Distrazione: la restituzione del maltolto prima del fallimento cancella il reato

Il rientro delle somme distratte nella disponibilità della fallita, verificatosi precedentemente al fallimento, esclude la configurabilità del reato di bancarotta per distrazione, pur se è omessa la tenuta delle scritture contabili.

Questo il principio affermato dalla sezione V Penale della Cassazione nella sentenza n. 31218 del 22 luglio 2013. Distrazione e onere della prova. La giurisprudenza è ormai assolutamente consolidata nell’affermare, in tema di prova del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, che il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni e valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, rilevante, ai sensi dell'art. 192 c.p.p, al fine di affermare la responsabilità dell'imputato, non costituendo in alcun modo inversione dell'onere della prova il fatto che sia rimessa all'interessato la dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato. Infatti, allorquando sia provato che l'imprenditore ha avuto a disposizione determinati beni, ove non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento o non abbia saputo giustificarne la destinazione per le effettive necessità dell'impresa, si deve dedurre che li abbia dolosamente distratti, in ragione dell'obbligo giuridico posto a suo carico di fornire la dimostrazione della destinazione data a tali beni. Ben chiaro è dunque, in realtà, l’onere della prova posto a carico del fallito. Tale principio ha trovato, tuttavia, mitigazioni nella giurisprudenza di merito allorchè si è chiarito come ha fatto ad esempio la Corte di Appello di Milano con la pronuncia del 19 luglio 2005 che non può ritenersi operante una presunzione di competenza a sfavore dell'amministratore – in forza della quale lo stesso, per sottrarsi all'imputazione, dovrebbe essere in grado di rendere precisa giustificazione di ogni voce di impiego del patrimonio aziendale – nel caso in cui l'amministratore medesimo illustri in termini plausibili l'effettiva destinazione del cespite a fini coerenti con l'esercizio dell'impresa, quali il pagamento di dipendenti. Il caso in esame dalla distrazione di somme Nel caso oggetto della pronuncia in commento il titolare della società risultava aver prelevato dai conti sociali mediante emissione di assegni circolari la somma di Lit. 411.000.000 e di aver completamente omesso la tenuta delle scritture contabili. Di tali somme, pari ad oltre due terzi del valore del capitale sociale versato, l’imprenditore non era stato in grado di dimostrare la destinazione ai fini sociali e dunque appariva comprovata la distrazione, con conseguente inquadramento della suddetta condotta, stante l’intervenuto fallimento della società, nella fattispecie di cui all’art. 216 - 223 l.f. alla restituzione delle medesime prima della sentenza di fallimento La linea di difesa dell’imputato non si era estrinsecata nel tentativo di dimostrare la destinazione a scopi sociali di tali somme, obbiettivamente prelevate dalla casse sociali, quanto nel rilievo che tutte tali somme ed anzi qualcosa in più, invero erano state oggetto di restituzione alla casse sociali, prima della dichiarazione di fallimento della società, mediante versamento, da parte dello stesso imprenditore personalmente, con altro assegno circolare di un importo maggiore rispetto a quello precedentemente prelevato. alle conseguenze in punto di diritto. La Corte di Appello impegnata sul punto dalla difesa del ricorrente aveva, tuttavia, disatteso l’argomento difensivo evidenziando che l’obiettiva mancanza delle scritture contabili impediva una sicura riconducibilità di tali ultime somme, entrate nelle casse sociali, ad una restituzione di quanto prima prelevato, come affermava l’appellante, essendo, in ipotesi, tale versamento imputabile ad una pluralità di cause. È proprio sul punto che, accogliendo il ricorso dell’imputato, interviene la Corte di Cassazione, evidenziando che il ricorrente aveva obbiettivamente ed inconfutabilmente documentato che un importo pari, anzi superiore, a quello prelevato era stato da lui medesimo restituito alle casse sociali, a nulla rilevando, in senso contrario – come erroneamente aveva motivato la Corte di Appello –, né l’entità del prelievo originario né la mancanza delle scritture contabili. L’imputato aveva, dunque, assolto all’onere della prova che la normativa in tema di bancarotta pone a suo carico, documentando la restituzione del maltolto alle casse sociali prima della declaratoria di fallimento. Ciò che conta, evidenzia la Corte, è infatti proprio la circostanza che le somme distratte dalla casse sociali, per effetto di una condotta tenuta dallo stesso autore della distrazione, siano rientrate nelle casse sociali prima della dichiarazione di fallimento, con conseguente esclusione del delitto di bancarotta per distrazione. È appena il caso di evidenziare che, qualora invece la restituzione avvenisse dopo la dichiarazione di fallimento, rimarrebbe ferma la sussistenza del delitto di bancarotta per distrazione potendosi, al più, configurare nella condotta restitutoria gli estremi per il riconoscimento della circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno ovvero delle attenuanti generiche.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 marzo - 22 luglio 2013, n. 31218 Presidente Oldi – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 22/10/2009 con riguardo alle posizioni di altri imputati, veniva confermata l'affermazione di responsabilità di G R. per il reato di cui all'art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, commesso quale amministratore di fatto dal . al omissis della Multitours s.r.l., dichiarata fallita in . il omissis , distraendo somme per complessive L. 411.000.000 mediante emissione di assegni circolari e tenendo le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, con condanna del R. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorrente deduce illogicità della motivazione, sull'affermazione di responsabilità, nell'esclusione della compensazione delle contestate distrazioni con il versamento nelle casse della società di un assegno circolare dell'importo di L. 448.650.000, e violazione di legge rispetto alla configurabilità del diverso reato di bancarotta preferenziale. Con ulteriori motivi deduce violazione di legge nella ritenuta ravvisabilità dell'aggravante del danno di rilevante entità nell'ipotesi della bancarotta impropria di cui all'art. 223 legge fall., e nell'applicazione delle pene accessorie per la durata di dieci anni e non per quella pari alla pena principale inflitta. Considerato in diritto I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato sono fondati. Nella ricostruzione delle vicende della società fallita, esposta nella sentenza impugnata, si dava atto che, a seguito di controversie insorte a proposito della gestione della società fra la soda maggioritaria Giramondo s.p.a., gestita da tale T.S. , e i soci storici della Multitours, il T. presentava a questi ultimi tali G B. e D.J.C. , il secondo poi identificato nell'imputato, come soggetti in grado di rifinanziare la società che costoro ritiravano somme di denaro dai conti correnti della fallita emettendo gli assegni circolari di cui all'imputazione, privi di giustificazione contabile ma, d'altra parte, che l'imputato versava effettivamente in cassa l'assegno circolare a cui fa riferimento il ricorrente. Tanto rende concreta la questione posta dalla difesa in ordine alla possibile compensazione fra le somme uscite e quella, peraltro superiore, entrata nelle disponibilità della società con l'assegno versato dall'imputato. Detta questione veniva per il vero affrontata dalla Corte territoriale ma la soluzione che alla stessa veniva data, per come prospettata nella sentenza, risulta manifestamente carente di concludenza logica rispetto ai consolidati principi in tema di prova del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, laddove i giudici di merito si limitavano ad osservare che il versamento dell'assegno poteva essere imputato ad una pluralità di causali ipotizzabili. Se è vero infatti che secondo i menzionati principi, a fronte del dato oggettivo di un'uscita priva di giustificazione contabile, incombe sull'imputato l'onere di allegazione dell'esistenza di una giustificazione reale anche nella forma, nella specie rilevante, del rientro delle somme nelle disponibilità della fallita, è vero altresì che nel caso in esame tale allegazione veniva fornita nel riferimento all'accertata circostanza di un'entrata corrispondente, sia nel mezzo di pagamento che, oltretutto in sovrabbondanza, nel valore rispetto alle uscite. E, rispetto a tale elemento, difetta nell'argomentazione dei giudici di merito la verifica della plausibilità di una immediata destinazione dell'assegno versato alla copertura di altri e diversi debiti della fallita, che lasciasse indimostrata l'ipotesi difensiva della copertura delle passività derivanti dai precedenti prelievi. Irrilevante è in tal senso il richiamo della sentenza impugnata alla omessa tenuta delle scritture contabili, una volta che il versamento dell'assegno veniva dato per accertato ed altrettanto lo è l'accenno all'essere le somme uscite pari a due terzi del capitale sociale, nei momento in cui il tema in discussione è quello del possibile rientro delle somme stesse, che in quanto verificatosi precedentemente al fallimento esclude la configurabilità del reato di bancarotta per distrazione Sez. 5, n. 39043 del 21/09/2007, Spitoni, Rv. 238212 Sez. 5, n. 8402 del 03/02/2011, Cannavale, Rv. 249721 . La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano per un nuovo esame sui rilevati profili motivazionali, rimanendo assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reato di cui al punto 1 del capo D con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano per nuovo esame.