di Donato Palombella
di Donato Palombella *La mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile, costituisce un grave inadempimento del locatore che giustifica la richiesta di risoluzione del contratto di locazione da parte del conduttore. A venire in soccorso del conduttore, è stata la terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 12286, depositata il 7 giugno 2011.Manca l'abitabilità? Allora niente licenza commerciale. Il conduttore non riesce ad ottenere l'autorizzazione amministrativa necessaria all'esercizio dell'attività commerciale nel caso in esame il conduttore intendeva aprire un bar . L'immobile locato risulta privo dell'abitabilità a causa di alcune violazioni edilizie mai sanate. Vista l'impossibilità di intraprendere l'attività, il conduttore sospende il pagamento dei canoni di locazione e si rivolge al Tribunale chiedendo al locatore la restituzione delle pigioni corrisposte nonché il rimborso delle spese sostenute per la ristrutturazione e l'adeguamento del locale. Per tutta risposta, il locatore propone lo sfratto per morosità.La pendenza del condono sana il vizio. Tribunale e Corte di Appello rigettano la domanda principale con cui veniva richiesta la risoluzione del contratto di locazione e pronunciano lo sfratto per morosità. Di contro, peraltro, ingiungono al locatore di rimborsare al conduttore i costi sostenuti per effettuare i miglioramenti apportati all'immobile pari a poco meno di 5.600,00 euro . Ma, in sostanza, essendo un fatto non contestato che l'immobile era carente sotto il profilo delle autorizzazioni amministrative, quali sarebbero le ragioni del locatore? Secondo la Corte di Appello, il mancato ottenimento dell'abitabilità a causa di alcune irregolarità edilizie determinerebbe l'impossibilità di un legittimo uso dell'immobile. Sarebbe quindi configurabile una violazione contrattuale grave capace di determinare la risoluzione del contratto. Nel caso in esame, peraltro, la responsabilità degli eventi non avrebbe potuto essere addebitata al locatore in quanto quest'ultimo aveva proposto domanda di concessione in sanatoria ancora pendente per l'abuso edilizio commesso. La circostanza che la domanda di sanatoria fosse ancora pendente e che, in ipotesi, il suo possibile accoglimento avrebbe portato all'eliminazione di ogni possibile vizio, sarebbe stato valutato come un fattore scriminante.Con queste premesse la causa approda in cassazione.Via libera alla risoluzione se c'è inadempimento del locatore. Gli Ermellini, ribaltando letteralmente la decisione dei giudici di merito, accolgono la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del locatore. Bacchettate alla Corte di Appello! Quest'ultima correttamente avrebbe effettuato una enunciazione di principio senza, peraltro, dare pratica attuazione a quanto enunciato. Secondo la Cassazione, la Corte territoriale avrebbe centrato la questione, almeno in linea di principio la mancanza di autorizzazioni o concessioni amministrative, la mancanza dell'abitabilità, costituirebbe un elemento atto a condizionare la regolarità dell'immobile. La circostanza che il bene ceduto in locazione fosse privo dei necessari requisiti amministrativi, costituirebbe un inadempimento del locatore e, quindi, un giustificato motivo di risoluzione del contratto di locazione. La Corte territoriale, peraltro, sarebbe incorsa in un banale errore logico in quanto, dopo aver correttamente enunciato il principio-generale regolatore della controversia, avrebbe mancato di applicarlo respingendo la domanda di risoluzione avanzata dal conduttore.A quali condizioni il locatore avrebbe potuto evitare la risoluzione del contratto? La Cassazione, in un interessante passaggio della sentenza in commento, evidenzia che il locatore avrebbe potuto evitare la risoluzione fornendo la prova di alcune circostanze che avrebbero potuto rendere legittima la decisione di merito. In primo luogo, il locatore avrebbe dovuto dimostrare che il conduttore era a conoscenza, al momento della conclusione del contratto, della situazione amministrativa dell'immobile locato. Ciò avrebbe portato, come conseguenza, l'accettazione del rischio da parte del conduttore. Il rischio sarebbe comunque rimasto a carico del conduttore nell'ipotesi in cui questo non avesse dichiarato, nel contratto di locazione, che intendeva adibire l'immobile locato all'esercizio di un bar il che lasciava presupporre la necessità di disporre delle relative autorizzazioni . Nel contratto di locazione mancava anche la clausola standard con la quale il conduttore accetta l'immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Un ulteriore elemento tagliava la testa al toro. Il locatore avrebbe avuto l'onere di dimostrare che il conduttore, nonostante l'irregolarità amministrativa e/o in attesa della sanatoria edilizia, aveva comunque esercitato la propria attività.* Giurista d'impresa
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 aprile - 7 giugno 2011, numero 12286Presidente Filadoro - Relatore LanzilloSvolgimento del processoA.L. ha proposto al Tribunale di Marsala domanda di risoluzione del contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale in omissis , contratto stipulato il 30.7.1994 con la proprietaria dell'immobile, A.M., assumendo che la sua domanda di autorizzazione all'esercizio di attività commerciale Bar era stata respinta dal Comune poiché l'immobile era stato edificato in assenza di concessione edilizia. Ha chiesto che la locatrice venisse condannata a restituirle le somme pagate a titolo di canone fino al 1 maggio 1995 e le spese sostenute per la ristrutturazione e l'adeguamento del locale.La M. ha resistito alla domanda, proponendo in separata sede domanda di sfratto della conduttrice per morosità, avendo essa sospeso il pagamento dei canoni dopo il maggio 1995.Riunite le due cause ed esperita l'istruttoria, il Tribunale ha respinto le domande della L., disponendo la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento di quest'ultima e la condanna della stessa al pagamento delle mensilità di canone rimaste insolute dal maggio 1995 al gennaio 2000. Ha poi condannato la M. a pagare alla conduttrice la somma di Euro 5.581,00, quale indennizzo per i miglioramenti apportati ai locali. Proposto appello dalla L., a cui ha resistito la M., la Corte di appello di Palermo - con sentenza numero 1235/2005, depositata il 4 novembre 2005 - ha confermato la sentenza di primo grado.Con atto notificato il 13 dicembre 2006 la L. propone tre motivi di ricorso per cassazione. L'intimata non ha depositato difese.Motivi della decisione1.- La Corte di appello, premesso che la mancanza di abitabilità o di agibilità dei locali a causa della non conformità dell'immobile al progetto approvato rientra fra le cause di risoluzione del contratto di locazione, di cui all'articolo 1578 cod. civ., ha respinto la domanda della conduttrice sul rilievo che il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto solo quando l'autorizzazione venga definitivamente negata. Nella specie la locatrice risulta avere proposto domanda di concessione in sanatoria il 17.11.1998 e la domanda non risulta essere stata rigettata né si può escludere che l'agibilità del locale venga in futuro concessa.2.- Con il primo e il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articolo 1578 cod. civ., 220 e 221 r.d. 1265/1934, come modificati dagli articolo 4 e 5 d.p.r. numero 425/1994, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, sul rilievo che la Corte di appello, pur avendo accertato la sussistenza di tutti i presupposti dell'inadempimento della locatrice - cioè il carattere abusivo della costruzione dell'immobile locato, che ne comporta la non abitabilità e l'impossibilità di destinarlo all'esercizio dell'attività commerciale in vista della quale era stato locato - non ne ha tratto le conseguenze di legge ed ha ritenuto giustificato il comportamento della locatrice sulla base di un ragionamento illogico cioè per il fatto che la concessione edilizia in sanatoria, richiesta dalla locatrice quattro anni dopo la stipulazione del contratto, non era stata ancora negata, trascurando la circostanza che nel frattempo l'immobile si è rivelato inidoneo all'uso.2.1.- I motivi sono fondati.La Corte di appello ha correttamente enunciato in astratto il principio per cui la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità dell'immobile sotto il profilo edilizio, ed in particolare la sua abitabilità e la sua idoneità all'esercizio di attività commerciale, costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 1578 cod. civ. ovviamente, sempre che il conduttore non fosse a conoscenza della situazione e non l'avesse consapevolmente accettata Cass. civ. Sez. 3, 11 aprile 2006 numero 8409 .Ha però integralmente disatteso il principio nell'applicazione concreta, incorrendo anche in manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui ha rigettato la domanda di risoluzione per il fatto che nel 1998 - a distanza di quattro anni dalla conclusione del contratto - la locatrice ha proposto domanda di concessione in sanatoria per regolarizzare l'immobile confermando così di esservi tenuta , senza peraltro ottenerla.La permanenza dell'inadempimento è stata cioè considerata come esimente da responsabilità contrattuale.Né la sentenza impugnata ha richiamato ulteriori circostanze od argomentazioni idonee a rendere logicamente e giuridicamente plausibile la soluzione adottata, quali in ipotesi il fatto che la conduttrice fosse a conoscenza della situazione dell'immobile alla data della conclusione del contratto o che ne avesse accettato il rischio non dichiarando l'uso al quale intendeva destinare i locali o manifestando di voler accettare l'immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava od altro o che avesse comunque svolto di fatto la sua attività, nonostante l'irregolarità dei locali situazioni con riferimento alle quali la giurisprudenza ha in effetti affermato che la domanda di risoluzione può essere proposta solo dopo che il provvedimento autorizzatolo sia stato definitivamente negato cfr., fra le tante, Cass. civ. Sez. 3, 21 dicembre 2004 numero 23695 Idem, 13 marzo 2007 numero 5836 Idem, 25 maggio 2010 numero 12708 .Nella specie, per contro, a quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, trattasi di contratto di locazione stipulato espressamente in vista dell'esercizio di attività commerciale, avente ad oggetto un immobile privo della licenza di abitabilità e rimasto di fatto inutilizzato, e di irregolarità amministrativa ignorata dal conduttore alla data della conclusione del contratto.In tale situazione ricorrono tutti i presupposti dell'inadempimento della locatrice, ed erroneamente la domanda di risoluzione è stata rigettata.3.- Il terzo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 1375 cod. civ., risulta assorbito.4.- In accoglimento del primo e del secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, affinché decida la controversia uniformandosi al principio di diritto di cui al p.2.1 Cass. civ. Sez. 3, 11 aprile 2006 numero 8409 , e con logica e congruente motivazione.5.- Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.P.Q.M.La Corte di Cassazione accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio.