Fallimento: il punto di partenza è la sentenza dichiarativa?

Tutti i fallimenti che sono stati dichiarati con sentenza emessa a partire dal 16 luglio 2006, ancorché in accoglimento di ricorsi anteriormente presentati, sono regolati dalla nuova legge.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16823/13, depositata lo scorso 5 luglio. Il caso. Il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta da uno studio associato, creditore ammesso allo stato passivo del fallimento di una s.p.a., contro l’ammissione, allo stesso stato passivo, del credito della Banca. L’organo giudicante aveva ritenuto che, alla luce della disciplina transitoria dettata dall’art. 150 d.lgs. n. 5/2006 di riforma della legga fallimentare, il fallimento in questione, visto l’accoglimento dell’istanza depositata nel maggio 2006 anche se il fallimento era stato dichiarato nel 2008 , doveva ritenersi soggetto alle norme vigenti ante riforma e, quindi, l’impugnazione doveva essere dichiarata tardiva. La stessa, infatti, era stata proposta entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del curatore, ma oltre quello di 15 giorni previsto dal testo della norma applicabile ratione temporis al caso di specie. L’associazione studio professionale presenta dunque ricorso per cassazione. Fase anteriore e dichiarazione di fallimento sono da tenere distinte. La S.C., accogliendo il primo motivo del ricorso, ribadisce che allo scopo di evitare la sovrapposizione di discipline, occorre tenere distinte la fase anteriore alla dichiarazione di fallimento dalla procedura che ad essa consegue Cass., n. 5296/2009 . Il giudice di merito - vista la mancata considerazione del fallimento quale procedura liquidatoria distinta dall’iniziativa suscettibile di produrla - ha interpretato erroneamente la disposizione transitoria, ritenendo che la pendenza della procedura dovesse farsi risalire alla fase anteriore alla sentenza dichiarativa, anziché a quella successiva, e che alla stessa fosse pertanto applicabile la normativa vigente alla data di presentazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento . Apertura e pendenza del fallimento derivano dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa. In realtà, secondo quanto affermato dagli Ermellini, poiché l’apertura e la conseguente pendenza del fallimento derivano dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa, tutti i fallimenti che, come quello di specie, sono stati dichiarati con sentenza emessa a partire dal 16 luglio 2006, ancorché in accoglimento di ricorsi anteriormente presentati, sono regolati dalla nuova legge . Di conseguenza, l’impugnazione del ricorrente, proposta entro 30 giorni dalla comunicazione di esecutività dello stato passivo, era da considerarsi tempestiva.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 aprile – 5 luglio 2013, n. 16823 Presidente Carnevale – Relatore Cristiano Svolgimento del processo Il Tribunale di Orvieto, con sentenza del 16.1.08, ha dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta dall'Associazione studio professionale Cigliano, creditrice ammessa allo stato passivo del Fallimento della Mediterranean Food s.p.a., contro l'ammissione, al medesimo stato passivo, del credito della Banca del Monte dei Paschi di Siena s.p.a Il tribunale ha ritenuto che, alla luce della disciplina transitoria dettata dall'art. 150 del d.lgs. n. 5/06, di riforma della legge fallimentare, secondo cui i ricorsi per la dichiarazione di fallimento . depositati prima dell'entrata in vigore del decreto nonché le procedure fallimentari pendenti alla stessa data sono definiti secondo la disciplina anteriore , il Fallimento della Mediterranean Food, dichiarato con sentenza del omissis , ma a seguito dell'accoglimento di un'istanza depositata nel maggio del 2006, fosse soggetto alla norme vigenti ante riforma e che pertanto l'impugnazione andasse dichiarata tardiva, siccome proposta, ai sensi del novellato art. 99 l. fall., entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione del curatore, ma oltre quello di quindici giorni previsto dal testo della norma applicabile ratione temporis al caso di specie. L'Associazione studio professionale Cigliano ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, cui ha resistito MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., quale procuratrice della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a Il Fallimento della Mediterranean Food s.p.a. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1 Va preliminarmente respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva di MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. soggetto che, quale procuratrice della Banca Monte dei Paschi di Siena, si è insinuata al passivo in nome e per conto di quest'ultima e che pertanto, in tale qualità, è legittimata a contraddire nel giudizio. 2 Infondata è pure l'eccezione di inammissibilità del ricorso svolta in via pregiudiziale dalla controricorrente lo studio Cigliano ha chiaramente enunciato i vizi che, a suo avviso, inficiano il provvedimento impugnato e ne giustificano l'annullamento ed, a corredo il ricorso, ha formulato specifici quesiti di diritto. 3 Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 150 d. lgs. n. 5/06, dei principi dell'equo processo e di unitarietà del procedimento fallimentare e dell'art. 101 cost., oltre che vizio di motivazione, contesta l'interpretazione data dal tribunale alla disposizione transitoria e rileva che dalla sua stessa formulazione testuale, secondo cui sono definite secondo la legge anteriore le procedure pendenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma, si desume, a contrario , che quelle apertesi in data successiva sono regolate dalle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 5/06. Osserva che detta interpretazione, conforme al principio tempus regit actum , è stata seguita anche dagli organi del Fallimento della Mediterranean Food, in quanto il curatore ha inviato ai creditori la comunicazione prevista dal nuovo testo dell'art. 99 I. fall., precisando che contro il decreto di esecutività dello stato passivo poteva essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione entro il termine di 30 giorni dal suo ricevimento, e che lo stesso tribunale di Orvieto, in palese contraddizione con la decisione assunta, ha adottato il rito novellato, tanto che la causa è stata istruita dal collegio e decisa in camera di consiglio. Il motivo è fondato e deve essere accolto. Come già chiarito da questa Corte con la sentenza n. 5296/09, proprio allo scopo di evitare la sovrapposizione di discipline, occorre tenere distinte la fase anteriore alla dichiarazione di fallimento dalla procedura che ad essa consegue. La sentenza dichiarativa, infatti, da un lato costituisce l'epilogo del procedimento avviato con il ricorso presentato ai sensi degli artt. 6 e 7 l. fall., e dall'altro segna l'inizio della procedura concorsuale che, una volta che sia stata aperta, è destinata al compimento degli atti diretti al soddisfacimento dei creditori e non più all'accertamento della fattibilità del debitore. Tanto trova conferma nell'intero impianto della legge, anche nel testo anteriore alla riforma, ed, in particolare, negli artt. 25 e 31 non essendo concepibili funzioni di vigilanza e di controllo del giudice, e di gestione del curatore rispetto a tutte le operazioni della procedura , che abbiano inizio prima della nomina dei predetti organi ed in tutti gli articoli compresi nel capo III, che disciplinano gli effetti connessi alla dichiarazione di fallimento. Ancor più esplicitamente, l'art. 146 del dPR n. 115/2002 T.U. sulle spese di giustizia definisce la procedura fallimentare quella che va dalla sentenza dichiarativa alla chiusura, limitandola pertanto al periodo che segue la dichiarazione di fallimento e non anche a quello che la precede. La mancata considerazione del fallimento quale procedura liquidatoria distinta dall'iniziativa suscettibile di produrla, attraverso un autonomo procedimento ad essa estranea, ha indotto invece il giudice del merito ad interpretare erroneamente la disposizione transitoria di cui all'art. 150 cit., facendogli ritenere che, ai fini dell'individuazione del regime regolatore, la pendenza della procedura dovesse farsi risalire alla fase anteriore alla sentenza dichiarativa, anziché a quella successiva, e che alla stessa fosse pertanto applicabile la normativa vigente alla data di presentazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento. Al contrario, poiché l'apertura e la conseguente pendenza del fallimento derivano dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa, tutti i fallimenti che, come quello della Mediterranean Food, sono stati dichiarati con sentenza emessa a partire dal 16.7.2006, ancorché in accoglimento di ricorsi anteriormente presentati, sono regolati dalla nuova legge. Pertanto, ai sensi del I comma dell'art. 99 l. fall., riformato, l'impugnazione del ricorrente, proposta entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione di esecutività dello stato passivo, era tempestiva. Le considerazioni sin qui esposte valgono anche a chiarire che il regime di impugnazione del provvedimento del tribunale reso all'esito di procedimento camerale e privo della denominazione di sentenza era quello previsto dall'ultimo comma del citato art. 99 riformato, sicché correttamente il ricorrente ha proposto contro lo stesso ricorso per cassazione. All'accoglimento del motivo conseguono la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio della causa al Tribunale di Orvieto in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale lo studio Cigliano deduce, in subordine, che, nell'ipotesi in cui dovesse darsi ingresso alla tesi del giudice del merito, dovrebbe essere dichiarata la nullità di tutti gli atti della procedura, ivi compreso lo stato passivo, siccome posti in essere in base alla nuova normativa. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Orvieto in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.