Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è stato revocato, quindi la donna, tornando nella casa di comune proprietà, non commette violazione di domicilio, e il marito questo lo sa.
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30350 depositata il 15 luglio 2013, ritiene integrato il reato di calunnia. Il caso. Un uomo veniva ritenuto responsabile di calunnia per aver accusato la moglie, da cui si era separato, di violazione di domicilio. Nel ricorso presentato per cassazione, l’imputato afferma che si può ragionevolmente dubitare che, al momento della denuncia-querela, egli fosse convinto e consapevole dell’innocenza della moglie. La donna avrebbe dovuto farsi riconoscere in via giudiziaria il suo diritto al rientro nella casa? Nonostante la sopravvenuta revoca del provvedimento che aveva assegnato la casa coniugale all’attuale ricorrente, egli, trovandosi comunque nel possesso dell’immobile, era convinto che la moglie, per rientrarvi, avrebbe dovuto munirsi di un apposito titolo giudiziario, idoneo a modificare la situazione in atto . L’omissione narrativa può influire sulla configurazione del reato. La S.C., rigettando in toto il ricorso, precisa che la falsa accusa - elemento costitutivo della calunnia - può anche realizzarsi sottacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto diversa dal suo reale contesto e connotare di illiceità comportamenti effettivamente tenuti dall’accusato ma in un contesto che li rendeva leciti Cass., n. 7722/2004 . Ed è proprio quello che è successo nella fattispecie. Infatti, l’uomo ha sporto denuncia come se il provvedimento di assegnazione della casa non fosse mai stato annullato.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 15 luglio 2013, n. 30350 Presidente/Relatore Cortese Ritenuto in fatto S.P. , ritenuto responsabile di calunnia per aver accusato di violazione di domicilio la moglie separata P.M. , ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe. Deduce che egli, con provvedimento 08.02.2001 del Presidente del tribunale di Trani aveva avuto l'assegnazione esclusiva della casa coniugale e che la sopravvenuta sentenza di separazione personale del 2006, da lui notificata alla moglie, aveva sì revocato il predetto provvedimento di assegnazione ma nulla aveva disposto positivamente in merito di tal che, trovandosi comunque egli nel possesso dell'immobile, la moglie, per rientrarvi, doveva munirsi di un apposito titolo giudiziario, idoneo a modificare la situazione in atto. Né alcunché poteva dedursi dalla conoscenza di una precedente assoluzione della P. da precedente imputazione per violazione di domicilio, essendo detta pronuncia ancorata a una situazione di fatto ospitalità da parte della figlia non attuale al momento del fatto oggetto della denuncia-querela da cui è scaturito il presente procedimento. In ogni caso, si può, ad avviso del ricorrente, ragionevolmente dubitare che, al momento della detta denuncia-querela, egli fosse convinto e consapevole della innocenza della P. . Ha presentato memoria la difesa della parte civile. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. L'episodio in esame trae origine dal fatto che, il 17 dicembre 2006, lo S. si accorse che la propria moglie, da cui era separato, si era introdotta nella casa di comune proprietà che però egli solo abitava, essendogli stata assegnata in via esclusiva con provvedimento 08.02.2001 del Presidente del tribunale di Trani. Di qui la presentazione della denuncia-querela in data 22 dicembre 2006 in cui accusava la moglie di violazione di domicilio. Nella sentenza di primo grado gli estremi oggettivi e soggettivi della calunnia erano stati tratti dalla circostanza che il ricorrente, al momento della denuncia, sapeva che il citato provvedimento 08.02.2001 del Presidente del tribunale di Trani era stato revocato con la sentenza di separazione n. 1083/06, che era stata notificata nel suo interesse alla P. il 4 dicembre 2006 ragion per cui nulla, al momento della presunta violazione di domicilio, si frapponeva all'ingresso della donna nella casa coniugale di cui era comproprietaria. Sulla stessa linea si è posta la pronunzia in esame. A giustificazione del suo operato il ricorrente adduce che la donna, in relazione alla situazione di fatto del possesso esclusivo dell'imputato, avrebbe dovuto farsi riconoscere in via giudiziaria il suo diritto al rientro nella casa di comune proprietà. In ogni caso, quando egli l'ha denunciata, non era convinto della di lei innocenza, non potendosi comunque, in ragione delle considerazioni di cui sopra, richiamare in contrario il contenuto della sentenza di separazione, che aveva sì revocato il precedente provvedimento di assegnazione esclusiva ma nulla aveva disposto positivamente in merito. Ora, deve osservarsi, in via di principio, che la falsa accusa, elemento costitutivo della calunnia, può anche realizzarsi sottacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto diversa dal suo reale contesto e connotare di illiceità comportamenti effettivamente tenuti dall'accusato ma in un contesto che li rendeva leciti Sez. 6, n. 7722 del 20/01/2004, dep. 2004, Melis ed altro, Rv. 229650 . Deve ovviamente trattarsi di un'omissione narrativa tale da influire sul reato addebitato, nel senso che, se l'omissione non vi fosse, il reato sarebbe escluso. Realizzandosi questa eventualità non si può invocare, da parte del denunciante, la propria buona fede. Ora, la rilevante alterazione dei fatti di cui si è reso responsabile lo S. sta nel fatto che egli, a conoscenza della sentenza di separazione, che aveva revocato il precedente provvedimento di assegnazione esclusiva del 2001 e respinto le domande di assegnazione esclusiva avanzate da entrambi i coniugi, presentò contro la P. una denuncia secca di violazione di domicilio come se fosse ancora in atto il provvedimento di assegnazione esclusiva dell'alloggio a lui laddove, se avesse correttamente riferito il suddetto contenuto della sentenza di separazione, la condotta della donna sarebbe evidentemente apparsa in una luce diversa, dovendosene certamente escludere l'illiceità penale, non solo oggettivamente, ma anche, e fuori da ogni dubbio, sotto un profilo soggettivo. La questione relativa alla presunta convinzione del prevenuto circa la mancanza del diritto della moglie di rientrare direttamente in casa in virtù di quanto statuito nella citata sentenza di separazione non merita evidentemente considerazione in questa sede, a fronte del riferito tenore della denuncia, che descriveva il fatto in modo artatamente falso, sì da farlo apparire sicuramente integrativo del reato di cui all'art. 614 cp. Sez. 2, n. 217 del 12/02/1962, dep. 1962, Crivellare, Rv. 98831 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché a rimborsare alla parte civile P.M. le spese sostenute in questo grado, che liquida in complessivi Euro 3.840,00, oltre IVA e CPA come per legge.