La violazione delle regole di comportamento nei contratti B2C: spunti per una riflessione

L’obbligo di informare, nei contratti B2C, viene a configurarsi quale adempimento di un’obbligazione avente ad oggetto un facere professionale a carico dell’operatore di mercato, il quale è tenuto a rendere conoscibili le informazioni rilevanti inerenti al contratto che andrà a stipulare con il consumatore.

Il dovere di informare. Ebbene, l’assolvimento dell’obbligo di informazione – quale assolvimento del dovere di chiarezza e comprensibilità dei contenuti rilevanti del contratto – più che alle caratteristiche di un atto giuridico, è confacente all’attività d’impresa, in particolare alla “qualità dell’agire” ex articolo 39 cod. cons Il che, si potrebbe proseguire, configurerebbe l’assolvimento dell’obbligo informativo quale adempimento di un dovere comportamentale a carico del professionista. In particolare, nel rendere disponibili le informazioni viene a concretizzarsi quella forma procedimentale che, se rispettata, si pone a protezione della categoria economica più debole non della parte contrattuale uti singula, bensì dell’intero gruppo di cui quel singolo fa parte . Bene, così configurata, la tecnica di protezione predisposta a favore del consumer, quale faciendum secondo diritto, diventa esplicazione del formalismo negoziale. In altre parole, sulla base di quelli che sono gli obblighi di buona fede precontrattuale, il professionista è tenuto a fornire su supporto duraturo e, in quanto tale, non suscettibile di essere modificato nel tempo, tutte le informazioni rilevanti, in modo che ai fini del principio di trasparenza e comprensibilità, il consumatore possa essere reso edotto e, di conseguenza, acquisire consapevolezza del contratto che si accinge a stipulare. Va da sé, pertanto, la considerazione per cui il formalismo, quale sapiente tecnica di controllo istituzionale, orienti, regolarizzandoli, i rapporti economici dei singoli non in quanto tali, bensì quali membri di categorie economiche. Le regole di condotta professionale inventario normativo. L’articolo 31 della proposta di direttiva 2005/29/Ce rubricato prescrizione di trasparenza delle clausole contrattuali, impone claro loqui al professionista, nella redazione di dette clausole, il rispetto del dovere di chiarezza e comprensibilità, in modo che queste possano essere conosciute dal consumatore al momento della stipulazione del contratto. In ogni caso, il tema dell’assolvimento degli obblighi d’informazione non è del tutto nuovo al panorama contrattualistico del 1942, per cui un’adeguata informazione è condizione necessaria e sufficiente affinché vi sia valido esercizio dell’autonomia privata. Ebbene, il percorso ricostruttivo che si vuole proporre in questa sede non può non avere quale incipit il referente normativo codicistico – articolo 1337 c.c. – che avendo legittimato il ricorso alla buona fede quale regola di condotta, ha consentito, in qualità di norma agendi, alla dottrina più attenta di «enucleare dalla stessa un generalizzato dovere d’informare». Ed ancora - si ricordi – l’articolo 1479, comma 1, c.c., che, in tema di agenzia, si occupa degli obblighi informativi del preponente a favore dell’agente ovvero, volendo volgere l’attenzione a disposizioni di settore, si ricordi l’articolo 86 cod. cons. lett. m , secondo cui il contratto, in forma scritta ex lege, di vendita di pacchetto turistico deve contenere l’indicazione «degli accordi specifici sulle modalità di viaggio espressamente convenuti tra l’organizzatore o il venditore e il consumatore al momento della stipula». Altro riferimento di stampo nazionale è alla disciplina sulla multiproprietà, in particolare al d.lgs. 9 novembre 1998 numero 427 che all’articolo 70 fa ricadere sul venditore l’obbligo di consegnare, ad ogni persona che richiede informazioni sul bene immobile, un documento informativo in cui sono indicati a il diritto oggetto del contratto, con specificazione della natura e delle condizioni di esercizio di tale diritto nello Stato in cui ha sede l’immobile b l’identità e il domicilio del venditore c se l’immobile e determinato 1 la descrizione dell’immobile e la sua ubicazione 2 gli estremi della concessione edilizia e delle leggi regionali che regolano l’uso dell’immobile. Volendo traslare l’analisi degli obblighi informativi dal piano nazionale a quello transfrontaliero, mediante rapidissima incursione, non può essere trascurata la nota direttiva 2007/64/Ce relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno che all’articolo 36 stabilisce «gli Stati membri esigono che prima che l’utente di servizi di pagamento sia vincolato da un contratto o offerta di servizio di pagamento singolo, il prestatore di servizi di pagamento renda disponibili all’utente di servizi di pagamento, in modo facilmente accessibile, le informazioni e le condizioni di cui all’articolo 37. su richiesta dell’utente di servizi di pagamento, il prestatore di servizi di pagamento fornisce le informazioni e le condizioni su supporto cartaceo o altro supporto durevole. Le informazioni e le condizioni sono redatte in termini di facile comprensione e in forma chiara e leggibile, in una lingua ufficiale dello Stato membro nel quale viene prestato il servizio di pagamento o in qualsiasi altra lingua convenuta dalle parti». O, ancora, si prenda l’articolata disciplina sugli obblighi precontrattuali d’informazione contenuta nei c.d. Principi del diritto comunitario vigente Acquis principles . Nel progetto Acquis come anche nel Draft del Common Frame of Reference gli obblighi d’informazione sono fondati sulla base della bozza che risale alla seconda metà del 2007 su tre diversi modelli normativi a applicabile ai contratti di fornitura di beni o servizi articolo 2 201 ACQP b ha ad oggetto i contratti B2C modellato sulla disciplina delle pratiche commerciali sleali articolo 2 202 ACQP c fondato sulla contrattazione tra professionisti e consumatori ogniqualvolta ricorra una particolare situazione di asimmetria cognitiva artt.2 203 ss. ACQP . Come rimediare ala violazione dell’obbligo informativo da parte dell’intermediario finanziario. Già la legge numero 1 del 1991 c.d. legge Sim sulla disciplina dei mercati finanziari conteneva tassative regole di informazione, tanto da prevedere informazioni dirette non solo dalle imprese ai risparmiatori, ma anche dai risparmiatori alle imprese, al fine di mettere quest’ultime in condizione di servire al meglio l’interesse del cliente e, di conseguenza, tutelare l’integrità del mercato. L’articolo 21 TUF stabilisce che gli intermediari finanziari devono a comportarsi con diligenza, correttezza, trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati b devono acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. In particolare la disposizione in commento prevede il dovere per l’intermediario finanziario di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità sia nella fase che precede la stipulazione del contratto di intermediazione finanziaria, sia nella fase esecutiva dello stesso. Tuttavia, necessita precisare, che la disciplina post MIFID Markets in Financial Instruments Directive – direttiva 2004/39/Ce prevede, a differenza del passato, la diversificazione delle informazioni fornite dal cliente sulla base del servizio di investimento. Una prima tipologia è quella dei contratti diversi dalla gestione di portafogli e dalla consulenza articolo 41 reg. intermediari per cui la richiesta del cliente è finalizzata semplicemente alla valutazione del servizio richiestogli. Altra tipologia ha ad oggetto i servizi di esecuzione, ricezione e trasmissione di ordini in tal caso il prestatore, poiché si tratta di strumenti finanziari non complessi, è tenuto alla mera esecuzione c.d. execution only di servizi per il cliente e non, invece,a particolari adempimenti di ordine informativo. Diversamente, nell’attività di consulenza in materia di investimenti, la discrezionalità dell’intermediario diventa determinante ai fini della corretta formazione del volere contrattuale del consumatore, poiché è necessario che facciano presente al cliente i rischi che l’operazione finanziaria comporta, le eventuali perdite, nonché l’adeguatezza delle operazioni c.d. suitability rule . Ed è proprio quest’ultimo settore che pone non pochi problemi dal punto di vista del profilo rimediale. Infatti, seppur configurandosi quali disposizioni di natura indiscutibilmente imperativa, l’eventuale inosservanza degli obblighi informativi non incide sulla validità del contratto, ex articolo 1418, comma 1, c.c Quanto detto è perfettamente in linea con quanto disposto dalle Sezioni Unite c.d. sentenza Marziale del 2005 e la c.d. sentenza Rodorf del 2007 che, deludendo le aspettative della dottrina, hanno escluso del tutto che la violazione dei doveri d’informazione a carico degli intermediari finanziari, nonché la corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione di servizi di investimento finanziario, dia luogo a nullità virtuale ex articolo 1418, comma 1, c.c La pronunzia delle Sezioni Unite cui è stato affidato il compito di stabilire se il comportamento tenuto dall’intermediario finanziario possa dar luogo o meno a nullità, infatti, esclude l’applicabilità della sanzione in commento salvo il caso in cui si presupponga vi sia stata violazione di una regola di comportamento che a sua volta concerna la struttura o il contenuto del contratto, poiché quello che deve necessariamente avere rilievo è il principio per il quale «la contrarietà a norma imperativa prevista è del contratto e non di un comportamento antecedente o successivo alla sua conclusione». Ebbene, indiscutibilmente, viene confermata la tesi per cui la semplice violazione di regole di comportamento - quale adempimento dell’obbligo d’informazione - non conduca automaticamente alla nullità del contratto, bensì al risarcimento del danno per responsabilità a carico del professionista inadempiente. Così argomentato, il principio di non interferenza tra regole di validità e regole di comportamento intravede la possibile compatibilità tra la responsabilità precontrattuale e la conclusione di un contratto valido. Infatti, la previsione di un obbligo risarcitorio così configurato, potrebbe apparire il giusto compromesso tra la tutela alla libera determinazione del consenso e la valutazione della condotta illecita di colui che lede il diritto ad una pratica commerciale onesta, se si osserva come la violazione delle norme di comportamento in fase precontrattuale, ove non sia espressamente stabilito dalla legge, non determina nullità del contratto, bensì responsabilità a carico dell’inadempiente, ergendo, in tal modo, la buona fede quale specificazione del dovere di solidarietà enunciato dall’articolo 2 Cost Pertanto, in deroga al vecchio principio di diritto comune per cui la valida conclusione di un contratto, sana eventuali anomalie nella formazione del regolamento d’interessi, l’omissione informativa, quale pratica commerciale sleale, introduce la possibile compatibilità tra la stipula di un contratto valido e la responsabilità precontrattuale, comportando il conseguente diritto al risarcimento del danno.