Se un contratto di fornitura tra un privato e un comune viola le disposizioni contenute nell’articolo 23, comma 3, L. 144/1989, il rapporto negoziale intercorre direttamente con l’amministratore o il funzionario che ha consentito l’instaurazione di tale rapporto, mentre il rapporto di immedesimazione organica di quest’ultimo con l’amministrazione di appartenenza si scinde ex lege ponendolo in posizione di terzietà rispetto alla stessa.
E’ quanto affermato dalla corte di Cassazione, nella sentenza numero 14341 depositata il 6 giugno 2013. Il caso. Il Tribunale emetteva decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Roma condannando quest’ultimo al pagamento di una cospicua somma a titolo di corrispettivo per lo svolgimento di assistenza alloggiativa prestata da un albergo parte ricorrente ad alcune famiglie prive di abitazione, in conseguenza della richiesta formulata dall’amministrazione comunale. L’ingiunto proponeva opposizione avverso il suddetto decreto, deducendo tra gli altri motivi, l’inesistenza di un valido rapporto obbligatorio per la mancanza di contratti formali e di atti liberativi, nonché l’assenza di prove del credito. L’hotel chiedeva il rigetto dell’opposizione rilevando che, con una pluralità di missive, il Presidente di una delle circoscrizioni romane aveva sollecitato le prestazioni fornite dalla ricorrente presso il complesso alberghiero da essa gestito. L’opposta società procedeva a seguito di autorizzazione del giudice, alla chiamata in causa del Presidente della circoscrizione chiedendone la condanna in solido con il Comune. Il terzo si costituiva in giudizio contestando la propria legittimazione passiva e chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Roma non accoglieva l’opposizione. L’organo giudicante riteneva che la documentazione prodotta dalla ricorrente integrasse prova del rapporto contrattuale intercorso con l’amministrazione e rilevava la genericità e tardività delle contestazioni relative all’esecuzione delle prestazioni di cui alle fatture in atti. Sentenza capovolta in appello. La parte soccombente proponeva appello e, i giudici territoriali revocavano il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma. L’albergo avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione il Comune ed il presidente della circoscrizione romana resistevano con separati controricorsi. Sussiste la prova dell’esistenza del negozio giuridico? La società ricorrente deduceva in primo luogo la circostanza che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso l’esistenza di un rapporto contrattuale tra essa ed il Comune di Roma e, inoltre, si doleva della mancata valutazione delle prove dedotte in giudizio circa l’entità del credito. Nel ripercorrere le motivazioni della sentenza di secondo grado, i giudici di Piazza Cavour rilevano che la Corte territoriale ha rigettato la domanda dell’appellante sull’assunto secondo cui i contratti stipulati dalla P.A. iure privatorum richiedono la forma scritta e che, nel caso di specie, nessuna prova era stata fornita dell’esistenza di un contratto. In particolare, non vi era prova di una manifestazione documentale di volontà da parte del sindaco di addivenire alla stipula di un negozio con la società ricorrente. L’albergo sostiene invece, che tale manifestazione di volontà sarebbe rinvenibile nelle varie missive con cui il presidente della circoscrizione chiedeva alla direzione alberghiera di ospitare le famiglie vittime del fenomeno alluvionale. Risultava - sempre a dire della difesa dell’albergo - che da due fonogrammi il Sindaco avesse delegato il presidente della circoscrizione a provvedere al reperimento degli alloggi. No, in quanto non esiste alcun atto riferibile al Sindaco. La Suprema Corte smentisce tale circostanza. In primo luogo afferma che nessuno dei due fonogrammi proveniva direttamente dal Sindaco, ma dal suo gabinetto privo, pertanto di legittimazione a conferire deleghe per conto del primo cittadino. In secondo luogo, i fonogrammi non conferiscono alcun potere di procedere alla stipula dei contratti o convenzioni con strutture alberghiere. Non sussiste dunque, alcun atto riferibile al Sindaco, di assunzione di obbligazioni contrattuali. Amministratore o funzionario nel caso di specie è soggetto terzo rispetto alla amministrazione. La Corte inoltre, nel disattendere una delle eccezioni formulate da parte ricorrente rileva che, quest’ultima, nel chiamare in causa il terzo – presidente di circoscrizione – e nel richiedergli il pagamento delle somme dovute, avrebbe dovuto specificare la causa petendi che si sarebbe dovuta fondare sull’articolo 23, comma 3, L. 144/1989, diversa rispetto a quella posta alla base della domanda nei confronti del Comune, dunque con diversa causa petendi . La Corte di Cassazione, difatti, ha ripetutamente affermato che, se un contratto di fornitura tra un privato e un comune viola le disposizioni contenute nell’articolo 23, comma 3, L. 144/1989, secondo l’interpretazione avallata dalla Corte Costituzionale con le sentenze numero 446/1995 e numero 295/1997, il rapporto negoziale intercorre direttamente con l’amministratore o il funzionario che ha consentito l’instaurazione di tale rapporto, mentre il rapporto di immedesimazione organica di quest’ultimo con l’amministrazione di appartenenza si scinde ex lege ponendolo in posizione di terzietà rispetto alla stessa. Sulla base di detta consolidata giurisprudenza e delle suddette argomentazioni, la Corte di Cassazione respinge il ricorso proposto dall’albergo, compensando le spese di giustizia.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, 14 maggio - 6 giugno 2013, numero 14341 Presidente Carnevale – Relatore Ragonesi Svolgimento del processo Il Presidente del Tribunale di Roma ingiungeva, con decreto numero 16502 in data 10 ottobre 1992, al Comune di Roma il pagamento della somma di L. 94.190.000 oltre interessi dalla domanda e spese del procedimento, a titolo di corrispettivo per lo svolgimento di assistenza alloggiativa prestata dall'Hotel omissis ad alcune famiglie prive di abitazione, in conseguenza della richiesta formulata dall'Amministrazione comunale. Con atto di citazione notificato il 19 novembre 1992, il Comune di Roma proponeva opposizione avverso il predetto decreto deducendo, in particolare, la nullità dello stesso per la mancanza, nel ricorso, di una valida procura riferibile alla società ricorrente questione che più non rileva in questa sede , l'inesistenza di un valido rapporto obbligatorio per la mancanza di contratti formali e di atti deliberativi, l'assenza di prove del credito, sostenendo che il mancato pagamento era da correlarsi alle eccessive pretese della creditrice. La ricorrente, nel costituirsi in giudizio, contestava i motivi di opposizione e ne chiedeva il rigetto, rilevando, in particolare, che con una pluralità di lettere inviate tra il 14 novembre 1990 ed il 3 luglio 1991, il Presidente della XIII Circoscrizione, A.G. , aveva espressamente sollecitato le prestazioni fornite dalla ricorrente presso il complesso alberghiero da essa gestito. A seguito dell'autorizzazione concessa dal giudice istruttore, l'opposta società procedeva alla chiamata in causa del predetto A. , chiedendone la condanna, in solido con il Comune, al pagamento della somma di cui all'ingiunzione. Il chiamato in causa si costituiva in giudizio, contestando la propria legittimazione passiva e chiedendo il rigetto della domanda. Il tribunale di Roma,,con sentenza numero 2254/2002, rigettava l'opposizione, condannando l'amministrazione opponente al pagamento delle spese processuali. Nella motivazione della sentenza, il tribunale in primo luogo rilevava l'infondatezza delle eccezioni formulate dall'opponente in relazione alla validità della procura, riteneva che la documentazione prodotta dalla ricorrente integrasse prova del rapporto contrattuale intercorso con l'amministrazione e rilevava la genericità e la tardività delle contestazioni relative all'esecuzione delle prestazioni di cui alle fatture in atti. Con citazione notificata il 27 settembre, il Comune di Roma proponeva appello avverso la predetta sentenza, ribadendo le eccezioni relative alla nullità della procura ed alla mancanza di un valido rapporto contrattuale, nonché le contestazioni formulate con riguardo alla effettiva esecuzione delle prestazioni all'origine della pretesa creditoria formulata dalla società ricorrente. L'appellata, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto dell'impugnazione rilevava inoltre preliminarmente la mancata citazione nel giudizio del chiamato in causa, A. , e riproponeva le domande formulate in primo grado. A seguito dell'integrazione del contraddittorio, disposta dall'istruttore alla prima udienza ed effettuata dall'appellante con atto notificato il 21 giugno 2002, si costituiva nel grado l'appellato A. che eccepiva la tardività dell'impugnazione incidentale, in riferimento al termine previsto dall'articolo 343 c.p.c., come modificato dalla legge numero 353 del 1990, e contestava la fondatezza delle domande avanzate nel suoi confronti. Con sentenza numero 2586/05, la Corte d'appello di Roma revocava il decreto ingiuntivo numero 16502,emesso in data 10 ottobre 1992 dal Presidente del Tribunale di Roma rigettava l'appello incidentale subordinato proposto dalla società appellata nei confronti del Comune di Roma e di G A. dichiarava integralmente compensate le spese di entrambi i gradi del giudizio. Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione sulla base di tre motivi la Sirenetta spa cui resistono con separati controricorsi il Comune di Roma e G A. . Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso l'esistenza di un rapporto contrattuale tra essa ricorrente ed il Comune di Roma. Con il secondo motivo si duole del rigetto della domanda subordinata di condanna dell'A. per mancata indicazione della causa petendi. Con il terzo motivo si duole della mancata valutazione delle prove dedotte in giudizio circa l'entità del credito. Il primo motivo è infondato. La Corte d'appello ha rigettato la domanda sull'assunto che i contratti stipulati dalla P.A. iure privatorum richiedono la forma scritta e che nel caso di specie nessuna prova era stata fornita dell'esistenza di un contratto con siffatto requisito e, in particolare, non vi era la prova di una manifestazione documentale di volontà da parte del Sindaco di addivenire alla stipula di un negozio con la società ricorrente. Quest'ultima sostiene che tale manifestazione di volontà sarebbe rinvenibile nelle varie lettere del Presidente della XIII Circoscrizione con cui si chiedeva alla direzione dell'Hotel OMISSIS di ospitare le famiglie vittime del fenomeno alluvionale e nelle risposte fornite dalla società La Sirenetta al Presidente della Circoscrizione e che inoltre risultava che il Sindaco avesse delegato il presidente della circoscrizione a provvedere al reperimento degli alloggi. Dirimente appare quest'ultima questione. La società ricorrente afferma che la delega risulterebbe da due fonogrammi riportati nel ricorso, il primo proveniente dal gabinetto del Sindaco in data 25.10.90 ed il secondo dall'Assessore all'Ufficio speciale casa in data 21.11.90. Da tali fonogrammi non risulta invero alcuna delega a stipulare contratti per l'acquisizione temporanea di alloggi presso strutture alberghiere per le famiglie colpite da eventi naturali. In primo luogo, nessuno di tali fonogrammi proviene direttamente dal Sindaco in quanto il primo in particolare proviene, come dedotto dalla stessa società ricorrente, solo dal gabinetto di quest'ultimo certamente privo di legittimazione a conferire deleghe per conto del sindaco. In secondo luogo, i fonogrammi in questione contengono solo la richiesta alla Circoscrizione XIII di reperire gli alloggi necessari per poter poi sistemare le famiglie rimaste prive di alloggio ma non conferiscono ad essa alcun potere di procedere alla stipula di contratti o convenzioni con strutture alberghiere. Risulta pertanto del tutto corretta l'affermazione della Corte d'appello circa la mancanza di un atto scritto riferibile al Sindaco, sia pure tramite delega, di assunzione di qualsivoglia obbligazione contrattuale. Tale conclusione rende superfluo l'esame della ulteriore questione se il contratto tra l'amministrazione pubblica e l'albergo potesse essere stipulato anche tramite uno scambio di missive anziché con un unico atto scritto. Il secondo motivo del ricorso è infondato. La ricorrente assume che, avendo essa chiamato in causa l'A. proponendo anche nei suoi confronti la condanna al pagamento delle somme dovute, nei di lui confronti si era estesa, ai sensi dell'articolo 106 cpc, la stessa domanda proposta nei confronti del Comune. L'assunto difensivo è privo di consistenza. La Corte d'appello infatti ha ritenuto che la domanda subordinata fosse stata effettivamente proposta e si è pronunciata su di essa. Non ricorre dunque nel caso di specie alcuna questione di estensione al terzo di domanda proposta nei confronti del convenuto. La Corte d'appello ha invece ritenuto che la domanda era del tutto generica e priva di causa petendi. È ben nota a tale proposito la giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato che, se un contratto di fornitura tra un privato e un comune viola le disposizioni contenute nell'articolo 23, comma terzo, della legge 24 aprile 1989 numero 144, secondo l'interpretazione avallata dalla Corte Costituzionale con le sentenze 24 ottobre 1995 numero 446 e 30 luglio 1997 numero 295, il rapporto negoziale intercorre direttamente con l'amministratore o il funzionario che ha consentito l'instaurazione di tale rapporto, mentre il rapporto di immedesimazione organica di quest'ultimo con l'amministrazione di appartenenza si scinde ex lege ponendolo in posizione di terzietà rispetto alla stessa. Cass. 5400/13, Cassl0700/07, Cass. 25439/07, Cass. 15604/05, Cass. 13296/00 . È pertanto di tutta evidenza che la società ricorrente, nel chiamare in causa l'A. e nel richiedergli il pagamento delle somme dovute in ragione dell'ospitalità offerta alle famiglie rimaste senza alloggio, avrebbe dovuto specificare la causa petendi che si sarebbe dovuta fondare sull'articolo 23, comma terzo, della legge 24 aprile 1989 numero 144, diversa rispetto a quella posta alla base della domanda nei confronti del Comune. Il motivo va quindi respinto. Il terzo motivo del ricorso risulta assorbito per effetto del rigetto dei precedenti due. Il ricorso va in conclusione respinto. La natura della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa le spese di giudizio.