché estinto per intervenuta prescrizione.Alla Gi. , medico pediatra della ASL RM E che aveva in cura la minore G G. , era stato contestato il reato di cui all'articolo 590 c.p. per avere, per colpa consistita nell'omettere di evidenziare nel referto che il rene destro della piccola G. era più piccolo del rene sinistro di 3 cm., contribuito a cagionare alla minore G G. lesioni gravissime consistenti nella riduzione della funzione renale destra, con elevata possibilità di riduzione di rene grinzo, in ., in epoca anteriore e prossima all' omissis , data della proposta querela.Avverso la decisione del tribunale di Roma ha proposto appello il difensore dell'imputata Gi.Pa La Corte di Appello di Roma in data 20.10.2009 con la sentenza oggetto del presente ricorso, in riforma della sentenza del Tribunale,assolveva la predetta dal reato a lei ascritto perché il fatto non sussiste.Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma le parti civili B G. e D A. , in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore G.G. , proponevano ricorso per Cassazione a mezzo del loro difensore chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi 1 violazione dell'articolo 157 c.p. in relazione all'articolo 129, 2 comma, c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Secondo i ricorrenti la Corte di appello di Roma non avrebbe potuto assolvere nel merito la Gi. dal momento che non c'era l'evidenza della prova della sua innocenza e, quindi, aveva commesso lo stesso errore che già aveva posto in essere il giudice di primo grado, allorquando aveva assolto gli altri due imputati D.M. e B Osservavano infatti i ricorrenti che, allorquando il termine di prescrizione risulti spirato, come nella specie, il giudice la deve dichiarare a meno che l'innocenza appaia evidente ovvero l'imputato abbia rinunciato alla prescrizione.2 Illogicità della motivazione per travisamento delle risultanze processuali sul punto della ritenuta insussistenza del nesso causale articolo 606, lett. e, c.p.p. . Secondo i ricorrenti la Corte territoriale erroneamente aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta dell'imputata e l'evento dannoso che ha colpito la piccola paziente, dal momento che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, il consulente del Pubblico Ministero non aveva mai dichiarato che l'errore di refertazione della Gi. fosse stato ininfluente, avendo invece costui dichiarato che l'errore c'era stato e aveva avuto una influenza, sia pure marginale, sull'aggravamento della patologia.3 Inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 41 c.p. articolo 606, lett. b, c.p.p. sul punto della insussistenza del nesso causale, atteso che, avendo la Corte territoriale riconosciuto l'esistenza di un ritardo diagnostico che ha provocato effetti dannosi, si deve ritenere che l'errore dell'imputata abbia avuto una incidenza che, anche se minima, è sufficiente a ritenere integrato il nesso causale tra la condotta e l'evento.4 Illogicità e contraddittorietà della motivazione articolo 606, lett. e, c.p.p. , sul tema della ritenuta insussistenza del nesso causale. Osservavano sul punto i ricorrenti che l'errore commesso dalla Dott.ssa Gi. , che aveva rilevato una situazione renale del tutto normale, aveva influenzato non solo la pediatra D.M. , ma anche i medici dell'ospedale di omissis che, nel omissis , non avevano richiesto una ecografia, dal momento che ne era stata fatta una poco prima. In tale situazione quindi non era stata neppure effettuata una cistografia, dal momento che, avendo il medico accertatore erroneamente rilevato dall'ecografia che i reni della piccola Giulia apparivano in sede e presentavano dimensioni e morfologia normali, i medici avevano spostato la loro attenzione su patologie dell'apparato respiratorio, consentendo al reflusso vescico - uretrale di continuare ad evolversi e al danno renale di aggravarsi, e ciò per un periodo di tredici mesi che è un tempo lunghissimo per una paziente di soli quattro anni.Considerato in dirittoOsserva la Corte che la sentenza impugnata ha rilevato che il giudice di primo grado aveva effettuato una differenza tra le formule adottate, in quanto aveva ritenuto prevalente quella assolutoria nei confronti degli imputati D.M. e B. perché dubbia la loro colpevolezza, mentre aveva adottato la formula di non procedibilità per estinzione del reato per prescrizione nei confronti della Gi. sul presupposto della sua responsabilità. La Corte territoriale rilevava poi che nessuna indagine avrebbe dovuto invero essere svolta nel merito, in quanto doveva prevalere la esigenza di economia processuale e il giudice non avrebbe potuto decidere in merito alla responsabilità in presenza di una causa estintiva del reato. Per tali motivi il giudice di primo grado avrebbe dovuto pronunciare per tutti sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, una volta che aveva ritenuto che per nessuno degli imputati vi fosse la evidenza dell'innocenza. I giudici della Corte territoriale pervenivano pertanto ad una pronuncia assolutoria perché il fatto non sussiste anche nei confronti di Gi.Pa. . Tale motivazione è, all'evidenza, incongrua.Allorquando il termine di prescrizione risulti già decorso, come nella fattispecie che ci occupa, il giudice può emettere una pronuncia assolutoria nel merito e non già dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione solo nel caso in cui le prove rendano evidente che il fatto non sussiste, o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato, di modo che il loro mancato esame da parte del Giudice di merito si risolverebbe in un palese vizio della sentenza.Perché possa applicarsi infatti la norma di cui all'articolo 129 cpv. c.p.p., che impone il proscioglimento nel merito in presenza di una causa di estinzione del reato, è necessario che risulti evidente dagli atti processuali la prova dell'insussistenza del fatto, o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.Nella fattispecie che ci occupa, invece, dalla sentenza impugnata non risulta l'evidenza della prova dell'innocenza dell'imputata Gi. quest'ultima aveva effettuato l'esame ecografico ed omesso di indicare la diversa dimensione dei reni della piccola G G. . Secondo la Corte territoriale tale errore era del tutto marginale, in quanto aveva potuto influenzare l'intervento terapeutico della pediatra D.M. , ma non già quello dei sanitari dell'ospedale di Bracciano. Quei giudici evidenziavano poi che i consulenti non avevano stabilito con certezza se l'omissione della indicazione della diversa dimensione dei reni avesse inciso sulla evoluzione della patologia soltanto il consulente della persona offesa aveva ritenuto che, a seguito del ritardo nella diagnosi e nella terapia, erano derivati alla persona offesa postumi permanenti di rilevanza consistenti.In tale contesto, pertanto, non può certo sostenersi che risulti evidente l'esistenza di una delle ipotesi di cui all'articolo 129 cpv. c.p.p. nei confronti di Pa Gi. , poiché In tema di declaratoria di causa di non punibilità nel merito, rispetto a causa estintiva del reato, il concetto di evidenza presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva, che ogni manifestazione appaia superflua, concretizzandosi, così, in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato Cass. Sez. 4 sent. numero 12724 del 28.10.1988 . La sentenza impugnata deve essere quindi annullata ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui va rimesso anche il regolamento delle spese del presente giudizio.P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui rimette anche il regolamento delle spese del presente giudizio.